PRIDE A BUDAPEST, L’AVVOCATO CATHY LA TORRE A FANPAGE: “L’ITALIA POTREBBE ESSERE DOMANI L’UNGHERIA DI OGGI”
“IN UNGHERIA VIETARE IL PRIDE E’ STATO IL LIMITE OLTRE CUI UNA PARTE DELL’OPINIONE PUBBLICA HA DETTO BASTA”
“Orban non poteva non far fare il pride, non poteva fermare più di 200 mila persone, non poteva fermare i politici europei che sono venuti ieri a Budapest, ma adesso che i riflettori sono
spenti il rischio è che attiverà misure repressive post pride”, dichiara a Fanpage.it Rosario Coco, presidente di Gaynet e membro di Ilga Europe, la frangia europea dell’International Lesbian and Gay Association.
“Ieri eravamo presenti insieme a tante altre realtà italiane per i diritti Lgbtqia+, il Pride è stato un gran successo, ma quello che prevediamo avverrà adesso sarà una repressione subdola, attraverso multe, arresti e lo squadrismo fascista”, continua l’uomo.
Lo incontriamo in una Budapest deserta, una città che deve ancora riprendersi da quella che è stata la manifestazione arcobaleno più numerosa di sempre in Ungheria. Definito da Victor Orban un evento “vergognoso”, il Pride non ha ancora mosso nessun commento, invece, dalla nostra premier Giorgia Meloni, da sempre grande alleata del governo ungherese.
“La sfida per la comunità Lgbtqia+ adesso è cercare di rivendicare di aver vinto una scommessa ma soprattutto tutelare le persone che dall’Ungheria oggi non andranno via, coloro che vivono qui sotto la morsa delle politiche repressive di Orban. C’è un moto di popolo che si è reso conto della repressione di Orban, che va molto più in là dei diritti lgbtqia+, per questo è necessario che l’Unione Europea faccia quello che non ha fatto prima, che la Corte di Giustizia Europea contesti la validità della legge contro il Pride nei confronti dei trattati europei”, conclude Coco.
Ma Cathy La Torre, avvocata e famosa attivista italiana, sostiene che “anche se ci fosse una reale volontà dell’Unione, la Commissione Europea non ha gli strumenti per sanzionare Orban. Per esempio quasi nessuno sa che un Paese non può essere cacciato dall’Unione Europea, anche se diventa un Paese totalitario, antidemocratico, anche se avviene un golpe e a prendere il potere è una milizia, noi non abbiamo nel trattato istitutivo dell’Unione Europea una clausola che permetta l’estromissione di un Paese dall’Unione Europea. Un Paese può uscire dall’Unione solo se avviene volontariamente, e all’Ungheria ovviamente non conviene. L’Ungheria di Orbán mostra che l’Unione Europea ha delle lacune a livello costitutivo”.
Di fatto il mese scorso un gruppo di 17 Paesi membri dell’Unione europea ha elaborato una dichiarazione presentata alla riunione del Consiglio UE affari generali per esprimere i propri timori al divieto del Pride da parte dell’Ungheria, sottolineando che violava il diritto dell’Unione europea. La dichiarazione è stata sottoscritta da Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Lituania, Lettonia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Slovenia, Spagna e Svezia. L’Italia non ha firmato. Ma nessuna misura concreta è stata presa dall’Unione, tanto che il destino del Pride di ieri non è stato chiaro fino al suo completo svolgimento.
Un pride che ha visto la presenza, tra i numerosi e noti attivisti europei, anche di lei, Cathy La Torre. “Favolosità”, dice a Fanpage.it come unica parola per descrivere il trentesimo Pride di Budapest, “è stata favolosa la risposta del popolo ungherese, e di quello europeo. Ma oggi agli italiani dico: ‘occhio, che noi potremmo essere domani l’Ungheria di oggi”’.
“In Ungheria è da almeno cinque anni che i giornalisti, le voci critiche, gli opinionisti sono spiati dal governo (ndr spiati tramite Pegasus, uno spyware sviluppato dall’azienda israeliana di armi informatiche NSO Group, progettato per essere installato in modo nascosto e remoto sui telefoni cellulari con sistema operativo iOS e Android) . – Continua l’avvocata. – Noi stiamo nel mezzo di uno scandalo, quello di Paragon, di cui non parla praticamente nessuno ed è una cosa sconvolgente. Io stessa, che sono l’avvocata di Luca Casarini, sono stata sicuramente intercettata parlando con il mio assistito. Per me è una cosa sconvolgente come alcune persone possano essere spiate illegalmente da parte dei servizi segreti del governo e la gente non scenda in piazza. È una cosa inspiegabile. Qual è il limite oltre cui noi diremo basta? In Ungheria vietare il Pride è stato il limite oltre cui una parte dell’opinione pubblica ha detto basta. Questo è un fatto importante e significativo perché non era ancora mai avvenuto, nonostante Orban negli ultimi anni abbia fatto di tutto. Mi chiedo quale sarà il limite in Italia?”
Ma se il divieto di questo Pride è stato l’apice di dieci anni in cui Orban ha ristretto sempre di più lo spazio democratico nel paese, la risposta data ieri dagli ungheresi potrebbe essere l’inizio di un movimento di contestazione più ampio anche in vista delle prossime elezioni presidenziali che si svolgeranno ad aprile dell’anno prossimo. Elezioni che, tuttavia, vedono in Peter Magyar l’unico vero rivale di Orban. Il leader del partito conservatore “Rispetto e Libertà” (TISZA; Tisztelet és Szabadság Párt), il più grande partito di opposizione ungherese, che però non sembra professare ideali tanto diversi da quello
attualmente al governo. Insomma, da qualsiasi prospettiva la si guardi e nonostante il successo del Pride di ieri, la situazione dello stato di diritto in Ungheria resta molto controversa, e rischia di diventare un precedente ed un esempio per il resto delle destre di governo europee, compresa la nostra.
(da agenzie)
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