Dicembre 29th, 2010 Riccardo Fucile
I PARERI DI LUCIA ANNUNZIATA, ENRICO MENTANA, PINO CORRIAS, MICHELLE PADOVANI, PIERO OTTONE, MIGUEL MORA, CURZIO MALTESE SUL KILLERAGGIO MEDIATICO ALLA BELPIETRO… PROPAGARE NOTIZIE SENZA ALCUNA VERIFICA E POI RIFIUTARSI DI INDICARE LA FONTE DEL PRESUNTO SCOOP O NOTIZIA TAROCCO
Le novità nell’atteggiamento di Maurizio Belpietro, autore dell’ultimo “scoop” sul
presidente della Camera Gianfranco Fini, sono due: ammette che la notizia del presunto auto-attentato che dà potrebbe essere falsa e rivendica il diritto di pubblicarla comunque.
Un’accelerazione rispetto al neo direttore editoriale di Libero Vittorio Feltri, che per riconoscere sul Giornale la bufala del caso Boffo da lui montato ci mise tre mesi (e ancora sconta la sospensione decisa dall’ordine dei giornalisti).
Belpietro scrive che, secondo una fonte mai conosciuta prima ma “che non mi è sembrato un matto”, era in preparazione un finto agguato contro Fini per poi far ricadere la colpa su Berlusconi.
“Ha ragione Belpietro, le notizie vanno date. Se le catastrofi del 2012 poi si verificassero io prenderei un bel buco a non annunciarle”, ironizza Pino Corrias, giornalista e dirigente di Rai Cinema.
Poi si fa serio: “Questo è un esempio di giornalismo barbarico, senza regole nè perimetro”.
L’operazione, spiega Corrias, è chiara: “Bisogna delineare un contesto lugubre in cui Fini si muove tra prostitute, case trafugate e personaggi dal passato losco. Il messaggio è che sono tutti uguali, quindi tanto vale tenersi Berlusconi”.
Se si abbattono le regole allora “anche io posso raccontare qualsiasi cosa, per esempio che Belpietro sta per sposarsi con un muratore tunisino. Me l’ha detto una fonte certa, e non potevo certo farmi scippare lo scoop da Chi”.
Se fosse vero. Ammettendo invece che la notizia ci sia davvero, l’unica prova resta comunque la parola di Maurizio Belpietro. “Se le tre inchieste della magistratura stabilissero che in Puglia si stava preparando qualcosa di serio, Belpietro avrebbe fatto bene a dare la notizia”, sostiene il direttore del Tg La7 Enrico Mentana.
Tutto dipende quindi dall’autorevolezza della fonte.
“Il problema è che non so chi sia questa persona — spiega Mentana — ma se un giornalista esperto la reputa credibile è normale che pubblichi l’articolo, anche senza ulteriori riscontri. D’altronde cosa poteva fare, chiamare l’attentatore?”.
Tutti i giornali ora parlano della escort, che giura di essere “nipote di un camerata di partito”, che Fini avrebbe comprato per duemila euro a notte, e di 200mila euro promessi a due criminali per ferire lievemente il leader di Fli lasciandosi dietro l’ombra del Cavaliere.
Un accostamento, quello tra le due vicende, che secondo Mentana “contamina già in partenza la percezione dell’articolo, rendendo quasi obbligatorie reazione negative. Ma se fosse un bluff, il primo a perderci sarebbe proprio Belpietro, visto che lui stesso è stato bersaglio di un controverso attentato. O il direttore ha ragione, o si è appena lanciato un doppio boomerang”.
E proprio nel precedente di Belpietro, suggerisce l’editorialista di Repubblica Curzio Maltese, si celerebbe una perversione psicologica (poco originale) del direttore di Libero: “Hitler, com’è noto, ha fatto suicidare la nipote con cui aveva rapporti sessuali. E, guarda caso, accusava i suoi nemici proprio di andare a letto con ragazzine o con parenti. Belpietro ora scrive di un falso attentato e di una escort: quest’ultima professione è diventata politicamente celebre grazie a Berlusconi, e sugli attentati fasulli il caposcorta di Belpietro potrebbe tenere lezioni. Perchè il direttore non indaga sul tizio che avrebbe sparato sulle scale di casa sua e che poi, neanche fosse un caccia americano a prova di radar, è svanito nel nulla?”.
Il complotto. “Girano strane storie…”: ecco come, l’altroieri, cominciava la ricostruzione di Libero.
