Settembre 28th, 2011 Riccardo Fucile
LA CONFESSIONE DEL TRIBUTARISTA GIANNI LAPIS AI MAGISTRATI DI PALERMO, SOLDI ANCHE A CUFFARO…LA PROCURA HA CHIESTO DI POTER UTILIZZARE LE INTERCETTAZIONI CHE RIGUARDANO IL MINISTRO DELL’AGRICOLTURA E CHE RISALGONO AL 2004
Ha parlato per difendersi: “Io non davo mazzette, finanziavo tanti gruppi politici. Quando reputavo una persona corretta gli sono stato sempre vicino, non mi costava nulla”.
Ma ha finito per accusare: “Nel 2004, ho consegnato 50 mila euro in contanti a Totò Cuffaro e 50.000 a Saverio Romano”.
Questo ha confessato il prestanome dei Ciancimino, il tributarista Gianni Lapis, ai magistrati della Procura di Palermo.
E così anche il verbale delle sue dichiarazioni è stato inviato al gip Piergiorgio Morosini, chiamato a decidere sulla sorte della seconda inchiesta che vede indagato il ministro dell’Agricoltura: non c’è infatti solo l’indagine per mafia a impegnare i legali di Romano, ma anche un’inchiesta per corruzione, assieme a Lapis, Cuffaro, Ciancimino e al senatore Carlo Vizzini.
La Procura ha chiesto di poter utilizzare le intercettazioni in cui Lapis parla con Romano e Vizzini, che risalgono al 2003-2004: il 3 ottobre, il gip dovrà valutare se inviarle alla Camera e al Senato, per il via libera finale.
Fino a qualche mese fa, c’erano solo le parole di Massimo Ciancimino a sostegno delle accuse di corruzione nei confronti dei politici: “Nel 2004 – ha raccontato il figlio dell’ex sindaco – portai a Lapis 500.000 euro in contanti, all’hotel Borgognoni, a Roma. Mi disse che la somma doveva essere destinata ad alcuni politici locali”.
Ma gli indagati hanno smentito categoricamente.
Il ministro Romano ha aggiunto: “Mai preso neanche un caffè con Ciancimino. E Lapis era solo uno stimato docente universitario, consulente dell’Ircac, di cui diventai poi presidente. Mi avrà cercato una sola volta, per parlare di riforma fiscale”.
Ma, adesso, è Lapis che parla dei “finanziamenti” ai politici.
E diventa lui il grande accusatore, anche se non ha mai avuto simpatia per i pm di Palermo, che già nel 2007 l’hanno fatto condannare con l’accusa di essere il principale prestanome del tesoro dei Ciancimino.
In realtà , davanti ai sostituti Nino Di Matteo, Sergio Demontis, Paolo Guido e al procuratore aggiunto Antonio Ingroia, Lapis puntava solo a scrollarsi di dosso l’accusa lanciatagli da Ciancimino junior, di essere stato il grande corruttore della politica siciliana.
Quando i pm gli hanno chiesto di fare i nomi dei suoi “beneficiati” ha detto: “L’ho fatto con tanti altri gruppi politici, non solo con l’Udc.
Inutile che vi faccia i nomi, sono persone corrette”.
I pm hanno insistito: “Allora perchè parla degli esponenti Udc? Non li ritiene corretti?”.
La risposta è stata sibillina: “Ma questi finanziamenti voi me li contestate, ho l’obbligo di dirvi che non c’è nulla di male”.
I pm ritengono invece che quei soldi fossero mazzette legate agli appalti della società Gas, il gioiello di famiglia dei Ciancimino venduto fra il 2003 e il 2004 agli spagnoli della Gas natural.
Lapis continua a parlare di “finanziamenti”, ma conferma che i soldi arrivavano dal maxi affare.
“Avevo fatto delle promesse nel 2001”, dice ai pm: “Nel 2004, Salvatore Cintola (deputato Udc – ndr) mi disse: “Sei pronto a pagare?”.
Lapis parla di una missione serale nella casa palermitana di Cuffaro. “Credo di esserci andato con Romano, ma non vorrei dire una fesseria, non me lo ricordo”, precisa.
“Ero sicuramente con un’altra persona, non so se era Romano o Cintola, uno dei due era sicuramente”.
I magistrati hanno chiesto a Lapis più chiarezza su Romano.
Lui ha continuato a essere vago: sostiene di non ricordare se il “finanziamento” all’attuale ministro avvenne “la stessa sera di Cuffaro”.
Poi, dice: “Comunque, un giorno prima, un giorno dopo”.
Sulla somma, invece, Lapis non alcun dubbio: “50.000 a Cuffaro e 50.000 a Romano”.
Salvo Palazzolo
(da “La Repubblica”)
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Settembre 28th, 2011 Riccardo Fucile
IL SIMBOLO TAROCCO PADANO PROPOSTO IN TUTTE LE SALSE: SULLE ROTONDE, NELLE PIAZZE, NEGLI EDIFICI COMUNALI E IN FORMATO DIGITALE SUI SITI INTERNET
In principio c’era Alberto da Giussano, con il suo spadone e la forma slanciata. 
