Luglio 12th, 2025 Riccardo Fucile
PALAZZO CHIGI RILASCIA UNA NOTA IMBARAZZANTE: “CONFIDIAMO NELLA BUONA VOLONTÀ DI TUTTI GLI ATTORI IN CAMPO PER ARRIVARE A UN ACCORDO EQUO, NON AVREBBE ALCUN SENSO INNESCARE UNO SCONTRO COMMERCIALE TRA LE DUE SPONDE DELL’ATLANTICO”. QUALCUNO RICORDI ALLA DUCETTA CHE A “INNESCARE LO SCONTRO” È STATO IL SUO AMICO DAL CIUFFO LACCATO… ELLY SCHLEIN AZZANNA LA PREMIER: “CI ASPETTIAMO UNA PRESA DI POSIZIONE NETTA E FORTE, CHE FIN QUI NON C’È STATA, DA PARTE DEL GOVERNO E DI MELONI. PERCHÉ NON È CHE PER LE LORO AMICIZIE POLITICHE POSSONO DANNEGGIARE L’INTERESSE NAZIONALE”
“Confidiamo nella buona volontà di tutti gli attori in campo per arrivare a un accordo equo, che possa rafforzare l’Occidente nel suo complesso, atteso che – particolarmente nello scenario attuale – non avrebbe alcun senso innescare uno scontro commerciale tra le due sponde dell’Atlantico”. Lo afferma una nota di Palazzo Chigi dopo l’annuncio del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di dazi al 30% contro l’Ue.
“Ci aspettiamo una presa di posizione netta e forte, che fin qui non c’è stata, da parte del governo e di Giorgia Meloni. Perché non è che per le loro amicizie politiche possono danneggiare l’interesse nazionale e l’interesse europeo. Adesso c’è da rafforzare ogni tentativo negoziale che possa evitare questi dazi al 30%”. Lo ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein a margine della Conferenza nazionale del Pd sulle Politiche, a Roma.
«Prendiamo atto della lettera inviata dal presidente degli Stati Uniti Trump».
Con queste parole, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha risposto all’annuncio di dazi del 30 % su tutte le merci Ue, previsti a partire dal 1° agosto. Von der Leyen ha avvertito che «l’imposizione di dazi del 30% sconvolgerebbe le principali catene di approvvigionamento transatlantiche, a scapito delle imprese, dei consumatori e dei pazienti su entrambe le sponde dell’Atlantico».
a Commissione resta comunque disponibile al dialogo: «Restiamo pronti a continuare a lavorare per raggiungere un accordo entro il primo agosto», ha aggiunto Von der Leyen. Al
contempo, «adotteremo tutte le misure necessarie per salvaguardare gli interessi dell’Ue, inclusa l’adozione di contromisure proporzionate, se necessario».
La presidente ha quindi rilanciato l’impegno europeo: «Poche economie al mondo eguagliano il livello di apertura e di rispetto delle pratiche commerciali eque dell’Unione europea. L’Ue ha costantemente dato priorità a una soluzione negoziata con gli Stati Uniti, a dimostrazione del nostro impegno per il dialogo, la stabilità e un partenariato transatlantico costruttivo. Nel frattempo, continuiamo ad approfondire le nostre partnership globali, saldamente ancorate ai principi del commercio internazionale basato su regole».
(da agenzie)
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Luglio 12th, 2025 Riccardo Fucile
SI VA DALLO STOP DEL REGIME CHE CONSENTE AI CITTADINI ISRAELIANI DI VIAGGIARE IN EUROPA SENZA VISTO FINO A UN EMBARGO SULLE ARMI. MA MANCA L’ACCORDO PER APPROVARE LE MISURE, CHE RISCHIANO DI RESTARE SULLA CARTA – SECONDO L’ONU, DA FINE MAGGIO A OGGI SONO STATI 798 I CIVILI PALESTINESI UCCISI MENTRE ERANO IN ATTESA DEGLI AIUTI
Dopo l’analisi che ha decretato la violazione dei diritti umani da parte di Israele a
Gaza, Kaja Kallas ha messo sul tavolo dei governi Ue un documento con dieci diverse opzioni per sanzionare il governo di Benjamin Netanyahu.
Secondo il testo visionato da La Stampa, le ipotesi suggerite dall’Alto Rappresentante per la politica estera europea vanno dallo stop del regime che consente ai cittadini israeliani di viaggiare in Europa senza visto fino alla sospensione totale dell’accordo, passando per sanzioni ai ministri e a un embargo sulle armi.
Alcune delle misure proposte richiedono l’unanimità, mentre per altre basterebbe la maggioranza qualificata. Ma secondo fonti Ue al momento non ci sarebbero i numeri per adottare alcuna di queste misure, che saranno discusse martedì durante la riunione
dei ministri degli Esteri Ue.
L’incontro sarà preceduto lunedì sera da una cena con i ministri del vicinato meridionale al quale è stato invitato anche il capo della diplomazia israeliana, Gideon Saar.
Kallas e Saar hanno negoziato nei giorni scorsi un’intesa che potrebbe allentare la pressione su Israele da parte dei governi dell’Unione europea, scongiurando così l’ipotesi di sanzioni. Secondo l’Alto Rappresentante, Israele ha accettato un accordo che porterà a «un aumento significativo del numero giornaliero di camion per il trasporto di cibo e beni non alimentari che possono entrare a Gaza».
