UN NUOVO PENTITO ACCUSA IL MINISTRO SAVERIO ROMANO: “SI E’ ATTIVATO PER LA COSCA DI VILLABATE PER LA QUESTIONE DELL’IPERMERCATO”
PARLA STEFANO LO VERSO, IMPRENDITORE ED ULTIMO VIVANDIERE DI PROVENZANO…. PAROLE CHE PESERANNO SULLA MOZIONE DI SFIDUCIA PRESENTATA NEI CONFRONTI DEL MINISTRO
Dal gennaio 2003 all’ottobre 2004 ha accudito il capo dei capi, Bernardo Provenzano rivelandone nascondigli, spostamenti e persino abitudini, ha fatto scoprire un cimitero di mafia, ha svelato due progetti di attentato al pm Di Matteo e all’on. Lumia, ha raccontato delitti, affari e rapporti di Cosa Nostra con la politica, ai massimi livelli: nel mirino delle accuse di Stefano Lo Verso, imprenditore pentito di Ficarazzi, e ultimo vivandiere del boss corleonese, è finito oggi il ministro delle Politiche Agricole Saverio Romano, già indagato per mafia, per il quale la procura ha già chiesto il rinvio a giudizio dopo l’imputazione coatta imposta dal gip.
Sono accuse de relato, ma destinate probabilmente a “pesare ” nel voto sulla mozione di sfiducia nei confronti di Romano, primo ministro della Repubblica imputato di mafia, presentata dal Pd e che dovrebbe andare in votazione alla fine di settembre. Specie se l’ala dura della Lega dovesse premere sull’acceleratore, ipotesi forse paventata dallo stesso Romano, che qualche giorno fa, chiudendo a Summonte (Avellino), la festa del Pid, partito del quale è segretario nazionale, ha detto: “Non mi fa piacere la golden share della Lega su questo governo. Dopo la manovra, si cambia registro”.
Si fa dunque più pesante la posizione del leader dei Responsabili chiamato in causa dal neo-pentito che in tre verbali depositati dai pm Nino Di Matteo e Francesco Del Bene a sostegno dell’appello contro l’assoluzione di Totò Cuffaro per concorso in associazione mafiosa, decisa dal gip che ha applicato il principio del ne bis in idem, lo indica come uno degli uomini politici (l’altro è Cuffaro, del quale il neo pentito Lo Verso svela l’esistenza di un accordo con Provenzano) in rapporti con la cosca di Villabate guidata da Nicola Mandalà , il killer che si occupò del viaggio sanitario francese del latitante corleonese.
Lo Verso racconta di avere appreso la circostanza “in via confidenziale” dallo stesso Mandalà , così come da un altro detenuto, Vincenzo Paparopoli, dice di avere appreso che le circostanze narrate da un altro pentito, Francesco Campanella, nei confronti del ministro Romano sarebbero vere.
E cioè i rapporti e l’interessamento per le vicende politico amministrative del Comune di Villabate, sciolto due volte per mafia, e retto di fatto dalla famiglia Mandalà che Romano avrebbe avuto nel corso della sua attività politica, a cominciare dall’approvazione del piano commerciale, finalizzato alla realizzazione di un grande ipermercato, iniziativa finita al centro di uno scontro tra due cosche mafiose, quella di Brancaccio, retta da Guttadauro, e quella di Villabate.
Durante l’iter di approvazione in Comune, i consiglieri del Cud, partito di Romano, uscirono dall’aula, per ostacolare l’approvazione: una mossa tattica, secondo Campanella, nell’attesa della definizione di un accordo: “Durante questa sospensione in cui noi cerchiamo Mandalà per capire che cosa stava succedendo e perchè il Cdu era uscito — racconta Campanella in un verbale del 21 settembre del 2005 ai pm Giuseppe Pignatone, Michele Prestipino, Maurizio De Lucia e Antonino Di Matteo — il Mandalà si mostrò assolutamente meravigliato perchè avendo parlato con Notaro che gli aveva assicurato questa cosa. Alla fine poi abbiamo appreso che l’on.le Saverio Romano aveva chiamato Cottone Vincenzo e dato disposizione di uscire dall’aula per non approvare il piano commerciale.
A questo punto per capirne di più il Mandalà Antonino, tramite Nicola Notaro si reca dall’avv. Cordaro, perchè l’avv. Cordaro era il collegamento con Saverio Romano e Mandalà aveva rapporti con l’avv. Cordaro e quando c’era da parlare con l’on.le Romano o comunque con l’Udc o Cdu in genere, l’avv. Mandalà si riferiva, andava direttamente dall’avv. Cordaro.
E ritornò da questo incontro con l’avv. Cordaro dicendo che aveva risolto il problema. Io adesso non so che cosa si sono detti perchè non mi mise a parte nè a conoscenza di quello che si sono detti. Mi disse che aveva risolto il problema e che Saverio Romano non avrebbe rotto più le scatole”.
Ma non solo. Sempre sui rapporti tra Mandalà e Saverio Romano Campanella (oggi confermato da Lo Verso, sia pure de relato) ai pm ha raccontato anche dell’inserimento nella lista del Biancofiore, nel 2001, d’accordo con l’ex governatore siciliano Totò Cuffaro, di Giuseppe Acanto, assecondando le richieste del capomafia Nino Mandalà “nella consapevolezza — scrivono i pm nella richiesta di rinvio a giudizio — di esaudire desideri di Mandalà e, più in generale, della famiglia mafiosa di Villabate”.
Le parole di Lo Verso, infine, forniscono un assist ai pm che fino ad ora, avevano considerato le accuse di Campanella, da sole, non sufficientemente riscontrate, al punto di sostenere un dibattimento.
Giuseppe Lo Bianco
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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