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DAGOSPIA: BOCCHINO “COMMISSARIATO”: LE RELAZIONI PERICOLOSE COSTANO CARO A ITALO… MENIA GLI AFFIANCA GRANATA E TOTO: OGNI DECISIONE VERRÀ PRESA DAL TRIUMVIRATO

Ottobre 20th, 2011 Riccardo Fucile

FINI HA DECISO DI INGABBIARLO: LE SUE “FUGHE” AMOROSE MA SOPRATTUTTO L’ECCESSIVO POTERE NEL PARTITO NON SONO PIU’ DIGERITE DA DIVERSI ESPONENTI DI FLI

Futuro e Libertà , ufficialmente, si riorganizza.
In realtà  la barchetta politica del presidente della Camera Gianfranco Fini, mettendo mano al suo organigramma ha, di fatto, commissariato Italo Bocchino.
Il vicepresidente del partito, presunto leader del movimento, d’ora in poi dovrà  vedersela con due nuovi vice coordinatori nazionali.
Roberto Menia, coordinatore nazionale del movimento di Fini, ha nominato Fabio Granata e Daniele Toto suoi vice, creando un vero e proprio direttorio, in modo da rendere più collegiale la gestione del partito, vista l’esigenza «di gestire al meglio la crescita e il radicamento di Fli sul territorio e strutturare il movimento per la ormai prossima campagna elettorale».
Traducendo significa che Bocchino, non può fare tutto da solo, soprattutto ora che il gossip ha preso il sopravvento sulle idee.
I due vice coordinatori, però, non si limiteranno a fare da badanti a Bocchino, ma proveranno a limitarne il potere.
Il vice presidente del partito, di fatto, ha in mano le redini di Fli ancor più di quanto le abbia Fini, impegnato com’e a mantenere viva l’immagine di presidente super partes di Montecitorio.
Dunque c’è anche un’esigenza politica. Il governo reggerà  oppure no? Voto o non voto, e quando? Governissimo? Alleanze elettorali, e con chi?
In attesa di capire cosa accadrà  i futuristi hanno preferito ingabbiare Italo, in modo da ridurre al minimo i suoi colpi di testa (verbali e non solo).
E se dovesse arrivare il voto anticipato la composizione delle liste non sarebbe più una questione fra lui e Fini, ma fra Bocchino e il triumvirato.
Un vice-coordinatore (Granata) rappresenta l’ala più intransigente dei futuristi; l’altro (Toto) è espressione della frangia più moderata.
In questo modo il ruolo preponderante di Italo si sgonfia, schiacciato tra le due anime del partito.
Certo, poi c’è il capitolo delle donne.
Dietro alla scelta di Menia ci sono anche i maldipiancia dei militanti.
Diversi esponenti di Fli, infatti, non sono più disposti a tollerare le “fughe” di Bocchino, a partire dalla presunta relazione con Mara Carfagna, dalla quale è dipeso il divorzio con Gabriella Buontempo, ex moglie di Italo.
La signora, parlando al Corriere della Sera dipinse un ritratto di Bocchino sconcertante: «pieno di sè, arrogante, sempre a correre dietro alle donne».
E poi la liason con l’Ape regina, quella Sabina Began, tutta scorte e Palazzo Grazioli. E, infine, il gran finale con le dicerie sulla presunta storia con il trans Manila Gorio. Troppo per dei futuristi abituati a bacchettare gli altri.

(da “Dagospia”)

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IL GOVERNO, ZITTO ZITTO, TAGLIA I TAGLI PROMESSI ALLA CASTA: MINISTRI E SOTTOSEGRETARI RIMBORSATI DAL FISCO

Ottobre 20th, 2011 Riccardo Fucile

SIAMO ALLA FARSA: UN DECRETO DEL 2010 DECURTAVA GLI STIPENDI PUBBLICI SUPERIORI A 90.000 EURO A PARTIRE DA GENNAIO 2011…ORA UNA CIRCOLARE DEL MINISTERO SPIEGA CHE VALE PER TUTTI ESCLUSI I MEMBRI DEL GOVERNO

