TORINO-LIONE: SE IL PAESE VA A RIMORCHIO DELLA FRANCIA
I FRANCESI DEVONO FARE I CONTI CON I BILANCI IN ROSSO, L’ITALIA PERENNEMENTE IN RITARDO NELLE DECISIONI…ORA I TEMPI SI ALLUNGANO E NULLA E’ PIU’ CERTO
Ancora 20 giorni fa, durante la sua visita a Roma per il vertice con Monti, Merkel e Rajoy, il presidente francese Franà§ois Hollande parlando della Torino-Lione era stato netto: «Si dovrà fare».
Ma ora che il nuovo governo francese ha iniziato a sua volta a fare i conti coi bilanci in rosso, tutti i piani di spesa sono rimessi in discussione a cominciare dal faraonico «Schema nazionale delle infrastrutture di trasporto» varato nemmeno due anni fa: troppi 260 miliardi di investimenti nell’alta velocità , quando solo per arginare il deficit entro il 2013 occorre varare manovre per 40 miliardi e quando il debito pubblico (al 90% del Pil) drena ogni anno 50 miliardi di spesa per interessi.
Per questo il governo di Parigi ha deciso di mettere sotto osservazione 10 progetti su 14. Compresa la Torino-Lione, che da sola di miliardi alle casse francesi ne costa in tutto ben 12. «Troppo cara» per il bilancio della Rèpublique, secondo la Corte dei conti d’Oltralpe, che pochi giorni fa ha esplicitamente invitato il governo a fare scelte precise e ad individuare delle priorità . In cima alla lista dei progetti da cassare c’è la Nizza-Marsiglia, perchè non è stato ancora trovato un accordo sul tracciato e perchè costa addirittura 15 miliardi di euro, subito dopo però viene la Torino-Lione.
Da Parigi spiegano che nulla è deciso, ma il rischio che il progetto del collegamento tra Piemonte e Rhà’ne-Alpes venga congelato è grande.
Ancora più grande se si considera che mentre sul versante francese una parte significativa delle opere, come le discenderie, è stata già realizzata, noi – per i mille noti motivi – non abbiamo combinato praticamente nulla.
A questo punto di che cosa ci potremmo lamentare coi francesi? Di nulla.
Dopo anni di tentennamenti, inerzie e ritardi non possiamo dire niente.
Ci possiamo solamente attaccare agli accordi, che certamente un loro peso ce l’hanno, ma che possono sempre essere messi in discussione.
Al contrario degli altri progetti, che si sviluppano tutti all’interno del territorio francese, la linea con la Francia non solo fa parte dei corridoi ferroviari previsti dall’Unione europea, ma è pure oggetto di un trattato internazionale.
Che certamente non può essere stracciato. Ma certamente può essere ridiscusso.
Ad esempio si può immaginare una diversa tempistica dell’opera che potrebbe essere rinviata a dopo il 2017, anno in cui tra l’altro la Francia pensa di raggiungere il pareggio di bilancio.
Il paradosso di questa vicenda, che la dice lunga sulla nostra capacità di progettare il futuro del Paese, è che comunque sia andiamo al rimorchio dei francesi.
O ci muoviamo solo per effetto di pressioni esterne.
Abbiamo detto sì al progetto dietro la spinta di Parigi, e poi ogni scelta nell’infinito iter di questa tormentatissima infrastruttura, dalla scelta del primo tracciato alla sua modifica, è stata dettata dal rischio di perdere i fondi europei oppure dal pericolo di dover pagare delle penali.
Non siamo stati in grado – governi, enti locali, forze politiche di esprimere una visione, di scegliere il progetto della Torino-Lione come vero progetto, non di Torino o del Piemonte, ma del Paese.
E di conseguenza non ci siamo minimamente preoccupati di costruire per tempo il consenso attorno a questa opera, a cominciare dalle sempre dovute compensazioni per le popolazioni più direttamente esposte all’impatto di una infrastruttura di questa portata come quelle della Val Susa.
E’ probabile che i francesi ci ripensino e decidano di salvare la Torino-Lione, ma se dovesse andare male per noi non sarebbe una semplice sconfitta.
Sarebbe una sconfitta doppia.
Paolo Baroni
(da “la Stampa“)
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