Settembre 21st, 2011 Riccardo Fucile
LA PROTESTA ERA ORGANIZZATA DAVANTI ALLA CAMERA CONTRO LA MANOVRA PER DENUNCIARE “LA MANCATA ATTENZIONE DEL GOVERNO VERSO LE FORZE DELL’ORDINE E LA SICUREZZA DEI CITTADINI”
“Vergogna, vergogna!”. “Parassiti, parassiti!”. 
A dare vita alla contestazione, davanti a Montecitorio, non ci sono i lavoratori dei Cobas, precari o studenti ma poliziotti iscritti a diverse organizzazioni sindacali.
Quando è arrivato il ministro della difesa Ignazio La Russa davanti all’ingresso principale del palazzo della Camera, dove erano assiepati un centinaio di agenti, sono partiti gli slogan contro la manovra e il governo Berlusconi.
La protesta era organizzata per “denunciare pubblicamente la mancata attenzione del governo nei confronti dei loro diritti e del diritto alla sicurezza dei cittadini”. A promuoverla vari sindacati di categoria sia confederali che autonomi, per “manifestare il dissenso dei poliziotti nei riguardi di un governo che con quest’ultima manovra finanziaria ha saputo prevedere ulteriori tagli alle risorse destinate alla sicurezza del paese piuttosto che investimenti e che ha oltremodo offeso la specificità del loro lavoro non prevedendo a tal riguardo alcun sostegno economico ma tutt’altro”.
“Sappiate che non c’è indifferenza, si fa e si farà tutto ciò che sarà possibile”, ha detto La Russa ad alcuni manifestanti.
Salvo poi non smentirsi e incautamente avanzare dubbi su chi contestava in prima fila: “Secondo me non erano veri poliziotti”.
Per La Russa ovviamente le forze dell’ordine dovrebbero essere contente di un governo che li fa andare in servizio con le pezze al culo, senza pagare gli straordinari e senza benzina e i pezzi di ricambio per le volanti.
E questo dovrebbe essere un governo di centro-destra…
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Settembre 21st, 2011 Riccardo Fucile
IL PREMIER ERA ATTESO ALL’INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA “REGINA MARGHERITA” A VILLA REALE A MONZA, MA LA CONTESTAZIONE GLI HA FATTO CAMBIARE IDEA…ALL’ISTITUTO D’ARTE MANCANO LE AULE, MENTRE GIRANO A VUOTO GLI UFFICI DESTINATI AI MINISTERI TAROCCO DELLA LEGA
Avrebbe dovuto essere l’ospite d’onore al taglio del nastro della mostra “Regina Margherita” inaugurata lunedì, in pompa magna, alla Villa Reale di Monza, nelle sale a fianco dei famosi ministeri decentrati voluti dalla Lega Nord.
Ma il premier Silvio Berlusconi alla fine non si è presentato.
Una mossa astuta, dopo che è rimbalzato il tamtam della protesta che alcuni studenti monzesi avevano preparato davanti ai cancelli per l’occasione.
Troppo ghiotta per i ragazzi dell’Istituto d’arte di Monza si presentava, infatti, l’opportunità di contestare il presidente del Consiglio.
Ma lui è stato più furbo e si è tenuto lontano, evitando di diventare oggetto della loro rabbia.
I giovani, del resto, ce l’hanno con i ministeri perchè “hanno occupato delle aule che potevano essere dedicate alla scuola — spiega il rappresentante degli studenti Paolo Buccino — e così adesso abbiamo degli uffici inutilizzati e all’istituto mancano otto aule».
Gli allievi della famosa scuola d’arte (la stessa in cui ha studiato lo stilista Stefano Gabbana) da settimane protestano perchè nella reggia di Monza i ministri sono stati collocati con tutti gli onori all’ex Cavallerizza, mentre alcune aule del loro istituto, nell’ala retrostante, sono state dichiarate inagibili perchè rischiano di crollare.
Oltre al danno insomma, la beffa, dato che quelle stesse sale dove oggi si riuniscono i padani, un tempo ospitavano proprio una parte dell’istituto stesso.
“Rischiamo di fare lezione in oratorio, gli unici spazi che il Comune ha reperito a Monza per la scuola, oppure alternandoci con i doppi turni perchè non abbiamo aule a sufficienza”, hanno gridato ieri, striscioni alla mano, davanti alla Reggia.
Si aspettavano il premier. “Ci hanno detto che arriva, vogliamo farci ascoltare”, hanno spiegato.
Erano una quarantina a reggere un lungo cartellone: “Più artisti meno ministri”. Hanno guardato dentro ogni auto blu in arrivo, sperando di intercettare Berlusconi, ma alla fine sono rimasti delusi.
Dopo quaranta minuti di attesa, la mostra è stata inaugurata dall’assessore regionale lombardo alla Cultura Massimo Buscemi, presente insieme alla vicepresidente della Commissione cultura della Camera dei deputati Paola Frassinetti e all’eurodeputato Carlo Fidanza.
