Agosto 25th, 2011 Riccardo Fucile
SE E’ VERO CHE ALLA SCORTA NON SI PUO’ RINUNCIARE, L’AUTO BLU PER ANDARE AL MARE NON CREDIAMO SIA NECESSARIA, BASTA USARE LA PROPRIA… SI SCATENANO I BERLUSCONES, MA RIBADIAMO UN CONCETTO: “MA E’ COSI DIFFICILE PER ITALO FREQUENTARE PERSONE NORMALI?”
Sole, mare e polemiche.
Chi di lama ferisce, di lama perisce, recita il detto.
Italo Bocchino aveva puntato il dito contro le scappatelle del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, poi ha cominciato lui stesso a frequentare Sabina Began, una delle’ragazze del presidente’. Lei sostiene che sperava di far riappacificare i due uomini politici e per questo frequentava di buon grado il delfino di Fini.
Anzi la divertiva il fatto che lui, dopo aver criticato Berlusconi per le feste in compagnia di giovani ragazze, frequentasse proprio una di esse.
Ma la Began non si ferma qui e finisce per raccontare particolari che inguaiano Bocchino.
Il parlamentare non ha mai negato di aver trascorso fine settimana a Ravello (Sa) in compagnia dell’ape regina. 
Ma ora lei inavvertitamente smentisce quello che definisce «solo un amico» spiegando che i due si sono recati da Roma a Ravello al mare insieme e a bordo di auto blu, in presenza della scorta. Bocchino aveva raccontato che si erano incontrati per caso sulla costiera amalfitana.
Bocchino, di fronte alla richiesta di dimissioni avanzate dal Pdl Lehner per aver usato un’auto di servizio e la scorta, replica: “Chi ha la scorta è obbligato a portarsela dietro. Purtroppo e non per fortuna”. E fin qui dice la verità . Glissa invece sull’uso dell’auto di servizio e non fornisce altri dettaglia alla stampa. La sua versione: “L’ho conosciuta da amici comuni e l’ho rivista giorni dopo. Quando ho capito che era stata mandata per mediare ho capito che è alla frutta. La ragazza è simpatica e un po’ fuori dal mondo. Le ho spiegato chi è davvero Berlusconi”.
Nessun riferimento a evoluzioni amorose.
Amen, sono affari suoi.
Avremmo solo gradito che specificasse su che auto ha viaggiato, onde evitare di estendere una sua eventuale superficialità a tutta una comunità politica che dovrebbe rappresentare.
E ci chiediamo ancora una volta se Bocchino non possa frequentare ogni tanto, per nostra tranquillità , anche delle persone normali, dalla Liguria fino a Roma.
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Agosto 25th, 2011 Riccardo Fucile
DALLA LOTTA CONTRO IL 117 DI VISCO, LA LEGA ORA E’ PASSATA A DIFENDERE GLI SPIONI E PARLA DI VALORE CIVICO DELLA DELAZIONE
A Pontida, dal palco e dal pratone, si erano sentite espressioni poco tenere nei confronti degli esattori di Equitalia.
Il no della Lega alle ganasce fiscali era risuonato forte e chiaro, anche a costo di creare uno screzio con l’amico ministro Giulio Tremonti.
Ora con un’inversione a U, di quelle che rischiano di mandare le vetture fuori strada, la Padania di ieri è arrivata a sostenere il valore civico della «delazione fiscale». Ovvero i cittadini mobilitati al fianco dell’agenzia delle entrate nella veste di ausiliari del Fisco.
Secondo il quotidiano del Carroccio l’evasione fiscale è uno dei malanni dell’economia del Paese e, siccome la Guardia di Finanza indirizza giocoforza le sue attenzioni ai grandi truffatori, i piccoli evasori se la spassano.
Da qui la proposta della Padania : «Retribuire i cittadini che segnaleranno casi di evasione con una percentuale sulle sanzioni incassate».
La ricompensa agli ausiliari del Fisco dovrebbe essere però pagata «garantendo l’anonimato».
Secondo i leghisti «far temere all’evasore che ogni suo cliente può far emergere l’irregolarità fiscale» è un deterrente psicologico che può funzionare.
Chissà se l’ex ministro Vincenzo Visco ha avuto l’occasione ieri di leggere la Padania , nel caso gli saranno tornate alla memoria le virulente polemiche sull’istituzione del 117, il numero telefonico della Guardia di Finanza nato nel ’96 per denunciare i furbetti del Fisco.
