RENZI FA IL BULLO IN EUROPA MA HA GIA’ L’ACCORDO IN TASCA CON LA MERKEL: SALTA SOLO LA “CLAUSOLA MIGRANTI”
COME PER LA SPAGNA CHE SI ERA VISTA BOCCIARE LA FINANZIARIA, ALLA FINE PREVALE L’ESIGENZA DI NON FAVORIRE PODEMOS E CINQUESTELLE IN VISTA DELLE SCADENZE ELETTORALI
“Bruxelles non ha alcun titolo per intervenire nel merito delle misure della legge di stabilità : non è il nostro maestro. Gli diamo 9 miliardi netti ogni anno e non è che ci deve dire qual è la tassa giusta da tagliare. Se Bruxelles dice no alla finanziaria, la ripresenti uguale e dici ‘peccato sì…’.La subalternità italiana in questi anni è stata particolarmente sviluppata nei confronti dei burocrati di Bruxelles”.
Non è Yanis Varoufakis ma Matteo Renzi. Che succede?
Succede che il premier italiano va alla guerra sulla legge di stabilità . La guerra è con Bruxelles ma lo sguardo è rivolto all’Italia: alla sfida delle amministrative 2016 che già si prospettano come un corpo a corpo del Pd con il M5s.
A sentir parlare il presidente del Consiglio stamani a Radio24, dopo la nottata passata a Bruxelles al consiglio europeo sull’immigrazione, sembrava di sentire l’eco delle sparate dell’ex ministro dell’Economia greco contro l’Europa nei giorni caldi della trattativa sul debito di Atene quest’estate.
Toni duri, che risultano ancor più sprezzanti se messi insieme al clamoroso ritardo con cui ieri il presidente del Consiglio ha deciso di presentarsi al vertice europeo.
A dir poco irrituale e certo inedito per un governo italiano, se si eccettuano le innumerevoli gaffe di Silvio Berlusconi con le istituzioni europee.
Al fondo, naturalmente, c’è il fatto che Varoufakis e Renzi sono Zenit e Nadir in politica.
Il primo avrebbe strappato ogni regola europea e infatti si è dimesso per non firmare il memorandum di luglio.
Il secondo si pregia di “stare dentro le regole europee” ma allo stesso tempo attacca. Perchè?
Il motivo, segnalano dalla sua cerchia, non sta nel fatto che la legge di stabilità licenziata ieri dal governo sia davvero in bilico rispetto al giudizio che ne darà la commissione europea entro fine novembre.
Certo, oggi la portavoce del Commissario Ue agli Affari Economici Pierre Moscovici, Annika Breidthardt, ci ha tenuto a far sapere a Roma che la Commissione “ha le basi legali” per entrare nel merito della manovra.
Ma il presidente del Consiglio parla sapendo che la sua finanziaria non verrà rispedita al mittente.
Pur sgradita all’Ue che avrebbe preferito un taglio delle tasse sul lavoro piuttosto che l’eliminazione della tassa sulla prima casa, la legge di stabilità verrà accolta, magari con raccomandazioni e certo senza la ‘clausola migranti’, cioè privata dello 0,2 per cento di flessibilità in più chiesta da Roma.
Ma Renzi sa che ha passato l’esame: lo sa dal giorno del vertice con Angela Merkel prima dell’estate, quando, alla vigilia del referendum greco del 5 luglio, in piena guerra dell’Ue contro Atene, lui si schierò con Berlino.
Da quell’incontro con la Cancelliera e in base al solido rapporto costruito con lei negli ultimi due anni, il premier ha in tasca tutte le rassicurazioni necessarie per aspettarsi l’ok europeo alla manovra (con la flessibilità per riforme e investimenti, 2,2 per cento del rapporto deficit-pil) e per permettersi di alzare la voce.
Lo scontro è funzionale alla campagna elettorale per le amministrative in grandi città come Roma, Milano, Napoli, dove l’avversario diretto è il M5s, forza politica che raccoglie consensi anche per la sua carica anti-europea.
Certo non sono le politiche, ma possono esserne una prova generale. E le cancellerie europee avranno tutto l’interesse a sostenere lo stabilizzatore Matteo Renzi, piuttosto che gli anti-sistema a cinquestelle.
Lo si è visto un po’ con quello che è successo sulla legge di bilancio spagnola. Era stata data per spacciata dalla Commissione Ue: bocciata.
Ma poi, come raccontato da Federico Fubini sul Corriere della Sera, per intervento di Berlino, quello che sembrava un ritorno al mittente della legge, una rispedizione a Madrid, si è trasformato in una “reprimenda” per il governo del Popolare Mariano Rajoy.
Ce n’è abbastanza per intuire un intervento da parte della Cancelliera in aiuto al suo collega di schieramento (Ppe) in vista delle politiche spagnole del 20 dicembre, dove Rajoy dovrà vedersela con i socialisti e soprattutto con la nuova forza ‘anti-sistema’ di Podemos.
Del resto, Merkel e Rajoy sono della stessa famiglia politica. Non così con Renzi, certo, ma in Italia non c’è un’alternativa forte nel centrodestra, dove per giunta emerge l’anti-sistema Matteo Salvini.
E’ anche vero che in Italia nel 2016 non ci sono le politiche. Ma ciò non toglie che l’Ue non sia interessata ad una destabilizzazione del quadro istituzionale italiano, proprio ora che anche l’Economist, intervistando Maria Elena Boschi, scrive: “E se l’Italia fosse il Paese più stabile d’Europa? L’idea sembrerebbe assurda, ma dopo la l’approvazione di una vasta riforma costituzionale da parte del Senato il 13 ottobre non lo è più tanto”.
Dunque, nessuno schiaffo europeo in arrivo sulla legge di stabilità , a parte il no sulla clausola migranti che però il premier ha già messo in conto (“Non è scontato”, ammette).
E lo scontro tra Renzi e l’Ue è propedeutico a indovinare il trend giusto del momento per vincere la sfida elettorale dell’anno prossimo e poi nel 2018.
Molta comunicazione, mentre la sostanza è nella legge di stabilità , tutta rivolta alla classe media, magari proprietaria di più abitazioni, che Renzi deve conquistare o fidelizzare; agli industriali, che il premier incontra vis-a-vis ogni volta che può scavalcando Confindustria; ai commercianti, corteggiati con la soglia sul pagamento in contanti alzata a tremila euro.
Tutto pronto: direzione Campidoglio, Palazzo Marino, Palazzo San Giacomo. Passando per Bruxelles.
(da “Huffingtonpost”)
Leave a Reply