Sul finire degli anni novanta è sorto il Sole delle Alpi.
Un simbolo riconoscibile, riproducibile e semplice: il marchio perfetto. Talmente perfetto che la Lega Nord lo ha registrato, iniziando fin dai primi tempi a propinarlo anche al di fuori delle schede elettorali, e cercando di farlo passare per un simbolo mutuato dalla tradizione e dalla storia locale.
La gente del nord, ben prima di Oscar Lancini e del caso limite della scuola di Adro, se lo è trovato riprodotto sulle rotonde, nelle piazze, negli edifici comunali e persino in formato digitale sui siti internet istituzionali.
Il Sole delle Alpi è stato realizzato sotto forma di mosaico o bassorilievo.
È stato disegnato, dipinto e ricamato.
Qualcuno lo ha imposto anche come ornamento floreale, senza dimenticare gli immancabili e onnipresenti adesivi.
Insomma, il sole padano è stato proposto in tutte le salse e, comune più comune meno, ovunque la Lega abbia messo piede è arrivato qualche riflesso di questo strano bagliore verde.
Tanti i casi passati agli onori delle cronache.
Negli anni scorsi a Cividate al Piano (Bergamo) sulla pavimentazione della piazza è stato realizzato un mosaico in ciottoli.
Nel 2009 seicento cittadini avevano chiesto al sindaco Luciano Vescovi di rimuovere la decorazione politica, presentando un esposto in Procura.
Oggi su questo caso pende un’indagine della magistratura tesa a stabilire se vi sia stato sperpero di danaro pubblico.
A Drezzo (Como) il Sole delle Alpi è comparso in due punti della piazza principale (intitolata a Gianfranco Miglio): sulla recinzione in ferro di un monumento ai caduti (con grande sdegno dell’associazione combattenti e reduci) e sulla recinzione dei giardinetti accanto al municipio.
La storia del sole di Carrù, in provincia di Cuneo, è più complessa.
Posizionato per la prima volta nel 2002 ai piedi del monumento al bue, era stato rimosso nel 2009, salvo poi essere riposizionato dopo varie polemiche alla fine del 2010.
Anche su questo simbolo era stata chiamata ad esprimersi la magistratura, che aveva stabilito che il sole poteva rimanere sul suolo pubblico in quanto “storicamente già utilizzato da egizi e celti”.
Ad Acqui Terme (Alessandria), tra le prime città piemontesi a poter vantare un sindaco leghista, il sole è stato impresso sulla pavimentazione della piazza-anfiteatro della città sul finire degli anni novanta.
Sulla targa del teatro intitolato a Giuseppe Verdi, oltre al nome del compositore, a quello della città e alla data dell’inaugurazione (12 agosto 1998), compare anche la scritta “Padania”.
A Vimodrone (Milano) un gigantesco sole era stato voluto nel 2000 dall’allora sindaco leghista Domenico Galluzzo per ornare la nuova biblioteca.
Dal 2002, quando l’amministrazione ha cambiato colore, è finito sotto ad un enorme zerbino.
A Calcinato, in provincia di Brescia c’è “via Sole delle Alpi”, che non è un’esortazione, ma un toponimo, voluto dal sindaco Marika Legati, che l’ha spiegato così: “La scelta è stata quella di dedicare questa via a un movimento politico significativo della storia istituzionale del nostro paese. Ci è sembrato importante fare memoria di un passaggio politico importante, oltre che di un simbolo iconografico che fa parte della tradizione”.
A Garlate, in provincia di Lecco, il sindaco leghista Maria Tammi nel 2008 aveva fatto inserire il Sole delle Alpi nel disegno della nuova pavimentazione in acciottolato del cortile del municipio.
A Mandello, sempre in provincia di Lecco, il sole di pietra accoglie tutti i cittadini che entrano in Comune, dove sono stati apposti dall’ex sindaco Giorgio Siani.
Gli esempi si sprecano anche in provincia di Varese, terra della Lega per eccezione.
Il caso più famoso è quello della rotonda di Buguggiate dove, oltre al simbolo leghista, campeggiano da qualche anno una serie sagome che raffigurano i leader del Carroccio intenti a pedalare.
Un omaggio (considerato da molti di pessimo gusto) alla Lega e ai mondiali di ciclismo che si sono svolti a Varese nel 2008.
Ma non mancano altri esempi lampanti: a Castronno il Sole delle Alpi è stato marchiato nel cemento del sottopasso ferroviario ristrutturato nel 2010 dalla giunta guidata dal leghista Luciano Grandi.
A Lonate Ceppino il simbolo verde campeggia su una vetrata, donata al comune nei primi anni del decennio scorso e installata proprio accanto alla sala consiliare.
Nella vicina Tradate i piccoli raggi fanno capolino dalle decorazioni di una rotatoria, all’ingresso della città .
