Dicembre 10th, 2010 Riccardo Fucile
PER “FAMIGLIA CRISTIANA” E’ PEGGIO DI TANGENTOPOLI, “AVVENIRE” DICE NO AI GOVERNICCHI, MA BERTONE TIFA PER BERLUSCONI, FULGIDO ESEMPIO DI MORALITA’…LA BONGIORNO SPAZZA VIA I DUBBI DI UNA ASSENZA POLITICA… SILVIO: “RIMANGO PERCHE’ HO LA STIMA DEGLI ITALIANI” (IL 36%?)… E I DUE FRONTI SONO ALLA PARI
La procura di Roma ha aperto una inchiesta sulla presunta compravendita di deputati
avviata da Silvio Berlusconi per assicurarsi la fiducia in vista del voto del 14 dicembre.
Il fascicolo è in realtà doppio e riguarda sia l’esposto presentato oggi da Antonio Di Pietro, sia un atto avviato precedentemente dai pm sulla base di notizie di stampa.
Il leader dell’Italia dei valori ha presentato in particolare una denuncia sulla fuoriuscita dal partito degli ex colleghi Antonio Razzi e Domenico Scilipoti.
Di Pietro per illustrare il suo esposto è stato a colloquio stamane per circa un’ora con il procuratore Ferrara al quale ha consegnato una serie di articoli di stampa, comprese alcune interviste rilasciate in questi giorni dai due deputati che hanno lasciato l’Idv.
Di Pietro spiega di aver prodotto «molti documenti e numerose prove» sul mercatò di voti in Parlamento.
«E molte altre – avverte – ne produrrò a breve».
«Spero ora – è il suo appello – che altri possano aiutarci a far luce su questo scandalo, che io considero uno dei più gravi, in Italia, in questo XXI secolo». «In una vera democrazia – conclude – non ci si può basare su voti comprati, venduti o estorti. Comunque, di quanto esibito al Procuratore non posso dire nulla, perchè sono tenuto al segreto istruttorio».
Il reato ipotizzato nei confronti di chi acquista e di chi vende voti sarebbe quello di corruzione.
Ma non è da escludere anche quello di concussione.
A svolgere le indagini sarà il procuratore aggiunto Alberto Caperna, ma dagli ambiente della procura si fa notare che provare da un punto di vista giudiziario la compravendita è estremamente difficile, in quanto occorrono le prove certe dell’avvenuta corruzione in quanto “un parlamentare non ha alcun vincolo di mandato ed è libero di cambiare casacca mille volte”.
L’iniziativa formale della magistratura arriva inoltre sulla scia di aspre polemiche politiche per quello che da più parti viene definito uno spettacolo osceno.
L’ultimo a parlare in ordine di tempo sulla questione è stato oggi Gianfranco Fini. “Da adesso inizia il calciomercato…”, ha detto il presidente della Camera rispondendno agli auguri che due insegnanti del liceo scientifico ‘Maiorana’ di Isernia gli hanno rivolto per il 14 dicembre, giorno della sfiducia al governo Berlusconi.
Giulia Bongiorno si scaglia invece contro chi (nel Pdl) “avrebbe insinuato un’assenza “dolosa” del deputato di Fli il 14, “non per ragioni legate alla mia gravidanza ma per ragioni politiche”.
«Per sgretolare questa farneticante ipotesi di un commodus discessus – aggiunge la Bongiorno – basterebbe guardare alle posizioni da me apertamente assunte in questa legislatura in materia di giustizia a partire dal provvedimento sulle intercettazioni (peraltro quando ancora stava solo nascendo il Pdl) fino alla prescrizione breve, al processo breve e, da ultimo, alla riforma della giustizia».
«Definire “politica” una gravidanza evidentemente non esente da qualche problema – insiste – non è solo una manifestazione di grande disprezzo nei miei riguardi ma esprime (ed è ancora più grave) una percezione maschilista della gravidanza, declassata a strumento di falsificazione del reale e di fuga dai propri doveri e dalle proprie responsabilità ».
«Simili insinuazioni – conclude – non possono che provenire da chi non si rende conto che una donna, nemmeno la più menzognera e vigliacca, non userebbe mai la gravidanza come un alibi».
“Il tariffario che viene fatto in questi giorni sui giornali in merito al “costo di un voto in più o in meno” per la fiducia al governo del 14 dicembre, sembra “acqua fresca rispetto alle mazzette di Tangentopoli”. E’ questo il severo giudizio che Famiglia cristiana.
