RETROSCENA CRISI: RENZI APRE A DI MAIO PER UN GOVERNO DI TRANSIZIONE SU POCHI PUNTI
RECAPITATA IN VIA RISERVATA LA PROPOSTA: NON UN GOVERNO ORGANICO, MA ISTITUZIONALE, PRESIEDUTO DA FICO, PER PORTARE AL VOTO DOPO AVER APPROVATO LA FINANZIARIA, RIDOTTO I PARLAMENTARI E CAMBIATA LA LEGGE ELETTORALE
La notizia è pressochè un paradosso, ma ormai tutto è possibile nell’era della politica dell’instante senza memoria. Il paradosso del più fiero oppositore dei Cinque Stelle, e della prospettiva di un governo tra Pd e Cinque stelle, che ha recapitato a Di Maio, attraverso i suoi uomini, la sua “apertura” per scongiurare il ritorno al voto “ed evitare di dare l’Italia in mano a Salvini”.
Fonti degne di questo nome raccontano che Matteo Renzi ha comunicato, attraverso i suoi canali diplomatici, la sua disponibilità a una soluzione della crisi che preveda un accordo tra Pd e Cinque stelle.
Quantomeno a provarci, sperimentando soluzioni creative, perchè in fondo la politica è l’arte del possibile soprattutto quando lo scenario che si prospetta è la comune rovina delle parti in causa.
La posta in gioco, questo è il senso del ragionamento, è davvero alta, basta leggere qualche sondaggio che dà al centrodestra, nel suo insieme, quasi il 50 per cento dei consensi.
Numeri che annunciano la più grande slavina di destra della storia della Repubblica: Salvini a palazzo Chigi e una nuova maggioranza in grado di eleggere il successore di Mattarella, rispetto a questo Parlamento che invece dà ancora ampi margini di gioco politico.
È una svolta istituzionale profonda che chiuderebbe un ventennio in cui il Quirinale, con Scalfaro, Ciampi, Napolitano e Mattarella è stato un luogo di garanzia e anche tenuta democratica nei momenti più complicati.
È chiaro che il messaggio è stato accolto con un certo scetticismo, perchè il paradosso nel paradosso è legato al fatto che già prima che nascesse il governo gialloverde, arrivati al dunque, l’ex segretario affossò una trattativa già avviata.
Però, si sa come è la politica, nulla è per sempre. Racconta la fonte che la proposta, su cui avviare la riflessione, non è un governo organico tra due partiti difficilmente amalgamabili, il “partito di Bibbiano” e “i complici del populismo che, rispetto alla Lega, sono la stessa cosa”.
Solo qualche settimana fa, quando Dario Franceschini, fiutando l’aria che tirava, in un’intervista ha invitato a riflettere perchè “Cinque stelle e Lega non sono la stessa cosa” è stato travolto dagli strali renziani perchè “con loro mai”.
La proposta riguarda un accordo circoscritto, diciamo così “istituzionale”, di “transizione”, che riporti il paese al voto in modo ordinato, guidato dal presidente della Camera Roberto Fico con l’obiettivo circoscritto di approvare la manovra, scongiurare l’esercizio provvisorio, votare la riduzione dei Parlamentari e varare una nuova legge elettorale, perchè il combinato disposto di riforma costituzionale e Rosatellum imprime al sistema una eccessiva “torsione maggioritaria”.
Detta senza tanti giri di parole, un ritorno al proporzionale, che è il grimaldello per scardinare lo schema plebiscitario di Salvini e tornare alla grande manovra politica. Una legge che, sulla carta, raccoglie il consenso di tutti tranne Salvini.
È una mossa supportata da una capacità di manovra ancora considerevole dell’ex segretario del Pd, che controlla ancora il grosso del gruppo al Senato, almeno una quarantina di senatori.
E non è un caso che, a metà pomeriggio, i Cinque stelle hanno diramato una nota rispondendo a suocera (Salvini) perchè nuora (Renzi) intenda: “Caro Salvini stai vaneggiando, inventatene un’altra per giustificare quello che hai fatto, giullare. Questa storia di Di Maio-Renzi è una fake news di Salvini per nascondere il tradimento del contratto di governo e del Paese”.
E che poi, fonti ufficiali dei Cinque stelle, neghino in modo tranchant contatti con i renziani. Perchè, a momento non ci sono le condizioni, e l’attuale gruppo dirigente dei Cinque stelle è consapevole che un accordo di questo tipo apre una fase nuova nel Movimento, in termini di assetti.
Il punto è che, in entrambi i partiti, come è ovvio durante una crisi di questo tipo, è in atto un confronto ancora sottotraccia su voto e non voto, fatto di abboccamenti, giochi tattici, valutazioni, dopo lo shock di ieri.
E di un dilemma di fondo, perchè è vero che “non si può dare l’Italia in mano a Salvini” ma è anche vero che “un accordo di questo tipo regala a Salvini lo schema ‘popolo contro Palazzo’”.
Ecco, è una via molto stretta evitare che la crisi precipiti nel voto, perchè la paura non basta a costruire una strategia su una prospettiva, il governo Pd-Cinque stelle, non preparata e non costruita per tempo.
Dieci giorni, di qui a quando si voterà in Aula e si apriranno le consultazioni, sono lunghi e consentono anche che cambi il clima, facendolo ruotare attorno al “pericolo Salvini,” però la politica ha una dinamica di fondo che rende oggettivamente difficile l’operazione, al netto dell’umore di diffuso timore.
Soprattutto perchè la posizione del segretario del Pd è granitica e, andando oltre i ragionamenti del gruppo dirigente, intercetta un altrettanto diffuso umore popolare: evitare di incollarsi una manovra di lacrime e sangue, scaricandone i costi sul fallimento dell’esperimento gialloverde e approfittare, subito, della crisi dei Cinque Stelle provando a intercettarne un elettorato in uscita, e certificando nelle urne i nuovi rapporti di forza.
Però, al primo giorno post-governo Conte, è iniziato il gioco attorno a ciò che fino a ieri sembrava scontato.
(da “Huffingtonpost”)
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