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PERCHE’ IL CONTRATTACCO UCRAINO E’ SEMPRE PIU’ VICINO

E PUTIN TORNERA’ A MINACCIARE LA GUERRA ATOMICA

Anche se la battaglia del Donbass è tutt’altro che conclusa, stando alle dichiarazioni dei leader ucraini e dell’intelligence occidentale Kyiv si sta attivamente preparando ad aprire un nuovo capitolo della guerra nel prossimo futuro: la controffensiva su larga scala nel sud dell’Ucraina, con l’obiettivo chiave di liberare la città occupata di Kherson.
Il governo di Kyiv ha più volte dichiarato l’intenzione di liberare l’unica capitale regionale finora catturata dalla Russia dopo l’inizio dell’invasione su larga scala avvenuto il 24 febbraio. La Russia ha preso il controllo di questa città lo scorso 2 marzo senza grande opposizione, a seguito del rovinoso collasso del fronte ucraino nel sud nei primi giorni di guerra.
Ora gli esperti militari di tutto il mondo concordano sul fatto che la riconquista di Kherson è al momento il modo più fattibile per Kyiv per ottenere una vittoria importante e cercare di ribaltare le sorti della guerra. Questo però non significa in alcun modo che sia una impresa facile.
Dopo la conquista di Lysychansk e di Severodonetsk, l’offensiva russa nel Donbass sembra aver perso slancio sia per la breve “pausa operativa” annunciata dal comando russo, che, soprattutto, l’introduzione sul campo di battaglia dei micidiali lanciarazzi multipli HIMARS che con i propri missili GMLRS stanno devastando la logistica russa e distruggendo i depositi di munizioni nella regione.
Negli ultimi giorni i russi hanno ripreso l’offensiva, ma ancora in maniera molto limitata. Come afferma il think tank americano Institute for the Study of War, le forze russe nelle ultime settimane non hanno fatto progressi significativi verso Slovyansk o lungo il saliente di Siversk-Bakhmut. Stanno anzi continuando a sprecare la propria potenza offensiva in combattimenti localizzati per il controllo di insediamenti piccoli e relativamente poco importanti in tutta la regione di Donetsk. In particolare, nonostante i trionfalistici annunci da parte separatista, le truppe russe ad oggi non sono ancora state in grado di raggiungere la città di Seversk.
Allo stesso modo, le truppe russe non sono riuscite a lanciare assalti diretti contro Bakhmut e si sono in gran parte bloccate nei combattimenti per piccoli insediamenti a est ed a sud della città.
Gli sforzi per avanzare su Slovyansk dal saliente di Izyum si sono per lo più arenati (per la seconda volta negli ultimi mesi) e da settimane non registrano guadagni significativi.
Tutto ciò è ancora più negativo per Mosca se si considera che le truppe russe stanno facendosi così fatica a muoversi su un terreno aperto e relativamente poco popolato, quindi teoricamente più favorevole alle loro tattiche.
Nel caso in cui dovessero riuscire ad avanzare ulteriormente verso l’autostrada E40 nelle vicinanze di Slovyansk e Bakhmut, infatti, si troverebbero di fronte un terreno che rischia di diventare molto più favorevole ai difensori ucraini, a causa della crescente densità di popolazione e della natura urbana di queste aree.
In sintesi, dunque: la ripresa delle offensive di terra attive dopo la breve pausa operativa non si è ancora tradotta in significativi progressi russi nel Donbass. E se ciò anche dovesse succedere nelle prossime settimane, è molto probabile che l’offensiva si possa fermare nuovamente, e stavolta per un tempo più lungo, di fronte alla tenace resistenza opposta dalle forze di Kyiv.
Nel frattempo, l’Ucraina ha già iniziato a lanciare una limitata campagna militare nella regione di Kherson come contrappeso all’offensiva russa in Donbass, che ha permesso di ottenere la liberazione di un totale di 44 villaggi e piccole città in poche settimane. Queste avanzate sono state, però, più che altro, tentativi di sondare le difese russe e tenere le forze russe impegnate lontano dal Donbass. Non si è trattato, quindi, di una offensiva sostanziale con l’obiettivo di ottenere guadagni territoriali sostanziali.