Gli aiuti dovrebbero essere distribuiti attraverso le agenzie delle Nazioni Unite e non tramite la “Gaza Humanitarian Foundation”. Secondo l’Onu, dal 27 maggio 798 persone sono state uccise nei pressi dei centri di distribuzione degli aiuti. Mentre peggiora la situazione in Cisgiordania: ieri è stati ucciso anche un palestinese con cittadinanza Usa.
Il menu di proposte che Kallas sottoporrà ai ministri, senza indicare alcuna preferenza, elenca alcune opzioni nel quadro
dell’Accordo di associazione: sospensione totale (serve l’unanimità), sospensione parziale limitata al dialogo politico (unanimità), sospensione parziale limitata al commercio (basterebbe la maggioranza qualificata), sospensione del protocollo sulla partecipazione di Israele ai programmi Erasmus+ e Horizon (unanimità), sospensione di determinate attività di cooperazione a livello tecnico (non servirebbe una decisione formale).
Ci sono poi altre misure, non legate all’Accordo di associazione, che potrebbero essere adottate: sanzioni ai ministri israeliani per violazione dei diritti umani (unanimità), embargo sulle armi (unanimità), divieto di importare prodotti dalle colonie (unanimità), stop alla partecipazione di Israele a determinati programmi finanziati con fondi Ue, sospensione dell’accordo sull’aviazione (a maggioranza), reintroduzione dell’obbligo di visto per i cittadini israeliani che viaggiano in Europa. Ipotesi che sembrano destinate a rimanere solo sulla carta.
(da agenzie)
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Luglio 12th, 2025 Riccardo Fucile
“HO DOVUTO VENDERE LA CASA, CAMUFFARE LA MIA FISIONOMIA, CAMBIARE POSTO DOVE VIVERE. CIÒ CHE ERA PROFONDAMENTE MIO, LA PERSONALITÀ, ERA STATA SPAZZATA VIA. SONO FINITA SEI MESI AGLI ARRESTI DOMICILIARI. LA POLITICA? MI PARE CHIARO CHE NON ABBIA AGITO PER IL BENE PUBBLICO”
«Ho cercato di diventare invisibile, ho dovuto vendere la casa, camuffare la mia fisionomia, cambiare posto dove vivere. Ciò che era profondamente mio, ovvero la personalità, era stata spazzata via». A sei anni dall’inizio dell’inchiesta “Angeli e demoni” e a pochi giorni dalla sentenza che ne ha di fatto scardinato l’impianto accusatorio, l’allora responsabile dei Servizi sociali della Val d’Enza, Federica Anghinolfi, il perno del «sistema Bibbiano che rubava i bambini», ne esce con una condanna a due anni per falso in bilancio (una fattura da alcune centinaia di euro) e l’assoluzione per un’altra sessantina di capi d’imputazione (falso ideologico, lesioni personali volontarie ai minori e frode processuale)
Presenterà appello?
«Certamente, non ho mai commesso alcun reato e tanto meno quello di falso in bilancio. Chi redigeva il bilancio da proporre poi alla giunta e al Consiglio per l’approvazione era il ragioniere capo. Io non dovevo avere contezza dei bilanci, mi occupavo di
aiuto alle persone e soprattutto di riorganizzare i servizi».
Cosa ha pensato quando i militari sono venuti a casa sua?
«Erano due auto, con quattro carabinieri credo. Francamente non sono riuscita a pensare, non capivo e non credevo a quanto avevo appena scorso nell’ordinanza di arresto. Mi dissero che dovevo nominare un avvocato, quello che avevo scelto era anch’esso dentro a questa indagine. Hanno perquisito la casa, preso dispositivi e cellulari, poi mi hanno chiesto di salire in auto e siamo andati al comando provinciale. Arrivati lì, mi hanno preso le impronte digitali, poi fatto il test del Dna».
Quanto tempo ha passato ai domiciliari e cosa ha provato in quel periodo?
«Sono stati quasi sei mesi. Avevo mia sorella che poteva fare la spesa, era il mio “buon carceriere”. Come capita sempre in quelle circostanze, la pattuglia dei carabinieri passava di notte per controllare, puntandomi il faro in faccia per capire se fossi veramente io. Cosa ho fatto? Su consiglio del mio psicoterapeuta trasformai gli arresti domiciliari in una esperienza monastica.
Scandivo le giornate con una specie di regola, per dare un senso al tempo e al dolore infinito. Mi sentivo nell’occhio del ciclone. Potevano venire a casa solo il mio psicoterapeuta, il sacerdote, il mio direttore spirituale. Pregavo e meditavo molto, leggevo libri come la biografia di Mandela, Martin Luther King, Bonhoeffer, Dossetti senior, Edith Stein, la Bibbia. La situazione era assurda, paradossale, dissociante. Per tutta la vita, per 40 anni, ho svolto professioni di aiuto ed è stata una tremenda esperienza».
Come ha reagito alla situazione che si era creata?
«Ho cercato di diventare invisibile, ho dovuto vendere la casa, allontanarmi. Ci sono stati momenti di depersonalizzazione».
