“SONO 140 I FRANCHI TIRATORI”: LA RELAZIONE DEL FIDATO LOTTI GELA RENZI A COURMAYEUR
PUPAZZI E PUPARI: “QUESTA VOLTA CI GIOCHIAMO TUTTO”… NELLE MANI DI LOTTI LA PRIMA LISTA DI FRANCHI TIRATORI
Matteo Renzi non aveva certo bisogno di ascoltare il discorso di fine anno di Giorgio Napolitano per sapere come la pensa il capo dello Stato sul suo successore al Quirinale.
Attraverso i frequenti colloqui riservati con Napolitano, il premier ha appreso da tempo che il presidente vorrebbe lasciare il testimone ad una personalità autorevole e autonoma, in grado di gestire, se necessario anche in prima persona, l’attuale delicatissima fase di crisi non solo economica, come è avvenuto dal 2011 in poi con la nascita dei governi Monti, Letta e quindi Renzi.
Insomma, non un candidato avatar. Eppure il messaggio quirinalizio di fine anno, esplicitamente rivolto al successore al Colle con tutti quei richiami al “senso di responsabilità , del dovere, della Costituzione e della nazione…”, ha fatto scattare una sorta di allerta dalle parti del presidente del Consiglio.
Innanzitutto, perchè è stato seguito da ben 13 milioni di telespettatori, a conferma di quanto sia solida l’eredità di un ‘presidente interventista’ come Napolitano in termini di popolarità .
L’affare Colle insomma non è da prendere sotto gamba, nè presenta ampi margini di azione per l’elezione di un presidente che sia solo l’ombra, l’avatar del premier.
Luca Lotti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio cui Renzi ha affidato in via del tutto riservata la prima ricognizione tra le forze politiche sul dossier Quirinale, conta già circa 130-140 franchi tiratori in Parlamento.
La lista di Lotti: 130-140 franchi tiratori.
“Stavolta ci giochiamo tutto”, lascia trapelare Renzi nei contatti con i fedelissimi dal ‘rifugio’ di Courmayer dove si trova in vacanza con la famiglia per qualche giorno.
I problemi maggiori arriverebbero dal Pd, a sentire le fonti renziane.
Nel Partito Democratico infatti lo screening di Lotti conta un’80ina di franchi tiratori, tra cui vengono calcolati di certo parlamentari come Pippo Civati, Stefano Fassina, le truppe dalemiane e gli anti-renziani per eccellenza.
“Questi non voteranno mai il nome proposto da Renzi, chiunque esso sia…”, dice una fonte vicina al premier.
E poi ci sono i circa 40 fittiani di Forza Italia, più una decina di possibili ‘traditori’ nei gruppi minori, Ncd e Scelta Civica.
Si tratta di forze che potrebbero saldarsi già nel test sulla legge elettorale al Senato, al via la prossima settimana.
Il rischio più temuto dai renziani è che questa saldatura punti a far saltare i capilista bloccati dell’Italicum, caposaldo dell’accordo con Silvio Berlusconi sul nuovo sistema di voto.
Sarebbe il caos, non solo perchè si metterebbe a rischio l’ok di Palazzo Madama all’Italicum prima della corsa quirinalizia (al nastro di partenza a fine gennaio).
Ma anche perchè un pasticcio del genere spaccherebbe i due maggiori partiti proprio alla vigilia di un appuntamento delicato come l’elezione del successore di Napolitano.
Il 7 Renzi riunisce i gruppi Pd. Più in là , vedrà Berlusconi.
Per compiere tutti i passi necessari ad evitare il caos, già mercoledì 7 gennaio il premier incontrerà i parlamentari del Pd sulla legge elettorale. All’inizio della settimana prossima vedrà anche i ministri, uno per uno, sul programma di riforme dell’anno nuovo: “Costituzione, legge elettorale, fisco, giustizia civile, Pubblica amministrazione, cultura-scuola-Rai, Green Act, lavoro.
