QUELLE PIAZZE PIENE DI GIOVANI A SOSTEGNO DELLE UNIONI CIVILI
NON E’ UNO SCONTRO TRA LAICI E CATTOLICI, DESTRA E SINISTRA, MA TRA MEDIOEVO E FUTURO
“Allora come è andata?” mi chiede mia madre al telefono. Le dico “Bene. Benissimo”. A Londra, davanti l’ambasciata italiana, eravamo tantissimi.
“Sai Marco” mi dice lei “Sembrava il ’78”. Le chiedo come mai. Mia madre – come moltissimi della sua generazione – il ’78 l’ha fatto per davvero.
“Perchè erano decenni che l’Italia non vedeva così tanti giovani in piazza per una battaglia di civiltà “.
E in effetti ha ragione, le cento piazze del 23 gennaio hanno visto un protagonismo assoluto dei giovani e dei giovanissimi, etero e gay, senza distinzioni. Da Bolzano a Ragusa, si è vista una nuova generazione di cittadini che ha urlato con forza al Parlamento e al Governo: è ora di svegliarsi.
L’Italia del futuro che non ha paura dell’amore, che vuole finalmente uscire dal medioevo, che non vuole essere complice di questo insopportabile apartheid giuridico per le coppie di persone dello stesso sesso che pesa come un’infamia sul nostro paese.
Come molti anni prima, i giovani sono stati in prima fila nel combattere la segregazione razziale o le discriminazioni delle donne, anche in questo caso sono loro il motore vero del cambiamento culturale nel paese.
Sono ragazze e ragazzi che hanno imparato cos’è l’uguaglianza non nelle sedi di partito, ma viaggiando, facendo l’Erasmus, visitando quei paesi in cui le coppie gay si possono sposare.
E lì hanno visto con i loro occhi che il matrimonio egualitario non ha fatto danni, non ha distrutto la famiglia “tradizionale”, nè ha portato alla fine della tradizione (o della religione, per chi crede).
Questi ragazzi non sono ideologici, non cadono nei tranelli degli integralisti, non si fanno spaventare dai fantasmi agitati per ostacolare il progresso, non combattono una battaglia contro qualcuno.
Si sono appassionati alle questioni dei diritti civili non per fede politica o ideologia, ma attraverso la loro quotidianità : parlando con i propri amici e compagni di scuola omosessuali, imparando a conoscere le loro storie, le loro sofferenze e i loro sogni. Marilena, la figlia di una mia amica, una ragazza cattolica impegnata nello scoutismo, per esempio, è scesa in piazza a Milano perchè nel suo gruppo di amiche più strette c’è una ragazza lesbica, Cristina.
“Devo andare a manifestare in Piazza per Cristina” ha detto alla madre. Marilena non ha la tessera dell’Arcigay e probabilmente non sa nemmeno chi sia Monica Cirinnà , ma ha sentito che la discriminazione nei confronti della sua migliore amica la riguardava da vicino e per questo motivo è scesa in piazza.
“Io credo che l’amore ci renda tutti uguali” mi dice quando la raggiungo al telefono, “E mi fa davvero soffrire vedere che in questo paese io e la mia migliore amica invece non siamo affatto uguali”.
Qualche giorno fa il ministro Galletti ha dichiarato in un’intervista al Corriere di non essere riuscito a convincere la figlia Laura, ventiduenne, ad andare con lui al “Family Day”.
Questo episodio mi ha colpito molto perchè ci da il senso del dibattito nel paese: non c’è nessuno scontro fra laici e cattolici, fra destra e sinistra, semmai la frattura è fra futuro e passato. Innanzitutto, un plauso va al ministro che ha deciso di raccontare la storia, rispettando la scelta della figlia. Probabilmente Laura ha maturato la sua opinione, come Marilena ed altre migliaia di suoi coetanei, confrontandosi con un amico o un’amica omosessuale.
Già , i famosi amici gay che sembrano avere tutti (soprattutto quelli che sono contrari al Ddl Cirinnà ).
Ciò che non si dice però è che anche questi benedetti amici gay sono molto cambiati: c’è una nuova generazione di giovani Lgbti, coetanei di Laura, che non si sente più diversa o speciale a causa del proprio orientamento sessuale, che non vuole vivere nei ghetti o come panda nelle riserve indiane, ma che anzi rivendica senza timori il proprio diritto ad essere cittadini in pieno e non a metà .
Magari anche quelli della generazione di Galletti avranno avuto ai tempi dell’università un collega omosessuale, ma per quegli omosessuali la possibilità dell’uguaglianza non era neanche immaginabile.
Invece i giovani Lgbti di oggi, che poi sono i vostri figli, fratelli, nipoti, non hanno più paura dell’uguaglianza, anzi la pretendono a gran voce. E allora la contrapposizione che si nasconde dietro lo scontro sul Ddl Cirinnà fra lobby gay e Family day, ma fra questi giovani e chi vuole privarli di un futuro.
Immaginate che cosa significhi per un ragazzino omosessuale di provincia scoprirsi gay e non poter immaginare una relazione stabile col proprio compagno tutelato dalle leggi dello Stato? Pensate che odiosa sensazione possa provare nel sapere che a differenza della propria sorella eterosessuale a lui sarà negata la possibilità di crearsi una famiglia?
Già , che cos’è poi il desiderio di famiglia se non un desiderio di stabilità e certezza che faccia da argine alla solitudine e alle avversità imprevedibili della vita?
Proprio l’altro giorno, leggevo su Lettera43, la storia di una coppia di donne, Marina e Laura, che non possono godere della legge 104/1992. E così Marina quando deve assistere Laura, malata di cancro, non può usufruire dei permessi retribuiti come accade per i coniugi e i parenti fino al terzo grado. E già perchè Marina e Laura pur amandosi e vivendo insieme non sono nessuno davanti alla legge. E così Marina deve utilizzare le ferie, che però non sono infinite, per accompagnare Laura a fare i cicli di chemio.
Alla faccia di chi continua a dire in Tv che i diritti dei conviventi sono già tutti garantiti per via giurisprudenziale.
Allora bisognerebbe avere il coraggio di dire che chi non vota il Ddl sulle unioni civili vuole condannare queste migliaia di giovani gay e lesbiche ad un avvenire di solitudine, precarietà e sofferenza.
E infatti a questi ragazzi che dovremmo pensare mentre discutiamo di grandi sistemi ed emendamenti al Ddl Cirinnà . E a loro che stiamo facendo un torto immane tollerando questo barbaro vuoto normativo
Ecco perchè invito a gettare le maschere. Mi rivolgo ai senatori dissidenti del Pd e a tutti quei parlamentari, come Mara Carfagna, che si dicono a favore delle unioni civili ma contrari al ddl Cirinnà .
Sappiamo tutti che la legge non è perfetta, sarebbe potuta essere migliore e che in futuro si potrà migliorare, ma non possiamo davvero perdere questa occasione storica.
Occorre fare una breccia nella coltre di immobilismo che circonda questi temi da più di trent’anni. È ormai arrivato il tempo di superare questo vuoto normativo che riverbera sofferenze e ingiustizie, quando non vere e proprie crudeltà , su migliaia di cittadini italiani.
Non nascondetevi perciò dietro ai tecnicismi per dire di no al futuro che è già scritto negli occhi di quelle migliaia di ragazze e ragazzi scesi in piazza.
È arrivato il momento di svegliarsi.
Marco Palillo
(da “Huffingtonpost”)
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