Siete stati minacciati?
«Via social tantissimo, telefonicamente evitavo ogni telefonata, minacce fisiche no, ma psicologiche tantissime».
Il caso Bibbiano ha suscitato violenti attacchi politici, che clima ha avvertito?
«La politica nel corso di questi anni di indagini e di processo non ha agito per il bene della polis, questo mi è parso molto chiaro».
Cosa ha pensato delle accuse che le sono state mosse?
«Ero incredula, nessuno di quei capi di imputazione rappresentava il vero, mi è sembrato di essere entrata in un incubo»
(da Open)
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Luglio 12th, 2025 Riccardo Fucile
GLI AZZURRI HANNO CHIUSO IN PERDITA I CONTI 2024, LIMITANDO I DANNI CON UN ROSSO DI 307 MILA EURO. MA IL VERO PROBLEMA DEL PARTITO È IL DEBITO DI OLTRE 90 MILIONI DI EURO CON I CINQUE FIGLI DEL CAV: FORZA ITALIA RESTA UNA QUESTIONE TUTTA DI FAMIGLIA
Dopo la scomparsa di Silvio c’è un nuovo Berlusconi a fare da garante finanziario per
Forza Italia con il sistema bancario che altrimenti storcerebbe il naso. È toccato infatti a Paolo Berlusconi assumere il ruolo che ebbe il fratello presentando una fidejussione di 4 milioni di euro alle banche per fare concedere una linea di credito al partito guidato da Antonio Tajani.
È la sorpresa che appare nel bilancio 2024 pubblicato sul sito Internet di Forza Italia e che mostra una volta in più come sia praticamente impossibile separare il partito dalla famiglia Berlusconi.
Forza Italia, come gli altri alleati del centrodestra, ha chiuso in perdita i conti 2024, limitando i danni con un rosso di 307 mila euro. È costata la campagna elettorale per le Europee, che si è sommata a quella per alcuni importanti elezioni amministrative, però sul fronte delle entrate sono arrivati sia maggiori fondi dal 2 per mille Irpef dei contribuenti (807 mila euro contro i 618 mila dell’anno prima) che più iscritti con il tesseramento (1,684 milioni di euro incassati a questa voce contro i 1,356 dell’anno precedente) che hanno compensato in parte le spese extra.
Ma il vero problema degli azzurri e del loro leader è uno solo: il debito con i Berlusconi.
Con Silvio Berlusconi ancora in vita le banche, sapendo che Forza Italia non avrebbe mai onorato il debito esistente, superiore ai 90 milioni di euro, avevano escusso le fidejussioni del fondatore.
Così quello del partito è diventato un debito diretto di 90.433.600 prima con Silvio e ora con i cinque figli suoi eredi. Per patto iniziale non scattano gli interessi su quella somma, che può essere solo restituita da Tajani a Marina, Piersilvio, Eleonora, Barbara e Luigi Berlusconi anche se realisticamente il partito non sarà mai in grado di farlo.
Non può invece accadere il contrario, e cioè la rinuncia da parte degli eredi a quel maxi-credito perché si trasformerebbe in un finanziamento illegale secondo la legge che non consente un finanziamento superiore ai 100 mila euro l’anno.
È nei conti d’ordine del bilancio di Forza Italia che spunta però un’altra possibile esposizione del partito nei confronti della famiglia Berlusconi, del valore complessivo di 7 milioni di euro, in parte storica e in parte attuale.
Ecco come viene descritta nella nota integrativa: «Nei conti d’ordine figura nella voce “Garanzie (pegni, ipoteche) a/da terzi” un ammontare di € 7.000.000 relativo a garanzie, rilasciate in precedenti esercizi, per € 3.000.000 dal Presidente Silvio Berlusconi (per i quali il subentro degli eredi è in corso di
perfezionamento) e per € 4.000.000 dal Dott. Paolo Berlusconi a fronte degli affidamenti concessi da un istituto bancario al nostro movimento».
(da Open)
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Luglio 12th, 2025 Riccardo Fucile
MARCELLO SORGI: “UN PASTICCIO REALIZZATO DAL SOTTOSEGRETARIO MANTOVANO, UNO DEI POCHI A CUI LA PREMIER SI RIVOLGE CON PIENA FIDUCIA: “CI PENSI TU?”. LA BUGIA ATTRIBUITA A NORDIO SUL FATTO CHE IL MINISTERO NON ERA STATO INFORMATO DELL’ARRESTO DEL GENERALE… QUI CI SONO FATTI DI CUI IL GOVERNO DOVRÀ RISPONDERE, E PER CUI NORDIO RISCHIA DI PERDERE LA FACCIA”
Che il “caso Almasri” non sarebbe stato seppellito tanto facilmente anche dopo le – lacunose a dire il vero – informazioni fornite a caldo dal ministro di Giustizia in Parlamento, era perfettamente chiaro. Ma che si sarebbe riproposto svelando una ragnatela di rapporti di cui Nordio era all’oscuro, e mettendolo in imbarazzo proprio su quello che aveva detto alle Camere, è senz’altro più grave.
In altre parole Meloni si trova ancora una volta alle prese con un pasticcio realizzato da uno dei suoi più stretti collaboratori, il sottosegretario Mantovano, uno dei pochi a cui la premier si rivolge con piena fiducia: «Ci pensi tu?».