Ma le cose stanno cambiando: secondo il direttore dell’MI6 britannico, Richard Moore, nelle prossime settimane ci sarà probabilmente una nuova pausa operativa nelle azioni dell’esercito russo in Ucraina, e ciò darà a Kyiv l’opportunità tanto attesa di lanciare la sua controffensiva.
Il Ministro della Difesa ucraino Oleksiy Reznikov ha dichiarato che il presidente Volodymyr Zelensky ha incaricato le Forze Armate di preparare piani dettagliati per la liberazione del sud dell’Ucraina, in particolare della regione di Kherson, poiché le sue zone costiere sono considerate vitali per l’economia nazionale.
Al momento, la linea del fronte della regione di Kherson, lunga 200 km e confinante con la regione di Mykolaiv controllata dagli ucraini, è difesa da unità russe considerate generalmente considerate come esaurite della 49esima Armata Combinata, che comprende alcune unità aviotrasportate d’élite, il 22° Corpo d’Armata ed unità della Guardia Nazionale russa.
Secondo le stime più attendibili, la Russia dovrebbe aver schierato nell’area circa 10 gruppi di battaglioni tattici (BTG), ovvero circa 5 volte in meno dei 50 BTG che Mosca ha schierato nella zona più cruciale del Donbass, quella tra Izyum e Bakhmu
Ciononostante, il comando russo sta cercando in tutti i modi di raccogliere le forze necessarie per rafforzare le sue difese anche nel sud, considerato il fatto che Kherson è l’obiettivo sempre più evidente di un futuro contrattacco ucraino in preparazione.
Il 12 luglio, gli utenti dei social media e i media locali di Melitopol (un’altra città occupata del sud dell’Ucraina) hanno pubblicato video che mostrano “un’interminabile” colonna militare russa in movimento proprio verso Kherson.
E che la controffensiva si stia avvicinando, lo ha confermato direttamente anche il vice primo ministro ucraino Iryna Vereshchuk quando ha esortato, lo scorso 10 luglio, i civili della regione di Kherson ad evacuare urgentemente, poiché “le forze armate ucraine stanno preparando un contrattacco”. “È chiaro che ci saranno combattimenti, duri bombardamenti di artiglieria… e quindi invitiamo la popolazione a evacuare con urgenza per non essere usati come scudi umani”, ha dichiarato il vice primo ministro Iryna Vereshchuk alla televisione ucraina, senza però specificare quando potrebbe essere condotta questa controffensiva.
Va aggiunto che, in chiara preparazione all’attacco, le Forze Armate ucraine hanno già iniziato a colpire lo strategico ponte Antonivskij sul fiume Dnjepr, ad est della città di Kherson, con missili GMLRS lanciati da sistemi HIMARS che hanno causato danni visibili alla struttura.
Il governatore dell’amministrazione nominata dai russi, Vladimir Saldo, ha annunciato che il ponte è stato chiuso al traffico merci per le riparazioni, ma che resta per ora aperto ai veicoli passeggeri, a seguito degli attacchi che sono durati per due giorni di seguito.
Un funzionario locale ucraino, Serhiy Khlan, ha affermato che gli attacchi contro il ponte hanno reso impossibile alle forze russe il trasporto di attrezzature pesanti attraverso il fiume Dnjepr.
È molto probabile che il ponte resti ancora per un po’ utilizzabile, afferma l’intelligence militare britannica, pur continuando a rappresentare una vulnerabilità importante per le forze russe. È infatti uno degli unici due punti di attraversamento sul Dnjepr con cui la Russia è in grado di rifornire le sue forze nel territorio che ha occupato a ovest del fiume.
Il controllo degli attraversamenti del Dnjepr diventerà quasi certamente il fattore chiave per l’esito dei futuri combattimenti nella regione.
Come potrebbe essere condotta l’offensiva ucraina contro Kherson?
In che modo possa essere condotta l’offensiva contro Kherson lo spiega in suo dettagliato articolo probabilmente colui che oggi è riconosciuto essere il più famoso giornalista ucraino esperto di questioni militari, ovvero Illia Ponomarenko del Kyiv Independent.
A grandi linee il piano da lui delineato è il seguente: circondare la città di Kherson occupata dai russi, tagliando fuori la guarnigione russa presente in città, dai rifornimenti, fino ad ottenerne la sua resa.