“Riguardo alla possibilità di una formalizzazione della crisi di governo che è già in atto, io credo che nella situazione attuale dell’Italia una disordinata corsa alle urne sarebbe rischiosa e credo anche che soluzioni basate su ‘governicchi’ risulterebbero quantomeno problematiche”. Lo afferma il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, rispondendo a una lettera di un lettore.
La gerarchia della Chiesa, in primis il cardinal Bertone, ignorano le critiche della base: l’importante è avere i fondi delle scuole confessionali.
Del bunga bunga, della corruzione, della crisi, della condotta etica del premier, della mancanza di una politica sociale e delle discriminazioni razziali evidentememente a Bertone non frega nulla.
Quanto alla conta sulla sfiducia, se ieri era 316 a 310 per l’opposizione, i nuovi qualificati e “disinteressati” ingressi di Grassano, Razzi e Catone tra le file dei berluscones porta a un pareggio a quota 313, considerando astenuti solo i due altoatesini.
Resta l’incognita delle tre deputate prossime al parto (tutte e 3 voterebbero la sfiducia).
Ma l’esperienza insegna che ogni giorno può succedere di tutto: magari che si diano malati anche un paio di deputati del Pdl, circostanza che qualcuno non ha ancora considerato o che qualcuno ricambi idea temendo di ritrovarsi i carabinieri in casa a verificare debiti ed entrate.
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Dicembre 10th, 2010 Riccardo Fucile
LO SFOGO DI PETRANGELO BUTTAFUOCO, GIORNALISTA E SCRITTORE, UNA VITA A DESTRA… “HANNO CERCATO DI FARSI DEMOCRISTIANI A SUON DI CLIENTELE, PER CHI E’ NATO NEL MIO MONDO NON CI SONO GIUSTIFICAZIONI”….”NON ESISTE PIU’ UN’AREA CULTURALE DI RIFERIMENTO”
Il più arrabbiato per la parentopoli del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, è uno che nella efficacia della destra sociale al potere ci aveva davvero creduto, prima di vedere come è stata gestita la Capitale in questi due anni e mezzo: Pietrangelo Buttafuoco, scrittore e giornalista di Panorama, cresciuto da irregolare tra le file del Movimento sociale e il Secolo d’Italia. “Sono deluso come uno che scopre violenze terrificanti dentro casa sua e si chiede: e io, povero fesso?
Buttafuoco, i numeri sono da ufficio di collocamento: 854 assunti all’Atac e 1400 all’Ama da quando Alemanno ha vinto le elezioni.
E’ tipico della sua cultura che ha radici settarie. E’ la vergogna dell’Alemannismo, anzi la vergognissima.
Si aspettava qualcosa di diverso?
Hanno cercato di farsi democristiani a suon di clientele familistiche. Non ci sono giustificazioni, a maggior ragione per chi è cresciuto in questo mondo. Chissà come starà soffrendo Pino Rauti.
Anche quella destra, quindi, al potere si è comportata come tutti gli altri.
Eppure erano quelli che mordevano la realtà , che andavano sui marciapiedi, ma per altre storie.
Come reagisce, secondo lei, la base elettorale di Alemanno a questa politica delle clientele?
Non esiste più un’area culturale di riferimento. Gli attivisti del Movimento sociale non votano più per nessuno.
Neanche lei?
No.
Ma che destra era quella da cui viene Alemanno?
La destra sociale non c’ entra col conservatorismo nè col moderatismo: è una dottrina politica che nasce nel solco del Novecento e che ha avuto una sua ragione d’essere nella militanza in favore del popolo e delle sue priorità . Fondata sull’emancipazione, la tutela dei lavoratori e l’idea di dare un futuro a chi aveva difficoltà a ritagliarsi uno spazio nella società italiana.
Un bel cambiamento rispetto alla parentopoli di oggi?
Già . Non è certamente il Movimento sociale di Beppe Niccolai, nè quello di Giorgio Almirante e tantomeno di Pino Rauti.
Hanno piazzato figli, nipoti, mogli e persino una ex cubista nelle municipalizzate.
Tipico. Si sono ritrovati fra le mani un giocattolo che è diventata l’arma con cui si stanno massacrando.
Colpa dell’influenza berlusconiana del bunga bunga?
No, assolutamente. Si fanno del male da soli.
Qual’è la differenza tra Alemanno e l’altro uomo di destra che ha guidato il Lazio, Francesco Storace?
