PAPA FRANCESCO IN PREGHIERA SULLA TOMBA DI DON MILANI: “ERA TRASPARENTE E PURO COME IL CRISTALLLO”
L’OMAGGIO DEL PONTEFICE AI PRETI SCOMODI: “HANNO CERCATO DI CAMBIARE LA CHIESA”… PRIMA A BOZZOLO PAPA FRANCESCO AVEVA VISITATO ANCHE LA TOMBA DI DON MAZZOLARI
Puntualissiumo, spaccando il minuto, l’elicottero bianco del Papa in arrivo da Bozzolo (Mantova), dove Francesco ha pregato sulla tomba di un altro grande prete misconosciuto del ‘900, don Primo Mazzolari, è atterrato fra la polvere sul campo arido di stoppie subito sotto la chiesa di Barbiana alle 11,15, come da previsione. Intorno, squadre di vigili del fuoco pronte a intervenire con gli idranti, le strade, i viottoli nei boschi, i sentieri e i guadi, presidiati da centinaia di uomini delle forze dell’ordine già dal giorno prima e per tutta la notte, un cordone di sicurezza praticamente inviolabile.
Un rapido trasbordo sulla Panda blu scura, seguita da un’altra uguale con a bordo l’arcivescovo Giuseppe Betori e il sindaco di Vicchio Roberto Izzo, venuti a salutarlo, e il Papa è già nel minuscolo cimitero dovere riposa don Lorenzo Milani.
Poche tombe di campagna, quella del priore con un grande mazzo di fiori di campo appena colti dai residenti di Barbiana.
Francesco si raccoglie in preghiera pochi minuti, poi entra nella cappellina dove è stata sistemata una grande croce blu, opera dell’artista barbianese Antonio Di Palma, ripercorre il vialetto di ghiaia ed è di nuovo in auto, diretto alla chiesa di sant’Andrea dove le campane suonano a distesa già da quando l’elicottero è comparso nel cielo del Mugello.
Ad attenderlo, sul sagrato e dentro la canonica dove don Lorenzo visse e operò con i ragazzi della sua scuola, l’ottantina degli ex alunni del priore ancora in vita, fra quelli di Calenzano e quelli di Barbiana, alcune decine fra ragazzi e operatori delle strutture caritatevoli della diocesi, i preti più giovani, ordinati negli ultimi 5 anni, e i più anziani, quelli ancora vivi che erano in seminario con lui, quelli dei luoghi milaniani, Montespertoli, Calenzano, Vicchio.
Il tempo di qualche stretta di mano, ed è subito chiaro che la visita (“strettamente privata”, come voluto dal Vaticano) è ancora più ‘lampo’ del previsto, dalla chiesa il Papa sale le strettissime scale che portano dentro l’aula della scuola, con sulla porta scritto ancora “I care”, e dove l’astrolabio le cartine geografiche, i disegni dei ragazzi, i tavoli e le sedie, sono ancora dov’erano e com’erano.
Accompagnato dall’arcivescovo Giuseppe Betori Francesco osserva pochi minuti, poi passa nelal stanza a fianco, la cucina di don Lorenzo, anche quella rimasta com’era ai tempi del priore, col tavolo con la cerata, il lavandino di graniglia, il camino annerito. Qui lo aspetta l’incontro più intenso della mattinata, quello con Michele Gesualdi, il presidente della Fondazione don Milani, minato da una grave malattia invalidante, e che non può più parlare.
Sono attimi di commozione, “il babbo non parla, il Papa non ha detto nulla ma gli ha fatto due volte il segno della croce sulla fronte, e si è emozionato mentre si abbracciavano”, racconta la figlia di Michele, Sandra.
A Francesco viene consegnata una copia dell’ultimo libro dedicato a Milani del presidente della Fondazione, con una dedica che riprende alcune frasi di una lettera in busta chiusa, che gli viene consegnata a parte, e che suona come un vero appello al Papa a farsi “esecutore testamentario”: “Barbiana è un luogo di profonda preghiera, scuola attiva e profonda sofferenza che ancora oggi scuote le coscienze”, ha scritto Michele a Francesco, “so che lei ha beni chiari i valori che sono stati di don Lorenzo, e vorrei che dicesse una parola chiara alla Curia fiorentina affinchè questo non diventi luogo di turismo, mercificazione e idolatria, un mercato nel tempio”.
Il rischio, secondo il presidente della Fondazione, è che la grande notorietà di don Lorenzo, dopo la piena riabilitazione voluta da Francesco, porti folle di visitatori in questo luogo finora protetto nella sua integrità silenziosa, col che diventi una sorta di improprio ‘santuario’.
Il saluto a Gesualdi, e il papa è di nuovo all’aperto, diretto verso la piccola piscina di cemento dipinta di azzurro dove un tempo i ragazzi di don Lorenzo facevano i tuffi, da dove parla, protetto dal sole da un piccolo ombrellone bianco, davanti alla platea di 140 invitati con pass, seduti sotto la canicola, mentre i volontari distribuiscono acqua minerale.
Francesco parla senza mezzi termini di di don Milani come di “esempio di prete trasparente e puro come il cristallo”, concludendo con l’appello agli astanti: “Prendete la fiaccola e portatela avanti”, dopo aver citato, fra vari testi del priore, anche la lettera in cui la madre, Alice Weiss, si augura che a Lorenzo venga riconosciuto il valore del sacerdote.
Le ultime parole di Francesco sono pronunciate, come spesso gli capita di fare, a braccio: “Che anche io prenda esempio da questo prete”, dice fra gli applausi, “avanti con coraggio a tutti i preti, non c’è pensione nel sacerdozio”.
E ancora: “Non posso tacere che il gesto che ho compiuto vuole essere una risposta a quella richiesta più volte fatta da don Lorenzo al suo vescovo, che fosse riconosciuto e compreso nella sua fedeltà al Vangelo e nella rettitudine della sua azione pastorale. Oggi lo fa il vescovo di Roma, ciò non cancella amarezze ma dice che la Chiesa riconosce in quella via un modo esemplare di servire il Vangelo”.
Un discorso “forte e fermo, come non era scontato che facesse, e che ci fa dire che ora finalmente la Chiesa ha fatto quello che non ha fatto per 50 anni”, è il commento di Andrea Milani, figlio di Adriano, fratello maggiore di Lorenzo, presente a Barbiana con le sorelle Valeria e Flavia, “papa Fracesco ha riconosciuto che Lorenzo aveva ragione e che chi, nella Chiesa, lo ha trattato male ha sbagliato, ha disconosciuto il suo ruolo di sacerdote e ne ha messo in dubbio la fede”.
E’ appena passato mezzogiorno, quando un lungo applauso chiude il discorso del Papa, che nel giro di pochi minuti è di nuovo sull’elicottero, e si rialza in volo alle 12,10, venti minuti prima del previsto, diretto a Roma.
(da “La Repubblica”)
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