L’attivazione del numero verde fu duramente contestata dal centrodestra con un’interrogazione parlamentare di 40 deputati.
Margherita Boniver parlò di «una decisione moralmente rivoltante, che adotta metodi alla Di Pietro» e il leghista Cesare Rizzi tuonò contro «il famigerato 117».
Persino la Chiesa si mobilitò contro Visco e la delazione.
Risultato: dopo un iniziale boom i cittadini persero la voglia di usare il numero verde che oggi si presenta come un quindicenne precocemente invecchiato e con poche ambizioni.
Il tema dell’intensificazione dei controlli antievasione, viste le dimensioni della manovra, è tornato all’ordine del giorno e ancora ieri il segretario dell’Associazione nazionale funzionari di polizia, Enzo Letizia, si è spinto a proporre l’istituzione della «figura dell’agente fiscale sotto copertura» che manca nel nostro ordinamento.
Ora, che i poliziotti chiedano di creare gli 007 dell’erario ci sta, la sorpresa è quando la richiesta di spionaggio fiscale matura in casa della Lega.
E le domande fioccano.
L’ homo bossianus è veramente disposto a collaborare attivamente con lo Stato centralista e a denunciare quanti all’interno della sua comunità locale si arricchiscono con l’evasione?
Basta l’incentivo finanziario della ricompensa più la rigorosa garanzia dell’anonimato a spingere l’artigiano, il piccolo commerciante, la partita Iva a operare una delazione nei confronti di un suo simile?
La Lega di farsa e di governo ogni giorno se ne inventa una, possibilmente l’opposto di quanto da essa stessa sostenuto fino e ieri.
Dario Di Vico
(da “La Repubblica”)
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Agosto 25th, 2011 Riccardo Fucile
L’IMPRENDITORE CHE AVEVA PORTATO PATRIZIA D’ADDARIO A PALAZZO GRAZIOLI E IL DIRETTORE DELL’AVANTI LAVITOLA CHE VIAGGIAVA A ST. LUCIA PER COSTRUIRE ACCUSE CONTRO FINI, INDAGATI PER ESTORSIONE… SE FOSSE VERO, PERCHE’ BERLUSCONI AVREBBE PAGATO IL LORO SILENZIO?… DA SILVIO LA SOLITA RISPOSTA: “HO AIUTATO UNA PERSONA IN DIFFICOLTA”
Un versamento di mezzo milione di euro più altre somme ogni mese. 
Così il premier Silvio Berlusconi pagava Gianpaolo Tarantini, l’imprenditore che nel 2008 portò Patrizia D’Addario a Palazzo Grazioli.
La circostanza, secondo quanto riferito dal numero di Panorama in edicola oggi, sarebbe agli atti di un’inchiesta della Procura di Napoli che ipotizza un’estorsione ai danni del presidente del Consiglio.
Nel registro degli indagati sarebbero iscritti fra gli altri Tarantini e il giornalista Walter Lavitola, direttore ed editore de L’Avanti!, protagonista un anno fa della campagna di stampa sulla casa di Montecarlo in uso al cognato di Gianfranco Fini.
Nelle anticipazioni diffuse ieri e rilanciate dalle agenzie di stampa e siti online, il settimanale di proprietà dello stesso Berlusconi riferisce numerosi particolari indicati come al centro dell’indagine nella quale il premier risulterebbe come parte offesa.
Il fascicolo sarebbe affidato ai pm Francesco Curcio, Henry John Woodcock e Vincenzo Piscitelli, i magistrati che in questi mesi si sono occupati del caso P4 (i primi due) e del procedimento nei confronti del deputato pdl Marco Milanese.
Nella ricostruzione di Panorama, Tarantini avrebbe ricevuto il denaro per dichiarare al processo istruito a Bari che il premier non sapeva di ospitare escort retribuite dall’imprenditore.
“Pagato per mentire? No, perchè al telefono Tarantini ribadisce più volte che quella è la verità “, sostiene il settimanale nelle sue anticipazioni.
I 500 mila euro, si legge ancora nel resoconto, dovevano servire “soprattutto” a convincere l’imprenditore pugliese a scegliere il patteggiamento per evitare un processo pubblico e la conseguente pubblicazione di “intercettazioni telefoniche ritenute imbarazzanti” che avrebbe danneggiato il premier.
