PENSIONI: CHI PRENDE 20 MILA EURO NETTI L’ ANNO VEDRA’ SFUMARE UN AUMENTO DI 500 EURO SE SALTA L’AGGANCIO ALL’INFLAZIONE
LE SIMULAZIONI DELLA CGIA: CON IL BLOCCO DELL’INDICIZZAZIONE UN RISPARMIO DI 4,4 MILIARDI… PER ESSERE FINANZIARIAMENTE APPREZZABILE LA MANOVRA DOVREBBE PESARE SUI CETI MEDIO-BASSI SALVANDO SOLO LE PENSIONI AL MINIMO
Le pensioni per fare cassa.
Il blocco della rivalutazione degli assegni all`inflazione serve solo a questo.
È almeno da11992, quando il governo Amato abolì l`aggancio delle pensioni agli aumenti contrattuali insieme alla cancellazione della scala mobile per i lavoratori attivi, che si interviene per temperare l`indicizzazione dei trattamenti pensionistici.
Un passo dopo l`altro, quasi tutti gli anni, con slittamenti, congelamenti, azzeramenti dell`adeguamento, indipendentemente dal colore del governo.
L`effetto c`è stato se, proprio in questi anni, le pensioni hanno progressivamente perso potere d`acquisto.
Ormai quasi la metà dei pensionati non raggiunge i mille euro al mese contribuendo in maniera non affatto secondaria alla caduta dei consumi nazionali.
Quasi il 15 per cento non arriva a 500 euro mensili.
E solo il 15 per cento supera i duemila euro.
Con l`eventuale blocco delle indicizzazioni – secondo una simulazione della Cgia di Mestre -un pensionato che riceve un assegno mensile netto di circa 1.600 euro (20 mila l`anno) perderebbe quasi 480 euro in un anno.
Bloccare l`adeguamento delle pensioni alla dinamica dei prezzi non è certo una riforma strutturale.
Però -ed è questo il motivo per cui si utilizza -frenala spesa previdenziale che da sola costituisce oltre il 40 per cento della nostra spesa corrente. Operazione contabile, dunque.
Che dà ossigeno ai conti pubblici, meno alle tasche dei pensionati.
L`Ufficio studi della Cgia ha calcolato che dal blocco totale delle indicizzazione dei 17 milioni di assegni pensionistici lo Stato sborserà 4,4 miliardi in meno (5,7 miliardi senza però considerare il mancato introito fiscale).
Tanti soldi, più di un quarto della manovra in arrivo.
Ma così rischia di scolorire anche il principio dell`equità al quale il governo Monti ha detto di volersi ispirare nell`azione di risanamento.
Perchè un`operazione di questo genere pesa soprattutto sui livelli più deboli a meno che non si operi una modulazione per fasce di reddito, seguendo l`impostazione del governo Berlusconi.
In questo caso il sentiero è strettissimo e in particolare darebbe pochissimo gettito dal momento che per il 2012 è già previsto (decreto di luglio) il blocco di qualsiasi adeguamento per chi prende una pensione cinque volte il minimo (pari a 467,43 euro) e un`attenuazione per chi ha una pensione tra tre e cinque volte il minimo.
L`ipotesi sulla quale stanno lavorando i tecnici, invece, punta al bersaglio grosso, all`intera platea dei pensionati con la sola eccezione probabilmente di chi prende il minimo.
D`altra parte – proprio seguendo le simulazioni degli artigiani di Mestre – si vede che ben 5,2 miliardi dei 5,7 complessivi lordi arriverebbero dalle pensioni più basse: 577 milioni da quelle comprese tra tre e cinquevolte ilminimo e nulla (perchè già bloccati) dagli altri.
E nulla o quasi per il 2012 arriverebbe anche dall`eventuale inasprimento dei requisiti per l`accesso alla pensione di anzianità (non più 40 anni di contributi, ma 41 o addirittura 43) dal momento che già oggi per effetto delle cosiddette “finestre mobili” un lavoratore che maturi i requisiti rimane praticamente un altro anno al lavoro senza, peraltro, aumentare il suo montante pensionistico.
Resta il fatto che ormai quasi i tre quarti delle uscite per anzianità (prima cioè di aver compiuto l`età per la pensione di vecchiaia) sono dovute proprio alla maturazione dei 40 anni di contributi.
A rischio sono circa 140 mila lavoratori, entrati nel mondo del lavoro molto presto.
Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre, riconosce che si debba «mettere mano al nostro sistema previdenziale, al fine di assicurare gli equilibri di bilancio », ma chiede al governo di confrontarsi con le parti sociali.
Roberto Mania
(da “La Repubblica“)
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