SILVIO AFFIDA A PARISI LA RIVOLUZIONE D’OTTOBRE, TOTI PERDE L’ACCAPPATOIO
RIDIMENSIONATO IL GOVERNATORE DELLA LIGURIA CHE SI ERA MONTATO LA TESTA… AVEVA VINTO SOLO GRAZIE ALLE DIVISIONI DEL PD E CON L’APPOGGIO DI LEGHISTI SOTTO PROCESSO PER PECULATO
La rivoluzione azzurra d’ottobre è sancita dalla stretta di mano tra Silvio Berlusconi e Stefano Parisi, al termine della lunga cena di Arcore di lunedì sera. Alla presenza di Marina.
Quello che viene affidato a Stefano Parisi è qualcosa di più di un incarico “tecnico” o “manageriale” per fare una due diligence dei conti di Forza Italia.
Si legge in un comunicato di Arcore, con cui a Parisi viene affidato ufficialmente l’incarico: “Berlusconi ha incaricato Stefano Parisi di effettuare una analisi approfondita della situazione politica e organizzativa di Forza Italia e di elaborare un progetto per il rilancio e il rinnovamento della presenza dei moderati italiani nella politica”.
È la missione politica di rivoluzionare Forza Italia, o meglio di liquidarla, con i suoi debiti, il suo marchio che non tira, i suoi riottosi dirigenti, le sue beghe e le sue chiacchiere, le sue ambizioni e le sue ingratitudini, per aprire la strada — a ottobre — a una cosa nuova: “Stefano, comportati come un amministratore delegato” è la principale regola d’ingaggio dell’ex premier. Accettata da Parisi, perchè la quella successiva (di frase) contiene una promettente rassicurazione.
E cioè che, per Berlusconi, sarà Parisi sia il leader sia il candidato premier.
Quando si voterà .
Tra la rivoluzione d’ottobre che mediaticamente si manifesterà quando — tra fine settembre e ottobre appunto — Parisi presenterà il suo progetto a Milano in una convention che assomiglierà a una sorta di Leopolda azzurra, c’è l’appuntamento che sta più a cuore a Fedele Confalonieri e a Gianni Letta, che di Parisi è il primo estimatore: il referendum.
Il Cavaliere, da quando si sente bene, è tornato molto ciarliero, oltre che canterino (proprio così, gli è venuta una gran voglia di cantare e per questo si è rivisto più volte Apicella ad Arcore).
Ebbene a parecchi dei suoi ha spiegato che, se salta Renzi, sa bene che non si andrà a votare e nel Palazzo tornerà di moda un governo di scopo: “Tra l’azienda che sosterebbe il governo — racconta l’ex ministro azzurro — e voterebbe sì al referendum, e la nomenklatura di Toti e compagnia che vuole l’asse con Salvini e ha un no barricadero, Silvio è il più lucido di tutti. Il suo è un no di una opposizione responsabile che si vuole sedere al tavolo del nuovo governo. E non avere pessimi rapporti con l’attuale”.
Ecco, organizzatore, coordinatore, manager, comunque lo si voglia chiamare, Parisi con pragmatismo ed esperienza è l’uomo a cui è affidata questa mission: tornare al tavolo che conta con delle carte in mano, in un momento in cui l’azienda non vuole rapporti ostili con il Potere.
Carte che magari — al momento – non sono un poker d’assi, ma nemmeno quel due di briscola che per Berlusconi è l’attuale Forza Italia: “Ti voglio in pianta stabile al partito — ha detto il Cavaliere a Parisi – a San Lorenzo in Lucina. È un partito morto, dobbiamo rivoltarlo come un calzino”.
Per rivoltarlo le prossime mosse sono già scritte e prevedono, tanto per piegare del tutto i vari capibastone, l’azzeramento e la sostituzione di tutti (o quasi) i coordinatori regionali. Poi, dopo il referendum, il cambio del nome e del simbolo.
Una rivoluzione, appunto, che già suscita la preoccupazione di alcuni, come il governatore della Liguria Giovanni Toti.
È il vero sconfitto con la nomina di Parisi, lui che fu presentato in accappatoio bianco a Villa Paradiso e buttato in politica da un giorno all’altro per zittire Fitto e la fronda di allora: “Ora — prosegue l’ex ministro – è nella black list di Berlusconi. Ha vinto grazie ai casini del Pd e si sente leader, organizza la corrente con Gelmini e Romani, tesse con la Lega. E soprattutto dà interviste sulla successione con Berlusconi al San Raffaele”.
A proposito, la rivoluzione d’ottobre non prevede primarie e congressi.
Un amministratore delegato c’è, con obiettivi e interessi da tutelare. Mezzo partito già lo cerca.
All’orizzonte non si vedono molti ribelli, con Berlusconi uscito dalla sala operatoria.
(da “Huffingtonpost”)
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