A sentirla pare una notizia inventata dall’ufficio propaganda degli indignati: in piena crisi, tra manovre lacrime e sangue e in attesa del decreto sviluppo, lo Stato restituisce soldi ai membri del governo.
A raccontarlo, e a documentarlo, è invece Italia Oggi.
Il quotidiano economico riporta una circolare del ministero dell’Economia, che dispone, appunto, la restituzione di quanto è stato trattenuto dalle “paghe” di ministri e sottosegretari in base ai tagli decisi l’anno scorso suglio stipendi pubblici più alti.
Il decreto legge 78 del 2010, che conteneva misure di “stabilizzazione finanziaria”, prevedeva che dal primo gennaio 2011 al 31 dicembre 2013 le retribuzioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni superiori a 90.000 euro lordi annui fossero ridotti del 5 per cento per la parte oltre il “tetto”, e del 10 per cento per la parte superiore ai 150 mila euro.
La riduzione è quindi entrata in vigore e ha pesato sugli stipendi degli statali dall’inizio dell’anno a oggi, ministri, viceministri e sottosegretari compresi.
Ma ora, rivela Italia Oggi, la circolare numero 150 del l’11 ottobre 2011, diramata dalla direzione centrale dei sistemi informativi e dell’innovazione del Ministero dell’economia, spiega che chi siede al governo “ricopre una carica politica e non è titolare di un rapporto di lavoro dipendente”.
Quindi a ministri e sottosegretari va restituito tutto quello che il fisco ha trattenuto quest’anno.
Il rimborso arriverà  a stretto giro di posta: “Sulla mensilità  di novembre 2011”, promette la circolare, “si darà  corso al rimborso di quanto trattenuto”.
E’ lo stesso quotidiano a bollare la vicenda come “un inghippo legale, ma scandaloso”.
E infatti l’indignazione monta in Rete, a mano a mano che la notizia viene ripresa dai siti e blog. Data l’aria che tira, checchè dicano le norme, è difficile mandare giù il paradosso che a essere rimborsati siano proprio quelli che decidono i tagli, e tutti gli altri paghino.
Qualcuno si rifugia nell’ironia: se i ministri non sono dipendenti, significa che sono “precari”.

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LA PRIMA FOTO DI GHEDDAFI UCCISO, RIBELLI IN FESTA

Ottobre 20th, 2011 Riccardo Fucile

COLPITO ALLE GAMBE DA UN RAID NATO MENTRE ERA IN FUGA DA SIRTE, E’ MORTO DURANTE IL TRASPORTO IN AMBULANZA A MISURATA…CATTURATO IL FIGLIO MUTTASIM

