Aprile 25th, 2016 Riccardo Fucile
“MIO NONNO MURATORE MI INSEGNO’ CHE LE MOZZATURE SI CONTANO AL CANCELLO”
Considera Silvio Berlusconi “un uomo coraggioso” a cui si sente “vicino”. Parole affettuose e anche sorprendenti: perchè arrivano il giorno dopo la conferma, da parte del Cavaliere, di puntare su Guido Bertolaso per la corsa al Campidoglio anzichè su di lui, come pure un pezzo di Forza Italia voleva.
Alfio Marchini, 52 anni, “imprenditore e politico già tre anni fa tentò di conquistare il Campidoglio senza successo. Ora ci riprova.
Fino a pochi giorni fa era convinto che nella capitale “nel campo dei moderati” sarebbero rimaste 2 candidature.
E invece siete rimasti in 4: lei, Meloni, Bertolaso e Storace.
“Sbagliato, sono rimasti in 3. Io non sono di centrodestra”.
Berlusconi ha commesso un errore scegliendo l’ex capo della Protezione civile?
“Berlusconi è stato coraggioso. Rompere l’unità della sua creatura a Roma non è stato facile e nella scelta di Bertolaso il messaggio è chiaro: solo il civismo può ossigenare la politica”.
Così il centrodestra rischia di non arrivare al ballottaggio.
“Forse poteva osare di più ma l’uomo ha prevalso sul politico e questo gli fa onore”.
Secondo i 5 Stelle il Cavaliere avrebbe fatto un favore a Giachetti e quindi a Renzi.
“Non credo, in politica non esiste la generosità “.
Berlusconi ha perso la leadership del centrodestra?
“Non condivido la descrizione che si fa di lui come di un leader stanco e timoroso: è un uomo che sa quanto sia facile distruggere e difficile costruire. In questo gli sono vicino. Vale per lui quello che mi ripeteva sempre Guido Carli: in politica esiste solo la riconoscenza del giorno prima”.
Ritiene che ci siano ancora margini per un accordo con Bertolaso?
“Tra tutti i candidati, lui è quello che ha dimostrato più passione verso questa città . Avercene di professionalità così”.
Le porte restano aperte, insomma?
“Il mio bisnonno muratore mi ha insegnato che le “mozzature” si contano al cancello”.
Significa che finchè non si consegnano le liste ci sono margini per una trattativa?
“Non ci sono trattative. Andiamo avanti liberi e forti”.
“Anche il centrodestra è morto. È un’ottima notizia”, ha twittato l’altro ieri. Perchè?
“Centrodestra e centrosinistra nacquero a Roma nel 1993 da una intuizione di Berlusconi che sdoganò gli ex fascisti appoggiando Fini. Oggi quello schema tattico e orfano di ideologie è evaporato. Bisogna andare oltre se non vogliamo regalare Roma al M5S o lasciare al populismo di destra le giuste battaglie su legalità e sicurezza”.
Non voterebbe la Raggi se non dovesse raggiungere il ballottaggio, dunque.
“Questo è un problema che devono porsi gli altri. Sul M5S sfatiamo il mito del merito: in Consiglio ho conosciuto eletti più preparati ma, ahiloro, meno telegenici della Raggi”.
Veniamo a Roma: la capitale, soprattutto in questi ultimi anni, è diventata il simbolo di ciò che non funziona in Italia. È vero che “Roma fa schifo”? E di chi è la colpa?
“I partiti hanno trasformato i diritti dei cittadini in favori da ottenere in cambio del voto o peggio ancora di mazzette. Il fatto che a Roma sia tutto così complicato a partire dalla più banale delle autorizzazioni non è un caso”.
Un debito di 12 miliardi, le municipalizzate in ginocchio, le strade dissestate: come si guarisce questa città ?
“Cambiando medico. Chi ha costruito il proprio consenso su questo sistema non lo cambierà mai. Digitalizzazione, poche regole uguali per tutti. Cambiare modello di governo delegando funzioni ai cittadini partendo dai quartieri. I romani amano il proprio quartiere. È quella l’ultima fiammella etica da cui ripartirà la rinascita della capitale”.