E, almeno su questo aspetto, è d’accordissimo la conduttrice di In mezz’ora, Lucia Annunziata: “La vicenda è troppo strana per essere stata completamente inventata, va oltre ogni limite. Penso che dietro ci sia un gioco oscuro”.
Secondo l’ex presidente della Rai “gira un’intercettazione, o un video, in cui un camorrista immagina di attaccare Fini per compiacere Berlusconi. Penso che da qualche parte ci sia un documento che ha aperto una nuova serie di ricatti. E credo che Belpietro abbia costruito questa storia solo per smontare preventivamente quella vera che potrebbe presto uscire. Però ha esagerato, segno che il gruppo di fuoco della macchina del fango è in grande difficoltà ”.
La deriva. Vera o falsa, una notizia data così suscita comunque qualche perplessità in chi ha la giusta memoria storica della professione per cercare analogie.
L’ex direttore del Corriere della Sera e del Secolo XIX Piero Ottone, ammette che “non ricordo precedenti simili nella mia lunga carriera da giornalista. Sul caso specifico non ho niente da dire, mi dispiaccio invece che in Italia il giornalismo abbia preso proprio una brutta piega”.
Nessuna condanna invece da un altro ex direttore del Corriere, Paolo Mieli: “Io faccio un altro mestiere, ha domande editoriali da farmi?”.
Il presidente della Federazione nazionale della Stampa, il sindacato dei giornalisti, Roberto Natale, è più esplicito: “Dare dignità di notizia a chiacchiere non verificate significa eliminare il compito del giornalista”.
I corrispondenti esteri hanno gioco facile a denunciare la pochezza del giornalismo italico: per Miguel Mora di El Paìs “in Spagna una notizia come questa non sarebbe mai stata pubblicata, in caso contrario l’autore sarebbe poi finito sotto inchiesta. Se le fonti sono anonime, senza riscontri o rumors semplicemente non è giornalismo”.
Non è più benevola la corrispondente francese Marcelle Padovani: “Queste persone non fanno il nostro mestiere. Sono ricattatori al servizio di un padrone: niente a che fare con il giornalismo”.
Beatrice Borromeo
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 29th, 2010 Riccardo Fucile
NESSUN RISCONTRO ALLA VERSIONE DEL CAPOSCORTA CHE SPARO’ TRE COLPI DICENDO DI AVER SOPRESO UN ATTENTATORE SULLE SCALE… ORA POTREBBE ESSERE INCRIMINATO PER SIMULAZIONE DI REATO… COME MAI E’ ANCORA DI SCORTA A BELPIETRO?
Era il 30 settembre: nel condominio di via Monte di Pietà , nel centro di Milano, dove risiede il direttore di “Libero”, Maurizio Belpietro, il suo capo scorta, Alessandro M., denuncia di aver messo in fuga, sparandogli, un terrorista.
Tre i colpi che partono dalla sua pistola d’ordinanza, ma che si infrangono in una vetrata dello stabile e sul muro.
Nelle ore successive viene anche diffuso un identikit.
Nessun testimone, nessuna immagine utile dalle telecamere di sicurezza posizionate sul retro del palazzo.
Il presunto terrorista si è volatilizzato.
Resta solo la versione dell’agente scelto.
Ieri, il Giornale ha rilanciato l’ipotesi secondo cui l’uomo di scorta si sarebbe inventato tutto, tesi peraltro che girava da tempo negli ambienti della Procura,
E che per lui sia pronto un avviso di garanzia per simulazione di reato e procurato allarme.
L’inchiesta è alle battute finali, e per quel poco che trapela dalla Procura, l’archiviazione sembra la conclusione più plausibile.
Decisivo sarà l’ultimo interrogatorio, al quale l’agente sarà sottoposto dopo le feste. Occasione per raccontare la verità e per capire se ha agito da solo o su suggerimento di qualcuno.
In questi tre mesi sono stati svolti tutti gli accertamenti possibili.
Ai primi di ottobre è stato anche ricostruito, alla stessa ora, l’agguato secondo il racconto dal capo scorta.
Oltre alla sua parola, non ci sono altri elementi.
Dopo una settimana di riposo, nei giorni successivi al presunto agguato, l’agente scelto è tornato al servizio scorte.
Come primo incarico era stato assegnato a un magistrato di Corte d’assise, ma subito dopo, per evitare polemiche o imbarazzi, aveva avuto una normale turnazione, a seconda delle esigenze dell’ufficio.
