PAZIENTI SMISTATI, ACCUSE AL TRIVULZIO: “NON CONTROLLAVA SE ERANO CONTAGIATI”
LE RSA LOMBARDE CONTRO LA REGIONE: “GESTIONE CAOTICA”
No, non siamo colpevoli per la strage degli anziani: siete voi che ci avete abbandonato. E continuate a farlo da due mesi, mentre la situazione sta diventando disperata.
Di fronte allo scaricabarile dei vertici della Regione, le sette associazioni principali che gestiscono le residenze per la terza età lombarde replicano con un documento durissimo.
Una lettera inviata il 20 aprile al presidente Attilio Fontana e all’assessore Giulio Gallera, ma trasmessa per conoscenza pure alla Protezione Civile nazionale. Con l’appello a intervenire il prima possibile.
Perchè decine di migliaia di persone deboli non ricevono ancora aiuto dalle istituzioni che dovrebbero proteggerle. “Il modo di agire di Regione Lombardia ha fatto emergere le vulnerabilità di un sistema che ancora non considera in modo appropriato i bisogni delle diverse fragilità ”.
Il testo – firmato dai responsabili lombardi di Agespi, Anaste, Aris, Arlea, Anffas, Aci Welfare, Uneba – contiene anche elementi rilevanti per le indagini della magistratura.
Si parla infatti dei trasferimenti di pazienti dagli ospedali alle case di cura private, varati l’8 marzo dalla giunta Fontana. E viene accusata la Centrale Unica Trasferimenti, affidata al Pio Albergo Trivulzio: “Non ha mai funzionato perfettamente e tutt’ora non è a regime: non tutti gli ospedali si sono registrati e chi lo ha fatto, spesso, in fase di dimissione non effettua il tampone, necessario per l’invio in sicurezza in una Rsa”. Una circostanza gravissima, che dovrà essere valutata dai pubblici ministeri: pazienti potenzialmente contagiati sono stati mandati senza controllo tra gli anziani. Bombe batteriologiche inserite nei padiglioni che ospitano le persone più esposte al morbo. E non si tratta di eccezioni: “Segnaliamo diversi episodi in cui si sono inviati in struttura ospiti negativi al Covid (e come tali sono stati accettati dalle residenze) senonchè immediatamente si sono rivelati positivi al coronavirus, senza che poi le Ats provvedessero alla necessaria ospedalizzazione”.
La risposta delle Ats, le Aziende tutela salute che governano la sanità lombarda, in due mesi sembra sempre la stessa: arrangiatevi.
Assieme alla Regione, hanno gestito la crisi in modo caotico, con ordini confusi e contradditori: “Si deve purtroppo costatare che, in queste otto settimane, abbiamo assistito al moltiplicarsi di mail, note, circolari, linee guida, a volte contrastanti tra di loro e/o con le disposizioni del governo centrale o di ritorno su precedenti decisioni o ad interim”.
L’effetto è stato quello di non fornire “i necessari presupposti al lavoro in sicurezza e a tutela della salute di ospiti e operatori”.
E citando le stesse regole della Regione, viene ricordato che non spetta alle residenze per anziani fronteggiare le epidemie: è una prerogativa delle Ats. Che però di fronte alle esigenze concrete, non hanno fornito soccorso. E’ accaduto per le mascherine e le tute protettive: “rispondendo, a distanza di giorni, con forniture una-tantum e in quantità assolutamente insufficienti”.
Ancora più grave il caso dei tamponi: “Nei giorni scorsi le Ats hanno scritto ai gestori trasmettendo, ciascuna, le proprie procedure di approvvigionamento, effettuazione e processo dei tamponi: procedure molto diverse nei tempi e nei modi, che si sono susseguite rapidamente, spesso contraddicendo e confutando quanto comunicato poche ore prima, fino ad arrivare a comunicare la necessità di acquistare a spese proprie i tamponi necessari e prendere accordi con i singoli laboratori per le analisi”. Le strutture private devono mettersi da sole alla ricerca di soluzioni difficilissime da trovare mentre i ricoverati cadono vittima del Covid 19. Per questo i gestori minacciano di rivolgersi alla magistratura: è il servizio pubblico che deve garantire i tamponi.
L’assenza di test sta creando un altro problema: “Sono molti i lavoratori che hanno terminato il periodo di quarantena ma impossibilitati a riprendere servizio perchè non chiamati ad eseguire il tampone”.
Oltre a quelli costretti a casa dal morbo, altri medici e infermieri si licenziano dai centri di cura privati per accettare le assunzioni d’urgenza negli ospedali pubblici. E così gli anziani restano sempre più soli. “Tutte le strutture sociosanitarie sono in gravissima difficoltà . La proporzione di operatori in servizio, nelle sole Rsa, è ridotta al 40-50% e per altre strutture anche a meno. Complessivamente, si tratta di 25-30.000 operatori (medici, infermieri, asa/oss, e altre figure professionali) oggi assenti nella sola rete per anziani e persone con disabilità . Ciò implica che, al di là delle esigenze collegate al Coronavirus, la qualità e quantità di assistenza che può essere garantita ai residenti è ormai critica”.
C’è un provvedimento contro cui si focalizza il j’accuse.
La delibera regionale del 30 marzo, che “sconsigliava” i trasferimenti in ospedale dei malati più anziani colpiti dal virus ma prometteva il supporto clinico delle strutture regionali “infettive, pneumologia, terapia del dolore e cure palliative”.
Questo sostegno — scrivono i gestori delle Rsa — non c’è stato: ancora una volta, sono state costrette ad arrangiarsi. Ma l’ultima circolare del Ministero della Salute prevede che i pazienti contagiati e anche quelli che mostrano sintomi sospetti debbano venire ricoverati in ospedale. Cosa che in Lombardia non sta avvenendo.
“In altre parole, le Rsa dovrebbero, ai primi sintomi di patologia acuta, provvedere all’invio negli ospedali degli ospiti attraverso corsie preferenziali e dedicate. Se si ritiene di trovarsi in un periodo di difficoltà generalizzata per cui non è possibile farlo, ne prendiamo atto, diamo la nostra disponibilità entro limiti da concordare insieme, ma certamente non è accettabile che ci vengano attribuite responsabilità a riguardo”.
Dal 20 febbraio al 15 aprile nelle 57 residenze per anziani presenti nella città di Milano sono morte 1.199 persone per sospetto Covid e 490 di Covid accertato: un bilancio terribile. Per questo bisogna mettere da parte le polemiche, finirla con le interviste scaricabarile e trovare rimedi: “Permangono ad oggi ancora troppe questioni aperte che richiedono un intervento prioritario da parte di Regione Lombardia, non più procrastinabile, che deve essere incentrato sulla reale congiuntura in atto, purchè espressa da chi la vive in prima linea piuttosto che su interpretazioni a tavolino o finanche su servizi dei media. Chiediamo l’urgente costituzione di un tavolo di lavoro con Regione Lombardia e Protezione Civile al fine di delineare percorsi e soluzioni in linea con l’evoluzione dei problemi”.
Già , tutta Italia pensa alla Fase 2, ma nelle Rsa si combatte ancora il dramma dell’epidemia.
(da agenzie)
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