E in genere non deve pentirsi. Stavolta invece la bugia attribuita a Nordio sul fatto che il ministero non era stato informato dell’arresto del generale-torturatore libico, che adesso rischia perfino di essere messo sotto inchiesta nel suo Paese, si deve al tandem di Mantovano con la capa di gabinetto del ministero di via Arenula Bartolozzi. Che appunto, ricevuta la notizia, non
avvertì il suo ministro.
Un comportamento assai grave, adoperato in Senato da Renzi muovendosi da par suo, e che difficilmente, come prova adesso a fare la premier in prima persona, potrà essere mescolato con la contrarietà delle opposizioni alla riforma della separazione delle carriere tra pm e magistrati giudicanti. Qui ci sono fatti di cui il governo dovrà rispondere, e per cui Nordio rischia di perdere la faccia.
Quanto alla poltrona di ministro, si può star certi fin d’ora che non la perderà. Nelle vicende che riguardano il “cerchio magico” di Meloni, c’è un copione che si ripete.
La premier si dispera, com’è accaduto per i casi Santanché o Del Mastro-Donzelli, ma alla resa dei conti c’è sempre qualcuno che le sussurra all’orecchio (La Russa per la ministra del Turismo, tanto per fare un esempio) che far cadere una o più teste significherebbe solo fare un favore alla sinistra.
La quale, incurante del fatto che presentare una mozione di sfiducia, che verrà certamente respinta dalla maggioranza, contro Nordio servirà solo a rafforzarlo, la presenterà lo stesso al
solo scopo di farlo apparire per quel che è stato nella vicenda Almasri: un burattino nelle mani della sua capa di gabinetto Bartolozzi e del sottosegretario di Meloni Mantovano.
Marcello Sorgi
per “La Stampa”
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Luglio 12th, 2025 Riccardo Fucile
“LA COMPLICITA’ TRA IL NOSTRO GOVERNO E I CRIMINALI LIBICI E’ EVIDENTE”… “E’ MANTOVANO CHE DECIDE, NON NORDIO”
Il caso Almasri è tornato prepotentemente agli onori delle cronache, dopo le ultime
rivelazioni del Corriere sulla chiusura dell’indagine avviata dal Tribunale dei ministri, che dimostrerebbero come il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, sarebbe stato al corrente di tutte le informazioni riguardo ad Osama Najeem Almasri. Nella tesi sostenuta dal governo fino a qui, e nella stessa relazione al parlamento fatta da Nordio, il ministro asserì di non essere stato informato per tempo di quello che stava accadendo. L’indagine del tribunale dei ministri, che ora dovrà decidere se archiviare o procedere con l’incriminazione, dimostra che la capa di gabinetto di Nordio, Giusi Bartolozzi, non solo era al corrente di ciò che stava avvenendo, e diede le indicazioni ai magistrati del Dipartimento degli affari di Giustizia di parlarsi con cautela, e soprattutto di non lasciare tracce. Gli ultimi sviluppi arrivano dopo che il governo libico attraverso il premier Dabaiba aveva smentito
clamorosamente la versione data dall’Italia alla Corte penale internazionale sul mancato arresto di Almasri. Il nostro governo aveva scritto alla CPI che prioritariamente era stata soddisfatta una richiesta di estradizione da parte della Libia, cosa smentita in maniera netta dal premier libico. I primi a dare la notizia dell’arresto di Almasri nel gennaio scorso furono Mediterranea Saving Humans e Refugees in Libya, che immediatamente diffusero alla stampa anche tutte le notizie relative ai crimini commessi da Almasri nei lager libici e per i quali è ricercato. Con Luca Casarini, fondatore di Mediterranea, vittima di un altro scandalo, quello del caso Paragon, insieme ai giornalisti di Fanpage.it e ad altri, abbiamo provato ad analizzare il caso Almasri alla luce dei nuovi fatti che, ove mai fosse possibile, delineano dei contorni ancora più inquietanti sul comportamento del governo di Giorgia Meloni su questo caso che mina pesantemente la credibilità internazionale del nostro paese.
Secondo l’indagine del Tribunale dei ministri sembrerebbe che Nordio abbia raccontato delle bugie al parlamento, che impressione trai su tutta la vicenda dopo le nuove rivelazioni?
A me non ha sorpreso molto questa incongruenza tra quello che viene dichiarato da un Ministro in parlamento e quella che è la realtà dei fatti, non mi ha sorpreso perché mi sembra che uno dei nodi di esercizio del potere di questa destra, non solo in Italia, sia la caratteristica di un comportamento da imbonitori verso le istituzioni ed il popolo, non ci si comporta con un senso dello Stato. E’ un atteggiamento da influencer, potremmo dire da piazzisti, da venditori di fumo, non è certo quello che ricordavamo come un elemento di serietà istituzionale, questo lo fanno sempre, non solo sul caso Almasri. E questo non lo ha fatto solo Nordio, ma è successo altre volte. I rapporti con la Libia sono uno di quei terreni dove il nostro governo si comporta come un gruppo di piazzisti.
A proposito di Italia e Libia, pochi giorni fa il Ministro degli Interni Piantedosi è stato respinto dal governo di Haftar, come è stato possibile?
