PALME DELLA DISCORDIA IN DUOMO? GLI ARABI NON C’ENTRANO, QUELLA PIANTA VIENE DALLA CINA, E’ DELLA SPECIE FORTUNEI
LA TRACHYCARPUS WAGNERIANA DEVE LA SUA FORTUNA AL BOTANICO TEDESCO CHE LA PORTO’ DAL GIAPPONE A BERLINO… QUEI DEMENTI HANNO BRUCIATO UN PEZZO DI STORIA EUROPEA
la Trachycarpus Wagneriana deve la sua fortuna al botanico Albert Wagner che la portò dal Giappone a Berlino
Verrà la domenica della Palme e sanerà il tutto. Per il momento si può parlare della discordia della palme.
Infatti chi pensa che le palme della piazza del Duomo, a Milano, siano un’esaltazione filo araba si confonde.
Araba e mediterranea d’origine è la Phoenix Canariensis, quella palma dei litorali e del meridione italiano che già era coltivata dalle parti nostre in epoca romana e oggi si è ammalata per colpa del punteruolo rosso, il temibile Rhyncho-phorus ferrugineus, stupidamente importato da vivai a basso prezzo in Egitto dove è endemico.
Le palme del Duomo sono invece quelle tipiche dei giardini di fine 800 in Inghilterra come nell’Italia del Nord, in quanto resistono fino a 15 gradi sotto-zero.
La si deve, questa palma, alla geniale attività di Robert Fortune (1812-1880) che, andato in Cina per rubare piante da tè da impiantare in India, si portò nelle isole britanniche anche vari esemplari di Trachycarpus oggi chiamate Fortunei in suo onore: la pianta si adattò ai giardini europei con facilità , visto che proveniva dalle aree meridionali dell’Himalaya.
La sua parente più piccina, la Trachycarpus Wagneriana deve la sua fortuna al botanico Albert Wagner che la portò dal Giappone a Berlino e da lì la fece girare per l’ Europa.
Oggi, nei nostri giardini è diventata spontanea.
Ergo: i dementi hanno incendiato un piccolo pezzo della nostra Storia e di quella europea.
Ma forse in piazza del Duomo il giardinetto è comunque sgrammaticato; le piazze italiane sono tendenzialmente lapidee e le aiuole con piccole Phoenix poste lì dopo l’Unità servivano più che altro a ricordare quelle delle stazioni ferroviarie, non prive d’una tenera poesia.
Philippe Daverio
(da “il Corriere della Sera”)
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