Quando si parla di Marchini si ricorda spesso lo slogan “calce e martello” che si porta dietro suo nonno che fu partigiano e comunista: cos’è rimasto in lei di quella tradizione familiare?
“Sono fiero della passione politica con la quale i miei antenati hanno cercato di coniugare ideali e fare impresa. L’ossessione di dare lavoro. Libertà dai bisogni, amore per la Repubblica e il coraggio di metterci sempre la faccia in ciò in cui si crede sono le radici che segnano il mio dna”.
E in nome di quella tradizione, perchè un elettore di sinistra o di centrosinistra dovrebbe votare per lei?
“Perchè coloro che hanno governato questa città li hanno traditi. Oggi a Roma serve discontinuità . Una rivoluzione che lasci cambiamenti da contrapporre allo tsunami grillino che lascerebbe macerie”.
Anche lei, come i 5 Stelle, sostiene che destra e sinistra sono morte. In sostanza, qual è la sua identità politica, quella del suo movimento?
“Ci definiamo estremisti del buon senso e assertori di libertà . Le quattro libertà impresse nelle Am-lire, la valuta che gli americani introdussero durante la Liberazione: libertà di parola, di religione, dal bisogno e dalla paura”.
Mauro Favale
(da “la Repubblica”)
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Aprile 25th, 2016 Riccardo Fucile
“IL LEADER DELLA LEGA E’ UN MEGALOMANE CHE VUOLE SOLO FUCILARE ALLA SCHIENA BERLUSCONI PER PRENDERE IL SUO POSTO”…”DI ROMA NON GLIENE FREGA NULLA, NEL SUO CINISMO MANDA AL MASSACRO LA MELONI CHE E’ INADEGUATA A FARE IL SINDACO DELLA CAPITALE”
Nella vita di tutti arriva sempre il momento di mostrare di quale pasta sei fatto. 
Per i partiti politici, l’ora della verità scocca nelle campagne elettorali. Lì emergono tutte le rughe, i vizi, le vigliaccate, persino la stupida ferocia tenuta nascosta.
In fondo anche questo è uno dei vantaggi della democrazia. Quello di far vedere a occhio nudo il bello e il brutto dei segreti che copre.
Il 5 giugno si voterà per decidere chi dovrà governare alcune grandi città , prima fra tutte Roma.
Ma cosa accade nella Capitale che il Califfato nero si propone di conquistare? Succede che qualcuno dei partiti in gara ha deciso di cogliere l’occasione per anticipare l’arrivo delle milizie islamiste. E fargli trovare già fatto il lavoro.
Dove stanno questi partiti? Soprattutto nel territorio del centrodestra, l’area più sfasciata della politica italiana.
Un tempo aveva un sovrano assoluto, Silvio Berlusconi. È stato il Cavaliere, tra il 1993 e il 1994, nel pieno della crisi di Tangentopoli, a portare i moderati a Palazzo Chigi. E farceli restare per un ventennio, sia pure alternandosi con i due governi ulivisti di Romano Prodi.
L’arma vincente si chiamò Forza Italia. All’inizio una fortezza inespugnabile, poi via via sempre più fragile. Oggi il partito del Cav esiste ancora, ma è soltanto il fantasma di se stesso. Era riuscito a superare una quantità di prove, dimostrando una capacità di resistenza che pochi gli accreditavano.
Per comprendere davvero quel che succede attorno alla lotta elettorale per la conquista di Roma, bisogna tener presente una verità che di solito viene taciuta.
A Salvini non importa nulla di far sventolare la propria bandiera sul Campidoglio. Della Capitale non potrebbe fregargliene di meno. Anzi da perfetto leghista la vorrebbe gettata nel guardaroba dei cani, vale a dire nella spazzatura.
Il suo obiettivo è un altro: fucilare Berlusconi alla schiena e prendere il suo posto alla testa di un nuovo centrodestra italiano, nemico dell’Europa e dell’euro, indipendentista, poi separatista.