“Berlusconi non arriverà ”, la notizia rimbalzata nella sfarzosa sala della villa neoclassica.
Eppure Dnart, la fondazione che ha organizzato la mostra, aveva data per certa la sua presenza, comunicandola anche al Comune di Monza.
Non a caso il premier, come noto, si trovava al Tribunale di Milano ieri mattina e invece di tornare subito a Roma si è fermato a Villa San Martino.
Tanto che, intorno a mezzogiorno, ha deciso di fare un giro tra le bancarelle del mercato della «sua» Arcore, dove ha stretto qualche mano, visitato un paio di stand di antiquariato e fatto qualche acquisto.
Un’uscita pubblica filata liscia.
Non gli sarebbe andata così bene se invece si fosse presentato nel pomeriggio in Villa Reale.
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Settembre 21st, 2011 Riccardo Fucile
ALFREDO PEZZOTTI, IL MAGGIORDOMO, AI PM: “LAVITOLA HA MANDATO UN UOMO CON TRE UTENZE CRIPTATE”…BERLUSCONI PRESE I TELEFONI ESTERI DI LAVITOLI E DISSE “ROBA DA MAFIOSI”
Lui quelle donnine sguaiate, tutte abitini corti e neri, senza calze neppure a gennaio, che
affollavano il salone di Palazzo Grazioli proprio non le sopportava.
E gli stava sullo stomaco pure Valter Lavitola.
Quell’uomo pingue dal marcato accento napoletano era untuoso, sudaticcio, chiedeva, importunava, era invadente, metteva le mani dovunque.
E vestiva pure male.
Ma lui, Alfredo Pezzotti, romano di Marino, classe 1963, dal 1991 al servizio di Silvio Berlusconi, era educato con tutti.
La sua professionalità gli imponeva di esserlo anche con la compagnia di giro di papponi e prostitute che circondava la vita del Cavaliere.
La sua abilità era fare buon viso a cattivo gioco. “Signori magistrati, io volevo solo preservare il Presidente”.
E’ il 1 settembre e negli uffici della Procura di Napoli fa un caldo che sembra ferragosto.
Alfredo il maggiordomo si trova a disagio davanti ai pm. Sa che deve dire la verità , tutta la verità . Anche su quello strano giro di telefoni che Valter Lavitola portava a Palazzo Grazioli.
“Verso l’inizio di luglio conosco Rafael Chavez (l’uomo che la segretaria Marinella chiamava amabilmente Giuanin, ndr), mandato da Lavitola per consegnarmi tre telefoni con utenze straniere che avrei dovuto dare, come poi ho dato, al Presidente Berlusconi”.
Schede criptate, non intercettabili, il faccendiere Lavitola era il fornitore ufficiale di B.
Ad Alfredo, maggiordomo fin nel midollo, toccava solo obbedire. “Mi incontrai con Rafael a Palazzo Grazioli, presi in consegna i telefoni e due o tre giorni dopo , alla presenza del Presidente Berlusconi, composi il numero dell’utenza straniera di Lavitola e passai la comunicazione al Presidente Berlusconi che iniziò a parlare con Lavitola”.
Era luglio, secondo la testimonianza del maggiordomo Alfredo, il 24 agosto, dopo che il settimanale di famiglia “Panorama” pubblica lo scoop sull’inchiesta di Napoli e sui presunti ricatti al Cavaliere, c’è la famosa telefonata nella quale Berlusconi consiglia a Lavitola di non muoversi da Sofia. “Resta lì, vi scagionerò tutti”.
Ma torniamo alla deposizione di Alfredo Pezzotti e alla storia dei telefoni con le utenze straniere, forse argentine, forse panamensi, dice il maggiordomo, “insomma in quei paesi lì”. “Il presidente mi parve abbastanza seccato da questa modalità di comunicazione. Ma guarda un po’ — disse — queste cose le fanno i mafiosi”.
Appunto!
Fa caldo negli uffici della procura napoletana, si suda, ma ad emozionare il maggiordomo Alfredo sono i ricordi.
“Signori magistrati, io cercavo di salvaguardare il Presidente, evitandogli di avere eccessivi contatti con queste persone, che non sanno comportarsi e ne approfittano”. Quante cose ha visto Alfredo Pezzotti, quanti comportamenti strani, quanti segreti è costretto a custodire..
E quante ne ha dovute sopportare. “Lo chiamavamo la mummia, perchè non parlava mai”, lo sfotte Michelle Conceicao dos Santos, nel raccontare una delle innumerevoli seratine allegre. La colpa di quello che è successo, dice tra le righe dell’interrogatorio, è di Tarantini.
“Il noto Tarantini”, lo chiama, che frequentava Palazzo Grazioli “con una certa assiduità dal 2009. Diciamo fino a quando non è assurto agli onori della cronaca giudiziaria”.
E’ Tarantini al centro di quello che Alfredo chiama lo “scandalo giornalistico”.
