Dicembre 1st, 2010 Riccardo Fucile
LA RIVELAZIONE NEL LIBRO “METASTASI” DI GIANLUIGI NUZZI CHE RACCONTA L’ESTENDERSI DELLA ‘NDRANGHETA AL NORD… IL PENTITO DI BELLA HA RACCONTATO AI MAGISTRATI L’INCONTRO NEL 1990 A LECCO TRA IL FEROCE BOSS COCO TROVATO E UN EX MINISTRO LEGHISTA, ALLORA LEADER EMERGENTE…IL BOSS DA QUEL GIORNO FECE VOTARE LEGA E “GAMMA”
A Lecco, e non solo, è già partita la caccia al leghista.
Tutti si chiedono chi sia “Gamma”, l’esponente ormai storico e affermato del Carroccio che nel 1990, quando era ancora un leader emergente, rincorreva i voti del narcotraffico.
Di lui raccontano i giornalisti Gianluigi Nuzzi e Claudio Antonelli, che su questa ed altre vicende legate alla ‘ndrangheta nel Nord Italia hanno scritto un libro, “Metastasi”, edito da Chiarelettere.
Si narra che Franco Coco Trovato, feroce narcotrafficante e boss di primo piano della ‘ndrangheta che ha sempre agito fra il Milanese e il Lecchese e che dal 1992 è in carcere per ergastolo, incontrò l’anonimo leghista un pomeriggio di vent’anni fa a Lecco, nel mese di marzo, proprio alla vigilia del grande boom del partito del Senatur.
Da quel giorno il boss Trovato disse ai suoi: “Votate Lega e fate buon pubblicità “, dando il via a un sodalizio quanto meno singolare.
A raccontare i fatti è Giuseppe Di Bella, per 25 anni uomo di fiducia di Coco Trovato, che si è deciso a raccontare la verità , come promesso alla moglie Federica, morta nell’estate 2009.
Dal suo racconto emerge una ‘ndrangheta che allunga sempre più le mani sugli affari del Nord, dalla sanità alla politica passando per l’imprenditoria, lombarda in particolare.
E Gamma non è l’unico politico importante a essere citato per le sue amicizie compromettenti.
Un’inchiesta non è ancora stata aperta. Per molti reati, commessi tra il 1986 e il 1990, ci sarebbe la prescrizione.
Ma si potrebbe procedere per il riciclaggio di denaro e per almeno quattro omicidi non ancora risolti.
In via Bellerio l’allarme è già scattato.
Umberto Bossi e i suoi fedelissimi hanno già approntato un crisis management per evitare che il caso si abbatta come un ciclone sul partito.
Già scocciati dalle recenti dichiarazioni di Roberto Saviano sul rapporto tra Lega Nord e ‘ndrangheta, ora i padani devono affrontare un nuovo colpo.
Ed è partito il toto-Lega: chi sarà l’esponente incriminato?
Sicuramente – raccontano nel Palazzo – si escludono le nuove leve del Carroccio.
Troppo giovani Marco Reguzzoni, Matteo Salvini e Federico Bricolo, fanno notare i beninformati.
Stesso discorso per i governatori Luca Zaia e Roberto Cota, che per di più non sono nemmeno lombardi.
E dunque?
Non resta che cercare nella vecchia guardia, ovvero tra coloro che fin dall’inizio sono stati al fianco di Umberto Bossi, urlando il loro celodurismo sul pratone di Pontida.
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Dicembre 1st, 2010 Riccardo Fucile
REGNA L’INCERTEZZA SULL’ESITO DEL VOTO: LA CAMERA SI AGGIORNA AL 13 DICEMBRE…FALLITA LA CAMPAGNA ACQUISTI, IL PREMIER E’ SEMPRE PIU’ IN UN VICOLO CIECO…FINI ASPETTA LA RESA ALLE SUE CONDIZIONI O VOTERA’ LA SFIDUCIA
Chi ha modo di sentire Berlusconi, racconta di averlo trovato ieri sera particolarmente
giù.
Chiuso in se stesso. Quasi afasico.
Come se il Cavaliere percepisse di essere al capolinea, o poco ci manca.
E a ben vedere ben quattro cose ieri gli sono andate storte: 1) nelle votazioni sulla riforma universitaria, il Fli ha continuato a fare il bello e il cattivo tempo, segno che senza i «futuristi» il Parlamento non approva nulla; 2) «gole profonde» dal campo finiano gli hanno fatto sapere che, se lui non prende in fretta un’iniziativa di pace, il 14 dicembre loro gli voteranno la sfiducia compatti, «colombe» comprese; 3) cresce il tamtam (vai a sapere quanto fondato) di sviluppi imminenti nelle inchieste milanesi su Ruby e le sue amiche; 4) la pressione speculativa cresce e non risparmia i nostri titoli di Stato, dunque non è l’ora ideale (lo fa pesare Casini) per chiedere le elezioni anticipate, casomai il premier fosse costretto a dimettersi.