Anche in questo caso le impronte leghiste vanno oltre il marchio lasciato sulla rotonda. Diverse le vie della città che portano nomi inequivocabilmente legati al partito, da via Padania a via Lega Lombarda, per arrivare, anche qui, a via Gianfranco Milglio. Imperdibile poi la poltrona verde con il simbolo ricamato sullo schienale che campeggia nell’ufficio del sindaco Stefano Candiani accanto alle riproduzioni in scala della statua di Alberto da Giussano.
A San Martino di Lupari (Padova) il sindaco Gerry Boratto quando è stato eletto nel 2009, non ci ha pensato due volte a mettere mano al sito internet istituzionale, inserendo l’effige leghista assieme al leone di San Marco come ornamento grafico di alcune pagine virtuali.
Una carrellata che potrebbe continuare ancora a lungo, prendendo in considerazione casi più o meno eclatanti.
Tra soli verdi e altre trovate leghiste.
Nel silenzio complice delle istituzioni italiane.
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Settembre 28th, 2011 Riccardo Fucile
IMBARAZZATI A RIVELARE LA LORO PROVENIENZA ALLA LONDON SCHOOL OF ECONOMICS
Un dedalo di strade nel cuore di Londra, a due minuti dalle rive del Tamigi e alle spalle della City finanziaria.
Mette quasi soggezione addentrarsi tra le architetture severe della London School of Economics, cittadella del sapere a fianco di quella delle banche, ateneo da dove sono passati politici, capi di stato e premi Nobel. In questi spazi solenni dedicati alla critica e alla riflessione, sotto il motto virgiliano Rerum cognoscere causas, sono sempre più numerosi gli studenti italiani.
Abbiamo chiesto ad alcuni di loro cosa pensano delle ultime “performance” di Berlusconi, se devono vergognarsi o sono costretti a subire commenti ironici, da parte dei loro colleghi di corso, magari per il solo fatto di essere rappresentati istituzionalmente dal geniale inventore dei bunga bunga party.
Niccolò Regoli ha 20 anni, e sta iniziando il terzo anno del corso di Geografia ed Economia.
Agli impegni di studio unisce anche il mandato di presidente dell’Italian Society, associazione che organizza conferenze e incontri inevitabilmente rivolti ad osservare cosa accade nel nostro Paese.
Nonostante la giovane età , il toscano Niccolò è in Gran Bretagna già da diversi anni. “Innanzitutto, osserva con un po’ di cautela, è importante precisare che all’estero sono filtrate principalmente certe notizie e informazioni, ossia quelle più scandalistiche”.
Va bene, ma sono cose che hanno fatto male?
“Nell’ambito universitario in cui vivo, queste notizie non creano disprezzo nei confronti dell’Italia ma piuttosto un senso di curiosità e perplessità . È sicuramente difficile per noi all’estero spiegare le vicissitudini che affliggono l’Italia senza essere guardati con un’espressione confusa e dubbiosa”.
Più diretto Philippe Bracke, 29 anni, milanese nonostante nome e origini belghe, e ormai all’ultimo anni di dottorato in economia.
Dalle sue parole emerge la vergogna dell’italiano che si sente sotto i riflettori.
“Quando dico di venire dall’Italia, aggiunge sferzante, molto spesso il mio interlocutore replica con la battuta ironica ‘Che personaggio il vostro primo ministro!’.
Io ridacchio, cerco di minimizzare, ma dentro di me so perfettamente che gli scandali che coinvolgono i nostri politici sono incomprensibili agli occhi di chi viene da altre parti del mondo”.
Sullo stesso registro è Luca Faloni, torinese, fresco ex dell’ateneo.
Oggi Luca, 27 anni, un master nel 2007 e uno nel 2010, lavora per la Bain and Company, una società di consulenza. “All’estero ormai siamo abituati da anni alle continue gaffe, più o meno serie e problemi giudiziari, di Berlusconi”.
Poi ci confida una seconda preoccupazione: “Mi dispiace che oltre al continuo danno all’immagine del Paese e alla reputazione di tutti gli Italiani, nell’ultimo periodo ciò stia avendo ripercussioni notevoli anche per la stabilità finanziaria del nostro Paese. In questi mesi di turbolenza economica stiamo dando continuamente conferma di avere un governo ed in particolare un premier, incapace di pensare ai problemi seri del Paese. Non a caso i mercati finanziari hanno affossato il nostro mercato e il nostro debito”.
Quindi Berlusconi è un’aggravante per gli italiani d’oltremanica?
“Il mio giudizio su Berlusconi sarebbe lo stesso anche se non fossi all’estero, sia chiaro. Ma vivendo in un paese come l’Inghilterra, dove politici si dimettono immediatamente quando vengono sorpresi ad abusare della loro posizione, si capisce che certe cose che in Italia sembrano normali proprio non lo sono.
Te lo immagineresti David Cameron a fare battute sulla Merkel?”.
Andrea Valdambrini
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 28th, 2011 Riccardo Fucile
A NAPOLI I CLAN IN PIAZZA: “ONORIAMO I NOSTRI MORTI”
Il “Padrino” arriva a bordo di una Rolls Royce bianca per dare il via ufficiale ai
festeggiamenti.
La folla aspetta, gradisce, applaude.