Perché in Libia andavano a fare i piazzisti. La delegazione era composta dall’Italia, che ha rapporti ormai noti con i mafiosi libici e di cui il caso Almasri ne è un esempio, da Malta uno dei
paesi che ha uno storico rapporto con la criminalità libica sul contrabbando di petrolio, una che indagava molto su questo era Dafne Caruana Galizia che è stata fatta saltare in aria, e poi c’era la Grecia, il paese in cui è maggiormente documentato il ripetersi di casi di respingimenti di migranti particolarmente crudeli, anche di bambini, anche dalla terra al mare. E cosa ci andavano a fare in Libia i ministri degli interni di Italia, Malta e Grecia, insieme al commissario europeo? Andavano a fare i piazzisti. La vicenda è sempre la stessa: vi diamo soldi, mezzi, opportunità di affari, passaporti con cui muoversi liberamente, e voi dovete fermare le partenze dei migranti. Come lo fate è un problema vostro. Ecco, questo fanno i governi europei in Libia, ed il rispetto per i diritti umani non è richiesto nemmeno per finta. In passato almeno “pro forma” si chiedeva il rispetto dei diritti umani, oggi non lo fanno nemmeno più. Haftar li rimanda indietro perché chiaramente queste sono trattative, perché così ci si comporta tra piazzisti. L’Italia e gli altri offrono soldi, mezzi e affari, Haftar vuole di più, vuole il riconoscimento del suo governo a livello internazionale, cosa che i governi europei non
hanno ancora fatto. Ed è per questo che li ha respinti, esponendoli ad una figuraccia internazionale. L’ennesima. Poi ci sono anche i rapporti tra Haftar e Putin, la Russia ha avuto un ruolo importante in quel pezzo di Libia orientale, attraverso la Wagner, e sicuramente a Mosca hanno apprezzato il respingimento di ministri europei, anche rispetto al fronte ucraino.
Almasri oggi è un fuggitivo in Libia, dopo che le milizie di Haftar sono entrate a Tripoli un mese fa. L’Italia è passata dai rapporti con Almasri a quelli con Haftar?
Perché i piazzisti fanno così, mica guardano in faccia chi hann davanti, l’importante è vendere l’aspirapolvere. In Africa si comportano con uno spirito coloniale, gli sventolano sotto al naso ai signorotti della guerra, milioni di euro, possibilità di legalizzare i loro business, per ottenere che fermino donne, uomini e bambini in ogni modo. Un Ministro italiano sa perfettamente a cosa sta condannando migliaia di esseri umani quando fa accordi con questi personaggi. Uno dei motivi per cui Almasri non doveva essere preso e consegnato alla corte penale
internazionale è che se avesse parlato sarebbe uscito fuori di tutto. Fatti e circostanze che tirerebbero in ballo anche l’Italia. Quando le truppe di Misurata sono entrate a Tripoli, hanno ucciso Al Khikli, anche lui ricercato dalla Cpi, l’anno scorso avevano giustiziato Bija, anche lui con un mandato di cattura internazionale. Almasri adesso è un fuggitivo, sono certo che i servizi segreti occidentali non vedono l’ora di eliminarlo, per stare più sicuri. Il tentativo, sia da parte dell’Italia che dal lato libico, è evitare che si incardini un processo all’Aja, con Almasri come unico testimone. Sarebbe una riedizione di Norimberga. Le complicità dell’Unione Europea, dei governi europei e con le milizie libiche sono altissime. Almasri potrebbe raccontare come gli arrivavano i soldi nelle valigette all’aeroporto di Mitiga, magari con lo stesso aereo Falcon che lo ha portato a casa dall’Italia. Per questo si favorisce la latitanza di un pericoloso criminale. Forse di questo dovevano parlare su Signal.
Tu sei tra gli spiati di Paragon, che effetto ti ha fatto leggere che al Ministero della giustizia davano indicazioni di usare Signal
per non essere spiati mentre parlavano di un criminale di guerra?
Signal viene usato perché i normali trojan non riescono a forzarlo e quindi non è intercettabile. Paragon invece lo forza, per questo ce lo hanno messo a noi. Usano Signal perché loro stavano organizzando forse qualcosa di illegale, qua stiamo parlando del favoreggiamento della latitanza di un criminale ricercato. Io credo che si sono organizzati per farlo scappare. Quello che mi colpisce è che non hanno usato il segreto di Stato, era previsto dall’ordinamento ed ha molti precedenti nella storia di questo paese. Non hanno voluto usare questo strumento che li avrebbe messi al riparo da figuracce, secondo me perché avrebbero dovuto ammettere, anche ai fini dell’inchiesta internazionale sulla Libia, i loro rapporti con trafficanti e criminali. Ci sono 86 mandati di cattura della Cpi sul caso Libia, ma io non sono certo che siano tutti libici, potrebbero esserci anche dei nomi italiani. Stiamo parlando di fosse comuni, lager, omicidi di massa, torture, stupri, ma anche quello che i signorotti della guerra ricevono in cambio, quindi soldi, lasciapassare che servono a condurre gli affari in Europa, mezzi.