In verità le prime notizie avevano dato l’agente trasferito ad altri compiti.
In ogni caso successivamente avviene un fatto strano, anche alla luce delle perplessità crescenti sulla veridicità della ricostruzione fatta dallo stesso caposcorta che avrebbe dovuto invitare quindi alla prudenza.
Accade che o su richiesta o in ogni caso con l’assenso dello stesso Belpietro, l’agente viene riassegnato alla tutela dello stesso direttore di Libero.
Come è possibile, a questo punto, che Belpietro si fidi ancora di questo agente, che molti suoi stessi colleghi ritenevano “si fosse inventato tutto”?
O forse è legato a lui da qualche motivo particolare e vuole tutelarlo?
In attesa che le conclusioni dell’inchiesta facciano definitivamente chiarezza su questa vicenda non del tutto limpida.
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Dicembre 29th, 2010 Riccardo Fucile
IERI 200 PASTORI SARDI SONO STATI RESPINTI A CIVITAVECCHIA COME DEI DELINQUENTI, SOLO PERCHE’ VOLEVANO CHIEDERE INTERVENTI URGENTI PER UN SETTORE CHE PREVEDE LA CHIUSURA DI 7.700 AZIENDE…I MANIFESTANTI PRESI A MANGANELLATE: “SIAMO STATI TRATTATI DA CRIMINALI”… PER I LADRONI LEGHISTI INVECE PASSIERA ROSSA E SOLDI PUBBLICI
Speravano di manifestare a Roma. 
Sono stati bloccati da polizia e carabinieri prima ancora di salire sui 5 pullman che li attendevano al porto di Civitavecchia.
Nella capitale i pastori sardi volevano «dar vita a una conferenza stampa per spiegare le ragioni del malcontento».
Ma il viaggio degli oltre 300 allevatori dell’Mps, iniziato a Olbia l’altra notte, si è concluso alle 6 del mattino tra forti tensioni.
I dimostranti – dicono ora alla questura di Roma – hanno tentato di forzare il blocco.
Così la polizia ha risposto denunciando due di loro per resistenza e lesioni (un agente è rimasto contuso) tutti gli altri per manifestazione non autorizzata e per essersi rifiutati di farsi identificare.
Ma la versione degli allevatori non collima con le ricostruzioni ufficiali secondo cui i pastori volevano manifestare sul Grande Raccordo Anulare.
E una dirigente del Movimento, Maria Barca, denuncia di essere stata colpita «con un violento calcio a una caviglia» e di aver «implorato agli agenti di lasciar andare un pastore da loro ripetutamente picchiato».
Per il leader del Movimento dei pastori sardi, Felice Floris «siamo vittime di una politica ignava e cialtrona che tutto fa all’infuori di creare sviluppo. Ci hanno imposto d’investire per adempiere alle norme Ue – continua – intanto Stato e Regione non hanno adottato misure per tutelare latte e formaggi in sede europea, accettando miseri contributi in cambio della rinunzia alla produzione».
E Riccardo Piras, portavoce del Comitato di lotta dei contadini e dei pastori sardi, incalza: «Che la manifestazione non fosse autorizzata è una scusa. Questo non è davvero uno Stato democratico se non permette ai suoi cittadini di dar voce al malcontento».
A lui fa eco Andrea Cinus, uno dei 200 sbarcati a Civitavecchia: «Non siamo neppure riusciti a uscire dal porto. Lì già ci attendevano gli agenti, che hanno fermato anche i pullman affittati per raggiungere Roma. Volevamo solo fare una manifestazione pacifica. Ci hanno trattato come criminali».
Parte da lontano, comunque, la rivolta degli allevatori.
L’inizio di tutto è una cascata d’interessi bancari vorticosi (sino al 18%) nata dalla cancellazione di una legge sarda per benefici nell’agro-zootecnia 15 anni fa bocciata dall’Europa perchè violava le regole della libera concorrenza. Da allora migliaia di aziende e ovili hanno visto acuire la recessione in maniera esponenziale.
Interi patrimoni sono finiti all’asta o esposti a esecuzioni giudiziarie.
La sovrapproduzione di pecorino e la crisi degli iscritti con le organizzazioni tradizionali di categoria hanno fatto il resto, lasciando campo libero a gruppi autonomi come il Movimento dei pastori sardi.