Lui scende dall’auto, sotto una pioggia di coriandoli colorati stringe mani e bacia sulla bocca i suoi uomini: un gesto altamente simbolico, che sta a indicare un legame indissolubile con la Famiglia.
Perchè quella è una festa di camorra.
È iniziata cosi, domenica, la “Ballata dei Gigli” di Barra, che si celebra da oltre un secolo nel quartiere alla periferia orientale di Napoli.
Ma che è sempre più monopolizzata dalla criminalità organizzata che, salvo poche eccezioni, gestisce per intero la Festa.
Indisturbati, i clan utilizzano quel momento per suggellare patti e mandare messaggi di sfida ai rivali.
Alla luce del giorno.
A Barra, il clan egemone è quello dei Cuccaro-Andolfi: un anno fa, la piazza salutò il ritorno in libertà del capo, Angelo Cuccaro, con una canzone dal titolo e dal testo inequivocabili, «’O Re».
Quel giorno, l’omaggio a un altro boss, Arcangelo Abete, leader del gruppo di fuoco dei cosiddetti “Scissionisti” di Secondigliano, altra zona incandescente della città , svelò a tutti l’accordo tra i due potenti clan: una morsa criminale che stringe la città di Napoli da Nord a Est.
Un legame ancora più inquietante se si pensa che, proprio mentre domenica il clan inaugurava la festa a Barra, dall’altro lato della città la camorra riprendeva a sparare: è la spia di una nuova sanguinaria faida in atto nei quartieri di Napoli.
Dopo quel patto suggellato un anno fa, la Procura di Napoli avviò pure un’indagine sulla Festa di Barra, senza tuttavia esiti significativi.
Così, domenica il clan ha mostrato i muscoli. Stavolta, il boss era lì in persona, in piazza, davanti al “giglio dell’Insuperabile”.
Camicia blu, cappellino da baseball bianco sul capo, è stato proprio Angelo Cuccaro a dettare i tempi della festa, a chiedere anche “un minuto di silenzio per i nostri morti”, mentre la fanfara dedicava a lui e al suo alleato di zona, Andrea Andolfi, la canzone «Sei grande».
Di lì a poco arriverà anche l’omaggio degli organizzatori di un altro “giglio”: «Noi vi amiamo» urla Lello ‘O Cavallaro, al secolo Raffaele Maddaluno (suo fratello Ciro è il suocero del boss, ndr).
È il momento in cui un corteo di donne e uomini si reca in processione a salutare il boss.
Nei giorni precedenti, non si era sottratto al rito nemmeno uno dei parroci della zona, che ha benedetto quell’obelisco in legno alla pari delle altre “macchine di festa”. Senza apparenti esitazioni.
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Settembre 27th, 2011 Riccardo Fucile
IL TRIBUNALE DEL RIESAME SMONTA LA DIFESA DEL PREMIER SUL CASO ESCORT E IPOTIZZA IL REATO DI “INDUZIONE A RENDERE DICHIARAZIONI MENDACI ALLL’AUTORITA’ GIUDIZIARIA”… ”NESSUNA PROVA” DELL’ESTORSIONE E “PIENA CONSAPEVOLEZZA” DEL FATTO CHE LE SUE OSPITI FOSSERO RETRIBUITE PER FARE SESSO
Silvio Berlusconi non è vittima di un’estorsione.
Ha invece indotto un indagato, Gianpaolo Tarantini, a “rendere dichiarazioni mendaci” ai magistrati.
I soldi e le altre utilità passate dell’imprenditore barese non erano, come afferma il premier, un semplice aiuto a un amico in difficoltà economiche, ma un modo per ottenerne il silenzio sulle escort che frequentavano le sue famose “feste”.
E il presidente del consiglio, al contrario di quanto ha sempre affermato, era perfettamente consapevole che di escort si trattasse.
L’ordinanza del Tribunale del Riesame di Napoli sulla detenzione in carcere di Tarantini e del latitante Valter Lavitola smonta pezzo per pezzo la versione del presidente del consiglio sui suoi rapporti con l’imprenditore barese e l’ex direttore dell’Avanti!.
I giudici Angela Paolelli, Rossella Marro e Barbara Mendia ribaltano l’ipotesi accusatoria dei pm Henry John Woodcock, Francesco Curcio e Vincenzo Piscitelli.
E aprono la strada a una possibile nuova disavventura giudiziaria per Berlusconi.
Le elargizioni di denaro e “altre utilità ” concesse a Gianpaolo Tarantini non sono semplici aiuti a un amico in difficoltà economiche, come sostiene Berlusconi nella memoria depositata a Napoli.
Scrivono i giudici del Riesame: “Ritiene il collegio che la suddetta giustificazione appare inevitabilmente smentita non solo da una serie di argomentazioni di ordine logico, ma anche da una pluralità di circostanze di fatto emergenti dagli atti”.
Innanzitutto esiste “un’evidente sproporzione tra l’entità della protezione e il dichiarato spirito di liberalità ”.