La Cpi ha ricostruito il giro di interessi di Almasri in Europa, tra Londra, la Germania, la Francia e l’Italia e questa rete di contatti ha molti terminali in diversi paesi europei. Nel suo ultimo viaggio Almasri fa una serie di incontri, la Cpi ha monitorato tutto, e solo alla fine del viaggio, prima di tornare in Libia, c’è l’arresto in Italia. Quindi la Cpi sa anche tutti gli appuntamenti fatti prima. La complicità dell’Italia è proprio nella fuga di Almasri. In tutto questo al povero Nordio gli fanno fare questa figura. La credibilità non si gioca più nel rapporto istituzionale, il loro unico problema è la diretta televisiva al question time, i loro interventi sono indirizzati a questo, mica a rispondere al parlamento. Un po’ come i video della Meloni. Stanno raccontando una sequela di balle mostruosa, mentendo al parlamento e raccontandole al popolo. Quel meccanismo un po’ sacrale di serietà è caduto. Poi, ricordiamoci che siamo il paese della P2, di Gladio, di Falcone e Borsellino, stiamo semplicemente proseguendo su quel solco.
Che idea ti sei fatto del ruolo del sottosegretario Alfredo Mantovano
Ha un ruolo molto superiore a Nordio, che è un ministro un po’ anziano, un “ministro bandiera” messo lì per dare legittimità sulla riforma della giustizia. Spesso è chiaro che non sa nemmeno di cosa parla, lo vediamo sulle carceri. Nordio è un paravento. Mantovano invece comanda. Lui ha preso in mano i servizi segreti dall’inizio del governo Meloni, lo ha fatto a partire dal suo passato di magistrato ma anche di politico di destra di razza. Quando ha preso in mano i servizi ci sono stati conflitti, la Belloni è scappata, lui ha fatto il padre padrone. Oggi la Meloni ha messo Rizzi al Dis, poi c’è Parente alla polizia di prevenzione, io li conosco da anni, sono stati messi ai vertici per pulire i casini che ci sono stati, ovvero l’uso politico degli apparati di sicurezza. Sono figure che non fanno le porcherie viste negli ultimi anni. Mantovano ha usato i servizi per fini politici, ed ha fatto disastri, ma non solo Paragon o il caso Almasri, ma anche il caso Giambruno, lo spionaggio ai danni del capo di gabinetto della Meloni. Tutte attività che non sono servite a prevenire reati, ma a fare dossier. Questo è il tratto distintivo della gestione dei servizi segreti sotto
Mantovano, quello di fare dossier. Questo è stato fatto evidentemente anche nel caso di Fanpage o di D’Agostino. L’applicazione di Paragon nei miei confronti è un paradigma. La magistratura autorizza lo spionaggio nei miei confronti per 4 anni, per indagare “un più ampio raggio di relazioni”. Ed è chiaro che tra le persone che soccorriamo in mare possono esserci stati anche dei potenziali testimoni dei crimini di Almasri. Nel maggio del 2024 però questa attività si ferma, e si conclude ufficialmente davanti al procuratore della Corte d’appello di Roma. Tutto quel materiale raccolto deve essere distrutto per legge, ma ad oggi il Copasir ci dice che non sa se è stato distrutto o meno. Io dico che è diventato un dossier, come i dossier sono stati fatti su Fanpage e anche sul caso Giambruno. Una volta finita questa attività a settembre 2024, Mantovano decide di usare Paragon contro di noi. E c’è una cronologia inquietante. Poche settimane prima dell’inizio dello spionaggio, Mantovano partecipa ad un convegno, di cui abbiano le registrazioni, in cui era presente il cardinale Parolin, il segretario di Stato Vaticano di Papa Francesco. Mantovano, nello spirito
dei piazzisti che contraddistingue questo governo, si era preso il compito anche di curare i rapporti con la Chiesa, ma Papa Francesco non voleva averci nulla a che fare con questa gente. In quel convegno con Parolin, Mantovano fece un intervento contro le Ong che salvano vite in mare. Era un avvertimento. E’ come il “ne prendo atto, vale tutto” detto dalla Meloni dopo l’inchiesta “Gioventù meloniana” di Fanpage. Il 5 settembre 2024 mi mettono Paragon, io dopo pochi giorni entro in Vaticano per partecipare al sinodo dei vescovi invitato da Papa Francesco e ci rimango un mese. Quindi c’è il tema, è stato sospeso Paragon sul mio telefono mentre ero in uno Stato straniero ed ero con il Papa? Qual era la motivazione di indagine se quella precedente era stata conclusa e non prorogata? L’obiettivo è fare dossier, non certo solo contro di me, ma contro tanti. Mantovano è l’ideatore del sistema dei dossieraggi ed è il regista anche della vicenda Almasri. Solo che ha fatto il passo più lungo della gamba. Il caso Paragon è stato scoperto, così come tutta la vicenda Almasri sta venendo fuori per quella che è. Sono stati scoperti su tutto, hanno fatto un casino ridicolo,
volevano fare il grande apparato da deep state, invece qua tutti sappiamo tutto.
