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PONTE SULLO STRETTO, MAI COSTRUITA UN’OPERA DI QUESTE DIMENSIONI: I DUBBI SULLA FATTIBILITA’ DEL PROGETTO

INTERVISTA AL PROF MARIO DE MIRANDA, INGEGNERE E PROGETTISTA: “UN PONTE A LUCE UNICA, IN QUELLA POSIZIONE, E’ TOTALMENTE AZZARDATO E SCONSIGLIABILE”

Il progetto del Ponte sullo Stretto è stato bocciato dalla Corte dei Conti lo scorso 24 settembre, per una serie di criticità emerse sul piano procedurale, tecnico ed economico. I magistrati contabili hanno sottolineato “la necessità di acquisire chiarimenti ed elementi informativi” sulla delibera del Cipess che ha dato il via libera all’infrastruttura, e hanno dato al governo 20 giorni di tempo per rispondere. Il Dipartimento per la Programmazione Economica (DIPE) ha risposto ai chiarimenti richiesti dalla Corte dei conti lo scorso 13 ottobre con una corposa documentazione, e i giudici contabili ora hanno 30 giorni per concludere l’esame.
Il ministro Matteo Salvini è certo che l’opera verrà realizzata. Secondo il vicepremier la bocciatura della Corte dei Conti non è altro che una “fisiologica interlocuzione tra istituzioni”. Vedremo nei prossimi giorni se Salvini avrà ragione, e se i cantieri saranno effettivamente avviati a breve.
Nel frattempo esperti, ingegneri, economisti, continuano a interrogarsi sulla fattibilità dell’infrastruttura: se fosse costruita secondo il progetto attuale, sarebbe il ponte sospeso più lungo del mondo, con una campata unica di 3.300 metri e un costo stimato di 13,53 miliardi. Stiamo parlando di un’opera gigantesca, fuori scala se paragonata ad altri ponti già esistenti. Attualmente il ponte a campata unica più grande del mondo è Çanakkale Bridge, o Ponte dei Dardanelli, in Turchia: in questo caso la campata principale è lunga 2.023 metri.
Il ponte sullo Stretto poi dovrebbe integrare traffico stradale e ferroviario, il che lo rende diverso dagli altri ponti a campata unica già esistenti, in scala ridotta, che come indica il progetto di quello italiano sono realizzati con il ‘Messina type deck’, cioè hanno una struttura con un impalcato sdoppiato in due o tre cassoni paralleli con aperture centrali, con lo scopo di migliorare le prestazioni nei confronti del vento. Solo il New Xihoumen Bridge, che dovrebbe essere ultimato in Cina nel 2026, sarà un ponte stradale e ferroviario sospeso secondo il modello del Messina type deck, come il ponte sullo Stretto. Ma, come dicevamo, è attualmente in costruzione. Nessuno degli altri ponti esistenti presenta una doppia modalità di trasporto, ferroviaria e stradale.
Abbiamo chiesto a Mario de Miranda, ingegnere e progettista di ponti e strutture (che ha curato tra le altre cose l’ingegneria e il progetto di costruzione dello Storebaelt in Danimarca), quali sono gli elementi più problematici del progetto, che rendono incerta e piena di incognite la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. Ricordiamo che l’area su cui sorgerà il ponte è una zona ad alto rischio sismico, e la fondazione della torre lato Calabria è posizionata su sistemi di faglie attive, sebbene la società Stretto di Messina abbia negato questa circostanza, che pure si evince dal progetto dell’opera.
Professore, quali sono le principali difficoltà per la realizzazione dell’opera?
Messi da parte tutti i problemi economici e burocratici, dal punto di vista costruttivo, se si prosegue con la soluzione che si è scelta, ovvero il ponte a campata unica, con i due piloni alle estremità e una luce di 3.300 metri, la principale difficoltà è rappresentata dalla grande differenza di scala rispetto ai precedenti, dalla necessità di fare un salto molto più grande rispetto all’esperienza consolidata. Questo comporta delle incognite, cioè problemi che non si conoscono interamente. Il ponte più lungo mai realizzato è quello dei Dardanelli, in Turchia, lungo 2.023 metri, ed è stato costruito in acque abbastanza calme. Ed è tra l’altro un ponte solo stradale, non ferroviario. Se consideriamo soltanto la realizzabilità, parliamo di un’infrastruttura molto più piccola del Ponte sullo Stretto di Messina. Ho curato il progetto di costruzione dello Storebaelt in Danimarca, con una campata di 1634 metri, e conosco il tipo di difficoltà che si incontrano. Già con quelle dimensioni la sensazione era di trovarci abbastanza vicini al limite.