E poi, se di regali si fosse davvero trattato, perchè Berlusconi avrebbe dovuto finanziare i coniugi Tarantini “in modo non trasparente”, con telefonate “cifrate” e l’intermediazione di Lavitola?
La “liberalità ” non c’entra, tanto che Berlusconi, a detta dei suoi più stretti collaboratori, mostra “insofferenza” quando deve metter mano al portafogli per placare Tarantini.
Le “pretese liberalità ”, notano ancora i giudici, iniziano “quando Tarantini assume la qualità di indagato a Bari”, con l’individuazione dei difensori forniti dal premier, e “culminano” quando Tarantini prende in considerazione un patteggiamento.
Così facendo potrebbe “contribuire a stendere un velo su notizie e fatti che avrebbero destato un sicuro clamore mediatico, in ragione del coinvolgimento, nella vicenda delle cosiddette escort, del presidente del consiglio, soggetto dal quale provenivano le elargizioni”.
I giudici del Riesame non credono neppure all’estorsione di Tarantini e Lavitola ai danni di Berlusconi, cioè l’ipotesi di reato sollevata dai pm di Napoli.
A parte alcune espressioni riferite al premier dai due indagati, come “metterlo con le spalle al muro” o “in ginocchio”, l’ipotesi di estorsione risulta “sfornita di prova”.
I giudici propendono per un altro scenario, che vedrebbe Berlusconi passare dal ruolo di vittima a quello di potenziale indagato: “A parere del collegio, la condotta posta in essere da Silvio Berlusconi (con il concorso in qualità di intermediario di Valter Lavitola) nei confronti di Tarantini appare perfettamente corrispondente al paradigma legislativo di cui all’articolo 377 bis del codice penale”.
L’articolo in questione punisce, con la reclusione da due a sei anni, l’”induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria”.
Berlusconi, dunque, non avrebbe pagato sotto ricatto, ma si sarebbe mosso di propria iniziativa per evitare che Tarantini raccontasse ai giudici di Bari la verità sulle escort che gli procurava.
Il presidente del consiglio Avrebbe dunque cercato di “inquinare” il processo di Bari.
Berlusconi, secondo il Riesame, era anche perfettamente consapevole che le ragazze portate da Tarantini nelle sue residenze fossero retribuite.
“Tarantini evidenziava oltre ogni ragionevole dubbio la piena consapevolezza del premier della reale natura delle prestazioni che gli venivano offerte dalla stragrande maggioranza delle ospiti delle sue serate”.
Il riferimento è alla telefonata tra l’imprenditore e Patrizia D’Addario dopo che quest’ultima aveva passato la notte a palazzo Grazioli.
“Mi dispace che non hai preso niente”, dice Tarantini, “però guarda che è la prima volta che succede, io avrò portato… cento donne”.
E la D’Addario più avanti rimarca: “Beh, a tutte ha lasciato la busta”.
La busta con “a chi dieci, a chi cinque, a chi tre, a chi quindici, a chi venti… a chi gli ha regalato la macchina…”, precisa Tarantini.
I giudici di Napoli sottolineano che Berlusconi abbia fornito i legali a Tarantini per il processo escort, e li abbia retribuiti.
“Deve ritenersi acclarato che fin dall’inizio della vicenda giudiziaria che ha coinvolto Gianpaolo Tarantini a Bari, risalente al giugno 2009, Silvio Berlusconi si è interessato in prima persona di garantire a Tarantini un’adeguata difesa, preoccupandosi di individuare — grazie alle indicazioni del proprio difensore Niccolò Ghedini — professionisti di chiara fama e di sua fiducia”.
Il tutto è confermato dagli interrogatori degli stessi legali di Tarantini, Nico D’Ascola e Giorgio Perroni, e da Tarantini medesimo.
Berlusconi si impegna anche a trovare un lavoro per Tarantini mentre quest’ultimo si trova agli arresti domiciliari: investe del problema gli avvocati Ghedini e D’Ascola, e alla fine salta fuori l’impiego fittizio presso la cooperativa Andromeda, grazie all’intervento di Lavitola.
Le “10 foto” oggetto della telefonata tra Valter Lavitola e la segretaria del premier Marinella Brambilla equivalgono alla consegna di 100 mila euro, affermano i giudici del Riesame, e non di 10 mila come sostenuto dalla Brambilla stessa.
La somma è arrivata ai ai coniugi Tarantini nel giugno di quest’anno, come si evince dalle intercettazioni.
A questa si aggiungono i 500 mila euro di cui Lavitola e Tarantini discutono nelle intercettazioni, il pagamento dell’affitto di un appartamento ai Parioli a Roma e numerosi altri stanziamenti per importi più contenuti.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 27th, 2011 Riccardo Fucile
ALEMANNO: “MAI PIU’ ELEZIONI BLINDATE PER RACCOMANDATE”… IL SEGRETARIO DEL PDL LOMBARDO MANTOVANI “SUA MOGLIE E’ STATA ELETTA COSI'”… MA ISABELLA RAUTI HA UNA STORIA DI MILITANTE, NON DI TENUTARIA DELL’OLGETTINA
Roma attacca. Milano si difende e rilancia. 