(da agenzie)
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Luglio 12th, 2025 Riccardo Fucile
IL DATO È EMERSO DALLE ANALISI DEL “TAMPONE ORALE”, MAI ANALIZZATO IN 18 ANNI, EFFETTUATE DAI PERITI INCARICATI DAL TRIBUNALE DI PAVIA NEL CORSO DELL’INCIDENTE PROBATORIO … L’INDAGINE ORA PUNTA CON SEMPRE MAGGIORE CONVINZIONE ALL’IPOTESI DELLA PARTECIPAZIONE DI PIÙ PERSONE AL DELITTO
Una traccia di Dna non ancora attribuita trovata a distanza dei 18 anni nella bocca di Chiara Poggi. È il dato che, a sorpresa, è emerso dai primi risultati dell’incidente probatorio in corso nelle nuove indagini dei carabinieri di Milano e della procura di Pavia sul delitto di Garlasco.
Si tratta delle analisi effettuate dalla genetista Denise Albani, perito incaricato dal Tribunale, sul tampone oro-faringeo acquisito dal medico legale Marco Ballardini nel 2007 durante l’autopsia e mai oggetto di verifiche prima d’ora.
Nelle cinque estrazioni il perito ha evidenziato due tracce di Dna «Y», quindi maschile. Una (nella parte laterale) subito attribuita ad una «contaminazione» da parte di un infermiere assistente all’epoca del medico legale. L’altra, che ha restituito un profilo quasi completo, e nella parte interna centrale della bocca invece non ha ancora trovato una attribuzione.
Dai primi confronti effettuati dai consulenti delle parti il profilo non è né del nuovo indagato Andrea Sempio, né del condannato Alberto Stasi.
Si tratta di accertamenti preliminari che ora dovranno essere «amplificati» e approfonditi dai periti. Rispetto ai Dna di confronto — gli operatori sanitari, i medici legali, periti e consulenti, familiari della vittima — non sono risultate altre compatibilità. Ed è stata esclusa al momento la corrispondenza anche con il «frammento» di Dna trovato sulle unghie di Chiara Poggi, insieme a quello che la procura di Pavia attribuisce a
Sempio, il famoso «ignoto 2».
La scoperta di questo profilo sconosciuto, apre uno scenario nuovo nelle indagini dei pm diretti da Fabio Napoleone. Ma non così imprevedibile. Perché gli investigatori, nella loro riscrittura analitica della dinamica del delitto, stanno lavorando sull’ipotesi che Chiara Poggi sia stata aggredita non alla base delle scale che portano al primo piano, ma in un contesto diverso. Che preveda, ad esempio, una aggressione alla quale la 26enne ha tentato di resistere.
La presenza di Dna di un uomo nella bocca e sulla parte interna di labbra e lingua di Chiara, troverebbe una possibile spiegazione in una mano stretta sul viso per bloccare un tentativo di chiedere aiuto della vittima.
Il materiale genetico nella bocca della vittima sarebbe limitato, ma in quantità «generosa». Il Dna, secondo quanto trapela, sopravvive su lingua, gola e gengive solo per un tempo limitato. In ogni caso non c’è traccia di quello di Stasi, con cui la sera precedente Chiara aveva certamente scambiato qualche effusione. Se la presenza di un Dna sconosciuto venisse confermata si tratterebbe di un dato rilevante, soprattutto perché emerso solo dopo gli accertamenti compiuti 18 anni dopo e su un tampone mai analizzato. I lavori dell’incidente probatorio si concluderanno a fine ottobre.
Ma adesso, quantomeno da un punto di vista investigativo, l’indagine prende una direzione più ampia. Per gli inquirenti Sempio era sulla scena del crimine e ha partecipato al delitto e si lavora sull’ipotesi di un complice. Già nel 2007 venne ipotizzato, ad esempio, l’uso di più armi: una da taglio e una più pesante. Pista poi abbandonata dagli inquirenti.
(da “Corriere della Sera”)
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Luglio 12th, 2025 Riccardo Fucile
IL CASO E’ DIVENTATO PUBBLICO, L’OPPOSIZIONE AL GOVERNO E’ SUL PIEDE DI GUERRA… IL MINISTRO CONSERVATORE ERA PER ABBASSARE L’ETA’ IMPUTABILE A 14 ANNI, ORA HA CAMBIATO IDEA, TIPICA IPOCRISIA SOVRANISTA
Il ministro svedese dell’Immigrazione Johan Forssell ha scoperto che suo figlio di 16
anni aveva legami con gruppi suprematisti bianchi e neonazisti.
La rivelazione è arrivata dal Säpo, il servizio di sicurezza interna, che lo ha informato in forma privata alcune settimane fa della radicalizzazione del ragazzo. La questione è poi esplosa pubblicamente dopo che la rivista antirazzista Expo ha pubblicato un’inchiesta in cui segnalava l’attività di «un parente stretto di un ministro» coinvolto nella galassia dell’estrema destra. Di fronte all’evidenza, Forssell si è trovato costretto a confermare pubblicamente: quel parente è suo figlio. «Sono scioccato e inorridito», ha dichiarato il ministro. «Come padre, è
devastante. Mio figlio ha commesso un errore gravissimo, ora è pentito e ha interrotto ogni legame con quei gruppi». Il ministro, che appartiene al partito conservatore dei Moderati, ha anche chiarito di aver scelto finora il silenzio per proteggere il minore.