Quali sono le incognite legate alla costruibilità?
Dal punto di vista della pratica ingegneristica, per entrare in uno dei tanti aspetti concreti, la sospensione è formata da quattro cavi, accoppiati a due a due. Costruire una coppia di cavi ravvicinati non è facile, perché possono sbattere molto facilmente per via del vento, che può farli muovere. Si tratta di decine di migliaia di fili da realizzare con la medesima tensione. Un’operazione tecnicamente molto complicata: un cavo raddoppiato come quello di Messina fino ad oggi è stato fatto per un ponte che aveva una lunghezza di 1300 metri, il ponte Giovanni da Verrazzano. Questa volta dovremmo fare quindi un salto di due volte e mezzo. Poi ci sono altri aspetti dovuti alla difficoltà di montaggio, causata dalle onde e dalle correnti.
Lei potrebbe dire con certezza che questi problemi non potrebbero essere risolti?
No, non posso affermarlo con certezza. Ma non posso dire con certezza che potrebbero essere risolti in quella scala. La cautela mi porterebbe a fare scelte diverse, visto che stiamo parlando dell’opera più grande che l’uomo realizzerebbe, in termini di dimensioni.
In ogni caso l’opera sarebbe appoggiata su una faglia attiva, circostanza che è stata negata dalla Stretto di Messina. È sicuro costruire un ponte in queste condizioni?
Per quanto riguarda la faglia, potrebbe esserci già un problema in fase di costruzione, se la faglia fosse effettivamente attiva, come è stato indicato nei disegni. Il problema di sicurezza c’è sicuramente in caso di sismi che potrebbero mettere di nuovo in movimento quella faglia. Nel disegno di progetto n. PB_0010, si vede chiaramente la presenza di una faglia sotto il pilone lato Calabria (linea rossa) definita ‘certa’ nel disegno stesso, in cui la freccia rossa indica il movimento, e qualificata come ‘attiva’ neldisegno numero AMW_3010 che mostra chiaramente che l’area in cui cade la faglia e la fondazione del pilone lato Calabria è definita area di faglie attive. Questa è un’immagine che grida vendetta, è qualcosa che fa paura. Quella linea rossa è una superficie di scivolamento, è una frattura. E tutta quella zona di terreno, in base a quanto mostra il disegno di
progetto, rischia di slittare per effetto del peso del pilone. Va anche ricordato che le stesse Linee Guida della Protezione Civile vietano le costruzioni in prossimità di faglie attive.
Non ci sono situazioni simili nel mondo, cioè piloni collocati su una faglia?
No, nessun ponte si trova su una faglia in questo modo. A volte si trovano delle faglie, lontano dai piloni, a una distanza ad esempio di 500 metri, ma non sotto ai piloni. Mi è capitato di controllare il progetto di un ponte in una zona sismica dove in teoria avrebbero potuto esserci delle faglie, e ho fatto fare delle analisi per essere certo che non vi fossero faglie in prossimità dei piloni. Sfortunatamente le abbiamo trovate e di conseguenza il progetto è stato cambiato ed il pilone
riposizionato.
Perché allora in questo caso la Stretto di Messina contesta la presenza della faglia?
Forse non se ne erano accorti nelle fasi iniziali di progettazione, non saprei. Ma da ingegnere posso dire che si tratta di una questione preoccupante, anche perché la faglia nel disegno èstata
indicata, ed è indicata tra l’altro anche nelle mappe dell’ente pubblico ISPRA. Non abbiamo alcuna prova contraria che smentisca tutto ciò.
