SULLL’INTERCITY NOTTE REGGIO CALABRIA-TORINO: “I POLITICI VIVONO SU UN ALTRO MONDO”
STUDENTI ED ANZIANI SUL TRENO CHE RISALE L’ITALIA: “VINCERA’ IL PARTITO DEGLI ASTENUTI”
L’odissea dell’intercity notte 35094 inizia alla stazione centrale di Reggio Calabria alle 21,35.
Sui binari decine di persone aspettano il treno che, dopo 33 fermate e 19 ore, raggiungerà Torino.
Sono studenti e anziani che «salgono al Nord» per una visita medica o per trovare i figli emigrati, accompagnati da scatoloni di cibo.
Un microuniverso di «forzati», che solca tutta l’Italia per risparmiare: molti evitano la cuccetta e si accontentano dei posti a sedere.
Sono il simbolo dell’Italia a due velocità e in comune hanno l’apatia per la politica.
La sfiducia nello Stato, specie tra i giovani, è generalizzata. Il taxista 25enne che ci porta alla stazione storce il naso quando proviamo a pagare con il bancomat: «Così mi rubano due euro di commissione. È sempre la solita storia: paghiamo il pizzo allo Stato che continua a bastonarci».
Ogni giorno l’intercity macina 1400 chilometri. Tagliando il Paese trasporta ogni settimana 80 mila passeggeri.
È la stessa tratta che percorreranno, all’inverso, studenti fuori sede e residenti al Sud per raggiungere il loro seggio.
Tra loro non ci saranno Ilaria, 24 anni, e Anna, 22, di Catanzaro. Hanno già deciso: non voteranno. «La politica è su un altro pianeta rispetto ai nostri problemi», dice la prima, laureata in infermieristica.
L’altra, un diploma all’Accademia di belle arti, indica fuori dal finestrino: «I politici sono come quel treno: corrono paralleli a noi, ma non ci incroceremo mai».
Come ragazze del Sud, dicono, si sentono abbandonate. E con una sola alternativa: cercare fortuna altrove. «Dei miei compagni delle superiori – dice Ilaria – solo quattro su 28 sono rimasti in Calabria. Gli altri sono al Nord o all’estero».
Sono fuggiti anche i figli di Francesco e Maria Luisa, coppia di pensionati di Gallico (Reggio Calabria). Lui si dichiara «elettore di centrodestra da sempre, ma stavolta sono tentato da Salvini” La moglie annuisce, ma solleva un dubbio: «Molti dicono che si interesserebbe dell’Italia solo fino a Salerno».
«Al massimo fino a Ferrara», sorride un giovane che mostra sullo smartphone una vignetta satirica con la scritta «Lega Salvini e lascialo legato», e annuncia che voterà scheda bianca.
Il discorso vira su Minniti: “Ci ha delusi – continua Francesco -. Qui a Reggio non si è più fatto vedere». E non lo sorprende la scelta di non candidarsi nella sua città , dove è stato sconfitto nel ’96 e nel 2001: «Sapeva che avrebbe perso».
«L’invasione di stranieri? Tutte fake news», sentenzia Antonino, 47 anni. «Il mio paesino, San Lorenzo, è stato salvato dagli immigrati: senza di loro non ci sarebbero badanti, l’unica risorsa per l’assistenza dei nostri anziani». Dice che voterà Pd, come sempre, stavolta turandosi il naso: «Non mi piace la svolta autoritaria imposta da Renzi».
Il mattino dopo, nei pressi di Firenze, il 58enne Filippo, impiegato marittimo di Messina, annuncia il suo voto di protesta: «Sono stanco di scegliere tra la padella e la brace: stavolta scelgo i Cinquestelle», dice sbadigliando.
«Diamo una chance a questi ragazzi: forse sono inesperti, ma di sicuro non sono banditi come a destra e sinistra».
Il capotreno, di Napoli, attraversa il corridoio e intercetta il discorso: «Quelli del M5S meritano una chance, sono gli unici puliti». Li voterà ? «No, per fortuna sarò in servizio: mi tolgo dall’imbarazzo di votare».
Avrebbe scelto i Cinquestelle anche Federico, piccolo imprenditore di 49 anni originario di Torino, ma da qualche tempo in Bulgaria. «Torno solo per lavoro – racconta -. Vista dall’estero, l’Italia è desolante. Comunque avrei scelto il M5S come quando ho votato Appendino: gli altri sono impostori».
I grillini non hanno deluso dove hanno amministrato? «No. Sono stati boicottati e infangati sia a Roma sia a Torino».
A volte l’apatia per la politica si trasforma in astio. «Non avevano promesso di tagliarsi tutti lo stipendio?», chiede a denti stretti Giuseppe, 38 anni, di Rosarno.
Sei anni fa faceva la guardia giurata al porto di Gioia Tauro, ma fu indagato e licenziato per associazione per delinquere di stampo mafioso. «Dopo un anno mi hanno assolto, ma nessuno mi ha più dato un lavoro».
È andato a Chioggia, dove ha aperto una pizzeria. «Al Sud non mi vedranno più, sono sceso solo per il funerale di mio padre. Da anni non voto: i politici sono tutti uguali. La ‘ndrangheta? Almeno dava da lavorare…».
A sorprendere sono i giovani. Molti sembrano sconfitti in partenza. Gabriele, fiorentino di 21 anni, è chiamato per la prima volta a votare per le elezioni politiche. «Starò a casa. In tv sento solo slogan urlati e su Facebook leggo fake news. Il populismo sta allontanando noi giovani dalla politica».
Quando si intravede il cartello Torino Porta Nuova il capotreno, salito a Bologna, si congeda: «Quando ero ragazzo c’erano le sezioni giovanili dei partiti e una partecipazione entusiasta alla politica. Oggi vedi i ragazzi già spenti e ti cadono le braccia. Vincerà il partito degli astenuti».
(da “La Stampa”)
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