UCRAINA, DA MELONI SOLITA’ AMBIGUITA’ SUL PIANO TRUMP-PUTIN. CROSETTO È CRITICO: “PENALIZZA KIEV”
UNA PREMIER CHE SA SOLO PRENDERE TEMPO IN ATTESA DI ORDINI DA WASHINGTON
Sono ore che hanno il sapore di un beffardo dejà vu. Donald Trump decide, impone tempi e modi. Gli europei, spiazzati, che cercano e abbozzano una reazione.E Giorgia Meloni, tra di loro, che invita alla cautela, frena, e prende tempo, restando per quanto può in silenzio, in una posizione più smarcata rispetto a Francia, Germania e Regno Unito.
C’è persino l’ipotesi molto concreta di una missione del gruppo dei Volenterosi a Washington, come avvenne tre giorni dopo il vertice di Ferragosto tra Trump e Vladimir Putin ad Anchorage. La fotografia degli alleati attorno al tycoon che prendono la
parola su suo ordine servì a lui per magnificare se stesso e per dimostrare che a loro restava poco da obiettare.
Ha dato una settimana di tempo. Prendere o lasciare. Vale sia per il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, sia per l’Europa.
La sequenza della giornata di Meloni racconta la difficoltà del momento. Sta atterrando a Johannesburg mentre il cancelliere tedesco Friedrich Merz, il presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro britannico Keir Starmer si riuniscono in una call con Zelensky.
La premier italiana non partecipa e non è chiaro se sia perché la logistica (o il wi-fi) non facilita la telefonata, o perché come altre volte il formato sin dall’inizio non prevedeva l’Italia.
Sta di fatto che Meloni, arrivata in Sudafrica, per il G20, si chiude in albergo, e chiama Merz. Il summit dei Venti che doveva essere il primo senza gli Stati Uniti finisce ostaggio di Trump.
Il resoconto della telefonata con il cancelliere è affidato a una nota ufficiale di Palazzo Chigi che sottolinea «l’importanza degli sforzi negoziali in corso», non cita il coinvolgimento dell’Ucraina, e si concentra soprattutto sul riferimento «alle solide garanzie di sicurezza, integrali al più ampio quadro della stabilità europea e transatlantica, in linea con quanto da tempo proposto dall’Italia».
Per la premier è quello che lei ha sempre sostenuto, anche se – va detto – non è formalizzato chiaramente così: un meccanismo modulato sull’articolo 5 della Nato, che prevede l’intervento a
supporto dei Paesi membri se attaccati, ma senza contemplare l’ingresso di Kiev nell’Alleanza Atlantica.
È Guido Crosetto a prendere personalmente la posizione più netta e critica, dentro il governo.
Definisce la bozza «troppo dura nei confronti dell’Ucraina», si augura modifiche sostanziali e il coinvolgimento «della nazione aggredita, quella che dovrebbe fare i sacrifici maggiori sulla base di questo piano, come la cessione di territori che sono stati difesi a costo di centinaia di migliaia di vittime in questi oltre tre anni di guerra».
Meloni segue una sua strategia. Fatta di silenzio, attesa, prudenza. Di equilibrismi tattici per nascondere l’imbarazzo di essere stata tagliata fuori come tutti, e di dover scegliere tra Usa ed Europa, sapendo che il prezzo di una frattura del fronte europeo sarebbe alto. Ma, allo stesso tempo, consiglia ai colleghi di non alienarsi Washington.
Per questo pensa e fa sapere che considera sbagliato annunciare un contro-piano europeo, alternativo a quello della Casa Bianca. Non viene escluso che nelle prossime ore possa sentire il leader americano. La bozza è un primo passo, un punto di partenza. Certo, chiosa la nota di Palazzo Chigi, con «elementi meritevoli di ulteriore approfondimento».
Il fatto che la linea della premier non sia definita e chiara, alla fine lascia il governo in una situazione di incertezza.
Non solo Crosetto, anche il vicepremier, ministro degli Esteri e leader Forza Italia Antonio Tajani, sembra scettico: «Non sia un
resa. Non può essere esclusa l’Ucraina e neanche l’Europa che ha inflitto sanzioni alla Russia».
Esattamente l’opposto di quello che dichiara Matteo Salvini, il più esplicito nel sostegno a Trump e contro gli alleati europei, convinto che vada lasciata fuori ogni iniziativa dell’Unione: «Il presidente americano merita fiducia, anche alla luce del risultato ottenuto in Medio Oriente. Ci auguriamo che nessuno, in particolare a Bruxelles, Parigi e Berlino, intralci i negoziati per assurde pulsioni belliciste»
(da agenzie)
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