La Procura di Napoli non commenta.
Dall’ufficio dei pm traspaiono però in maniera chiara stupore e irritazione per la diffusione di indiscrezioni su un argomento così delicato, per giunta in una fase dell’indagine indicata dal periodico come “a un punto di svolta” e a breve distanza dagli sviluppi investigativi che, soprattutto nell’ambito del caso P4, avevano visto gli inquirenti imbattersi in numerose e allarmanti fughe di notizie.
Il settimanale di Berlusconi ospita anche una dichiarazione del premier: “Ho aiutato una persona (vale a dire Tarantini n. d. r.) e una famiglia con bambini che si è trovata e si trova in gravissime difficoltà economiche. Non ho fatto nulla di illecito, mi sono limitato ad assistere un uomo disperato non chiedendo nulla in cambio. Sono fatto così e nulla muterà il mio modo di essere”.
L’avvocato Nicola Quaranta, legale di Tarantini con l’avvocato Giorgio Perroni, contattato da Repubblica spiega che l’imprenditore non ha presentato alcuna richiesta di patteggiamento nel filone escort: “È nostro interesse leggere conoscere tutti gli atti. Attendiamo l’avviso di conclusione delle indagini per guardare le carte e fare le nostre valutazioni”.
Nella versione di Panorama, l’indagine dei pm Curcio, Woodcock sarebbe imperniata su intercettazioni telefoniche anche molto recenti.
Molte riguarderebbero conversazioni di Lavitola con Tarantini o con la moglie dell’imprenditore.
Gli inquirenti sospetterebbero inoltre un “gigantesco raggiro” ai danni di Tarantini ad opera dell’editore de L’Avanti! che avrebbe trattenuto 400 dei 500 mila euro per impiegarli in operazioni finanziarie.
In un colloquio dello scorso luglio Lavitola si sarebbe sfogato con Berlusconi parlando dell’inchiesta P4, nella quale sono detenuti il lobbista Luigi Bisignani (agli arresti domiciliari) e il deputato del Pdl Alfonso Papa (in carcere) e dove è indagato a piede libero anche l’editore per un’ipotesi di rivelazione del segreto d’ufficio.
Nella conversazione Berlusconi replicherebbe tranquillamente affermando di essere distaccato dalle questioni al vaglio dei magistrati e aggiungendo di poter mettere la mano sul fuoco sull’integrità di Gianni Letta.
Dario Del Porto
(da “La Repubblica“)
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Agosto 25th, 2011 Riccardo Fucile
AL SENATO IL MINISTRO NON C’E’, MA VUOLE UN VAGONE TUTTO PER SE’: LA SUA VACANZA MOBILITA LE FERROVIE… A LUI E FAMIGLIA “MASSIMA PULIZIA, EQUIPAGGIO, PUNTUALITA’ E SICUREZZA PATRIMONIALE”
La Casta Express viaggia in orario, protetta e nella massima pulizia.
L’ultimo caso riguarda le vacanze estive del ministro pugliese Raffaele Fitto, che nel governo Berlusconi ha una delega senza portafoglio: i Rapporti con le regioni e la Coesione territoriale.
Fitto e i suoi familiari sono partiti in treno il 7 agosto dalla loro città , Lecce, per raggiungere Bolzano e poi Renon, sempre in Trentino Alto Adige.
Un viaggio lungo, in vagone letto extralusso Excelsior.
Cinque giorni prima alla direzione passeggeri di Trenitalia (società per azioni di proprietà del Tesoro) arrivano le richieste del ministro, che vengono messe nere su bianco in un carteggio interno via mail. Il primo avviso: “Un ministro viaggerà con famiglia (2 adulti + 2 bambini) in Excelsior sul seguente itinerario: 7 agosto – Lecce/Bolzano – 924 -vettura 10 – compartimenti 81/82 – 91/92. 21 agosto – Bolzano/Lecce – 925 – vettura 10 – compartimenti 81/82 – 91/92. Il Ministro si è raccomandato per sicurezza a bordo treno ed assistenza (avranno due compartimenti adiacenti sia all’andata che al ritorno)”.
La mail viene girata ad alcuni dirigenti e c’è la direttiva finale: “Riservata. Massima attenzione alla pulizia e al servizio offerto, compreso equipaggi, loco, puntualità e sicurezza patrimoniale”.