Temo che la signora Giorgia Meloni e i suoi Fratelli d’Italia non siano del tutto consapevoli della strategia di Salvini. Me ne sono reso conto venerdì sera, quando Enrico Mentana, in una puntata avvincente del suo Bersaglio mobile su La7, ha interrogato la signora, candidata a fare il sindaco della Capitale. E’ emerso chiaramente che non è assolutamente in grado di dedicarsi all’impresa di rifondare Roma.
A contare su quel versante è soltanto Salvini. Quel che pensi di Berlusconi, il capo della Lega lo ha spiegato a Salvatore Dama.
Lui ritiene il Cavaliere un vecchio rimbambito, «che ha perso la bussola». E immagina un centrodestra guidata da se stesso. Il leader dei leghisti non mette limiti alle proprie ambizioni. È un cinico pronto a tutto. Anche a mandare al massacro la signora Meloni. Una brava quarantenne urlatrice, ma destinata alla sconfitta.
Salvini sa bene che la signora Meloni non sarà mai il sindaco di Roma. Ma neppure questo gli interessa. Sembra in preda a un attacco di megalomania.
È in questo scenario da Cena delle Beffe che va inserito quanto sta accadendo a Bertolaso.
Tutti conosciamo i meriti di chi ha rifondato e guidato la Protezione civile italiana. Sappiamo pure delle inchieste giudiziarie che lo affliggono.
Tutto si può dire di Bertolaso, tranne che non abbia le qualità giuste per diventare il sindaco di Roma.E tuttavia lui non riuscirà mai a farcela. Ha troppi avversari e altrettanti alleati dei quali fa bene a non fidarsi. Ma vogliamo rendergli l’onore delle armi. E dire almeno una parola in sua difesa.
Sapendo che diventerà l’uomo nero da abbattere.
Non da Roberto Giachetti, il candidato del Partito democratico, forse destinato a vincere. E nemmeno dalla leggiadra avvocata Virginia Raggi. La candidata dei Cinque Stelle, che alle domande di Mentana ha risposto con la diligenza della brava studentessa che sa tutto dei sette re di Roma, ma poco delle buche, delle fogne, dei rifiuti e dei topi che stanno distruggendo la Capitale.
Posso concludere confessando che m’importa poco di chi conquisterà il Campidoglio? Al tempo della Prima Repubblica, un leader politico del calibro di Giuseppe Saragat, forse sulla scia di un motto pronunciato da un gigante come Charles De Gaulle a proposito dei francesi, disse: «Governare gli italiani non è difficile: è inutile».
Roma non cambierà mai. Insieme a tanta gente onesta, volonterosa e pronta a sacrificarsi per questa città , ospita un numero terribile di barbari nati lì.
Sono anche loro romani, ma non hanno rispetto per il territorio che li ospita.
Se fossi al posto di Bertolaso, ritornerei a fare il medico in Africa.
Se fossi al posto di Alfio Marchini, il candidato civico che vorrei vincesse, prima di affrontare una campagna elettorale all’ultimo sangue ci penserei cento volte.
E andrei a fare il giro del mondo in bicicletta.
Gianpaolo Pansa
(da “Libero”)
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Aprile 25th, 2016 Riccardo Fucile
“VIETATELE L’ACCESSO IN GRAN BRETAGNA, NON VOGLIAMO FACCIA PROPAGANDA ALLE SUE IDEE ESTREMISTE”…E ANCHE FARAGE PRENDE LE DISTANZE
Sta già preparando nei dettagli la sua visita nel Regno Unito, a fine maggio o inizio giugno. Marine Le Pen vuole andare a sostenere chi fa campagna per il Brexit.
Ma ci andrà davvero? Perchè sono gli stessi militanti britannici del “no all’Europa” a non volerla fra i piedi.
In una lettera, resa pubblica, Gisela Stuart, copresidente della campagna “Vote Leave”, a favore dell’uscita dall’Unione europea, ha chiesto espressamente a Theresa May, ministro degli Interni, di vietare l’accesso al territorio nazionale della Le Pen per le sue “opinioni estremiste”.