Come l’ultimo giapponese nella jungla, non ammetterebbe mai che invece quello che ha ridotto la credibilità internazionale dell’Italia a zero, è lo scandalo del suo Berlusconi.
Il maggiordomo è assillato dalle richieste di Nicla, la moglie di Tarantini.
Lei gli consegna una lettera nella quale chiede 5mila euro.
“Il Presidente mi autorizzò a prelevarli dalla cassa che io gestisco per le spese domestiche”.
Poi tornò alla carica altre quattro volte. E a quel punto il fido maggiordomo, si prese “la libertà di non comunicare al Presidente nell’immediatezza, ma solo a cose fatte, di queste richieste, proprio nell’interesse di Berlusconi che cercavo di tutelare. Ce l’avevo anche con Tarantini, perchè ho a cuore il Presidente”.
L’odio per Gianpi, il maggiordomo lo mostra anche in alcune telefonate.
Che vengono intercettate.
Ma chi lo informò che quegli sfoghi erano stati ascoltati?
“Il senatore Quagliariello”, è la risposta del maggiordomo.
Enrico Fierro
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 21st, 2011 Riccardo Fucile
DOPO LE PAROLE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA A COMMENTO DELLE FARNETICAZIONI DI BOSSI, STAMANE REGUZZONI, CHE GIA’ NON CONTA UNA MAZZA ALL’INTERNO DEL GRUPPO LEGHISTA ALLA CAMERA, BACCHETTA NAPOLITANO IN NOME DEL “POPOLO SOVRANO”… CHI INVOCA LA SECESSIONE E’ UN EVERSORE E COME TALE ANDREBBE ARRESTATO IN FLAGRANZA DI REATO: SOLO BERLUSCONI POTEVA PORTARE DEI RAZZISTI AL GOVERNO
Il capogruppo della Lega alla Camera Marco Reguzzoni è intervenuto stamane alla trasmissione di Maurizio Belpietro su Canale 5 e a Sky tg 24: “Le parole di Bossi (sulla secessione) erano dirette a rivendicare il diritto di potersi esprimere”.
“Il popolo è sempre sovrano e quindi è l’unica figura che è sempre sopra il Capo dello Stato”. Ospite di Maurizio Belpietro su Canale 5, Reguzzoni interviene nelle polemiche relative alla secessione dopo le parole pronunciate ieri dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Visitando una mostra all’Eur, nella Capitale, Giorgio Napolitano aveva infatti detto: “Agitare ancora la bandiera della secessione significa porsi fuori dalla storia e dalla realtà ”.
Il Presidente della Repubblica aveva poi ricordato di aver messo “molto l’accento sulla necessità di un cemento nazionale unitario per generare la massima mobilitazione delle energie e delle risorse allo scopo di superare questa fase molto critica per l’Europa e in modo speciale per l’Italia”.
Un punto che caratterizza il mandato di Napolitano è sempre stato quello che fa leva sulle “radici dello stare insieme”.
E chi non lo accetta, ha detto il presidente, “si autoesclude dalla realtà e dalla storia”.
Stamane la replica di Reguzzoni: ” Bossi a Venezia ha fatto riferimento alla necessità che si possa esprimere il popolo, il popolo è sempre sovrano e quindi è l’unica figura che è sempre sopra il Capo dello Stato. Il popolo ha sempre diritto di dire la sua”.
Sarebbe opportuno ricordare a questo soggetto che già non conta nulla nel gruppo parlamentare che dovrebbe rappresentare (volevano infatti destituirlo) e che ieri è riuscito a votare contro una proposta del governo presentata dal leghista Alessandri, che l’articolo uno della Costituzione, impropriamente richiamato dal capogruppo leghista afferma che ‘la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione’.
L’unità nazionale è fondamento delo Stato italiano e non soggetto a referendum che sarebbe pertanto “incostituzionale” fin dalle premesse.
Se poi qualcuno vuole la secessione e mina l’ordine costituzionale esiste il codice penale che basterebbe una buona volta applicare e che prevede l’arresto per eversione in flagranza di reato.
Quanto alla sovranità popolare, concordiamo: infatti il 90 % degli italiani non vuole avere nulla a che spartire con la Lega e persino la maggioranza degli elettori leghisti non vuole alcuna secessione.
Quindi non resta per gli irriducibili che la lotta armata: siamo ovviamente ansiosi di vederli scendere dalle loro Mercedes per assaltare i palazzi del governo.
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Settembre 21st, 2011 Riccardo Fucile
ERA IL CAPODANNO DEL 2009 E NOEMI ERA ANCORA MINORENNE: IL PREMIER SOSTENNE CHE AL PARTY SI ERA SOLO BALLATO E CANTATO: ORA SAPPAMO CHE MENTIVA
Villa La Certosa, estate 2002. Villa La Certosa Capodanno del 2009. 
Sette anni, due storie emblematiche. Partiamo dalla coda.
L’Espresso rivela: nella telefonata in cui Berlusconi si vanta con Tarantini “ieri sera avevo la fila fuori dalla porta della camera… erano in undici… io me ne son fatto solo otto”, è la notte del primo dell’anno.