Muammar Gheddafi è morto.
Il leader libico, dato in un primo tempo per ferito dopo la sua cattura a Sirte, è deceduto dopo una corsa in ambulanza.
All’ospedale di Misurata il rais è giunto cadavere. Il colonnello è stato catturato durante la fuga dalla sua città  natale, caduta sotto gli ultimi assalti degli insorti dopo un lungo assedio.
Ma sarebbe stato un doppio raid degli elicotteri Nato, a supporto dei ribelli, a bloccare Gheddafi prima e a ferirlo mortalmente in un secondo tempo.
Dopo la caduta di Sirte le notizie sulla sorte di Gheddafi si sono affastellate in maniera caotica, rimbalzando sulle tv libiche e del mondo arabo, oltre che in rete.
«Gheddafi è stato arrestato – aveva detto in un primo momento un comandante delle forze del Cnt – ed è stato gravemente ferito ad entrambe le gambe ma respira ancora».
Altre versioni raccontavano che Gheddafi sarebbe stato catturato in una buca a Sirte e davanti ai combattenti del Cnt avrebbe urlato: «Non sparate, non sparate!».
Con lui arrestato anche il figlio Muttasim, il potente capo dei servizi segreti dell’ex regime Abdallah Senoussi e il capo dei servizi di sicurezza Mansour Daou.
Al Arabiya riferisce anche che a Sirte sono stati fermati anche il ministro dell’Istruzione dell’ex regime Ahmed Ibrahim e uno dei consiglieri di Mutassim.
Il corpo di Muammar Gheddafi viene portato in questi minuti in una località  segreta per ragioni di sicurezza ha detto uno dei responsabili del Cnt, Mohamed Abdel Kafi all’agenzia Reuters.
Scene di giubilo, caroselli di auto, suono ininterrotto di clacson, uomini che ballano in strada con i mitra in pugno.
Sono le prime immagini che provengono da Tripoli e da diverse città  della Libia, alla notizia della cattura del colonnello.
«È una grande vittoria per il popolo libico», ha dichiarato il ministro dell’informazione, Mahmoud Shammam.
Sirte è caduta in mattinata: la presa della città  si può considerare simbolicamente come la fine della guerra di liberazione del Paese.
Al Jazeera ha citato le parole del colonnello Yunus Al Abdali, capo delle operazioni militari in città  «Sirte è stata liberata.
Non ci sono più forze di Gheddafi in città . Stiamo dando la caccia ai suoi miliziani che tentano la fuga».
Un altro comandante delle forze del Cnt che ha spiegato come l’attacco finale, iniziato verso le otto del mattino, sia durato circa una novantina di minuti.
Nei giorni scorsi le forze del Cnt avevano espugnato l’altro caposaldo dei gheddafiani, Bani Walid.
Ora si apre la strada alla creazione di un governo definitivo della nuova Libia, governo che potrà  definire anche i contratti petroliferi e no con le varie imprese straniere.
Due giorni fa il segretario di Stato Usa Hillary Clinton aveva anche sottolineato la necessità  di creare un esercito ufficiale.
Dalla caduta di Tripoli, il 21 agosto, i fedeli al vecchio regime di Gheddafi avevano organizzato la loro resistenza in varie aeree del paese, principalmente proprio Sirte e Bani Walid.

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CARABINIERI, PROTESTA SENZA PRECEDENTI: ” BASTA BELLE PAROLE E RINGRAZIAMENTI IPOCRITI”

Ottobre 20th, 2011 Riccardo Fucile

IL COCER: “SIAMO STANCHI DI SUBIRE LE IMPOSIZIONI DI UN GOVERNO CHE CONTINUA A PENALIZZARCI ECONOMICAMENTE PER GIUSTIFICARE I PROPRI SPRECHI”… CI VOLEVA IL GOVERNO PATACCA FORZA-LEGHISTA PER SPUTTANARE LA VERA DESTRA SOCIALE ANCHE CON LE FORZE DELL’ORDINE