Storace non aveva la tribù, è più simpatico, più ruspante. Alemanno si è infighettito parecchio e i suoi uomini sono sempre stati settari…Chissà ora quanti anatemi mi lanceranno.
Qual’è stato l’errore più grande di Alemanno?
Il sindaco di Roma deve fare il sindaco di Roma. Invece che fa? Politica: costruisce il suo gruppo, piazza i suoi uomini, coltiva il suo giardino di consensi. Avrebbe dovuto occuparsi delle strade, delle buche, del traffico.
Chiudere le buche porta più consensi di qualche centinaio di assunzioni?
Certo! Ma Gianni si ubriaca facilmente: E’ bastato che gli arrivasse all’orecchio che forse il Cavaliere voleva lui come erede. O che i delusi di Fini intasassero i centralini del municipio urlando “Gianni aiutaci tu”. E la fine risulta imbarazzante. E’ diventato un interventista politico, politichese e politicuzzo.
Cadono già le prime teste, come quella del capo-scorta di Alemanno, Giancarlo Marinelli.
Marinelli è stato un vero signore ad andarsene. Ma sono altri che si devono
dimettere.
Cioè Alemanno?
Certo. Marinelli gli ha dato una bella lezione. Ma io, che amo molto i retroscena, sono convinto che dietro questa operazione si debba temere
un’aggressione più dall’interno che dall’esterno.
Complottista.
No, hanno fatto tutto da soli. Ma c’è chi è pronto ad approfittarne.
Facciamo i nomi.
L’ex capo della Protezione civile, Guido Bertolaso. Aspetta in un angolo, con l’acquolina in bocca, immaginandosi già la campagna elettorale come prossimo sindaco di Roma. Ho notato strane mobilitazioni. E’ nell’ aria: non può stare con le mani in mano.
E chi lo dice?
Se ne parla negli ambienti di città , dove ci si annusa, ci si cerca, ci si dà appuntamento: dove si decidono le cose più concrete.
Quindi Alemanno è considerato spacciato?
Ha preso una brutta botta.
Beatrice Borromeo
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 10th, 2010 Riccardo Fucile
RAZZI AL SEGUITO, DI PIETRO VA DAI PM… STORIA DI UNA CONFERENZA STAMPA MARZIANA DI TRE PERSONAGGI UNITI DALLA STESSA CRAVATTA: NASCE IL PARTITO TRICELLULARE… TRE PERSONE COERENTI PER “MORALIZZARE IL PAESE”
Montecitorio, ieri mattina. 
L’onorevole Massimo Calearo — non è uno scherzo — regala ai giornalisti un sorriso sfavillante: “Siamo un gruppo di tre persone, con tante anime diverse, unite dalla stessa cravatta!”.
A quel punto abbasso lo sguardo sui tre onorevoli seduti al tavolo.
Purtroppo è vero: tre cravatte, tinta unita blu, bandierina tricolore: “Le ho comprate io stesso, ne vuoi una pure tu?”.
Il simbolo, poi, è ancora più interessante: una specie di Tao da centro massaggi, però tricolore.
Quello l’ha disegnato l’onorevole che siede al centro, Domenico Scilipoti, da Barcellona Pozzo di Gotto: “Ah — sorride soddisfatto — se n’è accorto?
È concetto spirituale, una rivisitazione patriottica dello yin e dello yang. L’ho fatto con le mie mani!”.
Il nome del primo partito tricellulare della storia italiana (nel senso letterale, è composto di tre persone), l’ha trovato l’onorevole Bruno Cesario, il terzo porcellino della banda: “Movimento di responsabilità nazionale”. Meraviglioso.
Ma la vetta di sublime l’onorevole Calearo la tocca subito dopo, quando aggiunge: “Non ci interessa la politica colorata. Abbiamo a cuore gli interessi della nazione. E il male minore in questo momento, è il governo”.
Aggiunta: “Dentro di noi siamo molto pluralisti. Io sarei intenzionato ad astenermi, Scilipoti vorrebbe votare no, Cesario è sicuro del sì. In questi giorni che mancano alla fiducia cercheremo una posizione comune. Quel che ci unisce, oggi — dice raggiante — è interesse della patria”.
In realtà , l’ipotesi più probabile, ieri, nella sublime e pirotecnica conferenza stampa che si è trasformata in uno show — tra pianti, urla di contestazione, insulti e monologhi da melodramma — è che tutti e tre gli esponenti del “Movimento di responsabilità ” (alla faccia dello yin e dello yang, della spiritualità e soprattutto del bipolarismo) decidano di aiutare la patria con un voto favorevole a Silvio Berlusconi.