La notte di Noemi Letizia e dell’amica Roberta Oronzo, tutte e due minorenni. Ancora non si sa chi fossero le undici prescelte, certo la chiacchierata con Gianpi racconta ore totalmente opposte rispetto alla versione ufficiale, quella che spendeva l’dea di un party dove si era solo ballato e cantato.
Passo indietro. Torniamo al 2002.
Il geniale Massimo Sestini, fotografo di razza, viene ingaggiato dal direttore del Corriere della sera Ferruccio De Bortoli.
La villa sarda del Cavaliere, come è noto è blindata, ma Sestini è un mastino. Riesce a scattare una foto emblematica con il teleobiettivo: nel parco tutto verde, Silvio Berlusconi cammina, con maglietta e pantaloncini immacolati, tenendo per mano una graziosa e formosa fanciullina boccoluta.
Anche lei biancovestita.
L’immagine non ha nulla di peccaminoso, è curiosa, d’estate spesso non ci sono grandi notizie, il direttore del Corriere spara la foto in prima pagina.
La mattina dopo, mentre mezza Italia si interroga su quel volto giovane e incantevole, malgrado la sgranatura dell’ingrandimento: su questo dubbio innocente sta per esplodere una bomba atomica, con una intricata trama che pare partorita a penna di Alexandre Dumas. Interrogazioni, polemiche, minacce di divorzio, nessuno immagina che quella foto sia l’annozero di tutte le papi-girl, la profezia iconografica delle mille ragazze che verranno.
Ma torniamo a quella mattina. Il primo a innescare la deflagrazione è Beppe Giulietti. Il parlamentare del Pd, responsabile per i temi dell’emittenza , riconosce nelle fattezze della fanciullina bianca i lineamenti dell’ex segretaria di Berlusconi, Deborah Bergamini.
Ma siccome in quella prima estate di governo la Bergamini è diventata la direttrice del marketing della Rai, Giuilietti firma una interrogazione parlamentare: “Cosa ci fa una dirigente del servizio pubblico nella residenza privata del premier?”. Il deputato del Pd ipotizza un ennesimo conflitto di interessi sul delicato fronte della comunicazione.
Non immagina che – invece – il conflitto di interessi si determinerà sul piano degli affetti.
Ma siccome in quei giorni si discuteva (incredibile ma vero) di comunicazione, il portavoce di Palazzo Chigi, Paolo Bonaiuti precisa “non si tratta di Deborah Bergamini”.
A questo punto sul Corriere della sera, che avendo innescato la polemica giustamente la cavalca, prende corpo il dubbio: “Ma allora chi è la dama bianca, e cosa ci fa alla Certosa?”.
Ci vorranno altre 24 ore perchè il giallo della (prima) madamigella del Cavaliere si risolva.
Quando tutta l’Italia apprende che la ragazza ha 23 anni e si chiama Francesca Romana Impiglia.
A questo punto il nuovo dubbio innesca una nuova telenovela: cosa ci fa, in quella villa, una ragazza di 23 anni e da dove viene?
Anche dentro Forza Italia solo pochi conoscono la verità .
Uno di loro è il leader dei giovani azzurrini, e si chiama Simone Baldelli. Baldelli è un dirigente abile, esperto, e si è trovato testimone di un scena indimenticabile, due anni prima , durante la campagna elettorale delle regionali duemila.
Ad Ancona, quando la nave Azzurra attracca, una ragazza bionda si aggiudica un abbraccio del leader di Forza Italia.
È figlia di un dirigente locale, ha un decoltè mozzafiato. Il premier dice a Baldelli, che lo accompagna: “Prendi il suo numero!”.
Indovinate il nome della ragazza? Francesca Romana.
E finirà di li a pochi giorni a lavorare nella direzione dei giovani azzurri.
Ma la presenza della ragazza nella villa adesso diventa un problema.
Perchè è la prima prova fotografica della presenza al fianco del premier, di una donna che non sia, nell’iconografia ufficiale, Veronica Lario.
Essendo la prima, Francesca Romana ha un rilievo mediatico oggi impensabile.
Nella settimana successiva Oggi pubblica nuove foto di Sestini.
Quella di copertina vede in barca il Cavaliere (che all’epoca era ancora calvo) e la impiglia a mezzobusto, di nuovo in t-shirt. Le conseguenze arrivano, imprevedibili. Veronica Lario annulla il suo viaggio in Sardegna.
Dopo pochi mesi, il duetto con il povero premier Rassmussen, certificherà il romanzo pubblico del dissidio di Berlusconi.
Dopo quel’annozero arriveranno altre foto delle damine bianche della Certosa.
Anche perchè adesso si moltiplicano, sedute sulle gambe del premier. Poi arrivano due inchieste di Vallettopoli, con il corollario di intercettazioni fra Saccà¡ e Berlusconi.
Poi, nell’estate del 2009, nella festa di Casoria arriva l’altra bomba atomica, quella di Noemi, il battesimo onomastico di Papi.
