SALVINI HA IL PISTOLINO SCARICO, NON HA LA FORZA DI IMPORRE NULLA: SBRAITA CONTRO LE ARMI ALL’UCRAINA E MINACCIA DI NON VOTARE IL PROSSIMO DECRETO AIUTI MA POI SI ADEGUERÀ, SENZA SPEZZARE LA CORDA, PERCHÉ NON SE LO PUÒ PERMETTERE
DE ANGELIS: “LA PERMANENZA AL GOVERNO È IL SUO SALVAGENTE DA TENERE STRETTO, A COSTO DI SACRIFICARE LE VELLEITÀ DI RILANCIO POLITICO”… LA PRIORITÀ PER L’EX TRUCE DEL PAPEETE È GESTIRE LO SCONTENTO CRESCENTE NEL CARROCCIO
Sentite qui Matteo Salvini, il giorno dopo la riunione del Consiglio supremo di Difesa. Il leader leghista, tra un comizio e l’altro, dice due cose.
La prima: «Quello che il Consiglio di Difesa ha deciso riguarda gli aiuti già decisi». Questa è una inesattezza. Mica si sono riuniti per commentare quanto fatto finora. Ma per ribadire il «pieno sostegno all’Ucraina nella difesa della sua libertà» (non a tempo), approfondendo anche il tema delle nuove minacce da guerra ibrida.
La seconda cosa che dice è: «Per il futuro la Lega chiede chiarezza». E questa è una formula buona sempre – qualcuno chiede mai “opacità” e non chiarezza? – e comunque non proprio la minaccia di sfracelli.
Il nostro, ove possibile, accenderà un po’ di fuochi artificio, di qui a quando ci sarà da rivotare il nuovo “decreto aiuti” – non il prossimo pacchetto, che non ha bisogno di un passaggio parlamentare – ma, al dunque, si adeguerà, senza spezzare la corda. La permanenza al governo è il suo salvagente da tenere stretto, a costo di sacrificare le velleità di rilancio politico. In fondo, è quel che accade su tutti i dossier.
Sulla manovra è colui che ha incassato di meno, a parte la mini-rottamazione, buona, come il condono, più per la Campania che per il Nord. Di flat tax neanche l’ombra, la Fornero vive e lotta insieme a noi. A conti fatti Forza Italia è stata più incisiva.
Sull’Autonomia poi, sempre a proposito di Nord, ormai, gioisce per la stipula delle famose “pre-intese”. Ma siamo al gioco delle tre carte. le famose “pre-intese” sono quelle del 2018, e mai ratificate. In mezzo ci ha pensato la Corte a smontare la riforma Calderoli, senza che Salvini abbia battuto ciglio più di tanto. E la ragione, sempre la stessa, è che non ha la forza di imporre
alcunché, ma in questo caso neanche la voglia perché, diciamocelo, come orizzonte politico è diventato un po’ “terrone”.
E infatti si occupa più di Ponte sullo Stretto che di Nord. L’opera non vedrà mai la luce, come da quarant’anni a questa parte. Però è chiaro a cosa serve: a pagare un po’ di stipendi, distribuire incarichi, soddisfare gli appetiti con le nomine. È anche risuscitata la mitica “Stretto di Messina Spa”, vecchia idea di Silvio Berlusconi.
È questo il cuore della sua campagna d’autunno, nell’autunno della sua leadership. Lo scorso anno fu la promessa dell’eldorado per i forestali e la stabilizzazione dei precari calabresi. A proposito di forestali, ieri ci ha pensato il governatore siciliano Renato Schifani a stanziare per i forestali 41 milioni di euro. Evviva, paga Pantalone.
Pensate che la Lega aveva fatto da quelle parti pure l’accordo con la Dc di Totò Cuffaro, prima che lo arrestassero. Ma evidentemente Tangentopoli, che vale per l’Ucraina, non vale per la Sicilia.
E il Nord? Brulica di scontento. Lo si è visto alla convention del movimento di Paolo Grimoldi, l’ex segretario della Lega lombarda espulso per dissenso, presente in ben 56 province.
E menomale che c’è Zaia in Veneto. L’altra sera a Treviso, con cinquecento persone, il candidato Alberto Stefani non si è presentato perché era stanco. E lo stesso a Vicenza, con duecento persone. A entrambe le iniziative c’è andato, appunto, Zaia. Ecco, lui fa il pieno di voti e, per depotenziarlo, Salvini lo vuole candidare a Roma. Avete capito come è messo?
Alessandro De Angelis
per “la Stampa”
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