TI RICORDI DI CUTRO?
NEL FEBBRAIO DI QUEST’ANNO MORIRONO 94 MIGRANTI, MOLTI BAMBINI, MA NESSUNO NE PARLA PIU’ O CERCA LA VERITA’ SUL QUEL NAUFRAGIO
Cara bambina morta a Cutro,
a un passo dalla riva, nel mare della mia Calabria, pensavo alle cose e alle persone di quest’anno, e mi sei venuta in mente tu. Tu che sei sparita da tutto. La tua morte, con quella di tante altre persone (94, pare, e non si sa quanti dispersi: stavolta sono stati più dei salvati, i sommersi), comprese altre bambine e bambini come te, è diventata silenzio: dopo un poco di giorni e di mesi di rumore, dopo che in tanti si sono agitati, e hanno fatto riunioni e solenni consigli (e alcuni pure un karaoke, dopo), e hanno promesso e ripromesso di non farlo succedere mai più. Hanno detto “andremo a cercare gli scafisti lungo tutto il globo terracqueo”, pensa, anche se pochi mesi dopo qualcun altro ci ha spiegato con grande chiarezza che gli scafisti non sono quelli che pensiamo. E’ un regista e per mestiere racconta storie, e ha raccontato la storia di due ragazzi, sul mare come te, spaventati come te. E sì, uno di loro lo fanno diventare scafista, gli dicono: portalo tu, fino a lì, questo barcone fradicio. Mentre loro si spartiscono i soldi pieni di sangue di chi è salito su quel barcone. Madri come la tua, bambine come te, e padri e figli e fratelli e ragazzini come quei due.
Bambina di Cutro, noi non sappiamo bene cosa sia accaduto e forse non lo sapremo mai. Ma tanto non interessa a nessuno.
Sai, prima di Cutro non si parlava che di barconi e barchini, di naufragi e salvataggi. Si ostacolavano le persone che cercavano di aiutare bambine come te, donne come la tua mamma e ragazzi e uomini come tuo padre e i tuoi fratelli. “Fanno tanti figli”, dice qualcuno, “molti più di noi”. Pensa, c’è chi ha paura di bambine come te, come se potessero togliere il posto non si sa a chi, non si sa dove. “Sbarcano, ci invadono”, si leggeva sempre. Nei post, in tv, sui giornali. Ogni giorno lo ripetevano, per dire che non dovevamo aprire i nostri porti a persone come te. Sai, ora non lo dicono più. Non parlano proprio di te, di bambine come te che arrivano sui barconi con mamme, padri, fratelli, nonni, vicini di casa, ragazzini come quelli del film. Si sono scordati il “globo terracqueo” e pure l’ “invasione”. E si sono scordati di te.
Sai, in tanti hanno pregato, per te. Anche di quelli che non sono contenti, se qualcuno viene soccorso in mare o sbarca sulle nostre spiagge, davanti ai nostri paesi disabitati, alle nostre montagne abbandonate.
Oh, a un certo punto sembrava persino che qualcosa potesse cambiare: bastava dire “Cutro”, e la gente si commuoveva. E giravano le foto della spiaggia piena di corpi, e di pezzi della barca sfasciata, e poi di rose, e tutti, tutti ci sentivamo il cuore pesante, e pensavamo a te, che sei stata seppellita molto lontano da casa, senza un nome, senza una casa.
Ora non si parla più di te, non si parla più di spiagge e barconi e naufragi (ma i bambini e i loro padri e madri e fratelli e nonni continuano ad arrivare, solo in silenzio). Io però ti penso, ora che l’anno sta per finire, e penso che se dobbiamo dare un volto a quest’anno, quello è il tuo, bambina senza nome e senza casa. Bambina che ora sei di Cutro, dove sono state seppellite molte cose.
(da Huffingtonpost)
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