SONO MORTI DEMOCRISTIANI: AL PD SERVIVANO POCHI VOTI, SONO FINITI OSTAGGI DI BERLUSCONI
LETTA GIA’ SI LAMENTA: “IL CAVALIERE PARLAVA SOLO DEI SUOI GUAI GIUDIZIARI”
Piove, governo Letta.
Una nuvolaglia grigissima si addensa sul Quirinale alle cinque del pomeriggio.
I giornalisti aspettano in fila, sotto la pioggia. Enrico Letta è al Colle già da due ore.
Il premier incaricato arriva direttamente da Montecitorio e ha con sè la bozza della lista dei ministri.
Gli incontri con Monti e Bersani sono andati bene, quello con Berlusconi no.
Al telefono, dopo aver visto il Cavaliere, lo sfogo di Letta junior non è stato moderato, com’è nel suo stile: “Ho parlato tre ore con lui ed è stato molto faticoso, tornava sempre sui suoi problemi personali, si è sfogato per le sue aggressioni giudiziarie. Io tentavo di riportare il discorso sulla squadra di governo e lui riparlava dei suoi problemi”.
Nasce così, sulla pietra angolare dei guai giudiziari di B., l’inciucio democristiano che mescola “pulcini”, seconde file e qualche big di Pd, Pdl e Scelta Civica.
Un perfido tweet di quel vecchio marpione di Paolo Cirino Pomicino, eternamente andreottiano, rende l’idea della creatura partorita da Napolitano, Berlusconi e infine Enrico Letta: “Un giovane e ottimo governo a larga partecipazione democristiana”.
Anche e soprattutto nel Pd: su nove ministri, senza contare Letta, la sinistra fu Ds è rappresentata dal ministero dell’Ambiente, il giovane turco Andrea Orlando, e da quello dello Sviluppo economico, il sindaco di Padova Flavio Zanonato, che è stato anche nel Pci.
Ma i numeri del Pd non devono ingannare soprattutto per un altro motivo: al partito del premier, infatti, non è andato alcun ministero di peso, di prima fascia.
Ben cinque sono senza portafogli: il big centrista Dario Franceschini a Rapporti con il Parlamento e coordinamento dell’attività di governo; la congolese bersaniana Cecile Kyenge all’Integrazione; la teutonica sempre bersaniana Josefa Idem a Pari opportunità , sport e politiche giovanili; Carlo Trigilia, proveniente da ItalianiEuropei, la fondazione di D’Alema e Amato, alla Coesione territoriale; il renziano annunciatissimo Graziano Delrio agli Affari regionali.
Il resto: la lettiana Maria Chiara Carrozza all’Istruzione e il dalemiano Massimo Bray ai Beni culturali
La sostanza vera di questo monocolore dc che rischia la definizione di governo balneare, da qui all’autunno, è spartita tra Napolitano, Berlusconi e gli ex tecnici di Monti.
Il gioco dei veti incrociati sui big ha pesato eccome sulla composizione della lista che Letta junior ha iniziato a leggere alle 17 e un quarto nella sala alla Vetrata del Quirinale.
Prima un ringraziamento al capo dello Stato, poi quattro fogli con la dicitura “Elenco Ministri Governo Letta”, dove due nomi sono persino sbagliati: Del Rio anzichè Delrio e Di Girolamo al posto di De Girolamo.
Quest’ultima è donna e berlusconiana, con un marito lettiano, Francesco Boccia.
Nunzia De Girolamo alle Politiche agricole compone il quintetto base del Pdl insieme con Angelino Alfano, vicepremier e ministro dell’Interno; Gaetano Quagliariello, già “saggio”, alle Riforme costituzionali; il ciellino Maurizio Lupi alle Infrastrutture e trasporti; Beatrice Lorenzin alla Salute.
C’è poi Mario Mauro, alla Difesa, che è stato berlusconiano fino all’estate scorsa.
Diventato montiano di Scelta Civica è rimasto però ciellino.
Mario Monti, da oggi ex premier, oltre a Mauro si è intestato solo un altro ministro, peraltro il confermato Enzo Moavero Milanesi agli Affari europei.
Per il resto Gianpiero D’Alia alla Pubblica amminitrazione è l’obolo all’Udc e il trasloco di Anna Maria Cancellieri dal Viminale alla Giustizia è frutto di una lunga mediazione
Al Quirinale, infatti, Letta junior è arrivato con due caselle vuote: Giustizia ed Economia, da riempire con la supervisione di “Re Giorgio”.
Il prescelto Michele Vietti non andava bene a B. e così la trattativa con il Cavaliere, facilitata da Monti, si è risolta sul nome del prefetto.
Anche l’Economia, al centro di un altro scontro con il Pdl, è andata a Fabrizio Saccomanni, direttore generale di Bankitalia, con il sì decisivo di Berlusconi.
Un “saggio” promosso come Quagliariello è il presidente dell’Istat Enrico Giovannini, destinato a Lavoro e politiche sociali.
Altro tecnico uscente è invece Filippo Patroni Griffi, da oggi sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio.
L’unica vera sorpresa è stata la radicale Emma Bonino agli Esteri.
Da segnalare che il capolavoro di mescolanza demo-cristiana vede al governo sia la Bonino sia Quagliariello, ex radicale poi teocon che gridò “assassini” al Senato nel giorno della morte di Eluana Englaro.
Letta junior ha letto la lista in uno, massimo due minuti.
È sembrato molto più lungo, e inusuale per il protocollo, l’abbraccio tra lui e Napolitano alla fine dell’incontro con la stampa, un abbraccio che suggella la nascita di un altro governo del presidente dopo Monti.
Non più tecnico ma politico, con una guida bicefala (Letta e Alfano) e un corpo giovane e forse troppo esile per resistere quando sarà tempo di bufera, in autunno.
Fabrizio d’Esposito
(da “il Fatto Quotidiano“)
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