TULLIANI TORNA LIBERO, PAGATA LA CAUZIONE
IL COGNATO DI FINI SCARCERATO A DUBAI, NONOSTANTE IL MANDATO DI CATTURA INTERNAZIONALE PER RICICLAGGIO
Giancarlo Tulliani, genero dell’ex presidente della Camera Gianfranco Fini, torna libero dopo il pagamento di una cauzione.
Era stato arrestato all’inizio di novembre perchè le autorità emiratine hanno accolto l’istanza di scarcerazione presentata alla fine del mese dall’avvocato che lo assiste negli Emirati.
Tulliani si trovava a Dubai da mesi, dopo che era emerso lo scandalo delle «slot machines» che lo vede accusato di riciclaggio dalla procura di Roma.
Tulliani viveva a Dubai con regolari documenti di soggiorno e un’asserita attività lavorativa nel campo immobiliare (sempre lo stesso).
Con risorse sufficienti a garantirgli anche le frequenti visite della fidanzata da Roma, una dipendente dell’Atac figlia di dipendenti Atac che volava avanti e indietro con gli Emirati, in business class.
Ma all’improvviso tutto è cambiato, dopo l’episodio dei giornalisti che, avendolo rintracciato, lo infastidivano al punto da fargli chiedere l’aiuto della polizia che poi l’ha arrestato perchè su di lui pendeva un mandato di cattura internazionale.
I difensori italiani di Tulliani, Titta e Nicola Madia, da tempo gli consigliavano di rientrare in Italia, mettersi a disposizione della Procura di Roma e attendere l’esito di un processo per riciclaggio che loro ritengono infondato.
Perchè sostengono che i milioni di euro trasferiti dal «re delle slot» Francesco Corallo a Sergio e Giancarlo Tulliani sono tutt’al più una tangente figlia di altri reati: la corruzione, che nel caso andrebbe contestata a Fini e non a loro, oppure un millantato credito o un traffico illecito di influenze.
Tutto prescritto o non previsto dal codice penale all’epoca dei fatti.
Sia a Tulliani che al suo garante sono stati ritirati i passaporti, così da evitare che si allontanino dal Paese. Alla polizia ha dovuto indicare un indirizzo di residenza certo, così da essere facilmente rintracciabile. Le speranze però che rientri rapidamente in Italia si fanno sempre più labili.
Le autorità emiratine potrebbero decidere di estradarlo e consegnarlo alla giustizia italiana solo per una “cortesia istituzionale”, ma di fatto non sono obbligate. Il Parlamento italiano infatti non ha ancora approvato la ratifica del trattato di estradizione con gli Emirati arabi uniti, a differenza di quanto fatto da Dubai ormai nel 2016. Un dettaglio ben noto a Tulliani, così come ad altri latitanti di lusso che dall’Italia hanno scelto quel preciso Paese per mettersi al riparo dalla giustizia.
Da dove possano arrivare i soldi serviti per pagare la cauzione di Tulliani resta un mistero.
Di sicuro, per quel che è noto agli inquirenti italiani, il cognato di Fini aveva un conto presso la Emirates Nbd Bank di Dubai che al 18 agosto 2016 aveva un saldo positivo pari a 633.583 euro.
In parte quel denaro gli è servito per sostenere la sua latitanza dorata. Denaro intoccabile dalla giustizia italiana.
Nel corso della sua permanenza a Dubai, Tulliani aveva anche ottenuto la “resident identity card”, di fatto un documento di identità che gli ha permesso di aprire una società , ottendo così un visto di tre anni, rinnovabile.
Nel caso in cui le autorità locali decidessero di non rispedirlo in Italia, per lui ci sarebbe un’impunità assicurata per almeno i prossimi sei anni.
(da agenzie)
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