Se il giorno della fiducia fosse oggi, anzichè tra due settimane, con tutta probabilità stasera Berlusconi salirebbe sul Colle a dimettersi.
Perchè alla Camera la «campagna acquisti» non fa progressi, arrivare alla metà più uno dei seggi resta una chimera.
Molto si parla di un «soccorso bianco», deputati centristi pronti a perdere l’aereo o a darsi malati pur di tenere in vita il governo.
Ma ce ne vorrebbero perlomeno una dozzina, se non addirittura di più, e al momento non se ne vedono così tanti.
Semmai si moltiplicano gli assenteisti di Pdl e Lega: sull’università ieri mancavano in 27, oltre a quelli «giustificati».
Dunque tutto dipende, come al solito, da cosa farà Fini.
Granata, che tra i finiani è una specie di Robespierre, annuncia la ghigliottina per quanti dovessero dissociarsi nel voto di sfiducia al governo: «Si metteranno fuori dal progetto Fli», in pratica verranno espulsi.
Piccola baruffa con Paglia, anche lui finiano, perchè Granata precipita le conclusioni, non è ancora detto al 100 per cento che il 14 dicembre Fini mostri pollice verso, potrebbe pure esserci un’astensione…
Però tutto dipende da Berlusconi, fa notare Della Vedova parecchio scettico: se davvero accettasse di riscrivere l’agenda economica, e tanto che c’è pure la legge elettorale, allora un discorso forse potrebbe riaprirsi. Il Cavaliere lo farà ? Accetterà di venire realmente a patti col suo rivale?
Occhio a ciò che dice Maroni: le elezioni anticipate sono lo sbocco più probabile in caso di crisi «se nel frattempo non succede qualcosa, e io non lo escludo, anzi lo auspico».
E attenzione soprattutto a Bossi: «Il 14 i finiani voteranno la fiducia», scommette il Senatùr. Siccome spesso lui mostra più acume di tanti altri politici, ciò fa immaginare qualche possibile retromarcia in extremis.
E non è detto che a ingranarla debba essere per forza Fini.
Magari toccherà a Berlusconi, quando la prospettiva del trasloco sarà incombente.
Ugo Magri
(da “La Stampa“)
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Dicembre 1st, 2010 Riccardo Fucile
ESCE IL LIBRO “UMBERTO MAGNO” DI LEONARDO FACCO, GIA’ GIORNALISTA DELLA “PADANIA”: DALL’OBBEDIENZA AL CAPO ALLE LOTTIZZAZIONI IN FAMIGLIA, DAGLI SCANDALI ECONOMICI ALLA XENOFOBIA…IL RAPPORTO CON LE DONNE DI VIA BELLERIO (E OLTRE)
Qui di seguito pubblichiamo una piccola parte del capitolo più spinoso, quello dedicato dall’autore, Leonardo Facco, al rapporto del Capo con le donne.
“I figli e la famiglia tradizionale!”.
Chi di voi ricorda i sermoni che — alla fine degli anni Novanta — Umberto Bossi dispensava per ore da Radio Padania Libera, in cui proponeva la Lega Nord come baluardo dei valori del cattolicesimo? (…)
Facciamo un passo indietro e riprendiamo le parole pronunciate da Rosanna Sapori, che nell’intervista rilasciata al Riformista a fine agosto del 2010, ha sottolineato il suo “rapporto bellissimo col capo. Una relazione che, a differenza di altre donne all’interno della Lega, non aveva alcuna implicazione sessuale”.
Ma… questa affermazione, mi scusi, o è gratuita o la deve giustificare, no?
“Ah bè, la giustifichiamo subito! La signora X venne beccata nelle stanze di via Bellerio ancor prima che finisse a ricoprire ruoli istituzionali di primissimo piano. Certo, se vuoi le foto non le ho”. “Guardi, a me Bossi era simpatico e tutto, ma fisicamente mi faceva schifo. Comunque, se io fossi stata con Bossi a quest’ora non avrei una tabaccheria, avrei una catena di tabaccherie e sarei presidente della Tim. Ha capito? Lui ci provò con me nel senso che lui ci provava con tutte. Io, fattami l’avance, gli dissi: a parte che non hai più l’età , io so che tu vai con questa tizia, che è veramente brutta, quindi mi sa che a te va bene chiunque..”.
E lui?
“Lui si girò e mi disse: brutta? Se gli metti il cuscino in faccia non la vedi più!”.
Bossi era uno che se le faceva tutte? Maddai…
“Diciamo pure che Bossi era un bel dongiovanni e diciamo che le donne che giravano in via Bellerio erano…diciamolo ehm ehm. Io non stavo con la telecamera per riprenderle ste cose. Allora: la signora Y lo sapevano tutti che era la sua amante e che lui poi iniziò a odiarla e lei cominciò a fare la spia con la moglie del capo.
Quella non sarebbe diventata manco presidente del suo condominio altrimenti. Io ero con Bossi, pre-sen-te (!), quella volta che la signora Y era al mare con la moglie e al telefono lei diceva: “Sono qui con la signora Y, ti saluta tanto!”. Era l’anno prima che Bossi venisse colpito dall’ictus. E Bossi, in tutta risposta: ‘Quella t… di merda’. Io ero lì mentre mi diceva quelle robe. Hai capito? Questa è gente che con i propri voti non sarebbe mai stata eletta”.