Ad agosto, per i vacanzieri “normali” è stato quasi impossibile viaggiare sui “treni notti”: ridotte o cancellate le prenotazioni di cuccette e vagoni letto a causa dello sciopero dei lavoratori di una ditta esterna per la manutenzione, cui lo stipendio non arriva da mesi.
Per il ministro, invece, nessun problema. Anzi.
Chiede pure la disponibilità di due compartimenti comunicanti e non adiacenti.
La famiglia Fitto si muove in Excelsior: suite matrimoniale e doccia.
C’è poi il mistero di una carrozza in più aggiunta al convoglio.
Il viaggio d’andata del 7 si svolge come previsto. Quello del ritorno, il 21 agosto, non ci sarà : il 19 un’altra mail informa che è stato annullato.
Ieri Trenitalia ha smentito ogni “trattamento di favore”.
In una nota scrive: “In primo luogo il ministro ha prenotato e pagato il viaggio autonomamente. Non è stata approntata alcuna modifica speciale alla composizione del treno. La sua vettura era infatti quella regolarmente prevista; l’altra viaggiava fuori servizio per un normale invio tecnico, insieme ad una seconda vettura. Erano entrambe chiuse e non prenotabili”.
E ancora: “I biglietti sono stati acquistati molti giorni prima che lo sciopero degli addetti alla manutenzione delle vetture letto riducesse la possibilità di impiego di quest’ultime ed esaurisse, di fatto, la disponibilità di biglietti. Il ministro aveva inoltre chiesto, se possibile , di modificare la prenotazione per avere due compartimenti adiacenti e comunicanti. Ha conservato i posti già acquistati. Anche in questa circostanza, quindi, nessuna eccezione ad personam. Il viaggio non ha infine comportato, per l’azienda, alcun costo aggiuntivo”.
E l’evidenza delle mail interne?
Qui Trenitalia ammette però la diversità della casta dai comuni mortali: “È prassi aziendale che, ogni qualvolta Trenitalia venga a conoscenza della presenza, sui propri treni, di alte autorità dello Stato, attivi le proprie strutture per assicurare massima attenzione, in particolare sotto il profilo della security. Non ha fatto eccezione neppure il viaggio del ministro Fitto”.
Un viaggio privato per fare le vacanze, non istituzionale.
E che ha comportato l’impiego di un agente della security ferroviaria, la cosiddetta Protezione aziendale composta da 350 uomini .
Del resto, spiegano da Trenitalia, la protezione dei politici è di fatto quotidiana, da quando all’aereo viene preferita l’alta velocità dei treni.
Funziona così: dal cerimoniale dei ministeri parte la segnalazione che poi viene girata alla security.
“Prassi aziendale”, appunto, che “vale per il governo Berlusconi come in passato per quello di Prodi”.
Senza contare che la casta di deputati e senatori ha diritto al biglietto differito, che viene pagato cioè in un secondo momento dalla Camera di appartenenza. A spese dei contribuenti.
Quello del treno è il più antico dei privilegi della politica.
Anche se tutto iniziò con una bocciatura. Il 29 giugno 1861, a Torino, il Senato disse no alla proposta del treno gratis, soprattutto per i parlamentari provenienti dal sud.
A chi protestò, fu risposto: “Servire il Paese è un privilegio, pari al dovere. Chi lo ha fatto in armi ha rischiato tutto, compresa la vita, senza altro chiedere. La mercede è da mercenari, non da patrioti, non sia mai”. Altri tempi.
“La prassi aziendale” non c’era ancora. Mentre Trenitalia si è spesa in una lunga autodifesa, il ministro Fitto si è limitato a definire la vicenda “paradossale”.
Classe 1969, Fitto si ritrovò in politica poco più che ventenne, dopo la morte in un incidente del papà presidente della Regione Puglia.
Democristiano poi berlusconiano, è un perdente di successo del Pdl.
Nel 2005, da governatore uscente, fu battuto da Nichi Vendola. Venne “ricompensato” nel 2008 con un posto da ministro.
Nel 2010, infine, impose al premier, sempre in Puglia, la candidatura a presidente dello sconosciuto Rocco Palese. Altra sconfitta.
Coinvolto in due inchieste, dal peculato alla corruzione e al finanziamento illecito dei partiti, Fitto è uno degli accesi sostenitori, con la corrente dei quarantenni, del nuovo segretario del Pdl Angelino Alfano.
