UNA MANOVRA IN RETROMARCIA MENTRE IL PAESE ARRANCA
GOVERNO COSTRETTO A GALLEGGIARE DOPO TANTE PROMESSE IRREALIZZABILI E L’ITALIA CRESCE LA META’ DEGLI ALTRI PAESI EUROPEI
Mentre l’Italia nei primi due primi trimestri dell’anno è cresciuta dello 0,2 per cento, la metà esatta dell’Eurozona e mentre segnali negativi giungono dal quadro internazionale, i problemi economici del nostro paese sono affidati al “gabinetto di crisi” che si è riunito ieri sera per mettere a punto la manovra.
Come emerge dalle immagini televisive: a capo tavola il premier Conte, poi il sempre presente Paolo Savona, il cortese e tenace ministro dell’Economia Tria, con i suoi due vice la grillina Laura Castelli e il leghista Garavaglia matita alla mano a prendere appunti.
Dopo le durissime parole di Mario Draghi che ha ricordato ai due vicepremier, Salvini e Di Maio, che le loro parole hanno fatto parecchi danni e che attendeva i fatti, le evoluzioni degli ultimi giorni confermano che toni, metodi e dossier stanno ritornando nell’alveo del possibile. Il linguaggio e le misure cambiano: dal contratto di 100 miliardi si è scesi a circa una decina.
La retromarcia è innescata e la coperta più corta naturalmente scatena le risse delle ulime ore.
La miracolosa flat tax da 50 miliardi è stata messa in soffitta e al suo posto la Lega punta sul rilancio e l’allargamento di una misura varata da Renzi e Padoan nel 2015 che consiste semplicemente nell’introdurre una aliquota forfettaria al 15 per cento ma solo per 1,5 milioni di lavoratori autonomi (la vera flat tax investirebbe, invece, 35 milioni di contribuenti!) che devono avere ricavi sotto i 65 mila euro all’anno, essere organizzati come ditta individuale (non vanno bene le società di persona ecc.) e non avere dipendenti.
Il reddito di cittadinanza grillino, come tutti sanno, nel programma corrispondeva ad un costo di 17 miliardi, ora ne chiedono dieci e sembrerebbero accontentarsi dell’innalzamento delle pensioni minime a 780 euro, che comunque avrebbe costi alti. Dunque anche su questo fronte ci sono ripensamenti e qualche M5S in televisione già parla di “reddito di sostegno” e non più di cittadinanza.
Sulle pensioni la mediazione al ribasso in un ambito di risorse in riduzione, sembrerebbe più facile.
Bisogna considerare che forse – se proprio vogliamo buttarla in politica – la spinta più forte e trasversale dal paese viene su questo fronte. La proposta della Lega 62 e 38 – come ammetteva ieri il sottosegretario al Tesoro Massimo Bitonci – può comprendere altri paletti e far scendere l’impegno finanziario a 6 miliardi.
Il conto è comunque molto alto e certo non potrà risolverlo un condono che perlatro dà risorse una tantum oltre ad avere insormontabili ostacoli etici.
Anche perchè la questione del deficit-Pil non è affatto superata.
L’Italia nel 2019 deva fare, secondo le regole europee, un deficit-Pil di 0,8 per cento, a quanto pare – nonostante tutto – l’Europa sembra intenzionata a concederci uno 0,7 in più di deficit (circa 12 miliardi) con i quali sistemare la sterilizzazione dell’Iva senza dolori.
Tuttavia i conti tendenziali, cioè come stanno andando senza interventi, ci dicono che siamo già abbondantemente sopra l’1,6 per cento: secondo Carlo Cottarelli saremmo a 2,3 per cento perchè bisogna computare la maggiore spesa per interessi per lo spread e le spese indifferibili, di conseguenza dovremmo prima trovare 12 miliardi per scendere all’1,6 per cento e poi cominciare a trovare le coperture, euro su euro, per le misure in ballo.
La verità è che il contratto di governo, con le sue misure era calibrato e pensato per una politica di sfondamento dei parametri europei e per misure straordinarie (si ricorderà l’idea, apparsa e scomparsa, di congelare 250 miliardi di titoli acquistati con il Qe dalla Banca d’Italia).
Inoltre molte misure avrebbero dovuto agire attraverso un effeto shock: la flat tax si sarebbe addirittura autofinanziata se applicata in un colpo. E’ evidente come questi presupposti siano venuti a cadere.
A questo punto c’è da chiedersi se non sia il caso di tornare a politiche più tradizionali, tutto sommato nella linea di quanto fatto negli anni passati: cuneo fiscale, una limatina di tasse, qualche sostegno alla domanda, qualche incentivo agli investimenti nell’industria, un aiuto concreto a povertà e famiglia.
Come sanno gli economisti è poco, ma nel quadro di una stabilità finanziaria e di una buona reputazione sui mercati può fare molto.
(da “La Repubblica”)
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