“SBLOCCA ITALIA”, L’ULTIMO SPOT DI RENZI
AL FESTIVAL DELL’ECONOMIA DI TRENTO IL PREMIER SI INVENTA L’EFFICIENZA DELLO STATO: “GHE PENSI MI”
Un decreto “sblocca Italia”, la legge elettorale, il ribaltamento delle politiche europee, la nomina del commissario mancante della Consob, l’autorità che vigila sulla Borsa, e la riforma della giustizia civile.
Il Matteo Renzi che arriva sul palco del Festival dell’Economia di Trento è un’altra persona rispetto al leader affaticato, con qualche capello bianco recente e con camice che gli stringono perchè non ha il tempo di rifare il guardaroba dopo essere ingrassato per lo stress, che soffriva guardando i sondaggi una settimana fa.
Dopo il 40,8 per cento del Pd alle europee Renzi sembra perfino più magro, camicia e jeans, entusiasta come non era da mesi.
Il coordinatore scientifico del Festival, Tito Boeri, gli sottopone una lista infinita di domande riassumibili così: che farà ora con questo successo?
Il direttore del Tg di La7, Enrico Mentana, conduce l’intervista, ma Renzi sembra pronto a parlare da solo per ore, ha un ritmo e uno spirito che in campagna elettorale aveva sacrificato al tono da comizio.
E’ chiaro che si considera assolto dal peccato originale: la conquista di palazzo Chigi senza elezioni.
Renzi ora sente di potersi permettere tutto.
Sfida i sindacati che hanno deciso lo sciopero della Rai dopo il taglio di 150 milioni di euro ai trasferimenti statali: “Scioperino pure, se lo avessero fatto nella settimana delle elezioni avrei preso il 42,8 per cento invece del 40,8”.
Gli annunci sono il cardine del renzismo.
Quello pensato per i giornali di oggi è “sblocca Italia”: un decreto da approvare entro luglio in base al quale “i comuni hanno 15 giorni per comunicare dove ci sono interventi bloccati, o investimenti bloccati per interventi pronti a partire, ce li comunichino. Noi creeremo una struttura tecnica per sbloccarli”.
Hai un problema con una sovrintendenza per i beni culturali o altra burocrazia? Chiama palazzo Chigi e Renzi te lo risolverà .
Tanto ora, con il 40,8 per cento, può tutto. Anche affrontare missioni all’apparenza suicide come il rilancio dell’Italicum, la legge elettorale che sembra impossibile da approvare ora che il Pd ha una maggioranza così schiacciante (Forza Italia e Cinque stelle non hanno più incentivi ad approvare un sistema col ballottaggio): “Credo che chiuderemo su questa riforma” e poi, giusto per complicare l’agenda, “in settimana ripartiremo con le riforme costituzionali inclusa quello del titolo quinto”, cioè della divisione delle competenze tra Stato ed enti locali.
E poi il Senato, con l’evoluzione in camera delle autonomie territoriali che si era un po’ arenata in campagna elettorale.
Subito il capo dello Stato Giorgio Napolitano offre la benedizione presidenziale al nuovo corso renziano: “Questa necessità di stabilità , che ho sempre richiamato, è stata largamente compresa dagli italiani”, e la stabilità è la condizione per le “riforme strutturali”.
Dopo il voto della settimana scorsa “l’Italia può parlare a voce alta in Europa e contribuire a cambiarne le istituzioni e le politiche”, dice il presidente nel messaggio per il 2 giugno che diventa un super-spot per Renzi..
L’Europa oggi può portare però cattive sorprese: arrivano le raccomandazioni “country specific”, cioè Paese per paese, della Commissione.
Renzi sa già cosa aspettarsi: ci sarà un plauso per l’impulso alle riforme e una serie di richieste difficili, come quella di rendere permanente il bonus degli 80 euro ma finanziato da coperture stabili (tagli di spesa veri, non una tantum), valutare l’impatto della riforma Fornero sul mercato del lavoro e, se necessario, intervenire ancora sull’articolo 18.
E soprattutto la questione debito: il governo Renzi, come quello Letta, si è rifiutato di applicare la riduzione prevista per il 2014 al deficit strutturale (circa 4 miliardi), di conseguenza il pareggio strutturale di bilancio, cioè al netto degli effetti della recessione, è slittato dal 2015 al 2016.
La Commissione non potrà far finta di niente, ma secondo Renzi c’è una “irripetibile congiunzione astrale” che ha tolto credibilità al rigore estremo sui conti.
Ma oggi la voce della Commissione sull’economia è di nuovo quella del rigido finlandese Olli Rehn che si era messo in aspettativa nelle ultime settimane per fare campagna elettorale come candidato dei liberali dell’Alde all’Europarlamento.
È stato eletto e ora deve scegliere tra le due cariche, deputato o commissario in scadenza, ma ha tempo fino a giugno e non perde l’occasione per l’ultima predica all’Italia.
Eppure non pare più essere tempo per battaglie sugli zero virgola.
Anche perchè con il 40,8 per cento del Pd Renzi si sente — a ragione — al centro della scena europea post-elettorale, è deciso a pesare sulle nomine:
“Per la presidenza della Commissione quello di Jean Claude Juncker è un nome, non ‘il’ nome, il Ppe ha vinto le elezioni ma non ha ottenuto la maggioranza assoluta”. Tradotto: il candidato dei conservatori, che ha ottenuto il poco convinto appoggio di Angela Merkel ma anche l’ostilità della Gran Bretagna di David Cameron, difficilmente guiderà il nuovo esecutivo comunitario.
Renzi si muove nel negoziato sulla presidenza anche per avere più potere contrattuale nella scelta dei commissari: dal suo discorso si capisce che a palazzo Chigi puntano a portafogli di peso come la Politica estera, l’Energia, l’Agricoltura.
In prima fila nella platea di Trento c’è l’amministratore delegato di Fiat Chrysler, Sergio Marchionne, molto soddisfatto: “L’agenda di Renzi è l’unica possibile”. Il premier non avrebbe potuto trovare una sintesi più efficace.
Stefano Feltri
(da “Il Fatto Quotidiano“)
Leave a Reply