“QUI VIVE UN NERO”, LA SCRITTA SUL MURO DI CASA, I VICINI LA CANCELLANO
IN UNA “ZONA BENE” DI BOLOGNA LA IGNOBILE SCRITTA RAZZISTA, I RESIDENTI FANNO DENUNCIA E LA CANCELLANO: “NON VOLEVAMO CHE I SUOI FIGLI LA LEGGESSERO”
In una delle vie più eleganti di Bologna, all’ombra dei primi colli, qualcuno armato di pennarello e poco cervello ha scritto sul muro, di fianco a un portone: «Qui vive nero + figli. Vende fazzoletti! Bella Italia!».
Qualcun altro, armato invece di spiccata sensibilità , appena ha visto il graffito si è messo al lavoro per cancellarlo subito, avvertendo polizia municipale e carabinieri dell’accaduto.
Sono stati i vicini di casa della famiglia messa all’indice dalla scritta a munirsi di spugna e secchio e a ripulire la parete.
In fretta, anche: «Volevamo evitare che i figli della coppia, che sono grandi e l’italiano lo conoscono bene, lo leggessero», racconta Valentina Paradisi.
Valentina è incappata in quel messaggio domenica mattina, appena uscita di casa. «Stavamo passeggiando e l’abbiamo visto: una roba disumana, razzismo allo stato puro. Abbiamo incrociato una signora che abitava nello stesso palazzo della famiglia. È entrata a prendere un secchio con del detergente e una spugna. E l’abbiamo cancellata».
Non è la prima volta
Non è la prima volta che accade. «La vicina ci ha riferito che già in passato è stato scritto qualcosa di simile sulla famiglia, poi cancellato».
E qualcosa di pericolosamente simile a quel che accadeva in un passato nemmeno troppo remoto, «con le scritte fuori dai negozi e le case degli ebrei, a segnalarne la presenza». Succede oggi in quella che nell’immaginario comune è ancora la «dotta» e accogliente Bologna.
Non ci sarebbe nemmeno bisogno di specificarlo ma, per la cronaca, «quella di cui è stato scritto sul muro è una famiglia per bene, composta da persone carinissime, figli educati e ben tenuti, nonostante le condizioni economiche precarie in cui vivono. Noi che abitiamo in zona la conosciamo tutti, e non siamo gli unici a pensarla così», continua Valentina.
Avvertiti vigili e carabinieri
È stata lei ad avvertire la polizia municipale, a recarsi in viale Panzacchi per presentare un esposto ai carabinieri e infine a denunciare il fatto a Radio Città del Capo che lo ha raccontato. «I carabinieri ci hanno chiesto se c’erano telecamere in zona e ci hanno avvertito che, nel caso di indagini, ci avrebbero richiamato» spiega. A oggi ancora non hanno avuto notizie.
Non sanno nemmeno se sono riusciti a evitare, con olio di gomito e spugna, che i figli della coppia leggessero di fianco al loro portone l’ignobile messaggio. «I genitori non conoscono bene la lingua, magari non avrebbero notato la scritta, ma i figli l’italiano lo sanno bene, e una roba del genere non dovevano leggerla».
Nella via «bene» di Bologna
Nessuno dovrebbe scrivere nè leggere certe cose. Non dovrebbero incapparvi i tanti che come loro vivono in via D’Azeglio (fu così per Lucio Dalla), o che magari vi frequentano uno dei bar, come i giocatori del Bologna fanno con l’omonima pasticceria, o chi va e viene da scuola (c’è il San Luigi, proprio lì), o chi semplicemente passeggia in una delle strade più belle e amate di Bologna.
Forse il contrasto tra la condizione economica della famiglia di origine africana e la zona agiata in cui casualmente vive (in un appartamento popolare, in realtà ) e lavora il padre ambulante, ha armato di ulteriore ferocia la mano di chi ha scritto sul muro.
Ignoranza e razzismo assieme partoriscono idee sempre aberranti.
(da “La Repubblica”)
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