L’inchiesta sul figlio
Secondo quanto ricostruito da Expo, il ragazzo avrebbe avuto contatti diretti con il Movimento di resistenza nordica, uno dei principali gruppi neonazisti attivi in Svezia, e con altri due movimenti suprematisti bianchi. Avrebbe partecipato ad attività di propaganda e reclutamento sui social, dialogando con influencer dell’ultradestra. Il servizio di sicurezza svedese Säpo ha chiarito che il ragazzo non è attualmente indagato per alcun reato, ma il suo coinvolgimento in reti ideologiche estremiste ha comunque sollevato l’allarme. «Le attività sono cessate, ma le conversazioni in famiglia continuano», ha spiegato Forssell, che ha ammesso di non essersi accorto di nulla, nonostante seguisse il figlio sui social.
Scoppia lo scontro politico
Ma la vicenda è ormai diventata un caso politico nazionale.
L’opposizione ha chiesto la convocazione del ministro in Parlamento. Tony Haddou, portavoce della sinistra per le politiche migratorie, accusa Forssell di ipocrisia: «È lo stesso ministro che ha chiesto responsabilità severe per le famiglie legate alla criminalità organizzata. Ora cambia tono solo perché si tratta di casa sua».
Le polemiche si concentrano anche sul fatto che Forssell sia un sostenitore della proposta di abbassare l’età della responsabilità penale da 15 a 14 anni, una misura contestata da molte organizzazioni per i diritti dei minori.
(da Open)
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Luglio 12th, 2025 Riccardo Fucile
POLVERIERA SICULA. SOLO SEI MESI FA L’AZZERAMENTO DEI VERTICI
In principio fu la polveriera Cannes e i sei milioni pagati (più lauti rimborsi spese) dalla Regione Sicilia per la promozione della sua immagine al Festival del cinema e tutte le altre mirabilia: una valanga di spese, consulenze e contributi per eventi che avevano preso le mosse quando Manlio Messina era ancora assessore al Turismo prima di diventare deputato a Roma, come punta di diamante di Fratelli d’Italia. E che però ad un certo punto era diventata materia d’inchiesta giudiziaria più che di cronache giornalistiche che comunque erano state uno stillicidio continuo. Con il risultato che Giorgia Meloni aveva dato l’ordine, visti gli schizzi di fango arrivati fino a Roma, di correre ai ripari: a marzo 2025 il partito di via della Scrofa ha infine deciso, anche alla luce della guerra tra fazioni che si era nel frattempo scatenata, di azzerare i due coordinatori regionali e dimissionare da vice capogruppo alla Camera proprio Messina. Tutto finito? Macché. Era solo la punta dell’iceberg, quella decisione di commissariare i maggiorenti dell’isola si è rivelata poco più di una pezza a colori, altro che repulisti.
In realtà la coda dell’inchiesta sul business degli eventi che ora ha travolto il delfino di Ignazio La Russa Gaetano Galvagno, al massimo mostra che quella di inizio anno era stata poco più che
un’operazione di immagine. E soprattutto che la corrente turistica di Fratelli d’Italia non era solo quella di Messina, deputato legato al ministro Francesco Lollobrigida, ma ce n’era una altrettanto forte, quella di Galvagno e qui sta il punto politico della faccenda, al di là degli esiti giudiziari. Sì, perché il commissario inviato da Fratelli d’Italia in Sicilia, Luca Sbardella, figura di collegamento tra il responsabile organizzazione di via della Scrofa Giovanni Donzelli e lo stesso La Russa, ancora tre giorni fa ha tentato di prendere tempo, forse nella speranza riuscire ancora una volta a contenere il bubbone alla maniera dei gattopardi. E qui va aperta una parentesi significativa: malgrado la gravità delle accuse e lo spaccato desolante che viene fuori dall’inchiesta che colpisce al cuore Fratelli d’Italia, la notizia non ha conquistato la ribalta nazionale come ha fatto notare la presidente della commissione di Vigilanza, la pentastellata Barbara Floridia. Che ha denunciato la sordina messa dai Tg sulla cricca dell’Ars e sui reati di peculato e corruzione contestati dalla Procura guidata Maurizio de Lucia (entrata nell’immaginario collettivo per aver arrestato la primula rossa della mafia Matteo Messina Denaro) a Galvagno fino a poche settimane fa in predicato di prendere il posto, al prossimo turno elettorale, di Renato Schifani sulla poltrona più alta della regione.
Ma accanto alla “distrazione” della Rai, il ciclone che ha travolto l’assessora al Turismo Elvira Amata e soprattutto il suo collega di partito Galvagno chiama in causa soprattutto il mandato del commissario Sbardella che cammina sulle uova data la caratura dei personaggi in scena e i loro padrini politici. Diversa sorte era invece toccata a Carlo Auteri (vicino a Manlio Messina) messo alla porta in un amen per i finanziamenti per eventi culturali realizzati da società dei suoi familiari o anche il deputato Luca Cannata che aspirava a diventare segretario del partito sull’isola ma scivolato sulle accuse di aver intascato soldi in nero che gli hanno mosso tre suoi ex assessori quand’era sindaco nel Siracusano. Galvagno resta al suo posto senza nemmeno essere stato deferito ai probiviri: è stato lui stesso a fare il bel gesto di inviare a Roma le carte che lo riguardano.
(da ilfattoquotidiano.it)
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