Nel Pdl è scoppiata la guerra. E al centro della contesa da una parte c’è Nicole Minetti, dall’altra Isabella Rauti.
Domenica Gianni Alemanno ha parlato della necessità delle primarie: «Dobbiamo dire con chiarezza: mai più Minetti nei Consigli regionali perchè in questo modo offendiamo il Pdl e Silvio Berlusconi».
Anche se non si capisce perchè mai il premier si dovrebbe offendere, dal momento che l’elezione della Minetti l’ha chiesta proprio lui.
Alemanno questo non lo spiega, d’altronde dall’ex sociale è già fin troppo pretendere una presa di distanza dal sultano.
In ogni caso la miccia è stata innescata.
E se Roma punta sull’igienista dentale con un passato da showgirl in gonnellino, Milano risponde rinfacciando al primo cittadino capitolino l’elezione nel listino della sua signora: «Alemanno non è titolato a fare quelle osservazioni – argomenta Mario Mantovani, coordinatore del Pdl lombardo – nel listino della Regione Lazio ha messo sua moglie, Isabella Rauti. Per cui stia zitto».
Intervistato dalla Zanzara, su Radio 24, il dirigente berlusconiano ha difeso la ventiseienne consigliera regionale: «La Minetti – ha continuato – fa bene alla Lombardia ed è una consigliera di tutto rispetto. È laureata con il massimo dei voti al San Raffaele ed è stata scelta in Regione per le sue competenze nelle professioni della sanità ».
Ovvero il diploma da igienista dentale farebbe curriculum.
D’altronde cosa si può pretendere di più da una macchietta come Mantovani: non poteva certo elencare gli altri merito che la Minetti ha acquisito sul campo.
Milano replica, Roma contrattacca.
E all’offensiva di Mantovani reagisce il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri: «Nel Pdl ci vuole coesione non polemica. Ma vorrei dire a chi ha criticato Isabella Rauti che dovrebbe prima informarsi. Isabella è nata militante della destra italiana, ha sempre svolto una coraggiosa attività politica e culturale. Se fa parte di un consiglio regionale lo deve a ciò. Con ampio merito. Quando non si conosce la storia delle persone ci vorrebbe molta più prudenza nei giudizi».
Isabella Rauti è infatti la figlia di Pino, tra i fondatori del Movimento Sociale, ha sempre fatto la giornalista ed è stata dirigente del Fronte della Gioventù oltre che dello stesso Msi. E di lauree ne ha due, in Lettere e Psicologia.
Fa sorrridere che a difendere nla moglie di Alemanno sia sceso in campo il suo maggiore antagonista del passato, ovvero “occhio di tigre” Gasparri.
Ma nel casino totale in cui versa il Pdl, ormai ci sta anche questo.
Anche se non condividiamo l’attuale collocazione politica di Isabella, avendo avuto modo di conoscerla in gioventù, ci limitiano a dire che solo un poveretto come Mantovani poteva avvicinare il suo caso a quello della Minetti.
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Settembre 27th, 2011 Riccardo Fucile
MARTINELLI E ALCUNI SUOI MINISTRI VENNERO IN ITALIA PER UN INCONTRO CON BERLUSCONI….”QUI CONOSCE MOLTA GENTE, CI AIUTO’ AD AVERE IN DONO SEI NAVI DEL VALORE DI 300 MILIONI DI DOLLARI”
“Quando Berlusconi riunì sei panamensi e sei italiani per un incontro, uno di loro era Lavitola”.
Adesso anche il presidente della Repubblica di Panama sembra scaricare il Cavaliere e il suo amico Valter: “Martinelli prende le distanze da Lavitola”, titola il quotidiano panamense Prensa.
Alla domanda su come abbia conosciuto l’ormai famoso Lavitola, Martinelli punta il dito verso il Cavaliere, parla di un viaggio in Italia.
Il sito del giornale panamense ne dà notizia il 20 agosto 2009, titolando “Sorprendente viaggio presidenziale”.
Di più: “Lavitola era conosciuto da tutti”, aggiunge il leader di Panama.
Nei giorni centrali di agosto i telefoni di Berlusconi e Lavitola squillano di frequente: è il 24 agosto quando il premier consiglia al suo faccendiere di rimanere fuori dall’Italia.
Abbandonato da tutti, a cercarlo pare essere rimasta soltanto la polizia.
Tempi duri per Lavitola, appena un anno fa scendeva con piglio sicuro dalla scaletta dell’aereo della Presidenza del Consiglio.
Divideva la tavo
Oggi è latitante e tutti negano di essere suoi amici, di averlo frequentato. “Non so dove si trovi”, esordisce Martinelli, cercando di superare l’imbarazzo (Lavitola, latitante, è ormai uno dei protagonisti delle cronache locali del paese del Canale, dove si è rifugiato).
Aggiunge il presidente: “Non so nemmeno se sia a Panama”.
Ma quando ha conosciuto l’ex direttore dell’Avanti?