La Stuart ha ricordato la volta in cui paragonò i musulmani che pregano per le strade con l’occupazione nazista in Francia.
“La presenza della Le Pen nel Regno Unito — ha scritto nella sua lettera — non contribuirebbe all’interesse generale”.
La Stuart è uno dei rari parlamentari laburisti ad aver preso posizione ufficialmente per il Brexit. In “Vote Leave” si ritrovano soprattutto conservatori euroscettici, come il sindaco di Londra Boris Johnson.
Che, in ogni caso, per convincere l’elettorato più moderato, vogliono prendere le distanze dall’organizzazione concorrente, “Grassroots Out”: vede come esponente di spicco Nigel Farage, leader del Partito per l’indipendenza del Regno Unito (Ukip), formazione xenofoba e antieuropea.
Sì, ma in realtà neanche l’estrema destra britannica è pronta ad accogliere a braccia aperte la francese.
Nel passato Farage ha già ricordato sprezzante che “l’antisemitismo fa parte del Dna del Front National”, il partito della Le Pen.
E si è rifiutato di costituire un gruppo comune con lei al Parlamento europeo.
Domenica 24 aprile, su Skynews, Farage ha detto di non essere contrario alla venuta del leader dell’estrema destra francese. Ma ha aggiunto di ritenere “inutile un suo intervento nella campagna pro Brexit”.
La ministra May ha opposto un no comment, ma ha ammesso che sta esaminando il caso.
Da tempo la Le Pen chiede un referendum sul modello di quello nel Regno Unito anche in Francia. E in marzo un sondaggio europeo aveva indicato che il 53% dei francesi è favorevole a un’iniziativa del genere. Anche se poi, alla fine, sempre secondo la stessa inchiesta, la maggioranza voterebbe per restare nell’Unione europea.
Leonardo Martinelli
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 25th, 2016 Riccardo Fucile
AI CAMPIONI DELL’INTOLLERANZA ORA DANNO FASTIDIO ANCHE I BIMBI… LA STRUTTURA E’ ISONORIZZATA E HA TUTTE LE CARTE IN REGOLA
Sono disturbati dal «vociare dei bambini e il loro passaggio quando entrano o escono». I residenti
nel condominio di via Anfossi 36 hanno fatto causa a «La Locomotiva di Momo», nido e scuola materna privata convenzionata con il Comune. E l’hanno vinta. Tanto che la struttura, salvo contrordini, dovrà traslocare.
Ma le due sorelle titolari, Cinzia e Giuliana D’Alessandro, che quattro anni fa hanno investito più di 300 mila euro «con debiti e sacrifici» per ristrutturare l’enorme spazio (600 metri quadrati) e a Milano hanno creato anche altre scuole, non ci stanno. «Siamo davanti a un caso d’intolleranza incredibile – dice Cinzia -. Nel regolamento condominiale non c’è alcun esplicito divieto ad un’attività come la nostra».
L’asilo ha l’ingresso separato, lungo un vialetto che attraversa il giardino comune. E all’interno è insonorizzato.
Dà fastidio? «Abbiamo fatto fare una perizia, e anche l’Arpa ha confermato: nessun rumore acustico che possa arrecare disturbo arriva dalla nostra struttura», si scalda Cinzia, pedagogista nel settore da più di vent’anni.
Le prime tensioni risalgono al 2012.
«Avevamo appena finito i lavori di ristrutturazione, quando gli inquilini hanno comunicato alla proprietaria che in base al regolamento non avrebbe potuto cambiare la destinazione d’uso ai locali, sempre affittati come uffici», spiega il legale delle sorelle, Felice Soldano, che tra l’altro ha lo studio accanto al nido.
La proprietà ha risposto facendo causa al condominio: «Nel rogito l’immobile non era vincolato ad un utilizzo in particolare e anche a prescindere da questo – continua l’avvocato – scuola privata e studi commerciali rientrano nella stessa categoria catastale, dunque l’accusa era pretestuosa».