L’Mps, al contrario di quanto hanno fatto altri rappresentanti degli allevatori nell’isola, nei mesi scorsi si è rifiutato di sottoscrivere gli accordi con la Regione governata dal centrodestra. Intese (150 milioni in 3 anni) criticate anche dal ministro dell’Agricoltura Galan, che ieri i promotori dello sbarco a Civitavecchia contavano di poter incontrare a Roma.
La battaglia è sempre incentrata sul prezzo del latte (la Sardegna con 3 milioni di capi possiede la metà del patrimonio ovicaprino nazionale).
La ragione che da quest’estate ha portato a cortei, sit-in, occupazioni è che produrne un litro costa ai pastori più del prezzo di vendita.
Che, per una singolare legge del mercato a parti rovesciate, non viene fatto da chi è proprietario delle pecore e porta il latte nei caseifici, ma da chi lo trasforma.
Da qui le marce sugli aeroporti di Olbia e Alghero, le manifestazioni in Costa Smeralda, le marce su Cagliari e su Roma.
Fino allo scontro frontale tra la Giunta Cappellacci e il Movimento pastori. Fino ai tafferugli con feriti e arresti davanti alla Regione in ottobre e, ora, all’assedio in porto.
Altro atteggiamento da parte del governo rispetto a qualche centinaia di allevatori ladroni che non hanno pagato le multe sulle quote latte: a loro passiera rossa e soldi pubblici a volontà .
E le multe milionarie della Ue a carico dello Stato.
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Dicembre 29th, 2010 Riccardo Fucile
NELLA RIFORMA UNIVERSITARIA NIENTE PIU’ OBBLIGO DI RICORRERE AL PART TIME…L’ART 6 COMMA 10 SALVA LE CONSULENZE E STRIDE CON LE PROMESSE DELLA GELMINI: “DOCENTI PIU’ IN AULA AD INSEGNARE”… I BARONI FESTEGGIANO, LE OPPOSIZIONI DORMONO
Doveva essere una legge che “colpisce i baroni e i privilegi”: così il ministro Gelmini ama descrivere la riforma universitaria che porta il suo nome.
Ma a leggerne il testo, appena approvato in via definitiva al Senato, viene un dubbio: il privilegio di molti baroni che, alla professione e allo stipendio da docente, affiancano un’intensa attività extra-accademica, trascurando spesso i loro doveri universitari, non sembra colpito.
Appare invece rafforzato.
Vediamo l’art. 6 comma 10 che è molto chiaro: “I professori a tempo pieno possono svolgere liberamente, anche con retribuzione, attività di valutazione, di collaborazione scientifica e di consulenza, di comunicazione e divulgazione scientifica e culturale, pubblicistica ed editoriale”.
Non solo.
“Possono altresì svolgere, su autorizzazione del rettore, funzioni didattiche e di ricerca, nonchè compiti istituzionali e gestionali presso enti pubblici e privati”.
Tutto ciò senza rinunciare a un solo centesimo del proprio “stipendio pieno” di professore che si aggira a fine carriera, per un ordinario, intorno ai 5.000 euro mensili.
Passata sotto silenzio, questa liberalizzazione delle consulenze esterne dei professori, rischia di avere gravi conseguenze.
Ottime per i professori, che potranno liberamente fare i docenti e contemporaneamente i divulgatori, i collaboratori, i pubblicisti e i gestori di enti pubblici o privati.
Pessime per i conti dell’Università pubblica.
In base a un decreto del 1980 i docenti a tempo pieno, con stipendio pieno, non potevano prima svolgere altra attività .
Potevano chiedere il “tempo definito” che portava però metà stipendio: “stranamente” solo il 5,8% dei docenti ne usufruisce.
Ma questo decreto che farebbe risparmiare centinaia di migliaia di euro l’anno, non è mai stato ovviamente applicato con rigore.
Ora la riforma Gelmini, quella che a spot “combatte i baroni”, addirittura lo spazza via, così tutti potranno fare man bassa di doppi incarichi, con relative entrate.
Chi fino ad oggi era fuorilegge, ora con la riforma può stare tranquillo: ci ha pensato la Gelmini, nel silenzio delle opposizioni, a garantire ai baroni il doppio lavoro, a spese dell’Università italiana.
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Dicembre 29th, 2010 Riccardo Fucile
IL DIRETTORE DEL “SECOLO D’ITALIA” SUGLI ATTACCHI DI LIBERO: “L’EFFETTO E’ LO STESSO, MA TUTTO E’ MOLTO PIU’ PULITO”… E FINI QUERELA SIA “LIBERO” CHE “IL GIORNALE”
L’editoriale con cui il direttore di “Libero”, Maurizio Belpietro, annunciava un attentato
futuro contro il presidente della Camera Gianfranco Fini volto a screditare il premier Silvio Berlusconi che nella ricostruzione del giornalista (ed editore) del quotidiano sarebbe poi stato indicato come mandante, continua a far discutere.
