SALVA BANCHE, I CONSUMATORI CHIEDONO TUTELE: “GLI INVESTITORI ERANO INCONSAPEVOLI”
I LEGALI CERCANO LA VIA PER TUTELARE I RISPARMIATORI SUL LASTRICO, IL GOVERNO ANNASPA
Il governo inserisce il salva banche nella legge di Stabilità , mentre gli avvocati affilano le armi per tutelare gli interessi dei piccoli risparmiatori obbligazionisti travolti dal salvataggio di Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e Cassa di Risparmio di Ferrara.
Palazzo Chigi fa sapere di essere pronto a qualche modifica: da una parte si punta a tutelare gli investitori più deboli, che con l’azzeramento dei bond subordinati dei 4 istituti bancari hanno perso i risparmi di una vita e, dall’altra, si lavora a sconti fiscali per le stesse banche.
A essere coinvolte sono oltre 130mila persone e tra le ipotesi sul tavolo ci sarebbe quella di fissare un tetto, seppure basso (inferiore ai 30mila euro), sotto il quale gli investitori sarebbero garantiti.
Il luogo per intervenire sarebbe la legge di Stabilità , nella quale è confluito il salva banche.
Una proposta insufficiente per i risparmiatori, che infatti si stanno organizzando per manifestare a Montecitorio, il 6 dicembre prossimo, con i parlamentari del M5S pronti al supporto.
Ma il margine di manovra per l’esecutivo è stretto: il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha evidenziato come proprio l’azzeramento dei bond subordinati sia una richiesta che arriva dalla Ue per l’operazione e quindi “ineludibile”.
Anche il manager incaricato di condurre le nuove banche ‘risanate’ alla vendita, Roberto Nicastro, ha spiegato che i margini lasciati da Bruxelles sono stretti.
Diversi parlamentari si sono già attivati, ma i legali invitano gli obbligazionisti a non farsi prendere dal panico.
Eppure, tra le persone che si sono visti azzerare i risparmi, ci sono alcuni conti che non tornano. A cominciare dalla natura degli investimenti e della corrispondenza con il profilo di rischio di chi se li è trovati in portafoglio: “In molti casi, le banche hanno chiamato clienti privi di educazione finanziaria proponendo investimenti che loro ritenevano sicuri”, sintetizza Sergio Veroli di Federconsumatori, ripercorrendo le storie emerse in queste ore.
“Ma molte di quelle persone non avevano alcun strumento per capire a cosa andassero incontro, difficile pensare che il loro profilo fosse adeguato”.
Un altro punto controverso riguarda la valutazione delle sofferenze cedute alla bad bank (svalutate da 8,5 a 1,5 miliardi di valore): perdite che sono state riassorbite in parte con la svalutazione di azioni e obbligazioni subordinate.
“Il nodo è la congruità del valore assegnato agli asset dal provvedimento”, dice l’avvocato Luca Dezzani dello studio Grimaldi.
Nel complesso delle quattro banche, infatti, la svalutazione è a poco più del 17% del valore nominale. Ma in Banca Etruria, notano ad esempio alcuni da Arezzo e dintorni, il rapporto di copertura dei crediti in sofferenza era al 55%, dopo l’ultima pulizia avviata dal vecchio management e soprattutto convalidata dai commissari di Bankitalia, che erano entrati in cabina di regia proprio mentre il vecchio board stava per approvare i conti 2014.
Il rammarico si fa ancor più strada se si considera che – soltanto pochi giorni prima del salvataggio – i commissari avevano venduto in blocco oltre 300 milioni di ‘non performing loan’ (Npl, i crediti in sofferenza) ‘a valori di libro’.
Certo, non si conosce il dettaglio della composizione dei blocchi di npl, la cui valutazione va studiata caso per caso (è ben diverso recuperare valore da un mutuo con ipoteca sull’immobile, piuttosto che da un credito al consumo moroso), ma lo stesso Dezzani si domanda se i crediti (ceduti alla bad bank con quella svalutazione prudenziale), non sarebbero potuti rimanere in pancia alla banca, per poi essere venduti o trasferiti con meno fretta.
O quanto meno dopo averne fatto un accurato esame. Ora, invece, eventuali recuperi dei crediti oltre il valore nominale saranno ridistribuiti all’interno del sistema bancario, anzichè agli obbligazionisti.
Cosa fare, ora, dunque?
Per gli azionisti difficilmente sarà possibile fare qualcosa. Veroli non esclude che si possa ricorrere al “concetto di inconsapevolezza” degli investitori, che avrebbero sottoscritto il capitale senza esser a conoscenza di ciò a cui andavano incontro.
“Per altro, in sede di un eventuale giudizio òl’onere della prova toccherebbe alla banca”, aggiunge Veroli.
Per gli obbligazionisti, invece, si aprono due strade.
Le indica Dezzani: “Chi ha comprato allo sportello, nella maggior parte di casi, ha un profilo Mifid molto basso, invece le obbligazioni subordinate sono destinate a investitori istituzionali” spiega l’avvocato, convinto che i margini di manovra per ottenere il rimborso dei titoli sia in questo senso piuttosto ampio.
Più complicata la situazione per chi ha comprato sul mercato, ma anche in questo caso le responsabilità del sistema sono ampie.
Intanto i titoli sono rimasti in vendita fino al venerdì precedente al Consiglio dei Ministri che – di domenica – ha azzerato il valore delle obbligazioni; poi i report diffusi parlavano di aumento di capitale e infine lo stesso Fondo bancario di tutela dei depositi — il 28 ottobre — scriveva che non c’era alcun motivo di preoccupazione per la situazione delle banche. Federconsumatori – che con Adusbef minaccia la denuncia penale per mancanza di vigilanza da parte di Bankitalia – esclude invece la class action: “In Italia è impossibile. Il presupposto che il danno subito sia uguale per tutti è insostenibile, meglio piuttosto analizzare caso per caso e verificare quando l’investimento è stato inconsapevole”.
Il legale contesta, infine, il fatto che la vecchia banca sia stata di fatto regalata alla nuova: “Anche in questo caso andrebbe chiesta la congruità del trasferimento”. Una soluzione migliore — per Dezzani — sarebbe stata la conversione in azioni della nuova banca delle obbligazioni come successo per due banche in Irlanda: un provvedimento che ha permesso agli obbligazionisti di recuperare quasi interamente il loro capitale. In Olanda, invece, Sns per il salvataggio ha espropriato i titoli degli obbligazionisti, ma in seguito a un ricorso immediato, il tribunale ha deciso che il valore dei titoli sarà deciso da un perito indipendente.
La soluzione migliore sarebbe un’intesa capace di scongiurare la pioggia di ricorsi.
Giuliano Balestreri e Raffaele Ricciardi
(da “La Repubblica”)
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