Anche Fitto, quindi, è un teorico del partito degli onesti con Papa e Milanese.
Un partito degli onesti che viaggia comodamente sempre, in vacanza o per lavoro.
Fabrizio d’Esposito
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 25th, 2011 Riccardo Fucile
LA STORIA GROTTESCA DELL’OSPEDALE SANTA BARBARA, NEL COSENTINO…ERA IL PIU’ SPORCO D’ITALIA, E’ STATO RIQUALIFICATO, MA LA REGIONE NON HA I SOLDI PER MANTENERLO
Tutto nuovo, pulito, limpido. 
All’ospedale Santa Barbara di Rogliano, provincia di Cosenza, si respira aria di intonso.
Quando entriamo nelle nuove stanze di degenza si sente ancora l’odore del cellophane appena scartato. I corridoi sono lucidi. Nessuno oserebbe pensare che appena quattro anni fa era l’ospedale più sporco d’Italia, almeno secondo i carabinieri dei Nas.
Veniva indicato come l’eterno incompleto.
All’esterno resistevano ancora i ponteggi di lavori mai conclusi; i rifiuti delle sale operatorie salivano e scendevano nello stesso ascensore dove poco prima erano passati i carrelli dei pasti o le scope e le palette degli addetti alle pulizie.
Roba da chiusura immediata. Invece no.
La Regione Calabria, con l’allora governatore Agazio Loiero, decise un massiccio investimento per la riqualificazione e il potenziamento del nosocomio.
Lavori che si sono conclusi appena qualche mese fa.
Dai cordoni della borsa regionale uscirono immediatamente 1,5 milioni di euro ma «nell’arco di 6 o 7 anni gli investimenti hanno raggiunto quota 10 milioni di euro», precisa il sindaco di Rogliano, Giuseppe Gallo.
Eh già , perchè allora si optò per le cose in grande: nuovi reparti di degenza con tanto di bagno in camera, percorsi separati per lo sporco e il pulito, un reparto per la dialisi (inaugurato l’ottobre scorso), un apparecchio per Tac tridimensionali di ultima generazione e ben due nuove sale operatorie.
Che ora chiuderanno.
Perchè c’è il piano di rientro dal debito che la Sanità ha prodotto in Calabria.
Non ci sono i soldi per sostenerlo.
Nelle delibere della Giunta regionale si legge che l’ospedale verrà riconvertito ma che «tali strutture dismetteranno l’erogazione di prestazioni ospedaliere».
Tradotto, significa che chiuderà .
«Le sale operatorie è da un po’ che non funzionano più – spiegano gli operatori del Santa Barbara -. Siamo riusciti a fare appena qualche intervento, poi le hanno chiuse. Ora neanche più le Tac riusciamo a fare perchè l’anestesista che c’era è andato via e non l’hanno sostituito. Ci stanno togliendo un pezzetto alla volta».
Eppure qui era possibile effettuare una Tac con mezzo di contrasto in appena 3 o 4 giorni.
E ora? Si dovrà andare al vicino ospedale di Cosenza, in perenne sovraffollamento, dove spesso i tempi ti attesa non sono inferiori ai tre mesi.
E pensare che in previsione di una maggiore affluenza, il Comune aveva inaugurato un mega parcheggio e addirittura una pista di atterraggio per l’elisoccorso.
«Ci erano stati illustrati progetti di potenziamento e non di chiusura, così abbiamo pensato di fare anche noi la nostra parte», commenta il primo cittadino che oggi ha concesso la pista di atterraggio alla Protezione Civile, almeno per arginare la forte puzza dello spreco di denaro pubblico.
«E vabbè, sono investimenti che non ho deciso io – replica il governatore della Regione Calabria Giuseppe Scopelliti -. Sono il frutto della totale insipienza e incapacità della politica che per accattivarsi il consenso elettorale decide investimenti come questo».
Antonio Crispino
(da “Il Corriere della Sera“)
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Agosto 25th, 2011 Riccardo Fucile
A CINQUE ANNI DALL’INDULTO, LA SITUAZIONE CARCERARIA E’ PEGGIORATA ANCORA ED E’ ORMAI PROSSIMA AL COLLASSO… E MENO MALE CHE LA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA HA BOCCIATO IL REATO DI CLANDESTINITA’ ED E’ STATA APPROVATA LA LEGGE SULLA DETENZIONE DOMICILIARE
Ci risiamo, a distanza di quasi cinque anni dall’indulto, la situazione nelle carceri è di nuovo a un punto critico e peggiora di giorno in giorno, trascinando il sistema penitenziario al collasso.
