SALVINI TESTIMONIAL DA INCUBO: BARILLA, ESSELUNGA E NUTELLA
QUANDO LA PROMOZIONE DEL MADE IN ITALY E’ UN FLOP
“Levategli lo smartphone”, verrebbe da dire bonariamente a Matteo Salvini, pluri-testimonial (da incubo) dei marchi del made in Italy e non solo. Le difficoltà create al pastificio Rummo con la sua visita sono coerenti con un’abitudine comunicativa antica, praticata anche lontano dal ruolo attuale di ministro delle Infrastrutture. Anno 2018, dicembre. Il leader leghista esibisce il proprio pranzo sul proprio profilo Twitter. “Due etti di bucatini Barilla, un po’ di ragù Star e un bicchiere di Barolo di Gianni Gagliardo. Alla faccia della pancia! Buon pomeriggio Amici”. Alla Barilla la promozione non riscuote entusiasmo. Il corrispondente del New York Times a Roma Jason Horowitz scrive sul quotidiano che lo spot “ha suscitato costernazione all’interno dell’azienda a causa della politica polarizzante del signor Salvini”. Insomma, non proprio un successo. No comment dalla Star, non più italiana dal 2006, ma con gli stabilimenti ancora saldamente ancorati in Brianza.
L’amore (pentito) per la Nutell
Qualche giorno dopo, Salvini posta uno spuntino a base di pane e Nutella. “Il mio Santo Stefano comincia con pane e Nutella. Il vostro???”. Più made in Italy di così, poco. Anzi no, in meno di un anno il ministro lancia l’indietro tutta e iscrive la Nutella tra i cattivi. “Ho scoperto che la Nutella usa nocciole turche, e io preferisco aiutare le aziende che usano prodotti italiani, preferisco mangiare italiano, aiutare gli agricoltori italiani”. Ferrero, colosso piemontese dal profilo notoriamente bassissimo, non risponde all’attacco. Rispondono Cia e Confagricoltura invitando a non penalizzare comunque un pezzo importante della nostra industria alimentare.
Rincarano la questione alcuni deputati Pd, ricordando a Salvini che nemmeno se l’Italia si trasformasse in un unico gigantesco noccioleto i frutti potrebbero bastare a soddisfare da sola la domanda dell’azienda. La Ferrero consuma da sola il 20% delle nocciole mondiali, l’Italia ne produce solo il 14, l’azienda deve rifornirsi quindi anche dall’estero. Lo stesso Salvini alcune settimane dopo fa una nuova marcia indietro. Bilancio della crociata pro e poi contro e poi ancora pro Nutella: così così.
Baci proibiti
Va da sé che con questi precedenti pure in Nestlé, sempre nel 2018, possano avere avuto un sussulto –come riferito dal Foglio – dopo il post promozionale di Salvini al Bacio Perugina e ad uno dei suoi incartamenti con messaggio: “L’amicizia reca grandi felicità con piccoli gesti”. Qui l’omaggio al made in Italy però va in buca soltanto a metà, perché lo storico marchio umbro è nelle mani della multinazionale elvetica dal 1988.
Ringo people, l’irritazione di Barilla
Non va meglio, con i dolci, due anni dopo. Quando sui propri canali ufficiali la Lega pensa di affiancare la foto di una stretta di mano di Salvini con un uomo di colore ad una famosa pubblicità della Ringo. Ancora la Barilla, questa volta pubblicamente, è costretta a intervenire prendendo le distanze in qualità di titolare del marchio. “Il Gruppo Barilla conferma che non ha autorizzato e non autorizza l’utilizzo dei propri marchi – compreso il brand #Ringo – da parte di nessun movimento o gruppo politico”.
La spesa all’Esselunga
Qualcosa deve avere spinto Salvini a una maggiore prudenza. Per il ritorno in veste di testimonial sceglie il caso di marketing dell’anno, lo spot della pesca dell’Esselunga. Post con foto, carrello e sacchetti. “Niente pesche, ma tanta roba! Le domeniche belle all’Esselunga”. Impossibile sbagliare. E invece no, il post viene sommerso di critiche, che puntano il dito persino sul costo giudicato troppo alto per le castagne, 5 euro al chilo. Ma nel complesso si contesta l’opportunità che un ministro della Repubblica si presti a fare da sponsor sui social ad una azienda.
Ultimo capitolo, il boomerang in casa Rummo. La visita allo stabilimento beneventano innesca una valanga di critiche, questa volta non solo sulla sua pagina personale, ma persino su quella dell’azienda, costretta a gestire anche un’ondata di indignazione social al grido/hashtag di boicottaRummo. Il patron dell’azienda resta spiazzato: “Non capisco”. Eppure, visti i precedenti del Salvini-influencer, il possibile inciampo si poteva avvistare a diversi chilometri di distanza.
(da agenzie)
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