“SIAMO ALLA FASCISTIZZAZIONE DEL PARTITO”: NELLA LEGA ESPLODONO I MAL DI PANCIA PER LA PRESENZA DI MARINE LE PEN ALLA FESTA DEL CARROCCIO A PONTIDA
LA PROTESTA MONTA SOPRATTUTTO IN VENETO, NEL FORTINO DEL GOVERNATORE LUCA ZAIA: “È UN’ERESIA CHE CERTA GENTE VADA SUL SACRO PRATONE”… PROPRIO IN VENETO E’ IN CORSO UNA DIASPORA DI LEGHISTI: DALLE FILA DEL “DOGE” ZAIA STANNO PASSANDO A QUELLE DI TOSI
La presenza di Marine Le Pen sul palco di Pontida ha già spaccato la maggioranza di governo. Ma riapre pure le ferite leghiste. Soprattutto nel Veneto
Nelle chat il banner con le foto affiancate di Matteo Salvini e di madame Le Pen e la scritta «Vi aspettano a Pontida» sta facendo surriscaldare gli animi. «Ci ha dato molto fastidio» ammette a denti stretti un dirigente di primo piano, «ma come si permettono di far dire a quella signora che ci aspetta a casa nostra?».
«Siamo alla fascistizzazione del partito» tuona dalle pagine dei quotidiani veneti Franco Rocchetta, fondatore della Liga e organizzatore insieme a Umberto Bossi del primo raduno nel 1990. «È un’eresia che certa gente vada sul sacro pratone, e non parlo solo della Le Pen» protesta Fabrizio Boron, consigliere regionale cacciato alla vigilia del congresso «nazionale» di giugno.
«L’unico lato positivo della mia espulsione è che Salvini mi ha tolto l’imbarazzo di andare a Pontida» conclude. La pensa allo stesso modo Marzio Favero, ex sindaco di Montebelluna che ancora siede sui banchi del Carroccio a palazzo Ferro Fini.
«Le posizioni centraliste della Le Pen sono quanto di più lontano dall’approccio federalista che sta alla genesi della Lega» spiega Favero, soprannominato «il filosofo» per la materia che insegna alle scuole superiori. La lingua se la morde, invece, l’eurodeputato Gianantonio Da Re, che comunque a Pontida ci sarà: «Come la penso lo sapete. È meglio che stia zitto».
In questo caso, poi, più delle voci critiche fanno rumore gli imbarazzi e i silenzi. «Io andrò a Pontida per incontrare la base e i militanti. Indipendentemente da chi salirà sul palco» prova come sempre a dribblare le polemiche Luca Zaia. La rivolta contro la presenza della leader nazionalista francese nel luogo simbolo del leghismo, in realtà, nasconde anche molto altro. «Sono anni che siamo alleati ma la sensazione è che si voglia strumentalizzare questo passaggio per dare fuoco alle polveri». Il riferimento è a ciò che sta accadendo in Regione.
Dato per scontato che difficilmente Giorgia Meloni concederà ai governatori un «terzo mandato», infatti, e nel timore di finire all’angolo in una sfida per la candidatura fra il ministro Adolfo Urso per Fdi e il coordinatore regionale Flavio Tosi per Forza Italia, alcuni esponenti di peso stanno abbandonando la Lega. Gianluca Forcolin, vice di Zaia nella passata legislatura, e Massimiliano Barison, assessore regionale e sindaco di Albignasego, sono già passati con Tosi
Lo stesso hanno fatto l’ex senatore di Treviso Gianpaolo Vallardi e l’ex assessore padovano Alain Luciani. Presto potrebbero seguirlo anche il consigliere Boron, ma soprattutto tre dei sei assessori leghisti della giunta attuale.
«Che futuro può avere un partito che rischia di restare al governo a Roma con Fdi e Forza Italia ma all’opposizione a Bruxelles alleato di Le Pen e Afd? Come ce lo spiegheranno i vari Zaia e Giorgetti?» è il ragionamento che qualcuno comincia a fare.
(da “la Stampa”)
Leave a Reply