Tagli e botte in piazza: dopo la protesta di piazza dei poliziotti alla quale s’erano associati i militari dell’esercito, arriva quella, a sorpresa, dei carabinieri, che in un comunicato del Cocer attaccano la casta, il governo e il premier.
Non era mai successo a un esecutivo di suscitare la contemporanea protesta di polizia, carabinieri ed esercito per i tagli a sicurezza e difesa.
Anche l’Arma ora non ci sta più, i militari sono “stufi”.
Rompono il loro consueto silenzio.
E, soprattutto, la tradizione che li vuole non solo nei secoli fedeli, ma sempre rispettosi soprattutto nei toni nei confronti del governo che, di recente, li ha elevati a rango di quarta Forza Armata.
Va detto che l’Arma dipende un po’ dalla Difesa (polizia militare), un po’ dall’Interno (ordine pubblico), un po’ dalla Salute (Nas), un po’ dall’Ambiente (Noe), un po’ dai Beni culturali (Nucleo patrimonio artistico), un po’ da Palazzo Chigi.
Senza contare che dai loro ranghi proviene uno dei tre direttori dei servizi segreti, il generale Giorgio Piccirillo (Aisi).
Ma il combinato disposto dei tagli alle risorse della sicurezza e del lavoro massacrante al quale sono stati sottoposti a Roma sabato scorso, li ha esasperati.
La preoccupazione per la manifestazione No-Tav di domenica in Val di Susa (“auspichiamo – dicono – che sia garantita “in primis” l’incolumità  del personale in divisa”), ha fatto esplodere tutta la loro rabbia finora compressa nelle caserme.
E hanno deciso di uscire allo scoperto per “urlare”, per usare le parole di un alto ufficiale dell’Arma, il loro “grido di allarme”.
I militari, si sa, non hanno facoltà  di esprimere dissenso, nè, tantomeno, di protestare pubblicamente.
Questo compito è demandato dunque al loro unico organo di rappresentanza, il Cocer, una sorta di sindacato democraticamente eletto.
È questo organo di rappresentanza a esprimere “umore e preoccupazione” per quanto sta avvenendo.
Lo fa, forse per la prima volta nella storia dell’Arma, con un linguaggio forte e con toni antipolitici e antigovernativi stile sindacati di polizia, forse anche per appagare in qualche modo la protesta che proviene dal basso da una base di carabinieri e sottufficiali che non sono più disposti a incassare botte “per sette euro all’ora”.
“Il governo – accusa il Cocer carabinieri in polemica, senza però mai citarlo, con il ministro della Difesa Ignazio La Russa – taglia sulla sicurezza, ma non si dimentica di finanziare la festa delle Forze Armate del prossimo 4 novembre”.
“È questo – continua – un governo impegnato a salvaguardare l’apparenza più che la sostanza: si sa, le foto ricordo durante queste manifestazioni possono valere più di cento parole, facendo percepire agli ignari cittadini una vicinanza al comparto sicurezza e difesa, di fatto inesistente! Con i tagli alle spese dell’ordine e sicurezza pubblica, il governo ha infatti dimostrato tutti i limiti della sua azione”.
Ecco il j’accuse alla casta.
“Alla nostra classe politica – sostiene la rappresentaza militare – non interessa che durante questi servizi il Carabiniere il più delle volte non mangi, oppure lavori dodici ore continuative senza percepire straordinario e in condizioni a dir poco aberranti come ampiamente hanno dimostrato le immagini dei violenti scontri di piazza. A loro interessa solo tagliare le spese per questi servizi. Siamo nel pieno ciclone alimentato da una classe politica che pensa più che a salvaguardare, ad aumentare i propri privilegi”.
“Ci chiediamo – è l’affondo rivolto polemicamente in questo caso al ministro dell’Economia Giulio Tremonti – quali spese verranno tolte dal bilancio statale, visto che siamo già  altamente maltrattati”.
Ed ecco l’attacco frontale al governo. “I Carabinieri sono stanchi di sottacere e di subire le imposizioni di un governo che continua imperterrito a penalizzarli economicamente per giustificare i propri sprechi (auto blu con scorta, autisti/maggiordomi, segretari, vigilanze) e che continua a chieder loro sacrifici economici”.
“Oggi – continua la protesta – abbiamo un dato di fatto oggettivo: la sicurezza per l’italiano è gravemente compromessa. Garantire sicurezza, per i Carabinieri vuol dire lavorare gratis, per i nostri amabili parlamentari vuol dire aumento di servizi di esclusiva utilità  gratuiti perchè pagati con i sacrifici dei cittadini tutti e con i tagli ai servitori dello Stato garanti dell’ordine e della sicurezza pubblica”.
Ce n’è anche per il premier: “Qualcuno – attacca il Cocer – spieghi al presidente del Consiglio il significato dei sacrifici che il Carabiniere fa per garantire la giustizia sociale ed i diritti del cittadino. I Carabinieri rimandano al governo le belle parole ed i ringraziamenti ipocriti”.
Il malessere serpeggia fra le forze dell’ordine.
Martedì i sindacati di polizia di tutto l’arco costituzionale hanno protestato in piazza contro il ministro dell’Interno Roberto Maroni che riferiva al Senato sulla guerriglia di sabato.
Nella stessa giornata il Cocer Esercito solidarizzava (anche questo, senza quasi precendenti), con la manifestazione dei poliziotti.
“I tagli all’Esercito – denuncia il suo Cocer – la componente più impegnata nelle missioni all’estero, incidono sulla protezione e sulla sicurezza del personale. E stanno facendo vertiginosamente decadere la qualità  della vita nelle caserme”.