Capito, si dava da fare insomma.
“Attenzione, non dico che con tutte ci andava a letto, bastava anche un… hai capito cosa intendo. Ecco. La signora Z, per esempio, è un’altra che grazie ai rapporti col capo è arrivata nelle stanze del potere. Prima ancora la signora Q, pure lei finita a Roma per incontri ravvicinati di quel tipo.
Che andazzo, altro che famiglia tradizionale.
“Di alcune altre, invece, potrei sicuramente dirle di no, che con Bossi non ci andavano. Ma perchè andavano con altri, anch’essi ai vertici del partito ovviamente.
Rosanna Sapori non mi ha meravigliato eccessivamente, per due motivi: primo, io stesso — che nella palazzina attaccata a quella della Segreteria federale del Carroccio ho lavorato per quattro anni — ho ricevuto le stesse informazioni, oggi solamente aggiornate con qualche nuovo nome e confermate da interviste incrociate; secondo, durante la mia militanza nella Lega Nord a Bergamo, mi son sempre chiesto chi fossero quelle ragazze che dopo i comizi, o dopo le cene coi simpatizzanti, salivano in macchina col capo e, a tarda ora, filavano via a tutto gas.
Un autorevole giornalista, che di cose Lega se ne intende mi ha anche riferito dell’altro: “Una cosa che mi ha stupito è che, mezz’ora dopo il fattaccio che ha visto Bossi colpito da un ictus, una fonte che io considero seria mi ha detto dove era Bossi e con chi stava”.
Un ex parlamentare medico, a proposito di questa enigmatica vicenda, mi ha detto: “Sa, la cosa che mi ha sorpreso è che nell’ospedale dove anch’io lavoro — che si trova a decine di chilometri di distanza da Cittiglio — tutti i dottori parlavano di questo, l’ho appreso da loro”.
Di cosa stiamo parlando?
Del motivo per cui l’ictus che ha colpito il leader leghista — la notte tra il 10 e l’11 marzo 2004 — avrebbe avuto pesanti conseguenze.
Considerate le premesse di cui sopra, non mi ha meravigliato che centinaia di blogger, e non solo, attribuiscano le attuali condizioni di Umberto Bossi a un’avventura amorosa finita male.
La leggenda metropolitana la identifica nella nota e brava, artista Luisa Corna, come riportato già nel 2004 sul sito italiano di Indymedia. (…)
La diretta interessata, però, ha smentito senza indugio alcuno su Novella 2000 già nel 2005, il cui servizio giornalistico è stato ripreso dall’autorevole Corriere della Sera: “La pupa del Bossi? Ma se neanche lo conosco!”. (…) Ora, quel “ma se neanche lo conosco” è un po’ una forzatura, considerato che nel 2003, la soubrette era madrina dell’elezione di Miss Padania, dove Bossi era non solo presente, ma ha spesso oscurato, in quanto a visibilità , le ragazze in gara.
Visitando la pagina Wikipedia della cantante bresciana non c’è alcuna traccia di questa sua comparsata, ma appare la seguente, breve dicitura: “Sempre nel 2004 si avvicina al Carroccio (Lega Nord)”.
Se questi sono i moralizzatori….
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Dicembre 1st, 2010 Riccardo Fucile
IL FIGLIO DELL’EX SINDACO DI PALERMO SVELA AI MAGISTRATI CHE NEL 1984 IL “SIGNOR FRANCO”, IL TRAMITE TRA STATO E MAFIA, AVVERTI’ PER TEMPO IL PADRE DELLE DICHIARAZIONI DI BUSCETTA… LE INDAGINI AVREBBERO PORTATO PRESTO AL SEQUESTRO DEI BENI: COSI’ CIANCIMINO EBBE IL TEMPO DI VENDERE E CONSERVARE ALL’ESTERO UNA PARTE DEL PATRIMONIO
Il personaggio chiave della trattativa fra Stato e mafia continua ad avere solo un
soprannome, “il signor Franco”: Massimo Ciancimino ha detto ai magistrati di Palermo di non conoscere la sua vera identità , però nelle ultime settimane ha messo a verbale tutte le volte che il misterioso personaggio avrebbe anticipato al padre notizie riservate sulle indagini in corso.
La rivelazione più eclatante sarebbe stata nell’estate 1984, mentre il giudice istruttore Giovanni Falcone raccoglieva ancora in gran segreto le dichiarazioni di Tommaso Buscetta.
Una talpa tradì Falcone.
Racconta Massimo Ciancimino che il padre seppe quasi in diretta che il primo grande pentito di mafia stava facendo il suo nome.
“Venne il conte Romolo Vaselli ad avvertirci – ha ricordato Ciancimino junior ai pm Di Matteo, Guido e Ingroia – ma mio padre sapeva già , grazie al signor Franco”.