Uno dei fattori che favoriscono la controffensiva ucraina nella regione è la presenza, di recente confermata anche da diverse fonti open source, di un numero crescente di truppe scarsamente addestrate composte in buona parte da soldati mobilitati con la forza nel Donbass occupato.
Ciò dimostra una costante debolezza russa in tutta questa campagna militare: la cronica mancanza di soldati, dovendo affidarsi sempre di più a personale non addestrato o reclutato in maniera sbrigativa.
Da questo se ne deriva che la Russia non è neppure in grado di inviare rapidamente rinforzi nell’area in caso di un attacco ucraino, poiché per farlo dovrebbe ridurre drasticamente o addirittura abbandonare del tutto l’offensiva nel Donbass. Tutto ciò i pianificatori ucraini lo sanno bene ed intendono sfruttarlo al massimo.
Inoltre, come afferma Kirill Mikhailov, esperto del Conflict Intelligence Team (CIT), “i russi non hanno la forza per difendere completamente l’intera linea del fronte a Kherson”. Ciò aiuta ancora di più gli ucraini a sfruttare i punti più deboli di questa enorme linea del fronte per sfondarla con un attacco massiccio.
Per realizzare questo ambizioso piano, però, l’esercito ucraino dovrebbe anzitutto dimostrare di essere in grado di distruggere le linee di rifornimento ed i depositi di munizioni russe con ondate devastanti di attacchi di artiglieria, prima di far entrare in azione con la controffensiva terrestre.
Secondo Ponomarenko, solo allora ed al momento più opportuno, “le unità di terra ucraine potrebbero avanzare di circa 20-30 km verso sud, avvicinandosi alla periferia di Kherson, ed in particolare allo sfortunato campo d’aviazione di Chornobaivka, utilizzato dall’aviazione russa” (e già pesantemente danneggiato da decine di devastanti attacchi ucraini durante il corso della guerra).
Sono tre in particolare gli obiettivi chiave che, a quel punto, secondo Ponomarenko, l’Ucraina deve raggiungere per completare con successo la manovra di accerchiamento delle truppe russe:
Prendere il controllo dell’autostrada M14/P47 che si trova ad est di Kherson e collega questa città con Nova Kakhovka, una delle basi principali dei russi nella regione di Kherson e luogo di alcuni dei più devastanti recenti attacchi con i missili GMLRS degli HIMARS contro i depositi di munizioni russi.
Distruggere i due ponti sul fiume Dnjepr, ovvero il ponte Antonivskij (di cui abbiamo ampiamente già parlato in precedenza) ed il ponte ferroviario presente vicino alla città di Antonivka, alla periferia di Kherson. I due ponti sono fondamentali per assicurare ai russi la possibilità di difendere la propria guarnigione a Kherson, e mantenere il controllo del territorio occupato ad ovest del fiume.
Infine, prendere il controllo della centrale idroelettrica di Kakhovska, che si trova a Nova Kakhovka, circa 55 km a est di Kherson. Questo step è importante doppiamente, in quanto la diga che crea il bacino artificiale usato per la centrale funge anche da ponte lungo il quale passa l’autostrada M14/P47.
Una volta che l’autostrada M14/P47 verrà interrotta dall’Ucraina, le forze russe non avrebbero quindi più modo di attraversare il Dnjepr. Con i due ponti precedentemente citati distrutti, l’unico altro modo per attraversare il fiume fino alla sua riva destra si trova molto più a nord, ovvero nella città di Zaporizhzhya, città controllata dagli ucraini, a circa 200 km di distanza da Kherson.
Se questa operazione avesse successo, dunque, la città di Kherson si troverebbe diretta sulla linea del fronte e tagliata fuori dai rifornimenti e rinforzi. La guarnigione russa presente a Kherson si troverebbero di fronte anche un enorme ostacolo naturale, il fiume Dnjepr, che le impedirebbe di ritirarsi con facilità verso est.
Il fiume, infatti, arriva a raggiungere la larghezza di 350 m in diverse zone vicino alla città. Inoltre, l’artiglieria ucraina sarebbe abbastanza vicina da impedire alle forze russe di cercare di attraversare in modi alternativi il fiume per ritirarsi, ad esempio usando ponti galleggianti – ed abbiamo già visto in azione tutto questo nel Donbass quando l’artiglieria ucraina ha sventato con successo svariati tentativi russi di attraversare il Seversky Donets.
