TUTTO SU LOLLOBRIGIDA, IL COGNATO DELLA MELONI E MINISTRO DELL’AGRICOLTURA
RITRATTO DI UN UOMO NON PIU’ NELL’OMBRA
Si potrebbe fare leva su altre celebri e non fortunate “cognatanze”: Paolo Pillitteri con Bettino Craxi, Gabriele Cimadoro con Antonio Di Pietro e, a destra, la parabola disgraziata di Giancarlo Tulliani, fratello della compagna di Gianfranco Fini e co-protagonista della non commendevole vicenda della casa di Montecarlo.
Ma la storia di Francesco Lollobrigida detto Lollo, 50 anni, cognato di Giorgia Meloni, ha ormai assunto uno spessore diverso. Perché Lollobrigida non è, o non è più o non è solo, un beneficiario della parentela con la premier Giorgia Meloni.
È diventato un uomo-chiave di Fratelli d’Italia, abile tessitore di una rete di potere e clientele, oltre che fidato consigliere dell’inquilina di Palazzo Chigi. Se proprio un paragone va fatto, giusto accostare la sua traiettoria a quella di storici bracci destri, come lo fu Martelli per Craxi, Gianni Letta per Berlusconi, Guerini per Matteo Renzi.
Titolare di un ministero che già nel titolo vuole raffigurare l’identità della Destra (la Sovranità alimentare), l’ex rappresentante del Fronte della Gioventù è la cinghia di trasmissione fra il partito e il governo: in realtà lui doveva continuare a fare il capogruppo alla Camera ma Meloni, con la logica del capotribù, alla fine ha deciso di infarcire il suo esecutivo di fedelissimi. E a Lollo, of course, ha assegnato un ruolo di rilievo: l’Agricoltura non è un ministero di serie A ma è sempre stato un crocevia di voti e interessi.
Però non solo: Lollobrigida è il capodelegazione, insomma il portavoce, dei ministri di Fdi in Consiglio dei ministri. E in questa qualità, per fare un esempio, a dicembre era pronto a guidare la cabina di regia sulla Finanziaria quando tempi stretti e richieste degli alleati rischiavano di far saltare tutto. Nei fatti, era già stato individuato come commissario per la manovra.
La sua longa manus si estende anche al Turismo, delega assegnata a Daniela Santanché (altra esponente di FdI), ma soprattutto agli enti e alle poltrone pesanti degli assessorati di mezz’Italia. Il superministro e il responsabile Turismo di Fratelli d’Italia, Gianluca Caramanna (deputato al secondo mandato), influenzano l’Enit attraverso Sandro Pappalardo, ex assessore regionale in Sicilia, e poi vantano legami diretti con una lunga serie di amministratori nelle Regioni, dalla Lombardia alla stessa Sicilia, dove solo per un incidente clamoroso (un maxi finanziamento da 3,7 milioni concesso a una società lussemburghese per la passerella della Sicilia al festival di Cannes) è stato rimosso l’assessore al Turismo Francesco Scarpinato. Sostituito prontamente con un’altra esponente di Fdi, Elvira Amata.
Anche in Liguria, nelle Marche, in Calabria la delega è in mano a Fratelli d’Italia. E chi l’ha lasciata, nel frattempo, è stato promosso in parlamento: come Manlio Messina, Gianni Berrino e Fausto Orsomarso. Sono le “antenne” del partito di Giorgia Meloni in un territorio popolato da 32 mila albergatori e 7 mila balneari e che muove cifre da capogiro: 3 miliardi di euro di progetti per la coesione territoriale, 2,5 miliardi di euro del Pnrr. Soldi spendibili in maniera veloce e spesso senza gara.
“Meglio di me, Crosetto”
In cima a tutto c’è Francesco Lollobrigida, che dal papà ex dc ha preso la capacità di stringere rapporti a tutto campo: “Io un uomo-chiave? In realtà mi sento un po’ una chiavica”, scherza lui. “E poi questa capacità di relazione ce l’hanno, più di me, colleghi come Guido Crosetto”.
Ma anche la tendenza a minimizzare fa parte del personaggio, che ha smesso di impermalosirsi quando si parla della “cognatanza” (termine da lui stesso usato con disinvoltura): “Devo sempre ripetere che ho cominciato a far politica diversi anni prima di Giorgia?”, puntualizza. “Gli ambienti giovanili della destra erano chiusi ed emarginati, era naturale che lì nascessero rapporti sentimentali come quello fra me e Arianna Meloni. Però, dico, perché nessuno si scandalizza se il Pd schiera i coniugi Franceschini fra Senato e Camera o se, nel gruppo di Avs che conta appena 13 deputati, due scranni sono di Fratoianni e sua moglie?”.