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STRACQUADANIO FUORI DAL CORO: “MARONI E’ UN INCAPACE, FORSE VOLEVA FAR CADERE IL GOVERNO”

Ottobre 20th, 2011 Riccardo Fucile

“HA SOTTOVALUTATO I RISCHI DEL CORTEO DI SABATO, DOVEVA PREVENIRE”….”LA SINISTRA GLI HA LASCIATO PASSARE L’INEFFICIENZA SOLO PERCHE’ SPERA CHE STACCHI LA SPINA AL GOVERNO”

Non usa metafore Giorgio Stracquadanio, deputato Pdl, commentando gli scontri di sabato a Roma, al corteo degli indignati, su Radio 24. Ai microfoni della “Zanzara”, Stracquadanio ha detto: “Gli scontri di Roma? Maroni incapace, ha sottovalutato il problema, doveva prevenire. Forse con gli scontri voleva far cadere il governo”.
L’esponente Pdl rincara la dose: “Se fossimo stati negli anni ’70 e il ministro degli interni si fosse chiamato Francesco Cossiga e fosse successo quello che è successo a Roma, noi ci troveremmo oggi nella stessa situazione politico parlamentare? Il discorso di ieri di Maroni non mi ha convinto: se fosse stato uno del ‘Pdl berlusconiano’ oggi avevamo il parlamento bloccato. Ma siccome per la sinistra Maroni è quello che, si spera, stacchi la spina, allora non si discute se l’intervento della polizia e la prevenzione svolta siano state adeguate”.
“Uomo dell’eutanasia”.
Secondo Stracquadanio, “non è normale che il ministro degli Interni sabato fosse a Varese e non a Roma dopo quello che era stato annunciato. Nella ricostruzione dei fatti di Maroni era totalmente assente la parte preventiva perchè preventivamente non ha fatto nulla”.
Il deputato pdl spiega poi di non comprendere la linea del ministro: “Ha sottovalutato il problema e da quando Maroni ha orientato la Lega sul voto di Papa in quel modo, il suo disegno politico non mi è chiaro. Ci sono state molte carenze nella prevenzione degli scontri e nella gestione della piazza e la sinistra gliel’ha lasciata passare perchè Maroni nell’immaginario collettivo dei nostri avversari è quello che è deve staccare la spina al nostro governo. E’ l’uomo dell’eutanasia – conclude Stracquadanio – e sta a Varese invece che occuparsi della manifestazione”.

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UN ALTRO DEPUTATO DENUNCIA IL TENTATIVO DI VERDINI DI CORROMPERLO: “DIMMI COSA VUOI E LO AVRAI”

Ottobre 20th, 2011 Riccardo Fucile

ANCHE IL DEPUTATO LUIGI MIRO CONFERMA QUANTO DETTO IERI DA DI BIAGIO… A VERDINI SALTANO I NERVI E IN PARLAMENTO GLI URLA “PEZZO DI MERDA”…L’SMS DI GASPARRI: “MISERABILE, MERITI TUTTE LE DISGRAZIE POSSIBILI, FARAI UNA BRUTTA FINE”…COME MAI LA PROCURA NON APRE UN’INCHIESTA PER CORRUZIONE?