E partirono subito le contromisure di Vito Ciancimino per salvare una parte del suo patrimonio.
“Mio padre simulò la vendita della Etna costruzioni a Vaselli – così prosegue il racconto di Massimo Ciancimino – due miliardi e quattrocento milioni delle vecchie lire che si trovavano in alcuni libretti al portatore gestiti dallo stesso Vaselli furono svincolati e messi al sicuro in Svizzera”.
I magistrati hanno chiesto riscontri al racconto.
Ciancimino ha dato una pista d’indagine: “Andate a controllare nel registro dell’hotel Billia a Saint Vincent. Ci restammo quasi un mese in quell’estate 1984. Con la scusa di dover fare delle cure particolari in Svizzera, due volte alla settimana attraversavamo il confine. E i soldi viaggiavano assieme a noi”.
Il supertestimone della Procura ha invitato i magistrati a guardare anche nelle carte di Falcone.
Il giudice aveva capito.
Appena otto giorni prima del sequestro dei beni per Ciancimino (firmato l’8 ottobre 1984) le quote della Etna costruzioni erano state trasferite a Vaselli. Falcone fece di tutto per ripercorrere a ritroso la strada fatta dai due miliardi. Il giudice interrogò anche il conte Romolo Vaselli, che all’inizio provò a sostenere “l’effettività ” di quella cessione del pacchetto azionario, poi ammise che già il primo settembre Ciancimino gli aveva chiesto la “cortesia” di intestarsi fittiziamente il capitale della società : “Mi riferì che erano possibili indagini patrimoniali su uomini politici e che, pertanto, aveva la necessità di disfarsi della titolarità di tali azioni, gestite fiduciariamente dalla Figeroma”.
I soldi erano ormai al sicuro in una banca Svizzera.
Falcone non scoprì mai chi l’aveva tradito.
Vito Ciancimino finì invece in manette, il 3 novembre 1984.
Per i magistrati di Palermo, l’ultimo racconto di Massimo Ciancimino è un altro tassello per cercare di dare un volto e un nome al misterioso “signor Franco”.
Il suo numero di cellulare, un 337, svelato ai magistrati dal figlio dell’ex sindaco, è risultato alla Tim come “inesistente”.
Davvero strano, perchè i dieci numeri prima e dopo sono invece in funzione. Quel numero inesistente sa tanto di utenza riservata.
Salvo Palazzolo
(da “la Repubblica“)
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Dicembre 1st, 2010 Riccardo Fucile
NUOVA INIZIATIVA DELLA PARTNER-SHIP ROMA-SOFIA DOVUTA ALL’AMICA DEL PREMIER… NON BASTAVA “GOODBAY MAMA”, SPUNTA UN’ALTRA PELLICOLA CHE VERRA’ REALIZZATA IN BULGARIA
Sarà il destino beffardo o una iattura. O forse è solo un caso.
Sta di fatto che, nel giorno del nuovo crollo di Pompei, l’affaire politico- cinematografico italobulgaro che ruota attorno a Michelle Bonev, riserva una coda quasi grottesca.
Alexander Donev, presidente del Fondo nazionale cinematografico bulgaro – l’ente che dopo due rifiuti ha infine concesso un finanziamento di 160mila euro per il film Goodbye Mama, briciole rispetto al milione sborsato da Rai Cinema su ordine del direttore generale Mauro Masi – difendendo l’operazione- Bonev ha dichiarato che è proprio grazie all’amica del presidente del consiglio Berlusconi, e ai suoi contatti italiani, che in Bulgaria verrà realizzata un’altra pellicola.
Anche questa in partnership tra Roma e Sofia. Titolo: I tesori di Pompei.
Il sigillo sul nuovo progetto ce l’ha messo il viceministro bulgaro della Cultura, Dimitar Dereliev. Il quale ha precisato che anche i I tesori di Pompei – come già il discusso Goodbye Mama– sono frutto dello stesso accordo Italia-Bulgaria sottoscritto dai ministri Bondi e Rashidov.
Le riprese del film, che sarà girato in 3D e la cui regia dovrebbe essere affidata a Michele Soavi, inizieranno l’anno prossimo.
A produrlo dovrebbe essere Fulvio Lucisano con una partecipazione di Rai Cinema. V
a detto che il talento di Soavi – se sarà lui a firmarla – depone in teoria a favore della pellicola; che almeno sulla carta dovrebbe dunque discostarsi da una vicenda – quella di Goodbye Mama – abbastanza infelice nella quale il ministro Bondi si è inventato un premio dal nulla per compiacere un’amica del premier Berlusconi.
Quello che colpisce è un altro aspetto: e cioè che sia proprio la protagonista di questo pasticcio, Michelle Bonev – almeno stando a quanto dice il presidente del Fondo cinematografico bulgaro alla tv Btv – ad essere accreditata come bretella di collegamento tra i ministeri di Italia e Bulgaria per operazioni cinematografiche.
Proprio lei che al festival di Venezia è stata impalmata con un riconoscimento patacca per un film che hanno visto in pochissimi.