Moto d’orgoglio che anima un’attività che vede Lollo sovrintendere anche ad altri settori cruciali del governo. Che è nei fatti il coordinatore dei ministri tecnici: Salute e Lavoro. Orazio Schillaci, non è un mistero, è un nome indicato da lui. E la moglie Arianna, presenza assidua negli uffici del ministero della Salute, funge da cerniera. “Ma Schillaci è bravissimo e nella corsa a rettore di Tor Sapienza aveva già mostrato grandi doti politiche”. Con Elvira Calderone, ministra del Lavoro, c’è invece un antico rapporto di amicizia che coinvolge anche il marito, Rosario De Luca, presidente della Fondazione studi del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro.
Tirar su questa rete, per un uomo come Lollobrigida, non è stato semplice. L’ha aiutato anche l’esperienza sul territorio, maturata sin dai tempi dell’attività da rappresentante d’istituto al liceo Braschi di Subiaco e nelle sue esperienze negli enti locali, culminate con il ruolo di consigliere regionale e poi assessore della giunta Polverini.
È riuscito a tenersi alla larga da estremismi e nostalgie (“L’Msi? Il 50 per cento dei nostri tesserati non ne ha neppure memoria”) seppure con qualche eccezione: rimbalza ancora sul web la polemica per un sacrario dedicato al gerarca fascista Rodolfo Graziani finanziato dalla Regione Lazio, su sua iniziativa, e fatto costruire dieci anni fa ad Affile. Lollobrigida era lì, in prima fila all’inaugurazione.
Ma è ormai a suo agio nelle istituzioni, punto di riferimento del nuovo corso meloniano per grand commis e potenti portatori di voti. Nella burocrazia non usa il machete di Crosetto ma il bisturi. Poche rimozioni, qualche innesto mirato: nell’Agea, la potente agenzia per le erogazioni in agricoltura, ha spedito Fabio Vitale, l’ex dirigente Inps che nelle Marche aveva scoperchiato la pentola dei “furbetti” del reddito di cittadinanza, con inchiesta giudiziaria annessa. Vitale con Giorgetti era finito al Mise, Lollobrigida l’ha sottratto al collega Adolfo Urso assieme a Sergio Marchi, già al Copasir e oggi responsabile della segreteria tecnica del ministero dell’Agricoltura. A Nello Musumeci, ministro del Mare, ha “suggerito” un suo dirigente, Riccardo Rigillo, nominato capo di gabinetto dall’ex governatore siciliano.
Lollo c’è, è ovunque. Per qualcuno è ingombrante: in cima ai rivali interni c’è Fabio Rampelli, candidato ma mai fino in fondo a tutte le elezioni possibili e messo da parte anche per le Regionali nel Lazio a favore di Francesco Rocca, naturalmente uomo di Lollobrigida. “Sono come la sora Camilla, tutti la vonno e nissuno la pija”, commentò memorabilmente Rampelli, per giunta commissariato nella guida del partito a Roma.
Barba e Capelli
La corsa del biondo luogotenente di Giorgia con il vezzo del look (è solito entrare nella sala da barba della Camera per farsi pettinare prima delle sedute) prosegue lontano dagli ardori giovanili delle sezioni romane (“Le botte all’Università? Succedeva. E se me le davano, reagivo”) e vicino ai granai elettorali della Penisola: strategico il rapporto con Coldiretti. Il presidente, Ettore Prandini, alla vigilia del voto partecipò a un evento elettorale organizzato da Lollobrigida a Potenza. Fu ricambiato dalla neopremier il primo ottobre con una visita a Milano, nella sua prima uscita pubblica dopo le elezioni. “C’era pure Arianna, che nel partito” dice il marito “ha la delega alle questioni complesse, a Roma e in periferia: è una grande mediatrice”.
Letta così, sembra una coppia di diplomatici dentro il cerchio magico della premier, con cui i Lollobrigida si confrontano nei pranzi domenicali oppure nei vertici del lunedì con altri dirigenti.
La “cognatanza” paga, e Lollo tenta la scalata anche per diventare il numero due negli indici di popolarità degli esponenti di Fdi: nei social ha l’engagement più alto, grazie anche al profluvio di post (427) prodotti nei primi due mesi di governo: il segreto si chiama Matteo Caracciolo, un giovane che si occupa del web e che lavorava con Stefano Patuanelli, il predecessore di Lollobrigida all’Agricoltura: proviene – udite udite – dall’associazione Rousseau di Davide Casaleggio. Ma il cognato più famoso d’Italia ha deciso di tenere con sé anche chi voleva aprire il Palazzo come una scatoletta di tonno: pure questo, in fondo, è esercizio di sovranità alimentare.
(da La Repubblica)
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