TALLIN, L’EUROPA RIDOTTA A UNA ASSOCIAZIONE A DELINQUERE: “NO AD APERTURA ALTRI PORTI UE”
TUTTI SOLIDALI A PAROLE, FIRMANO ACCORDI E COME BARI NON LI RISPETTANO
Se il senso di questo vertice informale a Tallinn è quello di capire chi appoggia chi, e su cosa, per l’Italia le cose non cominciano benissimo.
Il punto più caldo della discussione, su cui il ministro dell’Interno Marco Minniti cerca sponde in Europa, è quello della “regionalizzazione” del soccorso: termine burocratico con cui si intende l’apertura dei porti della costa meridionale europea alle navi che recuperano migranti nel Mediterraneo.
Agli espliciti no di Francia e Spagna comunicati nei giorni scorsi (“i nostri porti sono già sotto pressione”), se ne sono aggiunti altri questa mattina.
Arrivando al vertice, il ministro tedesco Thomas de Maiziere ha dichiarato subito: “Non sosteniamo la cosiddetta regionalizzazione delle operazioni di salvataggio”. Lo stesso ha fatto anche il ministro belga per l’Asilo e politica migratoria Theo Francken: “Non credo che apriremo i nostri porti”. E il padrone di casa estone Sven Milkse ha ribadito che sulla questione “non è possibile forzare nessuno”.
Un atteggiamento di chiusura che non sorprende la delegazione italiana, visto che è la linea tenuta in tutti questi anni dai partner Ue.
Tant’è che il Viminale ha un’altra carta da giocare: la richiesta di rimodulare il mandato dell’operazione Triton per indurli a condividere il peso e la responsabilità delle vite salvate consentendo gli sbarchi su porti europei.
Favorire la discussione sulle proposte italiane in sede di Frontex è del resto uno dei punti dell’Action Plan adottato dalla Commissione europea alcuni giorni fa.
E però anche questa si sta rivelando una strada in salita, perchè lo stesso commissario Ue per l’immigrazione Dimitris Avramopoulos si è detto un po’ a sorpresa contrario: “Triton ha già un mandato ben definito, si tratta di migliorare l’attuazione di quanto già deciso”.
Affermazione che i suoi addetti stampa stanno cercando di rettificare e che va in senso contrare alle aperture per l’Italia.
Altro punto su cui si stanno confrontando al tavolo di Tallinn è quello della ricollocazione dei rifugiati riconosciuti in Italia e in Grecia, come vorrebbe il piano Jucker varato due anni fa ma che stenta ad entrare a regime.
Qui l’alleato migliore per il nostro Paese è la Germania, ma ci scontriamo con i quattro del Gruppo di Visegrad (Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca) ostili a fare qualsivoglia concessione sulla redistribuzione dei migranti.
E poi c’è la constatazione che sulla crisi migratoria gli Stati membri, divisi e incapaci di solidarietà vera nei confronti dell’Italia, sono almeno uniti e sempre più convinti sulla strategia esterna per affrontare il fenomeno e ridurre i flussi: con iniziative come il training e il rafforzamento della guardia costiera libica, gli accordi di cooperazione e di riammissione con i paesi di origine e di transito, gli incentivi a Tunisia e Libia per convincerli a creare delle proprie zone di ricerca e soccorso in mare.
(da “La Repubblica“)
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