E che in Bulgaria era stato snobbato.
A Sofia il caso Bonev-Bondi sta provocando un mezzo terremoto politico: l’opposizione critica il silenzio del premier Borissov e chiede che il ministro della Cultura Rashidov venga a riferire in parlamento sulle spese del viaggio al Lido e sui finanziamenti al film.
Un esposto è stato presentato anche alla Commissione anticorruzione: in Bulgaria c’è infatti una legge che vieta ai politici di accettare regali superiori ai 100 euro, viaggi e sponsorizzazioni.
Intanto le cinque più grandi associazioni cinematografiche nazionali chiedono le dimissioni di Rashidov e del suo vice.
Paolo Berizzi
(da “La Repubblica“)
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Dicembre 1st, 2010 Riccardo Fucile
L’AMICIZIA DI BERLUSCONI CON PUTIN AL CENTRO DEI TIMORI AMERICANI: L’ATTACCO RUSSO ALLE GEORGIA E LA SOSPETTA POSIZIONE FILORUSSA DEL GOVERNO ITALIANO…LE COMUNICAZIONI DEGLI AMBASCIATORI USA A ROMA E A PRAGA
Nelle comunicazioni tra le ambasciate americane di Roma e Praga e il dipartimento di
Stato, venute in possesso di Wikileaks e che il Corriere della Sera è in grado di pubblicare, trapela la costante irritazione degli Stati Uniti per la posizione tenuta dall’Italia nel corso della guerra tra Georgia e Russia dell’agosto 2008.
La frase chiave dell’allora ambasciatore americano a Roma, Ronald P. Spogli, è questa, preceduta dalla parola «commento»: «Viste le dichiarazioni alla stampa del ministro degli Esteri Frattini e la articolata spiegazione di Carlo Batori, vicedirettore dell’ufficio Nato, sull’opposizione italiana a qualsiasi dichiarazione di condanna della Russia, il governo italiano sarà meno che utile in sede di Consiglio del Nord Atlantico” della Nato,
“Ci aspettiamo che la Russia cerchi di sfruttare la relazione personale tra i due per spingere l’Italia e fare fallire gli sforzi per condannare le azioni di Mosca nelle sedi internazionali».
Il cable è firmato «Spogli», datato 15 agosto 2008, classificato come «confidenziale» e «noforn» da tenere nascosto ai non americani, e titolato «Gli italiani non ci aiuteranno per una dichiarazione nel Consiglio del Nord Atlantico».
Qualche giorno prima, l’11 agosto, dall’ambasciata americana di Praga era partita verso Washington un’informativa che dava conto degli sforzi diplomatici della Repubblica Ceca per arrivare a un cessate il fuoco in Ossezia del Sud.
«Il ministro degli Esteri ceco Karel Schwarzenberg – si legge nel cable classificato come «sensibile» e scritto dalla consigliera Martina Strong – è certo che occorra inviare un messaggio di fermezza alla Russia, e sta contattando i suoi colleghi per riuscire a usare un linguaggio il più duro possibile”.
Secondo il ministero ceco, “l’intervento dell’United States Government, presso Francia e Italia in particolare, visti gli stretti legami del premier Berlusconi con la Russia e la Germania, sarebbe utile».
Di nuovo il giorno di Ferragosto a Roma, in un dispaccio intitolato «Sfatare il mito dell'”equilibrio” italiano sulla Georgia», classificato come «confidenziale» e «noforn», l’ambasciatore Spogli scrive: «Come inizialmente previsto nei primi giorni del governo Berlusconi, la stretta relazione del governo italiano con la Russia potrebbe presto diventare un punto di frizione nei rapporti tra Stati Uniti e Italia, quanto al resto vicini.
“I vertici del governo italiano, in particolare il ministro degli Esteri Frattini, si sono spinti molto avanti nell’insistere che la comunità transatlantica e l’Unione Europea dovrebbero affrontare la crisi tra Georgia e Russia con “senso di equilibrio” …. Nella migliore delle ipotesi, l’Italia eviterà di pronunciare dichiarazioni forti o di fare pressioni sulla Russia. Nella peggiore, l’Italia potrebbe lavorare per distruggere la determinazione degli altri alleati nelle sedi internazionali, incluse la Nato e l’Unione Europea. …”
“Abbiamo preso contatti con il governo italiano ai più alti livelli per suggerire che l’Italia debba prendere una posizione di principio, basata su fatti obiettivi. Inoltre, abbiamo chiarito che l’atteggiamento favorevole suscitato dal nuovo governo Berlusconi nei suoi primi mesi di attività potrebbe scomparire se la sua credibilità su questa questione venisse meno».
In quei giorni, in Italia, molti criticarono il ministro Franco Frattini per non avere interrotto le vacanze alle Maldive nonostante lo scoppio della crisi nel Caucaso.
