NON SI PUO’ ANCORA ANDARE A VOTARE: 352 PARLAMENTARI MATURERANNO LA PENSIONE IN PRIMAVERA
IL PARTITO PIU’ FORTE DEL PARLAMENTO E’ QUELLO CONTRO LO SCIOGLIMENTO ANTICIPATO DELLO STIPENDIO: 245 DEPUTATI E 107 SENATORI MATURERANNO LA PENSIONE IN PRIMAVERA….SE I NUOVI PARLAMENTARI DEVONO ADESSO ARRIVARE AL TERMINE DELLA LEGISLATURA, AI PIU’ ANZIANI BASTA LA META’ PIU UNO
Altro che le dichiarazioni di guerra di Umberto Bossi che tuonava chiedendo le elezioni anticipate come unico rimedio per togliere le pastoie al governo e sottrarsi al ricatto dei “traditori” di Futuro e Libertà .
Altro che prendere in considerazione le uscite di Di Pietro quando proclama la necessità di chiudere la legislatura per tentare con il voto di mettere in ginocchio il Pdl e distruggere Berlusconi.
Va già meglio la linea del segretario del Pd Pier Luigi Bersani, che prima del ritorno alle urne ipotizza un governo di transizione.
Altro che elezioni anticipate: per un folto drappello parlamentare l’Italia ha bisogno di continuità politica.
Per risolvere la crisi economica, ma soprattutto per consentire agli onorevoli deputati e senatori che ne hanno bisogno di completare felicemente la legislatura.
Mentre Fini e Berlusconi se le danno di santa ragione mettendo a rischio la sopravvivenza del Parlamento e l’opposizione è dibattuta sul ritorno al voto, a Montecitorio e palazzo Madama sta in agguato e silenziosamente preme uno schieramento che della stabilità ha fatto un vero dogma e che in fatto di numeri nulla ha da invidiare ai gruppi parlamentari più forti.
Si tratta del Pap, il Partito degli aspiranti alla pensione, deputati e senatori che desiderano solo completare il mandato per maturare l’anzianità indispensabile per riscuotere il ricco vitalizio: cinque anni alla Camera, solo quattro anni e mezzo, e vai a capire perchè, al Senato.
Nella lista degli esponenti del Pap c’è di tutto: parlamentari illustri di destra e di sinistra che almeno a prima vista dovrebbero temere poco lo scioglimento anticipato delle Camere visto che, almeno loro, in Parlamento dovrebbero tornarci sicuramente.
Gente del rango di Pietro Lunardi, Giorgia Meloni, Raffaele Fitto e Mariastella Gelmini tra i berlusconiani; o di Lorenzo Cesa, segretario dell’Udc; Gianrico Carofiglio (scrittore e magistrato) e Ricardo Franco Levi, ex braccio destro di Romano Prodi, del Pd.
Ma ci sono anche, e sono la maggioranza, soprattutto sconosciuti peones che per approdare in Parlamento hanno dato fondo a tutte le loro risorse, risparmi compresi, che devono ancora rifarsi delle spese e che della ricandidatura non sono affatto sicuri.
“Tra 630 deputati”, spiega qualcuno, “chi è disposto a votare per il vitalizio piuttosto che per la politica c’è sicuramente”.
Quanti? Ecco è il problema.
Nelle file del Pap militano soprattutto gli eletti per la prima volta nella sedicesima legislatura, quella inauguratasi nel 2008, e molti parlamentari in carica eletti anche nella precedente del 2006.
Prima di allora avere la pensione era molto facile, per lungo tempo è bastato addirittura mettere piede un solo giorno in Parlamento per riscuotere il vitalizio.
Poi grazie alle proteste contro i privilegi le norme sono state rese più stringenti.
Stringenti?
Si fa per dire, visto che ancora fino al 2007 bastavano due anni e mezzo per maturare il diritto, quello stesso che la gran parte dei comuni mortali conquista solo dopo 35 anni di lavoro.
L’esercito del Pap quindi resta comunque in agguato, pronto a mobilitarsi in caso di bisogno.
Il loro, ovviamente.
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