Ed è probabile che come loro faccia l’onorevole Antonio Razzi, l’ex operaio emigrato in Svizzera, che ieri ha superato se stesso: “In queste ultime 48 ore ho vissuto un vero dramma interiore — ha detto leggendo una lettera con tono affranto ai giornalisti — che mi ha portato a cambiare la mia idea: ora voterò come dice il mio nuovo gruppo”.
Qui le cose belle sono almeno due.
La prima è che due giorni fa l’onorevole Razzi assicurava che avrebbe votato “Come dice il capo, cioè Antonio Di Pietro”.
Mentre tre giorni fa sosteneva: “Non ho firmato la mozione di sfiducia”. Interrogato in proposito ha risposto con logica ineccepibile: “Non ho cambiato idea, ho cambiato capo”.
Il che vuol dire che se continua a questo ritmo — in linea teorica — può cambiare voto, o capo, almeno altre quattro volte prima del voto.
La seconda cosa divertente è che anche in questo caso “Noi sud”, il suo nuovo gruppo (ma si tratta come nel caso dei “Responsabili” di una componente minuscola, una frattaglia del gruppo misto), è tutto schierato al suo fianco: tre persone più Razzi.
Fra questi c’è anche il mitico onorevole Americo Porfidia (fantastico eloquio da politicone del sud) che ha raccontato la miracolosa conversione del collega (dall’antiberlusconismo alla fiducia) ricorrendo a un lessico che ricorda quello delle vite dei santi: “Gli sono stato vicino, in questi mesi, nel lungo travaglio intellettuale che ha prodotto questa scelta…”.
Al che, i giornalisti chiedono: “Scusi, Razzi, il suo è stato un lungo travaglio intellettuale durato mesi, o un dramma interiore di 48 ore?”.
L’onorevole allarga le mani, esibisce un sorriso da sfinge, sospira e non dice nulla (deve essere stato un lungo travaglio interiore di 48 ore).
La cosa bella è che l’onorevole Razzi, è ancora su Internet (se si digita il suo nome su Google) con un video in cui spiegava indignato: “Prima delle vacanze sono stato avvicinato e hanno cercato di comprarmi!”.
Chi? “I berlusconiani”.
E come? “Con proposte allettanti, come quello di pagarmi un mutuo, di essere rieletto sicuro… posti buoni, cariche in più, entrare nel governo…”: E lui, che aveva fatto? “Ho risposto sdegnato no, perchè non avrei mai potuto dirlo ai miei elettori”. Eroico.
Anzi di più: “Io sono un operaio e me ne vanto, gli operai non si fanno comprare: non sono una merce, sono una persona!”.
Ieri, quando gli ho chiesto a quale Razzi si debba credere, l’onorevole ha regalato un altro sorriso radioso: “Non era vero nulla di quel che dicevo allora. Facevo solo propaganda dipietrista” (un meraviglioso modo per darsi del bugiardo da solo, retroattivamente).
Ma le vette comiche — un omaggio involontario alla commedia all’Italiana e a Mario Monicelli — vengono toccate dai tre “responsabili”, che hanno trasposto in politica la filosofia della Tripla da schedina Totocalcio: “Non è bello? Se ci pensa — spiega — ancora Calearo, noi potremmo votare qualsiasi cosa”. Uno, due, ics: nulla di male se non fosse che tutti e tre sono stati eletti con i voti del centrosinistra (i primi due nel Pd, e Scilipoti nell’Idv).
L’onorevole Scilipoti, poi, è la vera risorsa spettacolare del trio.
Esordisce con la sua ormai celebre teoria: “In questo momento sono orientato a votare no, ma il 14 non so”.
Prosegue con un ragionamento ferreo: “Sono stato fedele e più che leale all’Idv — grida — finchè sono stato nel gruppo dell’Idv!”.
Però aggiunge: “Da ieri sera non ne faccio più parte, e sono leale al nuovo gruppo”.
Scilipoti prosegue con un acuto toccante: “Per 12 anni ho anteposto Di Pietro alla mia famiglia!”.
E spiegando il motivo del suo “travaglio interiore” (pure lui) ulula: “Non potrei restare in un partito in cui si pensa che chi pratica l’agopuntura sia uno stregone!!” (È nato il trasformismo omeopatico).
Antonio Di Pietro va dai giudici, il Pd parla di corruzione.
