NEL DESERTO DELLE PICCOLE ITALIE: ECCO I PAESI DOVE TUTTO CHIUDE
NEI CENTRI SOTTO I 15.000 ABITANTI HANNO CHIUSO 26.000 ATTIVITA’ NEGLI ULTIMI 10 ANNI… MANCANO ALIMENTARI, BANCHE, BAR ED E’ DIFFICILE PERSINO TELEFONARE… IL MODELLO FRANCESE
Gli sportelli bancari che continuano a chiudere, i telefonini che non prendono e la banda larga che resta un miraggio, la tv (di Stato e non) che non è mai arrivata (anche se per fortuna adesso ci sono le nuove tecnologie, dove arrivano però), i bar, i negozi e le edicole che spariscono e pure le pompe di benzina tirano giù la serranda creando seri problemi a residenti e turisti. Poi ci si stupisce se i piccoli comuni si spopolano.
Il drammatico racconto dei numeri
La desertificazione dei piccoli comuni avanza veloce e sempre più centri si stanno avvitando in una spirale che prende sempre più velocità. Ogni tassello che si sfila contribuisce ad accelerarne il crollo. «In base ai dati Istat ci sono 200 Comuni in Italia senza un negozio e un bar, di cui 90 in Piemonte e ben 500 comuni a rischio desertificazione commerciale», denuncia il presidente dell’Unione delle comunità montane (Uncem) Marco Bussone. Secondo le stime di Confesercenti dal 2014 a oggi nei piccoli e piccolissimi comuni sono sparite quasi 26 mila attività commerciali di base, dai negozi alimentari ai bar. Si tratta di oltre un’impresa su dieci (-10,6%), con un calo che sfiora il 14% nelle località sotto i 5 mila abitanti.
Il processo di desertificazione dei piccoli centri, che rischia di limitare gravemente l’accesso ai servizi essenziali di ben 23,6 milioni di italiani – stima Confesercenti – si è intensificato drammaticamente negli ultimi cinque anni: dal 2019 sono scomparse dalle località esaminate 16.582 imprese commerciali di base, circa i due terzi del totale di quante “morte” nell’intero decennio, col calo demografico va di pari passo: negli ultimi 10 anni i piccoli comuni hanno perso circa 800 mila residenti (-7,15%).
A ridursi, proporzionalmente, sono soprattutto i negozi di elettronica ed elettrodomestici (-30,9% dal 2014), «anche a causa dello spostamento delle vendite di questo tipo di prodotti verso l’e-commerce» segnala l’associazione, secondo cui il cambiamento dei consumi innescato dalle tecnologie digitali è visibile anche per la rete di edicole che diminuiscono del 30,3% in dieci anni.
Il tema carburanti
Crolla anche il numero dei distributori di carburanti, che in deci anni lasciano sul campo quasi un quarto dei punti vendita (-22,6%). La scomparsa di ben 4.500 punti vendita, concentrata soprattutto nelle località più piccole (in 10 anni ben 246 comuni sotto i 15 mila abitanti hanno visto chiudere l’ultima pompa di benzina) costringe gli oltre 527 mila residenti – e gli eventuali turisti a recarsi in un altro comune per fare rifornimento.
Confesercenti segnala poi una forte contrazione anche per minimarket (-19%), ma spariscono velocemente anche le imprese del commercio al dettaglio di latte e prodotti caseari (-18,9%), macellerie (-18,4%), panetterie (-17,3%) e ferramenta (-15,3%). Cali un po’ meno veloci, invece, per empori (-3,1%) e librerie (-7,5%). Nemmeno i bar, un tempo punti centrali nei centri minori, si salvano dalla desertificazione sparendo sempre più rapidamente soprattutto dai piccoli comuni: dal 2014 la flessione è del -12%, pari a 7.616 imprese in meno, in larga parte (-6.374) perse dal 2019 ad oggi. «Le piccole e medie imprese del commercio al dettaglio sono fondamentali per le località urbane, anche piccolissime – commenta la presidente di Confesercenti Patrizia De Luise -. Fanno parte del tessuto sociale e contribuiscono direttamente alla prosperità, all’inclusione e al benessere dei cittadini e alla vita culturale locale. L’assenza di commercio locale contribuisce invece al degrado sociale, economico e fisico di centri e distretti urbani. E non lo dice solo Confesercenti: questi sono i motivi per cui anche il Parlamento Europeo, a gennaio 2023, ha adottato una risoluzione per tutelare il commercio di vicinato. L’importanza di questa rete di negozi è ancora più rilevante nel nostro Paese – aggiunge De Luise -. In Italia ci sono migliaia di piccole località, dove il commercio di vicinato gioca un ruolo cruciale anche nel mantenere vivi e attrattivi gli stessi centri abitati».
Se si fa la conta degli sportelli bancari che chiudono la situazione non è migliore. Secondo l’Uncem il 7% della popolazione italiana vive in territori dove non ci sono più agenzie bancarie: record in Piemonte (13,8%), ma il fenomeno è particolarmente marcato nel Mezzogiorno e nelle isole, dove l’11% degli abitanti non ha uno sportello bancario “sotto casa”. La Campania è la prima regione per numero di abitanti senza banca: 700 mila. Secondo l’osservatorio sulla desertificazione bancaria della Fist, il sindacato bancari della Cisl, nei primi sei mesi dell’amo in Italia hanno chiuso altri 163 sportelli e così alti 14 comuni sono rimasti senza servizi bancari. Il record spetta al Molise con l’82,4% di comuni senza sportelli, a seguire Calabria (73,3%) e Valle d’Aosta (67,6%).
Il miraggio del digitale
Nelle zone di montagna innanzitutto, ma non solo, si fatica anche a vedere la tv (sia i canali Rai che Mediaset) ed è difficile pure telefonare. Finora l’Uncem, che da mesi ha avviato un monitoraggio della situazione, ha raccolto 450 segnalazioni da frazioni e paesi dove la tv non arriva ed altre 4400 sui telefoni cellulari che se non vanno a singhiozzo proprio non prendono. E il digitale? «I lavori del piano nazionale Banda ultralarga partito nel 2016 e destinato ai piccoli e alla montagna vanno a rilento – dice Bussone – e per ora abbiamo soprattutto strade danneggiate dalle trincee realizzate».
Modello Francia
Soluzioni? Per Bussone dovremmo fare come la Francia «che col piano “France ruralités” ha messo in campo 8 miliardi di investimenti sino al 2027 per garantire centri multiservizio nei piccoli comuni e varato il piano “Mille Cafè” per creare mille/bar in spazi pubblici pagati dallo Stato come presidi territoriali ed erogatori di servizi oltre che luoghi di somministrazione. Bisogna trovare delle formule nuove: la cornice legislativa è chiara su tutto, peccato che nessuno la voglia seguire».
Per De Luise servono «leggi speciali per sostenere le imprese che offrono questi presidi fondamentali nei piccoli comuni. Un passo necessario per valorizzare, anche a fini turistici, il nostro patrimonio di borghi e paesi e per fermarne la desertificazione. È infatti chiaro che si è innescato un circolo vizioso: il calo della popolazione rende meno sostenibili le imprese di vicinato, ma a sua volta la chiusura di negozi e bar diminuisce la vivibilità dei centri minori e spinge gli abitanti a trasferirsi».
(da lastampa.it)
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