Di seguito, sempre nello stesso dispaccio: «Sfortunatamente – scrive Spogli – visto il periodo delle vacanze estive in Italia, molti dei nostri interlocutori chiave in Parlamento e nel ministero degli Esteri non sono raggiungibili». Cable «confidenziale» del 15 agosto, firmato Spogli e intitolato «L’Ambasciata chiede all’Italia di spingere per un ritiro russo»: «L’Ambasciatore ha detto a Gianni Letta, il principale consigliere del premier Berlusconi, che Washington “non è contenta” dell’atteggiamento italiano fino a questo momento e che siamo particolarmente perplessi per le dichiarazioni del ministro degli Esteri Frattini».
Stefano Montefiori
(da “il Corriere della Sera“)
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Dicembre 1st, 2010 Riccardo Fucile
CIRCA 2700 IN TUTTA ITALIA LE DOMANDE PER AMPLIAMENTI: “E’ STATA UN’OPERAZIONE MEDIATICA CONTRASSEGNATA DA UNA SCARSA CONOSCENZA DELLA NORMATIVA”…ALLA FINE E’ DIVENTATO UN SPOT SUI RISCHI DEL FEDERALISMO: IL GOVERNO HA FATTO CALARE LA LEGGE DALL’ALTO… AVREBBE DOVUTO GARANTIRE 50 MILIARDI DI INVESTIMENTI E 200.000 NUOVI POSTI DI LAVORO
Se qualcuno avesse in mente di produrre uno spot sui rischi del federalismo, non troverebbe di meglio che la storia del Piano casa.
Un progetto grandioso, nelle intenzioni del suo sponsor, Berlusconi, una cuccagna che avrebbe fatto crescere di 200 mila unità l’occupazione nel settore del mattone e mosso investimenti di oltre 50 miliardi di euro in 3 anni, quattrini dei privati, senza aggravi sulle casse statali.
Un’idea così innovativa che si è trasformata in un flop da antologia. Per un motivo soprattutto: la programmazione del territorio è un tema locale per eccellenza (si parla di legislazione “concorrente” tra Stato e Regioni, articolo 117 della Costituzione).
Lo Stato dà le linee generali, ma le decisioni concrete spettano alle amministrazioni periferiche.
L’intervento del governo centrale, con una legge calata dall’alto, ha complicato tutto.
Proprio l’esecutivo che del federalismo ha fatto la sua bandiera, è entrato a gamba tesa sugli enti locali.
I governatori regionali, per la verità , ci hanno messo buona volontà per evitare che il piano del governo deragliasse e per una decina di mesi hanno trattato in via della Stamperia con il ministro Raffaele Fitto (Affari regionali), per tentare di migliorare un’impostazione nata male.
Gli incontri sono stati più di 50 e il primo aprile del 2009 è stato anche firmato un accordo. Ma era un pesce, la frittata era fatta e il Piano non è decollato. Alla fine ogni Regione è andata per conto suo.
La confindustriale Finco (impianti e prodotti per le costruzioni) diretta da Angelo Artale ha raccolto in un documento la congerie di decisioni assunte sul piano casa a livello periferico.
Alcune Regioni, per esempio, hanno stabilito che le agevolazioni governative (aumento dei volumi del 20 per cento per le case mono e bi-familiari) sarebbero durate 18 mesi (in Toscana, Emilia-Romagna ed Umbria stanno addirittura già scadendo), in altre 2 anni, in altre ancora sarebbero state permanenti.
A Bolzano hanno bocciato il bonus, in altre parti è stato portato al 35, in altre al 40. Il Lazio non ha voluto il bonus per le villette, ma ha optato per un premio fino al 60 per cento per i grandi palazzi, a patto che i vecchi immobili fossero distrutti e si costruisse da un’altra parte.
In Sicilia dove sulle spiagge hanno edificato 80.000 case abusive avrebbero voluto che il piano fosse esteso anche alle abitazioni condonate.
In Sardegna il bonus l’hanno concesso anche agli alberghi, ma in misura ridotta (10 per cento).
In Calabria hanno deliberato solo alcune settimane fa.
Per le procedure di demolizione e ricostruzione di grandi edifici molte Regioni hanno ripreso il tetto volumetrico della legge governativa (35 per cento in più) salvo accorgersi poi che gli imprenditori non lo ritenevano sufficiente e quindi invece di intervenire scappavano.
Con queste premesse era inevitabile che il grandioso progetto si sbriciolasse. E così è stato.
In tutta Italia a settembre le domande per ampliamenti erano 2.700, in media 42 per città . Un fiasco totale.
Con una sola eccezione, il Veneto, dove prima dell’alluvione il piano cominciava a funzionicchiare con circa 10 mila domande presentate.
Per due motivi, uno politico e uno connesso alla struttura abitativa del territorio.
Il motivo politico è legato a Giancarlo Galan, Pdl, governatore regionale ai tempi del varo del piano governativo e oggi ministro dell’Agricoltura.
Si dice che sia stato proprio lui il suggeritore di Berlusconi e infatti il progetto sembra studiato proprio sulla realtà veneta: una regione caratterizzata da una specie di città diffusa, con una miriade di case mono o bifamiliari, con molte famiglie benestanti (almeno fino a qualche tempo fa), disposte a mettersi le mani in tasca per investire nell’allargamento dell’alloggio.