Non c’è festa berbera che tenga, stavolta.
Le conseguenze sono il divorzio e la celebre lettera della Lario a la Repubblica: “Mio marito è malato… Le vergini si offrono al drago…”
Poi si scopre il caso di Virginia Teulada di Saint Just, poi esplode l’arma finale di Patrizia D’Addario la cui presenza viene certificata.
Fa scandalo solo perchè nessuno ancora sa che ne arriveranno altre trenta. L’iceberg è enorme, il sistema Tarantini e quello dell’Olgettina disegnano il quadro agghiacciante di un welfare erotico il cui epicentro è ancora una volta una minorenne: Ruby Rubacuori.
Il pedigree di Ruby con photo book di lap dancer fa impallidire quello di Noemi.
Il tappo è saltato. La satiriasi, come una nemesi, porta a fondo il premier. Questa storia ha un sottofinale.
Nel 2006 una giovane giornalista del tg4 sale all’altare. H
a per testimone il presidente del consiglio. à‰ sempre Francesca Romana.
C’è un lieto fine, dunque.
Ma solo per lei.
Luca Telese blog
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Settembre 21st, 2011 Riccardo Fucile
IL SENATUR ALL’ANGOLO DISERTA IL DIRETTORIO POLITICO CHE LO ATTENDEVA CON LA TORTA DI COMPLEANNO…E MARONI ASPETTA IL VOTO SU MILANESE
“Sono finito”. Il sindaco di Varese, Attilio Fontana, è l’unico ad ammetterlo, ma nel Carroccio sono in molti ad avere lo stesso timore: l’esercito armato di Roberto Maroni domenica si è presentato a Venezia certo che il generale portasse avanti la battaglia interna contro Umberto Bossi e il famigerato cerchio magico.
Invece, l’esercito si è ritrovato schierato in prima linea su Riva degli Schiavoni ma il nuovo capo ha suonato la ritirata.
Meglio aspettare: “Il Capo sarà travolto dalla caduta di Berlusconi, sarebbe una battaglia inutile”, confida un deputato maroniano.
Che con occhi quasi lucidi sussurra: “C’è Milanese”.
Marco Milanese, ex consulente di Giulio Tremonti, su cui giovedì a Montecitorio si voterà sulla richiesta di arresto, già bocciata dalla giunta per le Autorizzazioni, avanzata dalla magistratura campana. Il voto sarà segreto.
Quindi al sì che sembra ormai scontato della Lega, che a Montecitorio ormai risponde solo a Maroni, potrebbe accodarsi anche una parte del Pdl.
Dando così vita a quella “scossa” che invoca (anche) Flavio Tosi.
Perchè, ha spiegato, “vivacchiare un anno e mezzo è impensabile. Da un po’ di mesi il premier, non dico che non ne azzecca una, ma poco ci manca”, aggiunge il sindaco di Verona.
E se Berlusconi non ne azzecca una, Bossi non mostra risultati migliori.
Domenica è dovuto intervenire Calderoli per interromperlo.
Il leader del Carroccio, visibilmente stanco (ha impiegato due minuti per scendere i quattro gradini del palco, sostenuto dal figlio Renzo il trota), non aveva un discorso scritto e ha seguito gli umori dei pochi militanti arrivati fino a Venezia.
E a forza di sentir invocare la secessione, Bossi ha lanciato lì un “anche con il referendum, ma serve una via democratica”.
Una frase talmente buttata lì che persino Luca Zaia, a pochi passi da Bossi, non ha capito bene. “Non ho sentito parlare di referendum, mi è sembrato che il nostro segretario volesse dire che c’è il pericolo della secessione”, ha detto il governatore del Veneto.
Il fatto che Zaia pensi che Bossi consideri la secessione un pericolo mostra con evidenza la confusione che c’è nel partito.
La base invoca Padania libera, il Capo bofonchia un incomprensibile referendum, uno degli astri nascenti del partito interpreta liberamente.
Ma ormai il Carroccio è sfilacciato.
Ieri è andato deserto il consueto direttivo politico del lunedì in via Bellerio.
Nel quartier generale milanese, infatti, alle 16 era atteso, come ogni settimana, l’arrivo del Capo.
C’era anche una torta di compleanno, una piccola festa in occasione del suo 70esimo anno. Calderoli ha atteso qualche ora, poi è volato a Roma.
Roberto Cota, Rosi Mauro, Marco Reguzzoni e Federico Bricolo, sono rimasti più a lungo. Ma di Bossi nessuna notizia.
E’ il ministro per la semplificazione a tenere a bada i giornalisti.
Gli stessi che dal palco di Venezia domenica ha accusato di scrivere “cazzate: noi siamo uniti, le divisioni sono solo invenzioni, siete degli Iago”, ha tuonato. Per poi scagliarsi contro i sindaci leghisti (Tosi in primis) cui i giornali hanno dato voce. Li definisce “fratelli coltelli”, gli ricorda che “senza Bossi non sareste niente”.