Da lì però si è scatenata una guerra di carte bollate e quotidiani fastidi, che coinvolgono un grande numero di persone.
Alla scuola sono iscritti 98 bambini, altri 60 sono in lista d’attesa. Ci lavorano 21 dipendenti. E le famiglie fanno cerchio intorno alle proprietarie. «Il 90 per cento dei nidi privati milanesi si trova nei condomini, una cosa del genere non l’avevo mai sentita», sostiene Bruno Del Duomo, papà di Carolina e Beatrice.
«Abbiamo insegnato ai piccoli che quando usciamo per andare al parco si entra nella “bolla del silenzio”, e loro quasi non osano respirare, tutti zitti ed ordinati attraversano quel vialetto», sospira la maestra Vanessa Ugolini. «Fa tristezza, però».
Cos’è che disturba, «il rumore della vita»?
Con un assessore al Tempo Libero, Chiara Bisconti, che si è battuta (vittoriosamente) per il diritto dei bambini al gioco nei cortili, un caso come questo è ancora possibile? «Ci hanno controllato più volte, in tanti, a livello sanitario e di sicurezza. Persino i vigili del fuoco ci hanno fatto i complimenti perchè il nido supera i normali standard richiesti», ancora non ci crede Giuliana.
Quella, dice, è una sede ideale: «Trovarne una analoga, di quelle dimensioni, che affaccia su un parco e nella zona dove ci conoscono dal 1996, è difficilissimo – aggiunge -. Senza contare che ci servono almeno altri otto anni per recuperare l’investimento, non abbiamo la liquidità per poter affrontare un’altra ristrutturazione». E adesso? «Noi tutti speriamo ancora in un atto di disponibilità da chi abita il palazzo – suggerisce Valentina Beggio, mamma di Alice e Francesca -. Magari basterebbe trovare un accordo di pacifica convivenza, con regole morbide, condivise. Alla Locomotiva di Momo è affezionato anche il quartiere, la conoscono tutti».
Elisabetta Andreis
(da “il Corriere della Sera”)
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Aprile 25th, 2016 Riccardo Fucile
GASPARRI: “IL CENTRODESTRA COLPITO DAL VIRUS DI FRANTUMAZIONE”
Ma come ha fatto il Pdl, che era come un orologio svizzero, a ridursi con un centrodestra che, a Roma, si ritrova con quattro candidati quattro che si sgomitano tra di loro per la poltrona di primo cittadino?
È fatalista disciplinato, ma anche desideroso di chiarimenti e cambi di rotta, il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri che dell’orologio svizzero Pdl fu presidente a Palazzo Madama.
«Il centrodestra è stato colto da una sorta di malattia, di virus, come accadde nel ’98-’99 alla sinistra, quando quelli che avevano vinto le elezioni si frantumarono. Evidentemente ci sono delle ondate cicliche di questo fenomeno».
E la questione romana del centrodestra fa parte di questo genere di cose, «sono stati fatti molti errori – prosegue Gasparri – la colpa non è di una sola persona. C’è da dire che la Meloni ha cambiato cinque posizioni, ha detto no a Marchini, no a se stessa, quando le abbiamo chiesto di candidarsi. Poi ha tirato fuori la Dalla Chiesa che è stata fischiata anche dai suoi, al Pincio. Poi ha detto che andava bene Bertolaso, poi ci ha chiesto di anticipare le consultazioni e la sera che ne è uscito vincitore Bertolaso si è candidata lei. Io mi domando – prosegue Gasparri – chi comprerebbe un’auto usata da Giorgia? Io no».
Ma anche sull’altro versante del centrodestra le cose non sono state chiare: «Abbiamo pensato a Marchini, poi ci siamo decisi per Bertolaso – aggiunge Gasparri – Certo è una campagna elettorale non facile, con quattro candidati: è la sindrome della frantumazione, si dovrebbe riavvolgere il nastro ripensando a Fini, a Napolitano, a Monti. Ora, però, dobbiamo fare una campagna elettorale per Bertolaso, disciplinati, certo poi una riflessione il centrodestra, tutto, la dovrà fare, compreso Salvini. Per vincere alle politiche serve il cinquanta più uno».
