SUL FINE VITA IL PARLAMENTO DORME, MA GLI ITALIANI HANNO LE IDEE CHIARISSIME: IL 75% DEGLI INTERVISTATI SI DICHIARA FAVOREVOLE ALLA LEGALIZZAZIONE DELL’EUTANASIA, IL 65% CHIEDE LA CONVOCAZIONE DI UN REFERENDUM
ALESSANDRA GHISLERI: “I DATI RAPPRESENTANO UN SEGNALE FORTE PER LE ISTITUZIONI: LA SOCIETÀ È PRONTA. ORA LA PALLA PASSA ALLA POLITICA, CHIAMATA A COLMARE UN VUOTO NORMATIVO CHE INCIDE PROFONDAMENTE SULLA VITA (E SULLA MORTE) DI MOLTI CITTADINI
Il tema dell’eutanasia -a cicli alterni- torna con forza al centro del dibattito pubblico italiano, spinto da numeri che parlano chiaro: il 93,4% dei cittadini conosce il significato del termine, e ben il 75,3% si dichiara favorevole alla sua legalizzazione, cioè con l’intervento delle istituzioni sanitarie per aiutare una persona a morire per alleviare le sue sofferenze legate a malattie incurabili e su esplicita richiesta del paziente.
Sono questi i dati di un sondaggio di Only Numbers che evidenziano un livello di consapevolezza e una volontà popolare difficili da ignorare. In un Paese dove la politica continua a rimandare una legge chiara sul fine vita, la società civile sembra invece avere le idee piuttosto chiare.
La crescente attenzione verso il tema è alimentata da un confronto sempre più aperto, sostenuto da varie associazioni – come ad esempio l’Associazione Luca Coscioni che ha depositato in Senato 74.000 firme per la proposta di legge per legalizzare l’eutanasia in Italia-, da campagne informative e da casi giudiziari che hanno riportato la questione sotto i riflettori dell’opinione pubblica.
La richiesta è netta: garantire la possibilità, per chi si trova in condizioni di sofferenza insostenibile o malattia irreversibile, di poter scegliere una morte dignitosa.
Una posizione condivisa da una larga maggioranza degli italiani, che vede nella legalizzazione dell’eutanasia non una fuga dalla vita, ma un atto di autodeterminazione e rispetto della persona. Riconosciuto con la polarizzazione maggiore proprio dai più giovani (87.8%).
Tuttavia, la posizione favorevole non è incondizionata: la maggior parte degli intervistati ritiene che l’eutanasia debba essere consentita solo in casi specifici, ovvero quando una persona è affetta da una malattia terminale, accompagnata da grandi sofferenze fisiche o psicologiche (49.8%), e con l’esplicito consenso del paziente (31.4%).
Solo il 2.5% ha indicato il consenso esplicito del medico curante. Una posizione di equilibrio, che tiene insieme il rispetto
per la dignità umana e la necessità di criteri rigorosi.
Il messaggio che arriva è chiaro: gli italiani non chiedono una liberalizzazione indiscriminata, ma una legge chiara, che tuteli la libertà di scelta in situazioni limite, dove ogni alternativa alla sofferenza è venuta meno.
Una cosa è certa: la società italiana è pronta ad affrontare con maturità il tema dell’eutanasia. Chiede tutele, regole e umanità. A rafforzare questa volontà popolare è anche un altro dato significativo: il 65,2% degli italiani sarebbe favorevole alla convocazione di un referendum sul tema.
Un segnale forte, che indica come una larga parte della popolazione voglia essere direttamente coinvolta in una decisione di portata etica e sociale così profonda… e, toccando corde così personali, forse sarebbe più facile un’ampia mobilitazione popolare.
Il secondo articolo del disegno di legge attualmente in discussione propone la modifica dell’articolo 580 del Codice penale, introducendo una clausola di non punibilità per chi agevola il suicidio medicalmente assistito, purché siano rispettati requisiti medici e legali precisi.
Su questo punto, il 71.8% degli italiani è favorevole, evidenziando un consenso ampio anche su aspetti normativi molto tecnici, ma centrali nel dibattito. Nonostante la Corte Costituzionale abbia già sollecitato il Parlamento ad affrontare la questione con una normativa adeguata, ad oggi in Italia non esiste ancora una legge che disciplini in modo organico il ricorso all’eutanasia.
La situazione resta ambigua, con differenze di trattamento tra
Regioni e con persone costrette, in alcuni casi, a rivolgersi all’estero –in Svizzera nella maggior parte dei casi conosciuti- per far valere il proprio diritto a scegliere.
I dati sul consenso diffuso potrebbero rappresentare un segnale forte per le istituzioni: la società è pronta. Ora la palla passa alla politica, chiamata a colmare un vuoto normativo che incide profondamente sulla vita – e sulla morte – di molti cittadini.
(da agenzie)
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