La conferenza stampa si chiude tra le invettive di Pasquale Laurito (delitto “Velina rossa”) e le urla del dipietrista Stefano Pedica a Scilipoti: “Hai tradito i tuoi elettori!”.
E lui: “Ci sono provocatori non giornalisti che non hanno statura intellettuale per farmi domande!”.
E Pedica: “Sono anche giornalista, rispondi!”.
Al che Scilipoti regala l’ultima perla: “I giornali mi massacrano, non mi importa. Io non appartengo al partito! Appartengo al popolo!”.
Luca Telese
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 10th, 2010 Riccardo Fucile
ENTRATO ALLA CAMERA COME PRIMO DEI NON ELETTI, DOPO LA RINUNCIA DI COTA, E’ STATO UNA COLONNA STORICA DELLA LEGA ALESSANDRINA… ARRESTATO PER TRUFFA AI DANNI DEL COMUNE PER UN IMPORTO DI 760.000 EURO…D’ACCORDO COL SUO DATORE DI LAVORO, AVEVA GONFIATO LA SUA BUSTA PAGA PER 5 ANNI, RISCUOTENDO RIMBORSI NON DOVUTI
Silvio ha trovato, nella sua battaglia per la moralizzazione del Paese, un altro adepto per salvare il governo il 14 dicembre, frutto della campagna acquisti in atto tra “persone qualificate ed eleganti”.
Si tratta di Maurizio Grassano, già presidente del Consiglio comunale, attualmente sotto processo per truffa aggravata ai danni del Comune
Diventato onorevole grazie a Roberto Cota che, presentando la propria candidatura a presidente della Regione e risultando eletto, aveva ben chiaro il rischio che avrebbe corso la Lega.
Il primo dei non eletti nel collegio di Piemonte 2 era infatti il leghista Grassano: dovendosi Cota dimettere, ecco il subentro scontato: ovviamente nel gruppo misto, visto che la Lega l’ha espulso (a cose fatte).
Il processo che lo vede imputato nel frattempo si avvia alla conclusione.
L’accusa nei suoi confronti è peraltro molto circostanziata: in concorso con il titolare della sua azienda, gonfiando la propria busta paga, fatta arrivare fino a 12.000 euro mensili, avrebbe truffato al Comune 760.000 euro nel periodo tra il 2003 e il 2008, per le assenze dal lavoro dovute a cariche istituzionali.
In pratica, per legge, nei casi di “impegni istituzionali”, l’ente locale rimborsa al datore di lavoro la quota oraria di retribuzione dovuta al dipendente.
Lo stipendio del Grassano all’inizio era “normale”, ma è andato via via decuplicandosi nel tempo, suscitando i primi accertamenti della Guardia di Finanza che avrebbe avuto la prova che questo improviso exploit derivava in realtà da un accordo tra Il Grassano e il suo titolare della Vega, settore verniciatura, che faceva figurare un compenso gonfiato.
Il Comune si era trovato a rimborsare 760.000 euro non dovuti, una cifra enorme per il bilancio comunale.
Prima arrestato e poi ai domiciari, il Grassano è stato espulso dalla Lega solo dopo il suo coinvolgimento nell’inchiesta.
L’esponente locale nel 2008 era stato presentato candidato al Parlamento, in quanto figura storica della Lega in Piemonte: in politica dal 1980, era componente della segretaria nazionale, tra i più votati del Carroccio, consigliere comunale e presidente del consiglio dal 1990, capogruppo.
In ogni caso a Montecitorio si è installato e anche in caso di condanna ci resterà .
Con tutti i privilegi futuri che potranno fargli comodo.
Ora anche con la protezione del premier che sicuramente saprà essergli riconoscente.
Solo chi è sotto processo può capire come sia importante la solidarietà tra inquisiti.
Ovviamente il tutto per la moralizzazione della vita pubblica.
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Dicembre 10th, 2010 Riccardo Fucile
CONDANNATO IN SECONDO GRADO A PAGARE 200.000 EURO, DAL LUGLIO SCORSO HA ANCHE UN AVVISO DI GARANZIA PER CALUNNIA E PRODUZIONE DI DOCUMENTI FALSI…ANCHE CATONE ANNUNCIA IL VOTO AL GOVERNO: PARE CHE PUBLITALIA GLI ABBIA GARANTITO UN GROSSO CONTRIBUTO PER IL GIORNALE CHE DIRIGE
L’abitazione e altri sei immobili pignorati. 
