RETROMARCIA DEL GOVERNO, IL DECRETO CONFERMA I PRIVILEGI CONCESSI ALLA CHIESA SU ICI E IMU
LE TIPOLOGIE DI IMMOBILI ESENTI RESTANO SETTE, COME PER LA VECCHIA ICI DEL 1992
Retromarcia del governo sulla tassazione di Chiese, oratori, associazioni non profit e musei.
Il testo finale del decreto legge su «Disposizioni urgenti in materia di finanza locale», debitamente “bollinato” dalla Ragioneria generale dello Stato e in uscita sulla Gazzetta ufficiale prevede al comma 3 dell’articolo 1, in modo esplicito e dettagliato, un regime di esenzione dalla Tasi per luoghi di culto, oratori, sedi di associazioni di volontariato e tutto quanto svolge un ruolo sociale, compresi gli stabili di proprietà dello Stato, Regioni e Province.
Cambia dunque il nome della tassa, ma restano i privilegi: si applicheranno alla Tasi, come avveniva per l’Ici e per l’Imu.
La chiarificazione arriva dopo il “giallo” scoppiato in seguito al consiglio dei ministri di venerdì scorso, il primo del governo Renzi, che ha varato l’addizionale mobile dello 0,8 per mille per la Tasi finalizzata ad introdurre detrazioni per le fasce di popolazione più disagiate
Il testo del Consiglio dei ministri di venerdì prevedeva espressamente, all’articolo 4, l’esenzione limitata a 25 immobili di proprietà del Vaticano tra cui le Basiliche di San Paolo e Santa Maria Maggiore e il Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo.
Anche il comunicato stampa di Palazzo Chigi, emesso alla fine della riunione, faceva riferimento esplicito solo a questa tipologia di edifici citati peraltro dai Patti Lateranensi del 1929.
Le tipologie di immobili «esenti » sono invece sette, e sono previste dalla legge che ha istituito l’Ici (la vecchia tassa sulla casa) nel 1992: nella prima versione del decreto veniva citata la lettera «e» (relativa agli immobili di proprietà del Vaticano) ma non la precedente «d» (relativa ai fabbricati «destinati esclusivamente all’esercizio del culto»).
Tanto bastava per sollevare il caso che non veniva chiuso da una blanda rassicurazione di Palazzo Chigi giunta in serata.
Dopo un serrato confronto tecnico tra gli uffici del Dipartimento delle Finanze e Palazzo Chigi ieri si è giunti ad una soluzione.
Ma negli ultimi giorni, mentre gli ambienti del sottosegretario Graziano Delrio continuavano a mandale segnali rassicuranti al mondo cattolico e del non profit, dal ministero dell’Economia si parlava di una questione «delicata» e «in definizione ».
Ieri la correzione di rotta finale: il testo definitivo inviato alle tipografie del Poligrafico per essere stampato sulla «Gazzetta ufficiale », composto di 21 articoli, risulta abbondantemente rimaneggiato: al comma 3 dell’articolo 1 si spiega, che sono esenti dalla Tasi «gli immobili posseduti dalla Stato » e che si applicano, inoltre, le esenzioni previste dalla legge che ha istituito l’Ici.
La relazione tecnica riporta con trasparenza le fattispecie ora espressamente esenti, anche dopo il passaggio da Imu a Tasi: destinazione culturale, fabbricati appartenenti a Stati esteri e organizzazioni internazionali, immobili delle associazioni no profit (escluse le sedi di partito), immobili della Santa Sede e, infine, i fabbricati «destinati esclusivamente ai luoghi di culto».
Una chiara precisazione necessaria perchè la natura della Tasi, che si paga sui servizi comunali, indipendentemente dal possesso, è diversa da quella dell’Imu che si paga sulla proprietà .
Cambiando la motivazione, se non ribadite, sarebbero scomparse anche le esenzioni.
Per il mondo della Chiesa un sospiro di sollievo (avrebbero corso il rischio di pagare 8.340 Chiese e oltre 19 mila oratori), pericolo scampato anche per il mondo del volontariato. Per gli ambienti laici, reduci dalla polemica degli ultimi anni, sul pagamento dell’Imu sugli immobili commerciali della Chiesa, un nuovo privilegio indebito.
Per i Comuni ai quali il decreto riduce a 625 milioni (dai 700 previsti alla vigilia), invece, una mancata opportunità di gettito.
Roberto Petrini
(da “La Repubblica“)
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