Il terreno locale offre sicuramente opportunità all’Ucraina per completare questo piano: la mancanza di strade nella regione ed i pochi ponti presenti sul Dnjepr rendono più complicata che altrove la logistica dell’esercito russo e costringono le forze di Mosca a concentrare i rifornimenti in poche località vicino alle stazioni ferroviarie, che sono perfetti obiettivi dei sistemi HIMARS forniti dagli americani.
Tuttavia, è lecito aspettarsi che le forze russe cercheranno di contrattaccare sia via terra che via aerea per evitare a tutti i costi di finire accerchiate. Per evitare questo è fondamentale, secondo Ponomarenko, che l’Ucraina sia in grado di infliggere il maggior numero possibile di danni alla difesa aerea russa e, allo stesso tempo, creare una sua forte griglia di difesa aerea contro gli attacchi russi.
Se i sistemi di difesa aerea russi S-300, S-400, Tor-Ms e Buk-Ms venissero distrutti dagli attacchi di artiglieria ucraina – ed i sistemi HIMARS hanno dimostrato di poter già essere in grado di farlo, ad esempio nella regione di Luhansk, dove hanno distrutto un sistema S-400 – si aprirebbe anche la possibilità di usare a pieno i micidiali droni ucraini Bayraktar TB2.
Questi droni, che abbiamo ampiamente visto in funzione nella prima parte della guerra, sono in grado di garantire la rapida individuazione dei bersagli, in modo che i sistemi HIMARS (ed altri MLRS avanzati in possesso dell’esercito ucraino) possano colpire e distruggere gli eventuali convogli russi in fuga.
Nei piani di Ponomarenko, la combinazione di tutte queste tattiche, e la capacità degli ucraini di mantenere il blocco della città nel tempo, dovrebbero bastare per obbligare i russi a lungo andare a dichiarare la resa della guarnigione presente nella città.
“Grazie alla conoscenza del terreno ed ai difetti della strategia militare russa, il piano ucraino potrebbe avere dunque una chance realistica di successo”, afferma Ponomarenko.
Mosca prepara le contromisure
La Russia sembra però essere sempre più conscia delle proprie vulnerabilità, ogni giorno che passa. Si moltiplicano, perciò, gli appelli delle voci favorevoli alla guerra affinché il Presidente russo Vladimir Putin dichiari la mobilitazione generale ed abbandoni la farsa della operazione militare speciale.
In prima linea in queste critiche è ancora una volta l’ex comandante dei militari separatisti nel 2014, il nazionalista Igor Girkin, che ha presentato un’ampia lista di azioni militari, economiche e politiche che, secondo lui, il Cremlino deve seguire per vincere la guerra in Ucraina.
Secondo Girkin i russi dovrebbero puntare anzitutto alla annessione dell’intero territorio della cosiddetta “Novorossiya” (che Girkin sostiene comprendere le regioni di Kharkiv, Dnipropetrovsk, Mykolaiv, Odesa, Zaporizhzhia, Kherson, Donetsk, Luhansk e Kryvyi Rih) nella Federazione Russa.
Inoltre, per Girkin, il Cremlino dovrebbe sostenere anche la creazione di secondo Stato definito della “Malorossiya” (che comprende tutta l’Ucraina fino al confine con la Polonia), e che secondo Girkin dovrebbe essere riunificato con la Russia entrando a far parte dello Stato dell’Unione Russia-Bielorussia.
Nei suoi post di tono sempre più apocalittico, Girkin avvisa allo stesso tempo che in mancanza di una mobilitazione generale e di obiettivi ben chiari, la Russia rischia di perdere questa guerra. “Gli ucraini si sono dimostrati pronti alla guerra molto più di noi, ed abbiamo perso tempo come nel primo anno della Grande Guerra Patriottica. Ed ora non è detto che ci sarà un secondo, terzo o quarto anno”.
Tali parole sono sintomo di una preoccupazione sempre più serpeggiante nell’estrema destra nazionalista russa schierata a favore della guerra. Anche se nessuno lo dice ancora apertamente, aumenta costantemente il numero di coloro che considerano ormai la guerra come persa senza un cambio di passo radicale ed incolpano di questa situazione lo stesso presidente Vladimir Putin.