“Facciamo sul serio, sara’ un buon 2015”, ha scritto su twitter da Courmayer. In programma, c’è anche l’incontro con Berlusconi, ma non già la prossima settimana. Perchè, nonostante le strizzate d’occhio al M5s, l’alleanza con l’ex Cavaliere resta centrale nello schema di Renzi sulla scelta del successore di Napolitano.
“L’accordo tra loro è roccioso”, sottolinea un parlamentare renziano.
Anche perchè Berlusconi, prima vittima dell’attivismo di Napolitano nel 2011, è il più vicino all’idea di Renzi di ricondurre il Quirinale ad un ruolo meno interventista sugli affari di governo.
Il punto interrogativo, si sa, sta sulla tenuta di Forza Italia. E oggi un’altra dose di allerta è stata seminata nel quartier generale renziano dal Mattinale di Forza Italia che chiede un accordo sul Quirinale prima del voto sulla legge elettorale in Senato.
E’ la linea Brunetta, sminuiscono nella cerchia stretta del premier, pur ammettendo che si tratta di segnali assolutamente non piacevoli.
Dunque, il percorso sembra lastricato di insidie.
E ci si mette anche il peso da novanta di uno come Napolitano che lascia. Nemmeno Renzi può permettersi un ‘vuoto’ al Colle, ragionano i suoi.
Come se ne esce? In queste ore, lo schema non può che essere di massima.
Il premier poi non è interessato a scoprire le carte prima che l’arbitro abbia fischiato l’inizio della partita per il Colle, vale a dire prima della metà di gennaio quando Napolitano dovrebbe lasciare.
Però, date le trappole in vista, la ricerca cerca di restringersi su un nome che possa davvero avere la massima condivisione in Parlamento, al netto dei franchi tiratori dati per scontati, magari non tutti i 130-140 di Lotti ma di certo una loro parte.
Prima la carta ‘politico per il Colle’, poi il ‘tecnico’, se necessario.
E’ in questa cornice che prende quota l’intenzione di partire dalla proposta di un candidato ‘politico per il Colle’: per non deludere le aspettative dello stesso Napolitano e per non esacerbare il clima in Parlamento.
Se poi il politico non passa, si prenderebbe in considerazione l’ipotesi di una candidatura tecnica.
Il tutto riferito sempre e solo alla quarta votazione, quella per cui sono sufficienti 505 voti del Parlamento in seduta comune.
E dunque per la categoria ‘politici’, tra i gruppi Pd girano i nomi di Graziano Delrio o Walter Veltroni più che di Dario Franceschini o Piero Fassino.
Soprattutto, il primo viene citato molto in queste ore. Moderato, renzianissimo eppure candidato considerato di sintesi e autonomo, non fosse altro che per quelle voci di tensioni con il premier prima dell’estate, e poi prodiano della prima ora, sottosegretario eppure ancora punto di riferimento di quel ‘partito Anci’ che fu la prima culla del renzismo, Delrio presenterebbe il limite di essere comunque troppo legato a Renzi, ma risulterebbe gradito anche a Berlusconi, potrebbe insomma comunque riscuotere un largo consenso.
Nella categoria ‘tecnici per il Colle’, che scatterebbe solo in caso di flop del politico e per raccogliere voti anche nel M5s, si fanno i nomi di Sabino Cassese, giudice emerito della Corte Costituzionale, e Raffaele Cantone, capo dell’anticorruzione spedito da Renzi a gestire ogni emergenza di politica e malaffare, dall’Expo a ‘mafia capitale’.
E poi anche il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan.
C’è da dire che sia Delrio che Cantone sarebbero i presidenti più giovani della storia della Repubblica: dato mai sottovalutabile nella visione renziana.
Ma per i nomi è presto. In questa fase, le antenne sono dritte e puntate sugli umori del Parlamento.
Mercoledì il premier farà l’ennesimo test ai gruppi Pd (e ne convocherà un’assemblea nazionale ma solo a partita quirinalizia iniziata, insomma non prima della seconda metà di gennaio).
Poi, la verifica con Berlusconi.
Il test dei test inizia giovedì 8 gennaio.
Luogo: l’aula del Senato alle prese con l’Italicum 2.0.
(da “Huffingtonpost“)
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