Soprattutto dopo che arricchendo la storia di particolari in un secondo editoriale Belpietro racconta anche di una misteriosa escort che girerebbe per le redazioni raccontando di aver avuto rapporti con il presidente della Camera.
«Quest’attacco di Libero è una cosa pazzesca. Affermazioni di cui è inutile cercare la coerenza. Siamo al ventilatore acceso, al fango che schizza in ogni direzione».
In una intervista all’«Unità », il direttore del «Secolo» Flavia Perina e deputato di Fli, reagisce così alla tesi di Belpietro.
Secondo Perina, mentre «una volta nei passaggi politici più delicati scoppiavano le bombe, oppure venivano rapiti gli statisti, oggi si videoregistrano non meglio identificate escort: il salto di qualità democratico è evidente. Niente vittime, niente sangue, niente dispendiose operazioni di depistaggio, rischi penali bassissimi: l’effetto è lo stesso, ma tutto è molto più pulito, economico, light. E se era difficile giustificare la liceità costituzionale di una P38 o di un timer – conclude – ora si può dire con leggerezza commentando la nuova offensiva di “Libero” e del “Giornale”: è libertà di stampa, perchè vi offendete?».
«Siamo oltre la categoria della disinformatia. Quella – dice ancora la deputata finiana – prevede che si parta da un fatto, lo si distorca, e lo si trasformi fino a farlo diventare un elemento a danno dell’avversario. Qui, invece, manca il fatto da cui partire. Il dato di realtà . C’è una voce, un sentito dire, idee del tutto folli”.
“Tutto questo – osserva ancora Perina – ci dovrebbe fare interrogare su due cose. Una è il dato di un Paese imbarbarito nel quale la politica non reagisce a cose del genere, si fa sopraffare, si fa dominare dallo spirito di fazione e dalla logica tribale. L’altra è un dato politico. Dal 14 dicembre tutti vanno dicendo che Fini è distrutto, che non ha prospettiva: evidentemente qualche incidenza politica ce l’ha e qualche rischio lo presenta, altrimenti non si spiegherebbe quest’accanimento».
«Ho diversi elementi – aggiunge Perina – per pensare a una riaccensione della campagna contro Fini. Spero di sbagliarmi, e certo le ipotesi fatte dal Belpietro sono talmente folli che è possibile restino come atto isolato di follia, per riempire i giornali nei giorni sotto Natale, quando non si sa che scrivere».
Intanto il presidente della Camera Gianfranco Fini ha deciso di querelare “Libero” e “il Giornale”.
A darne notizia è stato il portavoce di Fini, Fabrizio Alfano. “In relazione a quanto pubblicato ieri e oggi dai quotidiani Giornale e Libero, il presidente della Camera Gianfranco Fini ha dato mandato di adire le vie legali a tutela della propria onorabilità “, si legge in una dichiarazione di Alfano.
“La campagna di annientamento politico che i giornali vicino al premier hanno nuovamente scatenato contro Gianfranco Fini non fermerà Futuro e Libertà che anzi realizzerà il proprio Congresso a Milano chiamando a raccolta chi nel centrodestra e nel paese non intende chinare la testa”, ha detto il coordinatore di Fli Adolfo Urso.
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Dicembre 29th, 2010 Riccardo Fucile
IL MINISTRO HA DUPLICATO UNA SOCIETA’ DI STATO, IL FORMEZ, CON NUOVI INCARICHI BEN PAGATI PER TUTTI…. A INIZIARE DAL SINDACO DI RAVELLO (150.000 EURO L’ANNO), DOVE STRANAMENTE IL MINISTRO DELL’INNOVAZIONE TRASCORRE LE SUE VACANZE
Tempi duri per Brunetta.
Giorni fa sul sito Internet di Formez Italia, società che fa formazione agli impiegati pubblici, si poteva leggere – in una dispensa sui diritti costituzionali del Comune di Roma – che “non bisogna considerare uguali a noi le persone in condizioni inferiori alle nostre (handicappati)”.
Il ministro si è irritato, anche perchè la Spa di Stato è una sua creatura. Nell’agosto 2009 Brunetta ha infatti diviso il vecchio Formez: Formez Pa e la new entry FormezItalia.