Lei ha detto che l’impalcato ‘Messina type’ potrebbe essere una buona soluzione dal punto di vista del comportamento del vento. Ci spiega di cosa si tratta?
Dal punto di vista della stabilità aerodinamica, il Messina type deck è una buona soluzione, per il rivolere il problema del vento. Si tratta di un impalcato sdoppiato in due o tre cassoni paralleli con aperture centrali, con una forma rastremata. Il primo esempio al mondo con due cassoni sdoppiati è stato realizzato in Italia nel 1973 a Firenze, nel ponte all’Indiano sull’Arno, su progetto di Fabrizio de Miranda. Il vento ad alte velocità, su sezioni di impalcato di tipo tradizionale, può portare a fenomeni di instabilità, come il flutter. Nei confronti del flutter questo tipo di impalcato è effettivamente più stabile, rispetto ad altri impalcati ad unico cassone. Può però diventare un problema perché un impalcato così svuotato e alleggerito è anche molto flessibile. Dovendo sostenere anche il peso dei treni, il rischio è che sia troppo snello. Con il passaggio di due treni, la deformazione, l’abbassamento dell’impalcato per effetto dei carico dei due treni, è di oltre 10 metri e mezzo, cioè l’altezza di una casa di tre piani. Senza neanche considerare il peso dei camion.
Ci sono cinque ponti al mondo che sono stati realizzati con il Messina Type deck. Si tratta però di ponti soltanto stradali, che non sono sottoposti ai carichi più elevati che avrebbe il ponte sullo Stretto, è corretto?
Sì, i ponti ferroviari hanno delle esigenze differenti rispetto ai ponti stradali, devono essere più rigidi, perché devono garantire delle deformazioni minori: una macchina può anche passare un ponte che si deforma, può attraversare degli avvallamenti. Il treno invece deve correre su un binario di ferro, e infatti per i ponti ferroviari i limiti di deformazioni sono molto più stringenti di quelli dei ponti stradali. Per un ponte ferroviario si ammette una deformazione unitaria di 1 su 600: significa che se avessi una lunghezza di 600 metri accetterei una deformazione di un metro. Ma in questo caso la deformazione che si svilupperebbe su una lunghezza di 1600 metri, la lunghezza di deformazione dell’impalcato al passaggio di un treno, con un avvallamento di 10 metri e mezzo, che sarebbe pari a 1 su 150 ossia quattro volte di più del limite classico di 1 su 600.
Non può essere un modello il New Xihoumen Bridge, che sarà il primo grande ponte stradale e ferroviario sospeso a utilizzare il Messina Type Deck?
Oltre al fatto che è ancora in costruzione, il New Xihoumen Bridge non è un ponte sospeso puro, è irrigidito da stralli. Il ponte sospeso, dotato solo di cavi flessibili che gli forniscono rigidezza, è molto flessibile. Questo ponte che stanno costruendo in Cina invece è un ponte più rigido del ponte sullo Stretto di
Messina. E poi gli altri ponti con il Messina Type Deck, cioè il ponte di San Francisco, lo Xihoumen Bridge, il ponte di Stonecutters a Hong Kong, il ponte Yi Sun-sin, il Çanakkale Bridge in Turchia, noto in Italia come ponte dei Dardanelli, sono tutte infrastrutture con luci – la distanza tra i piloni – molto minori rispetto a quella ipotizzata per il ponte sullo Stretto. Con una luce di 3300 metri avrebbe una luce più grande di otto volte il ponte di San Francisco (430 metri), più del doppio di quello che si sta costruendo in Cina. Per cui questi paragoni non possono certo essere presi come una conferma di fattibilità di quello sullo Stretto.
Secondo le stime, il ponte sullo Stretto potrebbe sopportare terremoti di magnitudo pari o inferiori a magnitudo 7.1 ed essere percorribile anche quando soffiano venti fino a 150 km/h. È plausibile secondo lei?
