RIVOLTA IN FORZA ITALIA: “CI HAI VENDUTO PER TUTELARE MEDIASET”
“IL PATTO CON RENZI E’ UNA RESA”… BERLUSCONI COSTRETTO A PRENDERE TEMPO
Alla fine Silvio Berlusconi è costretto a concedere una frenata, sia pur timida: “Non posso non tener conto di questo disagio. Ci rivediamo martedì”.
Perchè per la prima volta scoppia il dibattito, dentro la monarchica Forza Italia.
Dibattito vero. Come nei partiti veri.
È nel corso della riunione con parlamentari e senatori che l’ex premier assiste alla possibile esplosione del suo gruppo, di fronte alla “resa” a Renzi sulle riforme.
Su una ventina di interventi, i favorevoli al patto sono solo tre.
Gli altri esprimono critiche all’accordo su cui Berlusconi aveva stretto la mano a Renzi in mattinata, nel corso dell’incontro a palazzo Chigi.
Un vecchio volpone come Berlusconi capisce che, in queste condizioni, la tenuta del gruppo è a rischio.
E in Aula si rischia il Vietnam. Anche perchè, nella riunione pomeridiana, i big sono rimasti taciturni, lasciando parlare i soldati semplici.
Segno che è solo una prima fase della faida. Parlano in chiave critica Minzolini, la Bonfrisco, Lucio Malan e la pattuglia pugliese.
A favore Romani, e in versione più prudente Gasparri. Gli altri si scrutano, ascoltano, in clima di tensione crescente.
Per la prima volta viene messa in discussione la linea del capo.
Perchè l’accordo non contiene neanche una bandierina per Forza Italia.
Non solo non c’è il presidenzialismo, o il semi, ma al posto dell’elezione diretta c’è una specie di “elezione di terzo grado”, come la chiamano i deputati azzurri che hanno dimestichezza con la materia: i cittadini scelgono i consiglieri regionali e i sindaci, i quali a loro volta indicano i senatori, che poi eleggono il capo dello Stato.
E poi l’intero impianto del nuovo Senato risulta un rospo indigeribile per un partito come Forza Italia, considerata l’attuale geografia elettorale.
Aleggia il sospetto che Berlusconi abbia negoziato più in termini personali che politici.
“Ci ha venduto a Renzi per tutelare se stesso e le aziende”: è questa la frase ripetuta a microfoni spenti da truppe mai tanto deluse e sconfortate.
Una vendita che ha certo a che fare con i guai giudiziari del Capo, convinto che l’Appello su Ruby confermerà il primo grado e che il regalo di Natale della Cassazione sia la perdita della libertà .
Ma che ha a che fare soprattutto col quel partito Mediaset, diventato un grande supporter di Renzi. In fondo, dice chi sa davvero le cose, l’unico settore dove Renzi non ha asfaltato un bel niente è quello delle concessioni tv.
E anche sulla Rai ha annunciato tagli più che riforme che possano stimolare Mediaset in un’ottica di concorrenza.
Un business che vale un Senato, un po’ come una messa per Parigi.
Aziende, ma anche giustizia. Nel senso di “riforma”: “Renzi — dice l’ex premier — ci ha assicurato che ci coinvolgerà ”. Non sarebbe un caso che Renzi l’abbia annunciata ma senza portare un provvedimento concreto, a partire dal falso in bilancio. E giustizia significa anche nomine. Fonti vicine a Berlusconi assicurano che sui due membri del Csm e della Corte costituzionale è in corso una trattativa.
Preparata da Verdini e Lotti, ma su cui ci sarebbe stato uno scambio con Berlusconi.
Insomma, per il partito Mediaset l’attuale situazione assomiglia tanto a una specie di “appoggio esterno al governo” grazie al tavolo delle riforme.
Una manovra in cui il sacrificio di Forza Italia è un costo calcolato per restare nel gioco che conta.
Di fronte al solco profondo tra “partito Mediaset” e partito parlamentare l’ex premier è scisso. La ragione dice di blindare l’accordo con Renzi senza se e senza ma.
Le critiche dei frondisti parlano alla sua pancia, al vecchio leone che prova quantomento una ferita narcisistica nel concede al giovane fiorentino il posto nella storia che lui non ha mai avuto. Per questo difende il patto del Nazareno con argomenti poco convincenti, criticando l’impianto iniziale con troppi sindaci ed evitando di difendere convintamente l’accordo sottoscritto la mattina.
Tanto che Verdini si alza per fare due passi nella sala, proprio mentre Berlusconi parla. Al tempo stesso però l’ex premier chiede ai suoi di votare, tanto “è solo la prima lettura”. E lasciando intendere che, tra la prima e la seconda si svolgerà la trattativa vera.
Finito lo sfogatoio, non si vota. Rinviato anche il voto a martedì.
Finita la trattativa con Renzi, inizia quella interna per non spaccare Forza Italia.
(da “Huffingtonpost“)
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