Una sentenza d’appello che lo condanna a pagare un debito da 200.000 euro. Indagato per calunnia, produzione di falsi documenti e l’aggravante di avere commesso il fatto con abuso dei poteri dati dalla sua carica di vicesindaco. Insomma, quella dell’onorevole Domenico Scilipoti, siciliano, classe ’57, è una storia giudiziaria piena di inciampi.
Ma anche una storia di debiti.
Ed è proprio qui che sembra nascondersi il motivo vero del suo repentino avvicinamento alle posizioni del Pdl.
Avvicinamento che in serata pare sfumare. Scilipoti annuncia che voterà la sfiducia e contemporaneamente lascia l’Idv. S
ono semplicemente schermaglie. In realtà il politico sembra contrattare.
Sarà lui il primo acquisto del Cavaliere?
“Mi hanno gettato fango addosso”, dice Scilipoti, rispondendo a quelle confidenze che da giorni, nei corridoi del proprio ex partito, raccontano delle sue difficoltà economiche. Malelingue piuttosto informate.
Visto che lo stesso onorevole Antonio Di Pietro era a conoscenza della vicenda da più di quattro mesi.
Per capire, però, bisogna tornare indietro al 1987. Da qui parte la sua storia giudiziaria.
A dare il la, un debito non pagato per 12 anni e un conto finale da 200mila euro. All’epoca Scilipoti è vice sindaco del Comune di Terme Vigliatore, provincia di Messina.
Tra i tanti impegni, c’è anche il progetto di un centro medico di tre piani. Dovrebbe chiamarsi Esculapio e sulla carta prevede 61 posti letto per 10 tipi di specializzazioni mediche.
L’autore del piano è l’ingegnere Carmelo Recupero.
L’incarico lui lo riceve direttamente da Scilipoti. L’opera però non va in porto, ma Recupero non viene mai pagato.
Nel 1997 il professionista chiede e ottiene un decreto ingiuntivo.
Il politico però non demorde. Tanto da arrivare a negare di aver firmato i progetti dell’ospedale. Ma c’è di più.
Scorrendo le pagine delle sentenza d’appelo del tribuanle di Barcellona Pozzo di Gotto si scopre che l’ormai ex parlamentare dell’Idv sostiene di trovarsi in Brasile al momento della firma. Motivo del presunto viaggio: lezioni universitarie.
Gli avvocati di Carmelo Recupero, però riescono a dimostrare che in quel periodo il vice-sindaco si trova in comune a presiedere un consiglio comunale. Non è finita.
Nel 2008, infatti, il tribunale dispone anche un esame calligrafico. Dalla perizia emerge che tutti i documenti sono stati firmati da Scipoliti.
Nel luglio 2009 arriva la sentenza di secondo grado nella quale, fra l’altro si legge che Scilipoti “sperava di ottenere un finanziamento per l’opera sfruttando la propria carica e di contatti politici”.
La questione, però, si complica ulteriormente. Il 19 luglio scorso si passa dal civile al penale.
Nelle vicenda della casa di cura, Scipoliti risulta indagato per calunnia e produzione di falsi documenti.
A novembre gli viene recapitato un avviso di garanzia.
Da qui la richiesta dell’onorevole di essere ascoltato dai magistrati. Della cosa, infine, viene messo a conoscenza anche Antonio Di Pietro.
Il 5 agosto l’ingegnere Recupero decide, infatti, di esporre il suo caso al leader dell’Idv, allegando tutte le carte che interessano il deputato.
“Egregio onorevole Di Pietro, debbo significarle che nell’Idv, purtoppo è presente un soggetto, mi riferisco all’on. Domenico Scilipoti che a mio parere non rende giustizia al movimento dal Lei rappresentato”.
Passiamo a un secondo nuovo acquisto dei berluscones, in questo caso un recupero: l’on. Catone era infatti passato con Fli, ma ora dissente.
“Per il momento l’unica cosa certa è che non voterò la sfiducia a questo governo. Poi sul fatto se lascerò o meno il partito ancora non lo so bene”.
Raggiunto telefonicamente a Bruxelles Giampiero Catone ribadisce che lui confermerà la fiducia al governo Berlusconi.
Il parlamentare sulle prime nega che ci sia stata una trattativa con i vertici del Pdl che riguardi un’offerta di Publitalia per la pubblicità sul giornale che dirige: “La Discussione”.
Poi però, senza troppa ironia, è disposto ad ammettere che se ricevesse una consistente somma di denaro potrebbe anche accettare un’eventuale proposta della maggioranza a lasciare Fini e a confermare la fiducia all’esecutivo.