Scrive Prensa: “Martinelli ha detto di aver incontrato Lavitola durante il suo viaggio in Italia (nel 2009, ndr)… Il presidente sostiene che Lavitola era “molto strumentale” per firmare il trattato in materia di sicurezza e di lotta all’evasione tra Italia e Panama nel giugno 2010 (quando l’ex direttore dell’Avanti sbarcò dall’aereo di Stato con Berlusconi, ndr)”.
Non solo: Lavitola “ha contribuito anche a migliorare notevolmente i rapporti tra Italia e Panama”.
Prensa e Martinelli rivelano importantissimi retroscena dell’accordo: “Lavitola ci ha aiutato anche perchè l’Italia ci donasse sei navi”.
Fin qui niente di nuovo. Il “dettaglio” inedito è il valore del “regalo” italiano: “300 milioni di dollari”, cioè 222 milioni di euro, secondo il presidente panamense.
“Lasciamo perdere la politica italiana… non so se Lavitola o altri turisti italiani siano a Panama”, conclude Martinelli, quasi a voler evitare di pronunciarsi.
Ma ormai Berlusconi è stato già chiamato in causa, e proprio dal vecchio amico panamense.
Una presa di distanze che la dice lunga sull’aria che tira: Martinelli ha origini italiane, è imprenditore e politico, insomma si è sempre sentito vicino a Berlusconi, lo ha sempre sostenuto.
Eppure oggi mette in imbarazzo il Premier con le sue dichiarazioni.
Ma Lavitola di questi tempi è un personaggio che scotta, meglio maneggiarlo con le pinze.
Vale anche per il nostro ministro degli Esteri. Appena un anno e mezzo fa, si era nel maggio 2010, il titolare della Farnesina e Lavitola erano insieme a un importante ricevimento a Panama in onore di Frattini.
Le foto inequivocabili mostrano strette di mano, sorrisi, pacche sulle spalle. E, soprattutto, Lavitola che siede al tavolo d’onore insieme appunto con Martinelli e Frattini.
Il presidente della Camera Gianfranco Fini di fronte alle immagini ha commentato: “Quando ci si circonda di personaggi come quelli è evidente che c’è qualcosa di poco trasparente”.
Fini, d’altronde, finì nel mirino di Lavitola per la storia della “casa a Montecarlo”.
E ora parla di “soddisfazione nel vedere che un faccendiere che oggi è salito agli onori delle cronache era ospite dell’aereo presidenziale con Berlusconi e ha partecipato a dei colloqui tra il ministro Frattini e le autorità panamensi”.
Ma anche la Farnesina, nonostante le immagini eloquenti, prende le distanze da Lavitola: Frattini “ha effettuato dal 26 al 28 maggio 2010 una visita in America Latina.
Durante la sosta di circa 24 ore a Panama ha effettuato incontri istituzionali con il Presidente ed il Vice-Presidente, nonchè il Ministro degli esteri panamensi.
Giunto a Panama, il Ministro Frattini ha incontrato il signor Walter Lavitola tra i partecipanti al ricevimento offerto dal Presidente di Panama, Martinelli”.
Aggiungono dalla Farnesina: Lavitola “che peraltro a quel tempo non risultava oggetto di indagini conosciute dal pubblico, non ha in alcun modo fatto parte della delegazione che ha accompagnato il Ministro degli esteri”.
Insomma, Lavitola era solo “tra i partecipanti di un ricevimento” offerto da Martinelli. Peccato soltanto quelle fotografie che mostrano l’allora direttore dell’Avanti sempre accanto al ministro Frattini, le strette di mano, le pacche sulle spalle.
Del resto il Governo italiano negli ultimi due anni ha compiuto più missioni a Panama che in 106 anni di storia della repubblica centroamericana: per ultimo Berlusconi, prima di lui Frattini.
Senza contare Alfredo Urso.
Ma l’allora vice-ministro dell’Economia almeno non ha incontrato Lavitola.
Ferruccio Sansa
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Settembre 27th, 2011 Riccardo Fucile
LA TESTIMONIANZA DI FEDERICA GAGLIARDI, DALLO STAFF DELLA POLVERINI ALLE MISSIONI IN CENTRO E SUD AMERICA CON IL PREMIER… E CON IL LATITANTE LATIVOLA CHE, SECONDO TREMONTI, SI PRESENTAVA COME RAPPRESENTANTE DEL GOVERNO ITALIANO PER PANAMA E BRASILE
Dice Federica Gagliardi: “Il video l’avete visto tutti, c’era anche Lavitola sull’aereo per Panama.
Siamo partiti da San Paolo. Mi è stato presentato ma non ricordo più con quale ruolo, mi scusi ma è passato un anno e mezzo. Il mio giudizio su di lui? Preferisco tenerlo per me”.
Federica Gagliardi è la dama bianca di B. che ebbe notorietà per un paio di giorni alla fine del giugno 2010.
Era il 26 di quel mese e la Gagliardi spuntò nella delegazione italiana per il G8 di Toronto, in Canada.
Accanto al premier Silvio Berlusconi.