Basta spostarsi un po’ e il quadro cambia radicalmente.
In Lombardia le domande sono state appena 216 mentre il 60 per cento dei 1546 comuni che ha deciso di affrontare la faccenda ha introdotto misure restrittive rispetto alla norma governativa.
A Milano su circa 12 mila pratiche edilizie aperte, meno di 100 sono collegate al piano casa.
In Toscana, Emilia ed Umbria, le regioni rosse hanno interpretato la norma del governo in senso restrittivo per evitare rischi di cementificazione e di conseguenza le richieste di accesso al piano sono casi rari.
Nel Sud la proposta governativa si è scontrata con una bassa propensione delle famiglie a dare fondo ai risparmi in un momento nero come questo.
Di fronte a cifre di adesione da zero virgola, il giudizio degli addetti ai lavori è unanime e impietoso.
Alfredo Martini che per il Cresme (Centro di ricerche dell’edilizia) ha fatto il giro d’Italia organizzando 16 riunioni in altrettante regioni con più di 5 mila partecipanti: “È stata un’operazione mediatica contrassegnata da una scarsa conoscenza delle normative”.
Massimo Ghilori, direttore mercato privato dell’associazione costruttori (Ance): “Una grande delusione”.
Alessandra Graziani, architetto del centro studi Fillea, il sindacato di settore Cgil: “Hanno affrontato con faciloneria una faccenda complessa ed è finita male”.
Daniele Martini
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 1st, 2010 Riccardo Fucile
SECONDO I FINIANI, BERLUSCONI AVRA’ SOLO 310 VOTI A MONTECITORIO CONTRO I 316 NECESSARI… IL PREMIER MENO SICURO ORMAI DI AVERE LA MAGGIORANZA, MENTRE SONDAGGI RISERVATI DANNO IN PDL IN DISCESA LIBERA AL 25%… LA MOZIONE di FLI E UDC SARA’ FATTA FIRMARE DA TUTTI GLI 83 PARLAMENTARI
L’atto di sfiducia sarà presentato con molta probabilità giovedì 9 e sottoposto – questa la
mossa tattica – alla firma (preventiva) di tutti i deputati futuristi, Udc, Api e Mpa. Tutti. E sono 83.
Venti in più di quanto ne occorrono per la presentazione.
Nessuno – questo il ragionamento di Fini e Casini – a quel punto potrà tirarsi indietro quando il 14 dicembre il presidente del Consiglio Berlusconi si sottoporrà al responso della Camera.
Il Cavaliere, raccontano ministri e coordinatori che lo hanno visto in mattinata in Consiglio dei ministri e nel pomeriggio a Palazzo Grazioli, resta convinto di avere ancora i numeri per spuntarla.
Ma le sue certezze ieri apparivano meno solide.
Secondo i calcoli che si fanno a Palazzo Chigi, di voti certi il governo ne avrebbe non più di 312.
E i toni delle valutazioni del premier sono cambiati.
Forse anche per quei sondaggi riservati, perfino quelli della fidatissima Alessandra Ghisleri, che danno il Pdl in forte calo, vicino a quota 25 per cento.
“Sono sereno” dice. E non tanto per la fiducia tutt’altro che scontata a Montecitorio. Ma “perchè sto facendo tutto quello che potevo fare: resto convinto che alcuni finiani non mi voteranno contro e così qualche esponente
dell’opposizione”.
Ad Alfredo Biondi e al senatore Enrico Musso, entrambi con un piede fuori ma ieri ritornati a Palazzo Grazioli, ha confidato di essere intenzionato a rilanciare il partito: “Torneremo allo spirito liberale di Forza Italia nel ’94, il 14 dicembre segnerà un nuovo inizio”. A prescindere dalla fiducia.
Se poi non otterrà il via libera alla Camera, “allora si voterà a marzo. E alle urne ci andremo in ogni caso”.
Ma marzo è davvero lontano.
E da ieri, tra le file delle opposizioni e di Fli in Transatlantico il vento sembrava aver cambiato direzione.
Il presidente della Camera Fini un segnale ben preciso lo ha già lanciato lunedì sera, parlando a porte chiuse ai suoi. “Presenteremo la sfiducia, è l’unica strada”.
Alle “colombe” Menia, Moffa, Consolo (portavoce dei dubbiosi del gruppo, da Paglia a Catone), incerti su cosa bisognerà fare dopo il 14 dicembre, ha spiegato il concetto ripetendolo due volte: “Inutile ragionare ora di terzo polo e alleanze. Guardate che abbiamo elementi abbastanza precisi che ci inducono ad escludere che si vada alle elezioni anticipate”.
Il pensiero corre a quelle che, con insolita dose di “forte preoccupazione”, Gianni Letta ha definito le “turbolenze finanziarie” che rischiano di contagiare l’Italia.
Cosa accadrà nel nostro Paese tra due settimane, se Piazza Affari continuerà a perdere quota e i titoli di Stato non troveranno acquirenti sufficienti?