E ieri, davanti alla sede della Lega, cerca di evitare le domande e si limita a una battuta sul compleanno del Capo: “Non li compie da 30 anni”.
Ma l’ha già detto Bossi a Venezia il giorno prima.
Ci si attacca dunque a quel che rimane.
E la secessione sembra essere diventato l’ultimo appiglio per salvare una parte della base. Così la Padania oggi in edicola tenta di legittimare la sparata: “Referendum per la libertà , le vie democratiche”.
Anche l’opposizione prende sul serio il ministro delle Riforme che invoca la secessione. Antonio Di Pietro invoca l’intervento del Capo dello Stato, mentre Giorgio Stracquadanio tenta di sminuire: “Non penso che al nord molti siano disposti a fare una guerra” per ottenere la secessione.
Maroni aspetta giovedì. E assiste in silenzio a quello che sembra essere l’ultimo vagito del Capo.
Uno che ha festeggiato due volte una laurea mai presa, può serenamente gridare alla secessione sapendo che non si realizzerà mai.
Davide Vecchi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 21st, 2011 Riccardo Fucile
UN GRUPPO DI TUNISINI ESASPERATI DAL PROTRARSI DELLA LORO PERMANENZA SULL’ISOLA HA DATO FUOCO ALLA STRUTTURA DI CONTRADA IMBRIACOLA…IL SINDACO DE RUBEIS: “AVEVAMO AVVERTITO TUTTI SU QUELLO CHE POTEVA ACCADERE”…EPPURE POCHI GIORNI FA LA RUSSA DICEVA CHE LA SITUAZIONE ERA SOTTO CONTROLLO
Un disastro annunciato, prevedibile e quindi evitabile. 
E’ pressochè unanime il commento all’incendio doloso che ha devastato il centro per immigrati di Contrada Imbriacola a Lampedusa dove erano trattenuti circa 1200 migranti.
Le fiamme sono state appiccate in due distinti punti della struttura da un gruppo di tunisini esasperati dalla durata della loro permanenza: un alloggio vicino all’entrata e un padiglione sul fondo del centro.
Il forte vento di Maestrale ha fatto il resto e le fiamme si sono subito propagate all’intera struttura. Il fumo ha poi investito il vicino centro abitato arrivando fin sopra la pista dell’aeroporto che è stato momentaneamente chiuso.
Nessuna persona è rimasta uccisa anche se ci sono almeno una decina di migranti e agenti di polizia rimasti intossicati dalla nube che si è sprigionata dai capannoni in plastica.
Durante il rogo diversi ospiti sono riusciti a fuggire anche se sono stati subito rintracciati dalle forze dell’ordine che in un primo momento li hanno radunati nel piazzale antistante il molo commerciale del porto.
Alcune fonti locali riportano come gli stessi immigrati avessero annunciato un gesto clamoroso se le autorità italiane non li avessero fatto proseguire il loro viaggio verso il Continente.
Infatti non è la prima volta che Contrada Imbriacola viene data alle fiamme.
Era già successo nel febbraio del 2009 e anche in quell’occasione le cause dell’incidente erano da attribuire al grado di esasperazione degli immigrati per il protrarsi del loro trattenimento coatto dietro le sbarre del Cie.
In questo momento gli immigrati sono stati radunati al campo sportivo del Paese e, vista la completa inagibilità del centro, non è chiaro dove potranno trascorrere la notte.
Alcuni di loro saranno probabilmente ospitati negli spazi dell’Area marina protetta che era già servita come rifugio d’emergenza durante l’ondata di sbarchi dello scorso inverno.
Peccato però che all’interno di quegli spazi ci possano entrare al massimo 300 persone e i migranti ospitati in contrada Imbriacola sono più di 1200.
Per molti di loro si profila una notte all’addiaccio in attesa che ripartano i collegamenti con la Sicilia, interrotti per le pessime condizioni marittime.
“E’ urgente trovare una sistemazione adeguata per i migranti che sono rimasti senza un riparo”, ha dichiarato Laura Boldrini, portavoce dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati e i richiedenti asilo che ha voluto anche sottolineare come la situazione esplosiva all’interno della struttura fosse più che nota: “Siamo amareggiati per l’incendio, frutto della crescente tensione dovuta al trattenimento prolungato dei migranti all’interno della struttura”.
Anche l’Oim, Organizzazione internazionale per le migrazioni parla di fatti prevedibili.
“Da giorni all’interno della struttura di accoglienza si era creata un’atmosfera molto tesa a causa dell’alto numero di migranti e della mancanza di trasferimenti sulla terraferma”, ha affermato Flavio Di Giacomo, responsabile comunicazione dell’organismo.
Se le organizzazioni umanitarie esprimono amarezza per un disastro ampiamente annunciato, il sindaco dell’Isola Bernardino De Rubeis è un fiume in piena: “Avevano avvertito tutti su quello che poteva succedere ed è accaduto. E’ ora che il governo intervenga dopo tanto immobilismo”.