Bionda, bella, nemmeno trentenne, la donna lavora nello staff di Renata Polverini, governatrice del Lazio, che così giustificò la trasferta della sua collaraboratrice: “È in permesso non retribuito”.
Prima ancora, però, aveva detto che era in ferie.
Un altro piccolo mistero.
Dal Canada, la Gagliardi segue il Cavaliere nelle altre due tappe del tour: Brasile e Panama.
L’incontro con Lavitola avviene a San Paolo. Lì Berlusconi partecipa a un seminario del Forum Italia-Brasil, sulle relazioni industriali e commerciali tra i due paesi. Lavitola compare nella foto-ricordo finale, alle spalle del premier.
Mentre la Gagliardi viene ripresa nel ricevimento ufficiale della sera.
Entrambe le immagini sono sul sito del quotidiano Estadao di San Paolo.
È lo stesso giornale che dà notizia della serata organizzata da Lavitola per B. con sei ballerine di lapdance, attirate con il miraggio di un provino per Mediaset, in una suite dell’Hotel Tivoli.
Dice ancora la Gagliardi: “Sì alloggiavamo tutti al Tivoli, ma a quella serata non ero presente”.
In quei giorni, il Cavaliere è particolarmente allegro.
E racconta una barzelletta a luci rosse: “Volevo farmi una ciulatina con una cameriera dell’albergo e lei mi ha risposto: ‘Presidente l’abbiamo fatto un’ora fa’. Vedete che scherzi fa la memoria”.
Ed è in occasione della serata di lapdance che si parla per la prima volta dell’ascesa di Valter Lavitola nella cerchia ristretta di Berlusconi.
Con quale ruolo? Consulente di Finmeccanica?
Il faccendiere amico di Tarantini è pure titolare di una società per il commercio di prodotti ittici con sede a Rio de Janeiro, in Rodovia Amaral Peixoto 117: l’Empresa Pesqueira de Barra de San Joao Ltda.
Anche per questo, all’inizio del luglio scorso, da Palazzo Chigi riferiscono di un duro faccia a faccia tra B. e Giulio Tremonti.
Quest’ultimo avrebbe chiesto: “Ma chi è questo Lavitola che va in giro presentandosi come rappresentante del governo per Panama e Brasile?”.
Panama e Brasile, le tappe finali di quel viaggio memorabile.
Dove c’è B. , c’è Lavitola.
E dove sono entrambi c’è la Gagliardi.
Ma perchè un rappresentante all’ingrosso di prodotti ittici era sull’aereo presidenziale del governo italiano?
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 27th, 2011 Riccardo Fucile
LE DECISIONI DEL TRIBUNALE: IL RIESAME ASSEGNA L’INCHIESTA ALLA PROCURA DI BARI…RIBALTATA LA DECISIONE DEL GIP, CAMBIA IL CAPO DI IMPUTAZIONE… TORNANO LIBERI TARANTINI E LA MOGLIE, CONFERMATO L’ARRESTO PER LAVITOLA
Nè Napoli nè Roma: il tribunale competente a indagare sul presunto ricatto ai danni del premier Silvio Berlusconi è quello di Bari.
Ma soprattutto il tribunale del riesame di Napoli interviene anche sui capi di imputazione di quell’inchiesta, rischiando di coinvolgere anche il presidente del consiglio in qualità di indagato.
La decisione del tribunale del Riesame di Napoli giunge dopo 14 ore di Camera di Consiglio e cinque minuti prima della mezzanotte quando sarebbero scaduti i termini. E l’esito rappresenta l’ennesimo colpo di scena dell’inchiesta sul presunto ricatto al premier Silvio Berlusconi.
L’inchiesta, originariamente relativa a un presunto ricatto ai danni del premier, ora riguarda un capo di accusa per istigazione a mentire davanti all’autorità giudiziaria.
Il cambio di capo di imputazione riguarda Walter Lavitola, ma vista la nuova ipotesi dovrebbe essere chiamato in causa in qualità di imputato anche Silvio Berlusconi.
I due avrebbero indotto Tarantini a fare false dichiarazioni nella inchiesta di Bari sulle escort, oltre che davanti al gip e al pm di Napoli.
Per tale motivo il riesame ha individuato l’autorità giudiziaria di Bari (dove sono avvenuti i primi interrogatori di Tarantini) come quella competente a procedere, e non più Napoli o tantomeno Roma, come indicato dal gip.
La decisione ribalta quindi sia la tesi dei pm di Napoli, che rivendicavano la competenza sull’indagine, sia la decisione del gip Amalia Primavera, che aveva spostato la competenza dal capoluogo campano alla capitale.
Il Riesame ha anche annullato l’ordinanza cautelare nei confronti di Giampaolo Tarantini.
Libera anche la moglie Angela Devenuto.
Confermato invece il provvedimento restrittivo per Walter Lavitola.
L’imprenditore ha già lasciato il carcere di Poggioreale. All’uscita ha dichiarato: ”Voglio solo andare a casa e abbracciare le mie bambine”.
L’imprenditore è poi salito a bordo dell’auto del suo legale ed è partito alla volta di Roma.
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