La denuncia dell’on. Aldo Di Biagio di Fli ha squarciato quel velo che copriva la bassezza di una politica ridotta a merce di scambio.
La diga si è rotta e il coraggio scorre senza freni.
Anche l’onorevole di Futuro e Libertà , Luigi Muro decide di raccontare la sua storia di resistenza.
Avvocato, 51 anni, sposato padre di tre figli, finiano da sempre, una lunga esperienza amministrativa: dieci anni sindaco di Procida, uno dei pochi a dimettersi da consigliere regionale una volta nominato assessore provinciale, Muro il 15 dicembre, giorno dopo la fiducia della vergogna, subentra a Domenico De Siano del Pdl eletto consigliere regionale in Campania.
“Ho resistito due mesi, poi non ce l’ho fatta più e a febbraio ho comunicato a Gasparri che sarei passato a Fli”, racconta Muro che spiega: “Mi piacerebbe andare sui giornali per ciò che faccio, ma di   fronte all’antipolitica è importante che si sappia che ci sono anche persone che antepongono l’etica e la dignità  al mercimonio”.
E Gasparri? “Sei folle! Devi ripeterle a Verdini queste cose”.
Le ho ripetute a Verdini, ma a lui non interessava proprio il piano politico, mi ha sopportato più che ascoltato e al termine mi h chiesto: dimmi cinque cose che desideri dopodichè mettici il timbro e considerale fatte. Vieni a vivere a Roma, tu fai l’avvocato ci penso io.
E io continuavo a fare ‘no’ con la testa.
Il giorno dopo Gasparri mi ha detto: è opportuno che tu parli anche con Berlusconi.
Non gliel’ho detto ma avevo deciso di non accettare.
Era giovedì, sono tornato a Procida, la sera a tavola ne ho parlato con la mia famiglia. Mio figlio mi ha detto: papà  sbagli, devi dire in faccia a Berlusconi le ragioni che ti spingono ad andartene, in fin dei conti sei avvocato, hai una storia politica alle spalle, che ti importa se non farai più il deputato.
Ho comunicato a Gasparri che avrei incontrato il premier. Mi ha ricevuto a Palazzo Chigi, con me c’era Gasparri, il 17 marzo, giorno in cui era in corso il Consiglio dei ministri per decidere se aderire alla missione umanitaria in Libia.
Ero molto imbarazzato ‘Presidente non credo di essere così importante, ci vediamo un’altra volta’.
E lui ‘No, no è importante altrochè! Dimmi, che problemi hai?’.
I miei problemi riguardavano la politica, gli ho spiegato che venivo da una storia di passioni sulla scia di Tatarella, ho denunciato la situazione in Campania con Cosentino con gli annessi e connessi.
Lui ha cominciato a disquisire dei massimi sistemi, poi ha contestato duramente la scelta di Fini, infine come un vecchio patriarca mi ha messo la mano sulla spalla: ‘Che ti importa di tutto questo, te ne vieni a Roma, fai politica nazionale, qui ci siamo noi e starai bene’.
Prima di salutarci, dopo oltre un’ora, mi ha chiesto se avevo parlato con Verdini. Sì, sì. ‘Bene, condivido tutto quello che ti ha offerto Verdini’.
Il 20 marzo ho partecipato all’assemblea nazionale di Fli.
Il giorno dopo ho ricevuto un sms di Gasparri in cui mi dava del traditore e molto altro.
A Pasqua, in virtù della lunga militanza in An gli ho inviato gli auguri aggiungendo che la mia era stata una scelta giusta e non di convenienza.
Mi ha risposto, guardi l’ho conservato” dice mostrandomi il cellulare: “Altro che Buona Pasqua, sei un miserabile, meriti   tutte le disgrazie possibili e immaginabili. Vedrai che fine farai!’.
Alla delusione politica si è aggiunta quella umana che ha rafforzato le mie convinzioni: “per due mesi nel Pdl mi sono sentito come in carcere, ora faccio il parlamentare da uomo libero”.
Il fattore umano spesso sfugge alla logica della convenienza che avrebbe consigliato a           Verdini di tacere.
Invece l’addetto alla compravendita dei parlamentari, dopo aver   letto sul Fatto l’intervista all’on. Di Biagio e la storia di Ricardo Merlo è entrato nell’aula della Camera, e come una furia gli ha urlato: “Ti chiameranno i miei avvocati”.
Pronta la risposta di Di Biagio: “Fai pure, porto al magistrato le   registrazioni, che problema c’è?!”.
È stato come parlare al diavolo di   acqua santa. “Allora non ti querelo più, però tu sei un pezzo di. merda” espressione non propriamente oxfordiana, ma coerente con lo stile della maggioranza.
“Vuoi scommettere che io ti faccio rimangiare queste parole?” rilancia   Di Biagio.
Provvidenziale per Verdini l’arrivo di Bocchino: “Lascia perdere, non   conosci Aldo, dai retta a me, non ti conviene” .
Scena appetitosa per colleghi e fotografi e anche per il presidente Fini che se la gustava dallo scranno trattenendo a fatica il sorriso.
Un attimo dopo ecco il mea culpa: “Ti chiedo scusa non volevo offenderti”.
Epiteto pronunciato a sua insaputa.
Poco dopo il portavoce di Verdini chiama la segreteria di Di Biagio rinnovando le scuse a nome del “Dimmi cinque cose che desiderio” annunciando un comunicato per renderle pubbliche.
Ma dall’altra parte del filo una voce ha risposto con un gentile: non importa.
Mentre l’on. Luigi Bellotti, che in cambio del suo passaggio da Fli al Pdl ha portato a casa una poltrona da sottosegretario al Welfare, come   raccontato ieri al Fatto da Aldo Di Biagio, non ha avuto alcun sussulto nel leggere la sua storia di “acquistato”.
“E cosa possono dire? Si sono venduti la nostra anima in cambio, come fece Giuda Iscariota, di trenta denari” esclama Di Biagio.