Stavolta, però, gli appelli sempre più disperati di Girkin non sono rimasti del tutto inascoltati. Il 20 luglio, il Ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha per la prima volta definito obiettivi geografici più ampi per le operazioni russe in Ucraina, andando oltre le sole regioni di Donetsk e Luhansk.
Nella sua intervista concessa a Margarita Simonyan, caporedattore dell’emittente statale Russia Today, Lavrov ha dichiarato che la geografia dell'”operazione speciale” è cambiata rispetto a marzo ed ora comprende non solo le due Repubbliche popolari di Luhansk e Donetsk, ma anche le regioni occupate di Kherson e Zaporizhzhya, oltre ad una serie di altri territori non specificati.
Lavrov ha quindi avvertito che questi obiettivi si espanderanno ulteriormente se l’Occidente continuerà a fornire all’Ucraina armi a lungo raggio.
La minaccia nucleare
Sia chiaro, i richiami di Lavrov a obiettivi territoriali così massimalisti sono totalmente avulsi dalla realtà lenta e stridente delle recenti operazioni russe in Ucraina, soprattutto in mancanza di quella mobilitazione generale così richiesta a gran voce da Girkin e dagli altri ultranazionalisti russi. Nondimeno, le sue parole sono estremamente rilevanti.
Si sta, infatti, delineando una nuova via di uscita per Putin da questa impasse: quella che secondo il portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, John Kirby, il Cremlino sta già iniziando a mettere in atto da un po’ di tempo.
Kirby afferma che il Cremlino ha già nominato funzionari governativi locali, reso obbligatorio l’uso del rublo come valuta corrente nei territori occupati, così come sostituito le infrastrutture di telecomunicazione e trasmissione ucraine con quelle russe, e costretto gli ucraini che risiedono nei territori occupati a richiedere passaporti russi per svolgere qualsiasi attività di rilievo.
Il prossimo passaggio, la cui tempistica finale dipenderà principalmente dalla velocità con cui si sta degradando la capacità di combattimento dell’esercito russo in Ucraina, è quello di tenere referendum per l’annessione dei territori occupati nella Federazione Russa, forse già l’11 settembre, il giorno in cui si voterà anche per le elezioni locali e governatoriali in tutta la Federazione Russa.
Sebbene la tempistica possa sembrare troppo ristretta – è difficile pensare che per allora i russi abbiano completato la conquista della regione di Donetsk nel Donbass – la pressione della incombente controffensiva ucraina sta complicando parecchio gli sforzi russi per consolidare il controllo delle regioni occupate, e non è chiaro come il Cremlino riuscirà a generare la potenza offensiva necessaria per conquistare nuove significative quantità di territorio ucraino.
Di qui la decisione presa dal Cremlino di velocizzare il più possibile questo piano alternativo, che viene considerato come fondamentale alla corte di Putin per porre il governo di Kyiv ed il resto del mondo di fronte al “fait accompli”.
A seguito della annessione di questi territori, infatti, Putin si sentirebbe legittimato a introdurre la sua arma finale: le minacce nucleari. Poiché la dottrina nucleare russa consente esplicitamente l’uso di armi nucleari tattiche per difendere il territorio russo, Putin potrebbe dichiarare che ciò si applica direttamente o indirettamente anche ai territori appena annessi.
In tal modo minaccerebbe apertamente l’Ucraina ed i suoi partner di un attacco nucleare se le controffensive ucraine per liberare il territorio occupato dalla Russia dovessero continuare anche dopo il suo avvertimento.
L’Ucraina ed i suoi partner occidentali si trovano così di fronte ad una finestra di opportunità sempre più ristretta per lanciare la controffensiva ucraina nel sud del Paese, prima che il Cremlino metta in atto questo piano.
Nella visione del Cremlino la minaccia o persino l’uso limitato di armi nucleari tattiche, rappresenta l’unica strada per Mosca per ripristinare la sua deterrenza, dopo che la disastrosa invasione ha mandato in frantumi la sua capacità di deterrenza convenzionale.
Nonostante le precedenti allusioni russe alla volontà di Mosca di usare armi nucleari si siano rivelate vane, questa volta, dunque, la disperazione di Putin di fronte ad un possibile fallimento, rischia di rendere le nuove minacce decisamente più concrete, con tutte le conseguenze del caso.
(da Fanpage)

This entry was posted on lunedì, Luglio 25th, 2022 at 21:45 and is filed under Politica. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.

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