I sindacati di categoria hanno alzato la voce e indirizzato al governo l’ennesimo allarme sulle condizioni in cui versano gli istituti di pena.
Una situazione, in realtà , ben nota negli ambienti istituzionali e testimoniata a fine luglio dal convegno sulla giustizia organizzato dai radicali e che ha visto anche la partecipazione del Presidente della repubblica.
“Ogni giorno – denuncia l’Osapp, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria – 40 nuovi detenuti fanno il loro ingresso in carcere e i penitenziari scoppiano”.
In sette regioni la “soglia di tollerabilità ” è stata ampiamente superata, con il record registrato dalla Puglia dove i detenuti sono l’80% in più rispetto al limite previsto, seguita da Lombardia (+187), Veneto (+187), Marche (+135), Liguria (+79) e Friuli (+62). L’Emilia Romagna, con “soli” 20 detenuti in più, segna il livello migliore ma la situazione in realtà è più complessa.
Di per se infatti la “tollerabilità ”, prevista dal Dipartimento di polizia penitenziaria, è già uno sforamento del limite previsto. In sostanza, le strutture prevedono un numero di posti disponibili che viene puntualmente superato, ma lo sforamento è messo in conto dal Ministero che addirittura fissa una capienza massima “accettabile” (stimata in 69.126 detenuti). Il limite però è stato superato: attualmente infatti i detenuti sono 66.754 e rappresentano il 46% in più rispetto ai posti disponibili (45.647).
La situazione, dopo un periodo di flessione è tornata a peggiorare.
A fine aprile infatti la Corte di Giustizia europea ha involontariamente tamponato il problema, bocciando il reato di clandestinità introdotto in Italia nel 2009 e un effetto deflattivo è arrivato anche dalla legge sulla detenzione domiciliare, prevista per chi ha 12 mesi di pena residua.
Soluzioni estemporanee però che hanno solo rimandato il problema.
Dalla metà di agosto infatti, il trend è di nuovo in crescita e le previsioni sono negative.
Il sovraffollamento però non è l’unico aspetto della “questione penitenziaria”: carenza di mezzi e di personale – denunciano i sindacati – stanno mettendo a dura prova il sistema penitenziario.
“È necessario che trovino spazio e attenzione anche le difficoltà che investono il personale – spiega in una nota Eugenio Sarno, segretario generale della Uil Pa – considerato che la polizia penitenziaria presenta un gap di circa 7mila unità ”.
Una miscela esplosiva che ha indotto il sindacato di categoria della Uil ha proclamare una manifestazione nazionale per il prossimo 29 settembre.
Intanto, sul fronte istituzionale, qualcosa inizia a muoversi: i radicali infatti hanno avviato una raccolta di firme dei parlamentari per consentire una seduta straordinaria delle Camere che studi provvedimenti urgenti di depenalizzazione e decarcerizzazione, per alleggerire la situazione degli istituti di pena.
Si torna a parlare addirittura di amnistia, una strada quasi impossibile nelle condizioni attuali.
“Chiediamo al parlamento di ripristinare la legalità costituzionale – spiega la senatrice Donatella Poretti, una delle promotrici dell’iniziativa – perchè la situazione delle carceri in Italia, oggi, è contraria ai più basilari diritti dell’uomo”.
Un appello a cui si associano tutte le sigle sindacali e la petizione – fanno sapere i firmatari – ha raccolto molte adesioni.
La parola adesso passa al parlamento ma, vista l’attenzione catalizzata dalla manovra correttiva, i margini d’azione sembrano decisamente pochi.
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Agosto 25th, 2011 Riccardo Fucile
I MISTERI DI UN GRANDE SPONSOR DEL MEETING DI CL: DA PADOVA ALLA NUOVA ZELANDA….IL BUSINESS ITALIANO DELL’HUMANITAS CHARITABLE TRUST DI AUCKLAND
Che ne sapranno mai in Nuova Zelanda dei business milionari dei ciellini, tra grandi appalti,
alberghi e pale eoliche?