(da “il Tempo”)
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Aprile 25th, 2016 Riccardo Fucile
“BISOGNA PARLARE AGLI ITALIANI CON IL LINGUAGGIO DEI MODERATI”
Silvio Berlusconi non ci sta. Non ci sta ad essere dipinto come un uomo sul viale del tramonto. Non
ci sta e, per questo, prende carta e penna e scrive una lunga lettera a Il Giornale.
Una lettera che è un messaggio agli elettori ma, soprattutto, è un messaggio agli alleati (ex?) Giorgia Meloni e Matteo Salvini. E proprio da qui Berlusconi parte per spiegare cosa gli passa per la testa.
“Siamo convinti – scrive -che Guido sia un uomo del fare e possa essere il migliore sindaco per Roma. A noi interessa offrire ai romani, come ai cittadini di ogni città in cui si vota, il miglior sindaco possibile in grado di risolvere i problemi delle singole città , e quelli di Roma sono così gravi da far tremare chiunque. Tutto il resto, gli equilibri del centro-destra, la corsa a una leadership che non è affatto all’ ordine del giorno, l’ obiettivo di battere Renzi, vengono dopo, molto dopo”.
A questo punto il leader di Forza italia passa al contrattacco: “Forza Italia non è la destra. Forza Italia è un partito moderato, alternativo alla sinistra e alleato con la destra, come lo sono le forze politiche del Ppe più o meno in tutt’Europa. Con la destra siamo alleati da 20 anni, abbiamo governato insieme e sono certo che governeremo insieme anche in futuro. Ma il centro-destra ha vinto, è stato la maggioranza in Italia, quando ha saputo parlare con il nostro linguaggio agli italiani che cercano soluzioni e che chiedono la massima professionalità ai politici”.
Tradotto: senza Forza Italia nessuna coalizione può pensare di vincere.
Certo, il momento non è semplice, Berlusconi riconosce l’emorragia di voti, ma ha una spiegazione per il fatto che “questi italiani si sono ritirati nell’astensionismo”: “Siamo governati da molti anni da maggioranze parlamentari e da governi diversi da quelli scelti dagli elettori, ma non nascondo certo il fatto che non siamo riusciti a completare quella rivoluzione liberale che era nei nostri progetti dal 1994”.
In ogni caso non tutto è perduto: “Non abbiamo affatto smesso di credere nella «rivoluzione liberale»”.
Per questo, insiste, “non esiste alcun centro-destra possibile senza di noi (se non un’ opposizione di pura testimonianza e senza prospettive), e per vincere dobbiamo ritrovare quei voti moderati che abbiamo smarrito. Questa è la missione di Forza Italia che alcuni commentatori amano definire «al tramonto». Li invito volentieri a partecipare ad una qualsiasi nostra assemblea, ad un incontro di nostri militanti, ad un’iniziativa pubblica di Forza Italia: vedranno una forza tesa a costruire il futuro, con entusiasmo e con impegno, altro che «fine corsa»”.
(da agenzie)
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Aprile 25th, 2016 Riccardo Fucile
EUROPA PIU’ VICINA…LA DELUSIONE DI SESELJ, EX COLLABORATORE DEL BOIA MILOSEVIC
Il primo ministro serbo Aleksandar Vucic, conservatore-europeista, ha vinto le elezioni anticipate.
Il Partito del Progresso (Sns, ) di Vucic ha ottenuto quasi il 50 per cento dei voti, aggiudicandosi la maggioranza assoluta in Parlamento, con 150 seggi su 250 totali.
Il risultato consegna nelle mani di Vucic il mandato dei serbi a proseguire sulla strada dell’ingresso nell’Unione europea, seppur con la zavorra, quella destra radicale russofila e anti-Ue che, dopo otto anni di esilio politico, torna in Parlamento, enza tuttavia fare l’exploit temuto, perchè il Partito socialista (Sps) del ministro degli esteri Ivica Dacic si conferma seconda forza nel Paese (12%).