Il primo cittadino soffia sul fuoco del crescente risentimento dei lampedusani che si sentono abbandonati da Roma di fronte a un’emergenza che non accenna a diminuire: “C’è una popolazione che non sopporta più, vuole scendere in piazza con i manganelli, perchè vuole difendersi da sola, in quanto chi doveva tutelarla non l’ha fatto. L’esecutivo faccia venire subito le forze dell’ordine, porti qui le navi militari affinchè sgomberino in 24 ore l’isola, perchè questo è uno scenario di guerra”.
Eppure solo pochi giorni fa, durante una visita a Lampedusa, il ministro della Difesa Ignazio La Russa, noncurante degli appelli che si levavano da più parti, aveva minimizzato la situazione: “I migranti hanno detto che le condizioni di vita sono buone”.
Per poi passare a ringraziare militari e civili che quotidianamente gestiscono l’emergenza: “State svolgendo un ottimo lavoro senza dare mai luogo ad alcun inconveniente”.
Un refrain delle dichiarazioni del sottosegretario all’Interno (con delega all’Immigrazione) Sonia Viale che circa due settimane fa aveva visitato l’Isola promettendo che la situazione sarebbe presto tornata alla “completa normalità ”.
In quell’occasione l’esponente leghista aveva sottolineato come il sistema legato all’emergenza avesse sostanzialmente retto anche grazie all’impegno del governo di velocizzare le procedure di identificazione, trasferimento ed eventuale rimpatrio.
Parole che alla luce dei fatti di oggi suonano particolarmente stonate e hanno indotto Il Partito democratico a chiedere al ministro dell’Interno Roberto Maroni di riferire in Parlamento su quanto accaduto.
Livia Turco, presidente del Forum migranti del Pd ha stigmatizzato “il grado di improvvisazione e di incapacità ” di un governo “che in genere si occupa di immigrazione solo per strumentalizzarla a fini propagandistici”.
Nel frattempo l’Isola è rimasta senza una struttura d’accoglienza, “non può più ospitare un solo immigrato”, come dice il sindaco di Lampedusa.
Preoccupazioni espresse anche dall’Unhcr: “L’isola si troverà sprovvista di una struttura di accoglienza per coloro che arriveranno via mare”.
E gli sbarchi, una volta passato il mare grosso, riprenderanno come sempre.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 21st, 2011 Riccardo Fucile
PARLA STEFANO LO VERSO, IMPRENDITORE ED ULTIMO VIVANDIERE DI PROVENZANO…. PAROLE CHE PESERANNO SULLA MOZIONE DI SFIDUCIA PRESENTATA NEI CONFRONTI DEL MINISTRO
Dal gennaio 2003 all’ottobre 2004 ha accudito il capo dei capi, Bernardo Provenzano rivelandone nascondigli, spostamenti e persino abitudini, ha fatto scoprire un cimitero di mafia, ha svelato due progetti di attentato al pm Di Matteo e all’on. Lumia, ha raccontato delitti, affari e rapporti di Cosa Nostra con la politica, ai massimi livelli: nel mirino delle accuse di Stefano Lo Verso, imprenditore pentito di Ficarazzi, e ultimo vivandiere del boss corleonese, è finito oggi il ministro delle Politiche Agricole Saverio Romano, già indagato per mafia, per il quale la procura ha già chiesto il rinvio a giudizio dopo l’imputazione coatta imposta dal gip.
Sono accuse de relato, ma destinate probabilmente a “pesare ” nel voto sulla mozione di sfiducia nei confronti di Romano, primo ministro della Repubblica imputato di mafia, presentata dal Pd e che dovrebbe andare in votazione alla fine di settembre. Specie se l’ala dura della Lega dovesse premere sull’acceleratore, ipotesi forse paventata dallo stesso Romano, che qualche giorno fa, chiudendo a Summonte (Avellino), la festa del Pid, partito del quale è segretario nazionale, ha detto: “Non mi fa piacere la golden share della Lega su questo governo. Dopo la manovra, si cambia registro”.
Si fa dunque più pesante la posizione del leader dei Responsabili chiamato in causa dal neo-pentito che in tre verbali depositati dai pm Nino Di Matteo e Francesco Del Bene a sostegno dell’appello contro l’assoluzione di Totò Cuffaro per concorso in associazione mafiosa, decisa dal gip che ha applicato il principio del ne bis in idem, lo indica come uno degli uomini politici (l’altro è Cuffaro, del quale il neo pentito Lo Verso svela l’esistenza di un accordo con Provenzano) in rapporti con la cosca di Villabate guidata da Nicola Mandalà , il killer che si occupò del viaggio sanitario francese del latitante corleonese.
Lo Verso racconta di avere appreso la circostanza “in via confidenziale” dallo stesso Mandalà , così come da un altro detenuto, Vincenzo Paparopoli, dice di avere appreso che le circostanze narrate da un altro pentito, Francesco Campanella, nei confronti del ministro Romano sarebbero vere.