Eppure, seguendo gli affari degli uomini d’oro della Compagnia delle Opere, si arriva proprio nel Paese degli All Blacks, in un sobborgo di Auckland, la più grande città neozelandese.
In Parnell road, nell’ufficio di una società di servizi fiduciari, ha sede l’Humilitas Charitable Trust.
È questa la holding a cui fa capo un gruppo di aziende italiane con un giro d’affari che vale centinaia di milioni di euro.
Qualche nome? Eccolo: Mattioli e consorzio Consta (costruzioni), Ste Energy (energie rinnovabili, dall’idroelettrico al fotovoltaico), Hotelturist (alberghi e villaggi turistici). Tutte con base a Padova.
Chi è il padrone? Mistero.
L’Humilitas Charitable Trust ha un nome che fa tanto opera pia, ma strutture come quella con base ad Auckland sono studiate apposta per nascondere l’identità dei reali proprietari.
Se poi si vuole andare sul sicuro si usa un altro schermo fiduciario, magari con base in Lussemburgo, altro efficiente paradiso fiscale.
E infatti il trust neozelandese possiede la Solfin, una finanziaria del Granducato.
Da lì si arriva finalmente in Italia, ad aziende come il consorzio Consta, che in questi giorni, nel sito internet del Meeting di Rimini, compare tra gli sponsor e finanziatori principali della kermesse ciellina, al pari di colossi come Fiat, Enel, Intesa.
Tra Lussemburgo e Nuova Zelanda non è proprio il massimo come trasparenza.
Senza contare che simili schemi societari permettono di risparmiare alla grande sulle tasse.
Tutto questo proprio mentre la platea ciellina di Rimini assiste compunta a illuminati interventi denunciano la spaventosa evasione fiscale italiana.
Intanto, grazie al trust neozelandese, c’è nebbia fitta sull’identità degli azionisti, quelli in carne ed ossa, che tirano le fila della pattuglia di società di cui fa parte anche Consta.
Si sa però che l’uomo forte del gruppo si chiama Graziano Debellini, 57 anni, padovano, un ciellino di lungo corso.
Alla fine degli anni Ottanta, per dire, lo troviamo tra gli amministratori del Sabato, il settimanale di battaglia del movimento di don Luigi Giussani, poi passa al turismo, alberghi e ristorazione con la catena Tivigest e intanto scala le gerarchie della Compagnia delle Opere di cui diventa presidente nel Nordest, carica abbandonata qualche anno fa.
Perchè Debellini non ha bisogno di poltrone e incarichi ufficiali. Dalle sue parti lo definiscono un “leader carismatico”.
Di certo si muove come un uomo di potere, forte di innumerevoli rapporti, ovviamente trasversali, da destra a sinistra, come insegna il manuale del buon affarista. E infatti Debellini fila d’amore e d’accordo con il presidente leghista della Regione Veneto, Luca Zaia, così come con il sindaco di Padova, Flavio Zanonato, in quota al centrosinistra.
Il manager della Cdo non corre da solo. Da anni lo affiancano gli amici Ezechiele Citton e Igino Gatti, padovani pure loro.
E nelle aziende del gruppo troviamo manager come Gioacchino Marabello, al vertice della società di ostruzioni Consta e della Mattioli, e Daniele Boscolo Meneguolo, che si occupa della Ste Energy.
Ne hanno fatta di strada Debellini e soci.
Una storia di successo, la loro, dove però non manca neppure il capitolo (ancora aperto) di un’inchiesta penale a carico proprio di Debellini.
E’ la brutta vicenda di una presunta truffa sui finanziamenti pubblici per i corsi professionali gestiti da società vicine a esponenti ciellini. Nell’ottobre scorso l’uomo forte della Compagnia delle Opere veneta è stato rinviato a giudizio.
Il diretto interessato si è sempre dichiarato del tutto estraneo ai fatti. E ha definito le accuse nei suoi confronti come il frutto di un’indagine “nello spirito di Why Not e di magistrati come De Magistris”.
Nel senso di Luigi l’ex pm diventato nel frattempo sindaco di Napoli. Insomma, tutta fuffa, assicura Debellini. E alla fine — dice — non resterà nulla di concreto.
Concreti, molto concreti, sono invece gli affari messi a segno dalle società che fanno capo all’Humanitas Charitable Trust di Aukland.