I maligni hanno parlato di inutile doppione.
Se da un lato il vecchio cda del Formez è stato asciugato di qualche unità , FormezItalia ha un nuovo presidente, due nuovi consiglieri, un direttore generale e un collegio sindacale tutto suo.
Brunetta ha fatto presidente (150 mila euro l’anno) Secondo Amalfitano.
Un fedelissimo: è stato sindaco Pd di Ravello, dove il ministro ha casa.
Poi il salto con Brunetta, come consulente, e ora organizzatore di concorsi.
I concorsi si fanno, è vero.
Peccato che il ministro abbia bloccato le assunzioni e ipotizzi futuri tagli-monstre nel settore pubblico.
(da “L’Espresso“)
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Dicembre 29th, 2010 Riccardo Fucile
NEL PAESE DI ILLASI, DURANTE LA PREMIAZIONE DEI CITTADINI ILLUSTRI, UNO STUDENTE CON IL MASSIMO DEI VOTI RIFIUTA LA BUSTA PREMIO DI 200 EURO DALL’ASSESSORE LEGHISTA: “DATELI A QUELLA SIGNORA IN STATO DI INDIGENZA CUI AVETE RIFIUTATO UN AIUTO SOLO PERCHE’ NON RISIEDE DA PIU’ DI 5 ANNI NEL TERRITORIO DEL COMUNE: BISOGNA AVERE IL CORAGGIO DI CONDANNARE LE SCELTE RAZZISTE”
Gran Galà del Premio Illasi con un fuori programma che ha movimentato la scena prenatalizia e
l’atmosfera di buoni sentimenti che di solito accompagna questo genere di manifestazioni, quando vengono premiati cittadini illustri per meriti culturali, sportivi o imprenditoriali o coppie che hanno passato il mezzo secolo di vita matrimoniale.
Quand’è stato il turno di Alberto Fabris per ritirare la busta del premio con 200 euro e il diploma di encomio per il massimo dei voti conseguito alla maturità classica, questi ha preso la parola ringraziando l’amministrazione.
«Felice di onorare il mio paese facendo del mio meglio», ha esordito, ma non ha evitato di accennare a un fatto che ha definito «gravissimo ed estremamente preoccupante».
In una delibera di giunta di ottobre, che assegnava un contributo a favore di una persona in forte stato di indigenza, gli assessori in quota alla Lega nord, Paolo Fasoli ed Elena Colognato, davano voto contrario mettendo a verbale che «l’oggetto della delibera va contro i principi morali, etici e ideologici del movimento che noi rappresentiamo» e dichiaravano di impegnarsi per un regolamento che preveda erogazione di contributi solo ai residenti a Illasi da almeno cinque anni.
«Criterio per ricevere sostentamento dunque», ha proseguito Fabris, «non sarebbe l’effettivo bisogno, ma una sintomatica “illasianità “, una discriminazione consapevolmente motivata in termini morali, etici e ideologici che ha un nome preciso: razzismo».
Disgustato dal fatto che l’amministrazione non abbia preso posizione, Fabris ha tenuto per sè solo il diploma e ha restituito al vicesindaco Bruno Zambaldo, che lo aveva premiato, la busta con il denaro, chiedendo che la cifra venga destinata alla signora in difficoltà .
Applausi hanno accolto la dichiarazione del giovane, che è tornato al suo posto, ma applausi ci sono stati anche per l’assessore Fasoli, che chiamato a sua volta a premiare altri cittadini non ha perso l’occasione di rispondere a quello che ha definito «l’amico comunista che ha trasformato un giorno di festa in un comizio».
Il sindaco Giuseppe Vezzari, a fine cerimonia, ha sottolineato il valore della famiglia, da cui nascono le eccellenze che il Comune ha premiato: «C’è stata qualche nota stonata», ha aggiunto riferendosi allo scambio Fabris-Fasoli, «perchè ci sono momenti in cui devono prevalere la concordia e la comunità viva», ha concluso interrotto dall’applauso, «e perdonate i limiti umani, ma credetemi, lavoriamo per la concordia della nostra comunità ».
Condividendo le considerazioni di Fabris, anche Mauro Marconcini, tra i premiati per un premio di poesia, si era autoescluso comunicandolo con una lettera al sindaco in cui riteneva prematuro il riconoscimento per la sua carriera di poeta.
Vittorio Zambaldo
(da “l’Arena” di Verona)
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