«La Serbia continuerà il suo percorso europeo e cercheremo di accelerarlo», ha detto ai sostenitori il premier serbo, da sempre convinto che la priorità del Paese sia l’ingresso nell’Unione Europea. Vucic ha parlato di «vittoria storica».
Vucic aveva convocato le elezioni con due anni di anticipo rispetto alla scadenza naturale della legislatura, per ottenere un pieno mandato per i prossimi 4 anni allo scopo di avviare una serie di riforme e trattare l’adesione della Serbia all’Unione Europea.
Il premier, negli ultimi appelli agli elettori, aveva promesso di proseguire e accelerare il cammino europeo della Serbia respingendo ogni tipo di compromesso con le forze estremiste e anti-Ue.
Sul fronte opposto il leader ultranazionalista V ojislav Å eÅ¡elj aveva invitato a fare del voto un referendum per scegliere tra una «Ue ostile e contraria agli interessi della Serbia e una sempre più stretta alleanza con la Russia».
LA DELUSIONE DI SESELJ
Il leader ultranazionalista Vojislav Å eÅ¡elj si è detto deluso dal risultato conseguito dal suo Partito radicale serbo (Srs). In parlamento ci entra con l’8%. «Sono deluso, ci aspettavamo di più – ha detto -. Ma continueremo la nostra lotta, ora anche in parlamento», ha aggiunto. Å eÅ¡elj è ostile all’obiettivo di integrazione europea della Serbia e propugna al contrario un sempre maggiore avvicinamento del Paese alla Russia.
Å eÅ¡elj fu uno stretto collaboratore dell’ex presidente serbo Slobodan Milosevic, ritenuto responsabile delle le operazioni di pulizia etnica in Croazia, Bosnia-Erzegovina e Kosovo negli anni del conflitto jugoslavo
Monica Perosino
(da “La Stampa”)
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Aprile 25th, 2016 Riccardo Fucile
L’AGENTE CHE SI INFILTRA NEI SITI PEDOPORNOGRAFICI: “LI’ DENTRO SI CONOSCE L’ORRORE”
«Che cosa c’è in quei video e in quelle foto? Scene orribili. Ma definirle “orribili” non basta a
rendere l’idea».
L’uomo si ferma a pensare, sceglie la parola con cura: «L’inimmaginabile. Laggiù c’è l’inimmaginabile».
Stefano (il nome è di fantasia) è un poliziotto di 36 anni. Il suo lavoro è dare la caccia agli orchi su Internet. Laggiù è un angolo buio del web, dove imperversano le più ignobili e sudicie fantasie sessuali: quelle sui bambini. «Chi vive nel mondo reale non può percepire cos’è la pedopornografia. Ed è meglio così».
Accento romano, sorriso bonario, ciuffo di capelli neri ben curato. Stefano è un agente sotto copertura della Polizia postale.
Monitora i siti dell’orrore, s’infiltra nelle comunità virtuali dei pedofili e fa arrestare gli aguzzini.
«Ma la priorità – racconta – è sempre salvare le piccole vittime». Spesso le operazioni durano mesi. Nei forum online il muro di diffidenza verso i nuovi arrivati è alto.
«Ho oltre venti indirizzi email differenti, al momento sono infiltrato in una decina di community. A volte mi fingo interessato a materiale pedopornografico, a volte scelgo strade diverse».
COME DROGATI
Dall’altra parte della tastiera ci sono persone malate. «Somigliano ai tossicodipendenti – spiega l’assistente di polizia -. La loro droga è la pedopornografia. Non possono farne a meno, ogni giorno ha la sua dose».
Quasi sempre sono maschi. Spesso diplomati e laureati. Non di rado giovani. Come lo studente universitario genovese di 21 anni arrestato due settimane fa nell’indagine condotta in collaborazione con l’Fbi.
In rete si nascondeva dietro il soprannome «cucciol@». Con lui sono state denunciate 12 persone tra Torino, Milano, Palermo e altre città . Sono artigiani, imprenditori, professionisti, operai e studenti. «Insospettabili», li definiscono gli investigatori.