Mattioli e Consta hanno vinto appalti come quello della metropolitana di Salerno, l’ampliamento dell’autostrada tra Ancona e Porto Sant’Elpidio, lo svincolo di Campegine vicino a Reggio Emilia, il casello di Ferentino, il Ponte della Musica a Roma nella zona del Foro Italico.
Nel lungo elenco non manca neppure l’intervento nella ricostruzione post terremoto a L’Aquila (decine di edifici prefabbricati del progetto Case) e un appalto nel Corno d’Africa, la ristrutturazione della ferrovia Addis Abeba-Gibuti, finanziata con il denaro dell’Unione europea.
Ste Energy, invece, già molto attiva nella costruzione di centrali idroelettriche, si è lanciata verso la nuova frontiera dell’eolico e del fotovoltaico.
Anche qui non si contano i progetti, solo in parte realizzati.
Pale eoliche nel Sud (Molise e Basilicata) e grandi impianti fotovoltaici come quello di San Fiorano, nel lodigiano.
Tanto attivismo ha fatto colpo anche all’estero.
Il mese scorso il fondo americano Amber capital ha comprato una quota del 32 per cento di Sorgente, la holding che controlla Ste Energy.
Per l’occasione è stato nominato un nuovo presidente di Sorgente. Sì, proprio lui, Debellini, il ciellino doc.
Vittorio Malagutti
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 25th, 2011 Riccardo Fucile
LA PROPOSTA DI DUE DEPUTATI AD ALFANO E GIORGETTI…ALLO STUDIO ALTRE SANATORIE
«L’ultimo. Tombale. E poi introdurre il reato di evasione».
Giuseppe Centrella, segretario dell’Ugl, rilancia le parole magiche: condono fiscale.
Non è il solo e nelle ultime, febbrili, ore per cambiare la manovra a saldi invariati la formula spunta di prepotenza sul tavolo di Alfano, segretario del Pdl, e di Alberto Giorgetti, sottosegretario all’Economia.
Il primo condono tombale, varato dal governo Berlusconi nel 2002, portò nelle casse dello Stato 20,8 miliardi (sui 25 previsti), preceduto e seguito negli anni da tre scudi per i capitali.
Un buon auspicio per il secondo, che potrebbe arrivare ora.
C’è tempo fino a lunedì 29 agosto alle ore 20, per depositare gli emendamenti. Il tempo stringe.
Una proposta in realtà già esiste.
Riguarda 4 anni fiscali, dal 2006 al 2009, ed è a firma dei deputati Pdl Antonio Mazzocchi, questore della Camera, e Amedeo Laboccetta, membro della commissione Bilancio.
«In Italia ci sono due milioni tra commercianti, artigiani e professionisti che si trovano in contenzioso col fisco o in posizione di evasione parziale o totale», e dunque da invogliare.
«Il condono tombale porterà oltre 35 miliardi», è la stima.
«Da utilizzare per le famiglie numerose, per alleggerire il contributo di solidarietà e combattere l’evasione», dicono.
E poi, dopo, inasprire le pene: «Abbassiamo la soglia a 50 dai 100 mila euro per la dichiarazione di redditi o Iva infedele. E a 20 dai 77 mila se omessa. Poi alziamo il carcere da 2 a 5 anni. Oggi è da 1 a 3», suggeriscono.
«Chi aderisce al condono tombale inibisce l’esercizio dell’azione accertatrice e dell’eventuale azione penale quando i tributi evasi superano la soglia di rilevanza penale, oggi fissata a 103 mila euro o 77 mila», a seconda dei casi, è il regalo. Renata Polverini, governatore della regione Lazio, si spinge anche oltre nelle stime, proponendo «un ultimo, definitivo, condono fiscale dal quale reperire non meno di 50 miliardi».
Al di là degli incassi ipotizzati, la misura non è peregrina.
Un piccolo condono, quello sui contenziosi, è inserito nella manovra di luglio.
Funziona così: il contribuente che ha vinto in uno dei gradi di giudizio con il fisco, può chiudere la lite versando il 10% dell’imposta evasa.
Se non ha vinto, il 50%.
Se la pronuncia del giudice deve arrivare, il 30%.
Unico limite: un debito fiscale non superiore ai 20 mila euro.
Questa soglia – un’ipotesi rispolverata ora – potrebbe scomparire e le due percentuali maggiori dimagrire.
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