RENZI CONQUISTA IL PD OLTRE OGNI ASPETTATIVA
TRIONFO AL CONGRESSO DEI CIRCOLI, ANCHE SE GLI ISCRITTI SONO IN CALO… PRIMARIE IL 30 APRILE
Ultimi giorni di congresso nel Pd, domenica prossima tutti i circoli avranno detto la loro in vista delle primarie del 30 aprile ma al quartier generale di Matteo Renzi ancora non riescono a spiegarsi il ‘miracolo’.
“In ogni dove c’è un inaspettato pugni di voti in più”, dice il deputato renzianissimo David Ermini ragionando sui motivi per cui, alla fin fine, pur giocando in un partito con meno tesserati rispetto alle primarie del 2013, Renzi ha conquistato il cuore dei militanti Dem: a sua insaputa.
Una nota diffusa ieri dal Nazareno con i risultati dei primi 1.271 congressi locali dice che il segretario uscente ha conquistato il 69 per cento dei voti, ad Andrea Orlando va il 26,9 per cento, a Michele Emiliano il 3,9 per cento.
Finora hanno votato quasi 70mila iscritti su un totale di 425mila tessere nel 2016, che sono 90mila in meno rispetto al 2013, anno di primarie proprio come oggi (nel 2014 gli iscritti del Pd erano 376mila, nel 2015 395mila).
Meno iscritti ma evidentemente ‘buoni’ per Renzi, dicono i suoi un po’ sorpresi, certamente soddisfatti ma anche un po’ preoccupati.
Perchè un dato così positivo nei congressi dei circoli, unito ad una gara che finora si è svolta con toni molto bassi, potrebbe sfavorire la partecipazione alle primarie del 30 aprile.
Ecco perchè, mentre cercano di spiegarsi i motivi dell’inaspettato trionfo nel partito di un leader che solo 4 anni fa lo ha scalato e rivoltato con un calzino, i renziani stanno già lavorando alla campagna per le primarie. Oggi si è tenuta una prima riunione organizzativa del coordinamento della mozione Renzi.
“Immaginiamo una campagna più mirata, che incroci i posti di lavoro, le università , le realtà sociali che lavorano sul disagio e l’emarginazione”, ci dice il portavoce della mozione Matteo Richetti portando ad esempio l’iniziativa di sabato scorso a casa sua, nel modenese.
“Abbiamo tenuto un incontro con Matteo nella comunità di recupero per le ludopatie, con Padre Sebastiano Bernardini, il frate che ha creato la comunità anche con i 150 milioni di vecchie lire vinte in tv a un quiz di Mike Buongiorno…”.
Ecco, magari in giro non ce ne sono tantissime di persone che abbiano tali affinità con l’ex premier, anche lui concorrente di Mike negli anni ’90, ma l’idea è di incrociare comunque il paese. “Ci siamo accorti che l’errore sono state le riforme dall’alto. Ora le vogliamo far crescere dal basso”, dice Richetti.
Già , ma com’è che un partito con meno tessere, un Pd che nemmeno con Renzi si è salvato dalla crisi della politica tradizionale, ora si affida all’ex premier?
Richetti se la spiega così: “Evidentemente la sconfitta referendaria ha fatto scattare un allarme nella nostra base rispetto al rischio che il processo di cambiamento si arresti. Rispetto all’attacco al segretario è scattato un effetto di protezione del segretario stesso, che è diventato evidentemente patrimonio del Pd”.
Meno iscritti? “Nessuno sfugge alla crisi dei partiti e della politica — continua Richetti — è vero che la base associativa si va riducendo ed è vero che nei circoli non abbiamo folle oceaniche che si confrontano sulle tre mozioni congressuali, bensì spesso abbiamo gruppi di venti persone. Ma è importante anche questo: sono persone che invece di fare politica solo sul web, si confrontano dal vivo sull’Europa, il lavoro, la forma partito, la partecipazione, la democrazia. Noi ci proviamo: il Pd è il più grande partito che in Europa chiama i suoi iscritti a dibattere sulla leadership”.
“Non solo Matteo ha conquistato il grosso degli elettori del Pd — osserva Ermini — ma anche del Pci!”.
Che vuol dire? “E’ scattata la sindrome di difesa del segretario, ne sento parlare anche da parte degli iscritti anziani: si può discutere, ma non si lascia il partito, dicono. Ce l’hanno con Bersani e D’Alema, loro difendono l’unità del partito e l’ordine nel partito: il segretario è Matteo, lo si può criticare, ma lo si sfida al congresso”.
La metamorfosi è dunque compiuta. Renzi era quello che quattro anni fa scalò il Pd partendo dalla provincia Toscana, una lunga marcia fatta di tattica, attacchi sul governo (Letta), sulle regole del congresso: non passava giorno senza una polemica contro l’allora segretario Pierluigi Bersani.
Ora Renzi è l’establishment nel Pd, difeso dagli stessi militanti, quelli che son rimasti, contro gli attacchi esterni e interni. E per giunta non deve competere con altri ‘scalatori’.
Come dimostrano i dati dei primi congressi dei circoli, nè Orlando, nè Emiliano sono nelle condizioni di soffiargli il posto alla leadership di un partito in cui sono rimasti alcuni vecchi tesserati, ma molti sono anche nuovi e profondamente cambiati.
“Non si è determinata la frattura Ds-Margherita nemmeno con la candidatura di Orlando”, nota Ermini.
E succede quindi che anche a casa del Guardasigilli, a La Spezia, Renzi raggiunga quota 61 per cento, mentre il ministro resta fermo al 37 per cento. Oppure succede che a Bari, proprio nel circolo di Emiliano, Renzi riesca a battere il governatore per 59 per cento contro 38 per cento.
Chissà com’è, ma per ora non c’è storia. Il punto però è che non c’è tanta storia proprio in questa gara congressuale. Si è svolta con toni bassi, in fair play quasi perfetto tra i candidati. Troppo perfetto.
Una cornice che ha avvantaggiato Renzi, riconoscono i suoi, visto che a differenza del 2013 non deve conquistare il partito ma mantenere la posizione. Però il rischio è che una gara poco avvincente scateni anche poco tifo e dunque pochi partecipanti ai gazebo.
Ecco perchè già oggi il coordinamento della mozione Renzi si è riunito. Obiettivo: apparecchiare sin da ora la campagna che dal 10 aprile porterà alle primarie del 30 aprile. Domenica infatti si chiudono i congressi dei circoli, il 5 aprile si riuniscono le convenzioni provinciali che daranno i risultati ufficiali, il 9 aprile quella nazionale a Roma oppure a Milano. E poi dal 10 via alla campagna.
Scontato il confronto tv tra i candidati su Sky, come nel 2013.
Ma in prima linea, sia sui territori che sui media, non ci sarà solo Renzi, giurano i suoi. La linea del fronte verrà tenuta da Maurizio Martina, in ticket per la vice-segreteria, e lo stesso Richetti.
Con Michele Anzaldi a coordinare la comunicazione sui media. “Presenze mirate. E non si ripeterà l’errore del 4 dicembre: nessun one man show”, dicono dal quartier generale renziano, mentre cominciano a immaginare anche cosa farsene, dopo le primarie, di un partito che si sta ‘votando’ a Renzi.
Ma per questo è ancora l’alba.
(da “Huffingtonpost”)
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