“Sa — spiega — io sono molto impegnato nel sociale e sa quante case famiglia io potrei costruire, ad esempio, con 20 milioni di euro? Accetterei qualunque cosa per realizzare progetti del genere”.
“Io non voterò la sfiducia — ribadisce il parlamentare — anche perchè in un momento come questo sarebbe assurdo aprire una crisi al buio”.
E con la patetica scusa della “crisi al buio”, un altro parlamentare spera di “vedere la luce”, intesa come risolvere i problemi personali.
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Dicembre 10th, 2010 Riccardo Fucile
INVITATO DA UN’ASSOCIAZIONE NELLA SUA VESTE ISTITUZIONALE PER PRESENTARE LA “CARTA DI PRINCIPI EDUCATIVI”, IL PDL LOCALE NON TROVA DI MEGLIO CHE CRIMINALIZZARE IL PRESIDENTE DI “JANUA” CHE E’ ANCHE NEL DIRETTIVO LOCALE DEL PARTITO DELL’AMORE… ORA E’ UN “TRADITORE” ANCHE LUI E VOGLIONO DEFENESTRARLO… LA REPLICA: “INVITO CHI MI PARE”
Qualcuno ricorderà il detto “la madre degli imbecilli è sempre incinta”: a Genova, il partito dell’amore deve averlo sempre ben presente e non ha perso occasione di darne plastica dimostrazione.
Accade che domani, sabato 11 dicembre, alle ore 15.30, a palazzo Ducale, nella Sala del Maggior Consiglio, il presidente della Camera, Gianfranco Fini, sia l’ospite d’onore del convegno “Il futuro e i giovani: la sfida delle associazioni, dei cittadini e delle famiglie”.
La finalità è etica, la predisposizione della “Carta dei principi educativi fondamentali”.
Presidente dell’associazione giovanile Janua, organizzatrice dell’evento, insieme a Gianni Testino, primario del servizio di alcologia del San Martino, è Luca Marchesi, già segretario dei giovani del Pdl e attualmente nel direttivo cittadino.
E questo è stato sufficiente perchè nel partito dell’amore si scatenasse l’inferno: telefonate infuocate tra l’establishment genovese e il giovane “traditore”, fino alle minacce di espulsione.
“Sono un privato cittadino che fa parte del direttivo di un partito politico e sono anche presidente di un’associazione culturale. Vista la natura dell’evento pensavo a una reazione diversa” si è difeso Marchesi.
“Loro possono pensare quello che gli pare, io penso ai contenuti della mia manifestazione” ha chiosato.
Neanche a farlo apposta, nella stessa location, vi sarà pure una staffetta: il mattino infatti ci sarà la riunione dei sopravvissuti del Pdl ligure, mobilitati con 15 pullman, a “sostegno del governo Berlusconi”contro il “traditore Fini”.
Finita la manifestazione dei vecchietti in gita, toccherà alla conferenza che “non ha nulla di politico, semmai ha finalità sociali”, come precisa il “neo-traditore” Marchesi.
Ma al coordinatore locale del Pdl non va giù: “Non posso impedire a nessuno di invitare la terza carica dello Stato (ma va, davvero?…), ma Fini, come sempre, si toglierà il cappello istituzionale per essere uomo di parte”.
Detto da uno che a Fini deve politicamente varie legislature tra Camera e Senato, devoto esecutore degli imput di Gianfri, uomo di parte da una vita, la frase fa sorridere chi lo conosce bene.
In fondo è anche giusto che il partito dell’amore abbia come mezzo espressivo quello di raccontare divertenti barzellette.
Il problema spesso è che l’umorismo è involontario.
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Dicembre 10th, 2010 Riccardo Fucile
ASSESSORI, CONSIGLIERI, CAPOGRUPPO PDL: OGNUNO HA PARENTI PIAZZATI IN POSTI SICURI… LO SCANDALO DI UN CENTRODESTRA CHE AVREBBE DOVUTO DIMOSTRARE LA PROPRIA “DIVERSITA”… E’ QUESTA LA MERITOCRAZIA CHE POI VIENE ANNUNCIATA IN TV?
Agenzia di collocamento Campidoglio.
Ovvero come aggirare l’obbligo dei concorsi pubblici, previsto per legge negli enti locali, assumendo a chiamata diretta nelle aziende comunali parenti, amici e sodali vari.