Il poliziotto-cacciatore trascorre le sue giornate qui: davanti a quattro monitor, seduto alla scrivania di un ufficio al terzo piano del quartier generale della Polizia postale, in un palazzone di vetro del ministero dell’Interno sulla Tuscolana, a pochi passi da Cinecittà .
Sulla porta c’è scritto: «Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia online». Ma Stefano, quando le indagini vanno in porto, partecipa anche ai blitz per arrestare chi ha realizzato o diffuso le foto e i video dell’orrore: «Magari ho parlato con questa persona in rete per mesi. Quando lo vedo in faccia non provo rabbia. Vorrei dirgli: “Io so chi sei, conosco tutti i tuoi fantasmi. Quindi per te è finita, stavolta abbiamo vinto noi”. Chi siamo noi? È ovvio: noi siamo i buoni», esclama ridendo.
I SUK DELLA PERVERSIONE
In principio le foto erotiche con bambini viaggiavano su siti Internet, che puntualmente venivano oscurati. Poi è arrivata l’era del peer-to-peer, la condivisione del materiale pedopornografico. Negli ultimi anni è esploso il fenomeno dello scambio di filmati attraverso le «darknet». Si tratta di reti anonime che stanno nel «deep web», la parte sommersa di Internet. Questi forum nascosti non si trovano con Google. Per arrivarci serve un browser di navigazione anonima.
Il più celebre suk della perversione si chiamava «Lolita City». Il nome non inganni: niente a che vedere con l’erotismo di Nabokov. Oggi quel forum non esiste più. Ma sono migliaia i siti a contenuto pedofilo.
Il più grande («Playpen») a marzo 2015 contava 215.000 iscritti. Altri nascono e muoiono nel giro di pochi mesi. Spesso per accedervi c’è una regola da rispettare: entra solo chi condivide foto e video pedopornografici.
Nelle chat ci si scambia di tutto: scatti di ragazzini adescati in rete, immagini rubate dai profili Facebook di mamme e papà . Fino a filmati di violenze sessuali su minorenni, anche piccolissimi. L’abisso è senza fondo.
C’è anche l’abuso su commissione: il pedofilo chiede all’altro orco di fare qualcosa alla vittima. Il bambino a volte è costretto a mostrare un foglio con «dedica» al committente.
PROFESSIONISTI DEL CRIMINE
Nei forum online gli utenti sono solo un nickname. È (quasi) impossibile risalire all’indirizzo Internet degli utenti. Ma le tecniche investigative sono sempre più raffinate.
La collaborazione tra le polizie di mezzo mondo avviene ormai in tempo reale. A volte basta un dettaglio in un video per far scattare l’indagine.
Poi subentrano le indagini tradizionali e il cerchio si stringe.
La polizia italiana è all’avanguardia. «I pedofili sono spesso professionisti del crimine. Viaggiano su auto veloci, noi ne abbiamo di altrettanto rapide», spiega Carlo Solimene, direttore della divisione investigativa della Polizia postale.
Elvira D’Amato, responsabile del centro anti-pedopornografia, mette in guardia dai pericoli: «Il nuovo fronte è il cyber bullismo. C’è il ragazzino che filma la fidanzata in atteggiamenti intimi, poi si lasciano e lui la ricatta».
L’allarme è massimo anche sul sexting, cioè l’invio da parte dei ragazzi di selfie sessualmente espliciti. «Ecco perchè la prevenzione è l’altra metà del lavoro», racconta D’Amato.
Aver a che fare tutti i giorni con l’orrore non è facile.
«Quando la sera torno a casa, cerco di lasciare il lavoro in ufficio», ammette Stefano. «Ma quelle immagini ti restano impresse, ti segnano dentro». Ad aspettarlo a casa c’è una figlia di tre anni. «Presto le spiegherò che sono un poliziotto, ma non le dirò mai che cosa faccio per davvero. Non voglio che conosca il male del mondo».
Gabriele Martini
(da “La Stampa”)
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