Per quanto riguarda il sisma, il problema che è stato posto è che in Italia abbiamo avuto a L’Aquila e ad Amatrice dei sismi che – pur essendo quell’area classificata di analoga sismicità rispetto all’area di Messina, e pur essendosi manifestati sismi di intensità più bassa (Magnitudo 6-6.5) di quello di Messina del 1908, che è stato appunto di magnitudo 7.1 – hanno fatto registrare in quelle zone delle accelerazioni a terra più elevate di quelle che si stanno considerando nel progetto del ponte sullo Stretto di Messina. Questo dovrebbe indurre quantomeno a verificare con attenzione che non siano state fatte delle sottostime del rischio sismico,
tenendo conto appunto dei terremoti dell’Aquila e di Amatrice.
E per quanto riguarda il vento?
Mentre per quando riguarda il vento, purtroppo le prove in galleria del vento finora effettuate non sono tali da garantire con certezza che non ci saranno problemi, perché i test fatti con il ponte carico hanno dimostrato che la velocità alla quale si verifica il flutter (lo svolazzamento) è più bassa di quella richiesta dalle specifiche di progetto. L’impalcato come dicevamo è molto aerodinamico, quindi funziona bene, sicuramente senza carichi, senza traffico. Se però sull’impalcato mettiamo dei treni o dei camion, il profilo aerodinamico peggiora. Le prove in galleria del vento hanno dimostrato che in quella condizione esiste instabilità per flutter, già a velocità minori da quelle previste nel progetto. Per quanto riguarda i cavi portanti, i cavi accoppiati, le prove in galleria del vento hanno dimostrato che anche loro sono instabili (il fenomeno si chiama galloping) e in questo momento non c’è una soluzione progettata. Così come le prove sulle torri le hanno trovate instabili con la necessità di individuare un sistema di mitigazione delle oscillazioni eccessive, non semplice in considerazione della grande massa delle torri e delle loro grandi dimensioni, sistema ancora non progettato né testato con esito soddisfacente. Nel progetto definitivo si specifica che una soluzione verrà trovata nel progetto esecutivo. Ma che senso ha andare avanti con espropri e demolizioni, senza certezze, sperando di trovare unasoluzione in futuro?
Lei professore in definitiva è contrario alla realizzazione dell’opera?
Da parte mia non c’è alcuna preclusione preconcetta alla realizzazione di un ponte sullo Stretto, non sono un No Ponte, pur con tutto il rispetto e la simpatia per gli amici No Ponte. Ma secondo me un ponte a luce unica, in quella posizione, è totalmente azzardato e sconsigliabile. Invece penso che un ponte a tre luci, con due piloni in alveo, una campata meno lunga, come quella dei ponti già esistenti, una volta verificata la sua condivisione nel territorio, sarebbe una soluzione tecnica fattibile dal punto di vista delle dimensioni, più economica e sostenibile in termini di rapporto costi-benefici. Un ponte a tre luci potrebbe essere collocato non dove è stato posizionato il ponte a luce unica secondo il progetto: non andrebbe collocato sulla faglia Cannitello, andrebbe spostato fuori dalle faglie, più vicino ai centri abitati di Messina e Villa San Giovanni. Sarebbe più logico anche dal punto di vista trasportistico. Inoltre, due piloni in mare eviterebbero di collocare due piloni sulle spiagge. Sarebbero insomma opere che si confronterebbero con la dimensione dello Stretto e non con la dimensione delle zone antropizzate. Erano stati avanzati progetti di questo tipo, di ponti con piloni nello Stretto, quando nel 1970 era stato bandito un concorso di idee per l’attraversamento stabile dello Stretto di Messina, ed erano anche stati giudicati fattibili. Le profondità in
quel tratto di mare sono accettabili, a quelle profondità in giro per il mondo sono state già realizzate delle fondazioni.
E non dimentichiamo che a Settembre 2021 il Gruppo di Lavoro del Ministero dei Trasporti incaricato dello studio dell’attraversamento aveva evidenziato possibili criticità nel ponte e luce unica e aveva confermato che il ponte a tre luci era una possibile alternativa potenzialmente conveniente, ed aveva suggerito di confrontare le varie alternative, incluso la soluzione di attraversamento dinamico ottimizzato, prima di prendere una decisione.

(da Fanpage)

This entry was posted on mercoledì, Ottobre 22nd, 2025 at 17:20 and is filed under Politica. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.

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