QUELLA LEGA IN DUE SCARPE: NON SI POSSONO RAPPRESENTARE DUE NAZIONI
OCCORRE UN RICHIAMO FORTE AL RISPETTO DELLA COSTITUZIONE VIGENTE: NON E’ TOLLERABILE UN GRUPPO PARLAMENTARE CHE SI RICHIAMA AD UNA PROPRIA ASSEMBLEA ELETTIVA… UN MINISTRO DELLA REPUBBLICA CHE NON SI RICONOSCE NEI VALORI DELL’UNITA’ NAZIONALE ANDREBBE SEMPLICEMENTE REVOCATO
Credo davvero che sia arrivato il momento di dare risposte formali e circostanziate al progetto leghista di procedere a una “secessione concordata” tra il nord (si dice la Padania) e il resto dell’Italia.
Non mi pare che sia il caso di continuare a minimizzare l’iniziativa promossa dalla Lega mentre viene varata una manovra economica pesantissima e dolorosa dal governo in carica, indirizzata a tutti gli italiani, in una situazione di conclamata emergenza nazionale. Quale che possa essere il giudizio nei confronti di un partito e dei suoi leader che hanno sino a ieri e per lungo tempo condiviso la responsabilità del governo nazionale, la serietà del momento, imporrebbe due risposte immediate fondate sul rispetto del dettato costituzionale vigente.
La prima chiama in causa la responsabilità delle Camere e dei loro presidenti.
Non credo sia più tollerabile che i gruppi parlamentari della Lega Nord facciano alcun riferimento nella loro denominazione alla Padania nel momento stesso in cui si continua ad affermare da parte dei loro aderenti che a tale entità territoriale, sconosciuta all’ordinamento nazionale, si collega, viceversa, l’esistenza di altra, concorrente assemblea rappresentativa dotata, viene affermato, di tanta sostanziale forza e consenso politico da essere addirittura promossa “sul campo” come interlocutrice dello Stato nazionale per giungere a una “separazione consensuale”.
Senza evocare quel che ha già detto la Corte costituzionale a proposito dell’esclusiva denominazione Parlamento, da riservare alle assemblee elettive nazionali, sembra davvero il caso di ricordare ai parlamentari leghisti, ma soprattutto al Paese, che non si possono rappresentare contemporaneamente due “Nazioni”.
L’eventuale indipendenza della Padania si conquisterà pure per via politica e diplomatica, ma solo rompendo la legalità costituzionale esistente e “contro” la presupposta e affermata unità nazionale incarnata al momento dall’unico Parlamento italiano legalmente operante.
La seconda risposta investe in pieno la responsabilità del nuovo governo, al quale non dovrebbe essere particolarmente difficile “smantellare”, con lo stesso simbolismo evocativo tipico del leghismo, quelle succursali ministeriali aperte, credo a Monza, con le inconfondibili modalità propagandistiche da alcuni membri del precedente esecutivo.
Qui non si tratta di inseguire all’incontrario l’innocuo simbolismo leghista quanto piuttosto di presentare, all’inizio del difficoltoso percorso per “salvare l’Italia” che giustifica la nascita di questo esecutivo , alle stesse forze politiche di maggioranza, divise tra loro al punto da non riuscire a sottoscrivere un’unica mozione di fiducia, almeno un orizzonte ideale cui guardare insieme: l’unità a tutto tondo dello Stato a partire dalla struttura governativa e del suo indirizzo politico.
All’interno del ministero, oltretutto, di chi è chiamato a guidare il governo ha una sua preminenza giuridica che nel recente passato non è stata esercitata, a voler ben vedere, solo a causa della presenza leghista in maggioranza.
Altro che assecondare persino le insane esigenze secessionistiche dei ministri che aprono a “casa loro” uffici ministeriali, il presidente del Consiglio, se si resta a quel che dice l’art. 95 Cost., da sempre così interpretato da autorevole dottrina, potrebbe spingersi sino a proporre la revoca dei ministri in carica ove attentino all’unità d’indirizzo politico-amministrativo del governo del quale fanno parte, senza aspettare alcuna diretta revisione delle disposizioni vigenti.
Il presidente Monti può ricordare a tutti questo semplice assunto e nel contempo porre fine immediatamente , da solo, alla “finzione” sopra evocata.
Quanto all’argomento che può avere effettiva presa sul terreno delle innovazioni costituzionali consentite dalle norme vigenti, e cioè il percorso per giungere all’identificazione di una vera e propria macroregione del Nord che si possa denominare Padania, occorrerebbe richiamare, da parte dello stesso governo, l’art. 132, primo comma, Cost.
Si cominci almeno da lì, dall’approvazione di una legge costituzionale che fondendo le esistenti regioni del Nord (quelle che ci stanno) e partendo dal basso, come ogni processo realmente democratico, e cioè dall’iniziativa delle popolazioni interessate, segnali in modo conclamato la forza concreta dell’idea “padana”.
La Padania provi a essere Regione italiana prima che altra Nazione!
La stagione che si è aperta non credo possa tollerare altra inaccettabile confusione di parole, gesti e, ancora di più, alcuna mistificazione dei ruoli istituzionali e delle procedure costituzionali.
Antonio D’Andrea
(Ordinario di Diritto costituzionale presso l’Università degli Studi di Brescia)
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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