E cioè i rapporti e l’interessamento per le vicende politico amministrative del Comune di Villabate, sciolto due volte per mafia, e retto di fatto dalla famiglia Mandalà che Romano avrebbe avuto nel corso della sua attività politica, a cominciare dall’approvazione del piano commerciale, finalizzato alla realizzazione di un grande ipermercato, iniziativa finita al centro di uno scontro tra due cosche mafiose, quella di Brancaccio, retta da Guttadauro, e quella di Villabate.
Durante l’iter di approvazione in Comune, i consiglieri del Cud, partito di Romano, uscirono dall’aula, per ostacolare l’approvazione: una mossa tattica, secondo Campanella, nell’attesa della definizione di un accordo: “Durante questa sospensione in cui noi cerchiamo Mandalà per capire che cosa stava succedendo e perchè il Cdu era uscito — racconta Campanella in un verbale del 21 settembre del 2005 ai pm Giuseppe Pignatone, Michele Prestipino, Maurizio De Lucia e Antonino Di Matteo — il Mandalà si mostrò assolutamente meravigliato perchè avendo parlato con Notaro che gli aveva assicurato questa cosa. Alla fine poi abbiamo appreso che l’on.le Saverio Romano aveva chiamato Cottone Vincenzo e dato disposizione di uscire dall’aula per non approvare il piano commerciale.
A questo punto per capirne di più il Mandalà Antonino, tramite Nicola Notaro si reca dall’avv. Cordaro, perchè l’avv. Cordaro era il collegamento con Saverio Romano e Mandalà aveva rapporti con l’avv. Cordaro e quando c’era da parlare con l’on.le Romano o comunque con l’Udc o Cdu in genere, l’avv. Mandalà si riferiva, andava direttamente dall’avv. Cordaro.
E ritornò da questo incontro con l’avv. Cordaro dicendo che aveva risolto il problema. Io adesso non so che cosa si sono detti perchè non mi mise a parte nè a conoscenza di quello che si sono detti. Mi disse che aveva risolto il problema e che Saverio Romano non avrebbe rotto più le scatole”.
Ma non solo. Sempre sui rapporti tra Mandalà e Saverio Romano Campanella (oggi confermato da Lo Verso, sia pure de relato) ai pm ha raccontato anche dell’inserimento nella lista del Biancofiore, nel 2001, d’accordo con l’ex governatore siciliano Totò Cuffaro, di Giuseppe Acanto, assecondando le richieste del capomafia Nino Mandalà “nella consapevolezza — scrivono i pm nella richiesta di rinvio a giudizio — di esaudire desideri di Mandalà e, più in generale, della famiglia mafiosa di Villabate”.
Le parole di Lo Verso, infine, forniscono un assist ai pm che fino ad ora, avevano considerato le accuse di Campanella, da sole, non sufficientemente riscontrate, al punto di sostenere un dibattimento.
Giuseppe Lo Bianco
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Costume, denuncia, Giustizia, governo, la casta, mafia | Commenta »
Settembre 21st, 2011 Riccardo Fucile
DER SPIEGEL COMMENTA L’INTERCETTAZIONE IN CUI IL CAVALIERE INSULTA LA MERKEL: “PAROLE CHE DIFFICILMENTE POSSONO ESSERE SUPERATE PER VOLGARITA’ E ROZZEZZA”
Il capo del governo italiano avrebbe detto «cose brutte» su Angela Merkel e i diplomatici adesso
temono una crisi italo-tedesca.
Con questo incipit, e con un titolo ancor più esplicito, “Zotico e volgare”, il settimanale Der Spiegel torna sulle parole “sconce” che Silvio Berlusconi avrebbe pronunciato per definire la sua collega tedesca.–
E il settimanale, al contrario di altri media tedeschi, decide di metterle nero su bianco: “culona inchiavabile” avrebbe detto il presidente del Consiglio italiano, secondo quanto riportato dal Fatto quotidiano.
Poi lo Spiegel si lancia in un analitico tentativo di tradurre ad uso tedesco la colorita definizione.
«Si tratta di parole che possono difficilmente essere superate in quanto a volgarità e rozzezza», commenta il settimanale, che oltretutto provengono dal premier della terza potenza economica europea e inoltre si rivolgono, offendendolo, al cancelliere di un paese che più di qualsiasi altro contribuisce al salvataggio dell’euro.
Non è la prima volta che Angela Merkel deve sopportare lo humor “sguaiato” del Cavaliere: quando a Trieste nel 2008 le fece cucù all’improvviso da dietro una statua, o quando a un importante vertice Nato in Germania fece attendere la padrona di casa a lungo sulla porta mentre era al telefono.
Ma nel mezzo di questa crisi – conclude lo Spiegel – queste esternazioni sono «insopportabili».
Poi lascia la parola a Antonio Puri Purini, ex ambasciatore italiano a Berlino: «Non è più un’Opera Buffa, ma una Tragedia. Dopo queste voci, chi potrà ancora porgere la mano all’Italia, che pure ne ha così tanto bisogno in questa drammatica situazione economica?».
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