«Quello messo in piedi dal clan Alemanno è un vero e proprio sistema », racconta un fedelissimo che, in cambio dell’anonimato, è disposto a svelare numeri e metodi del reclutamento avvenuto a partire dal 2008 in Atac e Ama, per dimensioni le due principali società capitoline escludendo Acea (gestore dell’elettricità e dell’acqua quotato in borsa e perciò sottoposto a controlli più stringenti).
«Un sistema a carattere piramidale », prosegue la fonte. «Significa che la regia di tutte le assunzioni è politica, serve per accontentare clientele e creare consenso, ripaga dell’astinenza decennale che molti nel centrodestra, sotto Rutelli e Veltroni, hanno vissuto male».
In cima c’è il sindaco Alemanno, cui spetta indicare i manager e attraverso di loro controllare gestione e personale delle ex municipalizzate, affiancato da un paio di fedelissimi, ciascuno competente nel proprio settore, che ricevono i desiderata, smistano le istanze, soddisfano le richieste. Imbucate con molta disinvoltura nelle molteplici aziende del Campidoglio, un bacino potenzialmente senza fondo trasformato in un centro per l’impiego di mogli, figli, generi e nuore di parlamentari, assessori, dirigenti aziendali e persino sindacalisti.
In l’Atac, azienda dei trasporti, il dominus è il coordinatore regionale nonchè deputato del Pdl Vincenzo Piso.
È lui che ha trattato le oltre 850 assunzioni per chiamata diretta effettuate a partire dal 2008.
Con la fattiva collaborazione del coordinatore romano di rito forzista Gianni Sammarco e dell’ex ad Adalberto Bertucci, già consigliere comunale di An. Lungo l’elenco dei congiunti illustri.
L’ex capogruppo capitolino di An ora in Parlamento, Marco Marsilio, ha per esempio sistemato alla Direzione Comunicazione la sua compagna, Stefania Fois, un trascorso da pittrice semi- affermata come dimostra il sito internet che porta il suo nome; il senatore pdl Stefano De Lillo ha ottenuto per la moglie avvocato, Claudia Cavazzuti, la responsabilità dell’Area Normativa e Disciplina; il deputato Vincenzo Aracri ha fatto arruolare il genero, Nicola Valeriani, così come ha fatto l’ad Bertucci con il marito della figlia; per poi inserire anche la cognata del primogenito Marco e la figlia della sua segretaria (a sua volta distaccata dal Campidoglio e promossa dirigente).
Ma, a darsi da fare, è stato soprattutto l’assessore ai Trasporti: Sergio Marchi ha iniziato aiutando la fidanzata, Flavia Marino, a trasferirsi in Atac dalla società regionale Cotral (all’epoca gestita dal centrosinistra), ha continuato facendo assumere la sua segretaria, Loredana Adiutori, e la di lei figlia, si è superato con la consulenza di 4 mesi assegnata al cognato presso l’Agenzia di Mobilità , dove sono state prese pure con un contratto a progetto la moglie del suo capo staff, Enrico Guarnieri, e la ex fidanzata di un altro collaboratore, Peppe Leoni.
Non che i consiglieri comunali siano restati a guardare: l’ex An Marco Visconti ha sponsorizzato l’ingresso come quadro della compagna Barbara Pesimena; il generale prestato alla lista civica di Alemanno, Antonino Torre, il reclutamento del figlio come informatico.
Nutrito, come non bastasse, anche l’elenco sindacale: il segretario autoferrotranvieri della Faisa-Cisal, Camponeschi, ha piazzato moglie e figlia; il presidente Moro la sorella e la fidanzata; il segretario regionale della Cisl Chiricozzi il figlio; il segretario regionale Uil Napoleoni due figli, un nipote e la fidanzata del figlio; l’ex segretario della Cgil Murri la figlia.
Più controllato ma non meno copioso l’accesso in Ama.
Merito di quella vecchia volpe di Franco Panzironi, braccio operativo della Fondazione alemanniana Nuova Italia e gran procacciatore di fondi e affari. Da agosto 2008 è lui l’ad della società capitolina dei rifiuti.
Fra le sue mille assunzioni, c’è finito di tutto.
Dal genero, Armando Appetito, preso un mese dopo il suo arrivo, alla figlia del caposcorta del sindaco.
E poi ancora mogli, cugini, cognati di «una pletora di politici che storicamente utilizzano l’azienda per saldare cambiali elettorali»
Giovanna Vitale
(da “La Repubblica“)
argomento: Alemanno, Comune, Costume, denuncia, emergenza, la casta, Lavoro, PdL, Politica, radici e valori, Roma | Commenta »