Finiani e centristi prendono in considerazione solo due ipotesi: un nuovo governo di centrodestra allargato a loro ma con un premier diverso, pur indicato da Berlusconi (e Letta resta l'”indiziato” principale) oppure il governo di solidarietà nazionale allargato a tutti.
Ma è chiaro che a quel punto sarà il faro del Quirinale a illuminare il campo di gioco e a individuare, tanto più in una situazione di emergenza, il nuovo timoniere super partes.
Fini e Casini non lo dicono, ma non escludono nemmeno che qualora la loro mozione raccogliesse oltre 80 firme, allora il premier potrebbe presentarsi dimissionario al Colle anche prima del 14.
Incertezze sul forfait dei suoi il presidente della Camera sembra non averne più. “Sto lasciando sfogare i miei, ma quel giorno saranno tutti con me” confidava ieri pomeriggio ai libdem Tanoni e Melchiorre fermatisi a salutarlo nel corridoio di Montecitorio.
Lo show-down tra due settimane.
“Se davvero restiamo blindati – spiega Tanoni che aggiorna i conti ad horas – la sfiducia sarà votata da 319 deputati, o meglio 318 dato che il presidente Fini si astiene. Con Berlusconi restano in 310: se anche un paio di incerti non si presentano, allora è fatta”.
Oggi, intanto, quando la Camera esaminerà il decreto sicurezza, i finiani si preparano a mandare sotto il governo almeno in un paio di altre occasione, come ormai avviene quasi quotidianamente.
Carmelo Lopapa
(da “la Repubblica“)
argomento: Berlusconi, Casini, elezioni, Fini, Futuro e Libertà, PdL, Politica, Udc | Commenta »
Dicembre 1st, 2010 Riccardo Fucile
ERA A FIANCO A QUELLA DEI GLADIATORI, CROLLATA QUALCHE SETTIMANA FA… FINITO IN POLVERE UN DIVISORIO DEL GIARDINO IN CUI L’ANTICO PROPRIETARIO AVEVA FATTO INCIDIRE SCRITTE A SFONDO ETICO… CHE NON ABBIA RETTO AI MODERNI TEMPI DI IMMORALITA’ DELLA POLITICA?
Un nuovo crollo si è verificato ieri negli scavi archeologici di Pompei. Secondo quanto si è appreso riguarda un muro interno al giardino della casa del Moralista, nei pressi della Schola Armaturarum sbriciolatasi lo scorso 6 novembre.
Pare che, come in quell’occasione, anche questa volta le forti piogge abbiano provocato uno smottamento dei terrapieni retrostanti la palestra utilizzata dagli atleti dell’antica Pompei.
Sui muri che circondano il giardino della domus del Moralista, a Pompei, l’antico proprietario aveva fatto scrivere delle frasi «moralizzatrici» rivolte a quanti si recavano a trovarlo.
A cedere è stato il muro perimetrale della “Casa del moralista” chiusa al pubblico da sempre e situata a 20 metri dall’edificio crollato circa un mese fa su Via dell’Abbondanza.
Il crollo riguarda un muro di fondo della casa che faceva da contenimento al peristilio, al giardino della domus.
Sono caduti sei-sette metri di materiale “incerto”, fortunatamente di scarso valore, formato solo da tufo e calcare.
Ieri mattina un custode, Giuseppe Longobardi, ha segnalato telefonicamente al coordinatore della vigilanza di aver rilevato il crollo di un muro di contenimento antico della Casa del Moralista.
Recentemente erano stati eseguiti dei lavori al terrapieno retrostante la domus, che è inzuppato d’acqua.
Gli interventi voluti dall’ultimo commissario Marcello Fiori, braccio destro di Guido Bertolaso, nella cosiddetta area dei ‘nuovi scavi’ sono stati effettuati con delle ruspe.
Un sistema non usuale per gli scavi che forse, complice la pioggia incessante degli ultimi giorni potrebbe aver contribuito al cedimento di oggi.
“Pompei è una città fragile e se continua a piovere così tutti i muri senza copertura sono a rischio”. E’ l’allarme lanciato dal soprintendente degli Scavi di Pompei Jeannet Papadopulos, dopo aver constatato di persona il cedimento di un muro di contenimento nel giardino della Casa del Moralista.
“I muri sono precari – ha sottolineato il soprintendente nel corso del sopralluogo – questo che è crollato oggi, in particolare. era già stato rifatto dopo la seconda guerra mondiale, ed è venuto giù nonostante avesse alle sue spalle una staccionata di contenimento.
Questo ennesimo episodio dimostra come Pompei sia ormai un’emergenza che ha bisogno di avere subito un Soprintendente a tempo pieno e che si avviino i lavori di messa in sicurezza che avrebbe dovuto fare il Commissario. Rimane l’unica domanda a cui ancora nessuno dà una risposta: di chi è la responsabilità e chi paga?
Nessuno, come sempre avviene in Italia.
argomento: arte, casa, denuncia, emergenza, governo, Politica, radici e valori | Commenta »