Sandra Amurri
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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LA POLITICA ESTERA DELL’ITALIA CON L’ALBANIA? LA ISPIRAVA LAVITOLA CON TARANTINI

Ottobre 20th, 2011 Riccardo Fucile

NEL 2009 IL FACCENDIERE FAREVA PRESSIONE SU FRATTINI PER INCONTRARE, INSIEME A LUI, IL VICEPRESIDENTE ALBANESE… LA “QUESTIONE DI IMPORTANZA STRAORDINARIA” PER LA QUALE IL MINISTRO DOVEVA INTERVENIRE CON BERLUSCONI ERA IL SOSTEGNO AL GASDOTTO TAP

Oltre a Panama, il ministro ombra degli Esteri del governo Berlusconi, Valter Lavitola, ha un altro Paese prediletto: l’Albania.
Nelle intercettazioni, raccolte nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Pescara, il faccendiere ex direttore dell’Avanti! discute a lungo con la segretaria del ministro degli Esteri Franco Frattini: deve assolutamente incontrare il vicepresidente albanese Ilir Meta nello studio di Frattini, in occasione di una visita ufficiale del 21 novembre 2009.
“Sarebbe molto importante per una serie di vicende che poi ti spiego e che Franco conosce, che io alla fine dell’incontro fossi lì nella stanza di Franco per scambiare due chiacchiere Franco, io e lui. Questo qui è quello che mantiene in piedi il governo di Berisha”, dice Lavitola in una telefonata intercettata il 15 ottobre.
La “questione di un’importanza straordinaria” per la quale Frattini deve intervenire presso Silvio Berlusconi, non abbastanza attivo, è il gasdotto Tap: uno dei quattro progetti concorrenti per portare in Europa il gas dall’Asia centrale.
Premessa: quando si parla di energia, le logiche politiche contano molto più di quelle economiche, senza governi bendisposti anche il progetto migliore si arena.
Lavitola e soci ne sono ben consapevoli e soprattutto sanno quale può essere il valore dell’intermediazione giusta, la spinta di lobbying decisiva.
Stando alle carte dell’inchiesta di Bari sulle escort ai politici, l’11 febbraio 2009 l’imprenditore della sanità  Gianpaolo Tarantini incontra Berlusconi proprio per parlare del gasdotto.
Il giorno prima Tarantini ne aveva discusso con Roberto De Santis, altro imprenditore pugliese considerato vicino a Massimo D’Alema.
De Santis, in un’intercettazione ambientale, spiega che “presso il ministero dell’Industria è stata istituita questa pratica, perchè… c’è tutto pronto, bisogna soltanto firmare l’intesa tra Albania e Italia”.
Tarantini si fa carico del compito di convincere Berlusconi, “non ci vuole niente, quello posso farlo io”. Detto fatto.
A marzo Italia e Albania firmano l’accordo intergovernativo, che consente un notevole salto in avanti, visto che se i governi sono d’accordo molti passaggi burocratici si possono saltare.
Il gasdotto Tap, Trans Atlantic Pipeline, dovrebbe collegare Turchia e Italia passando dall’Albania, prevede un investimento di almeno 1,5 miliardi per trasportare 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno.
Non è un’operazione politicamente semplice: con l’Albania i rapporti dell’Italia sono intensi e complessi, a un certo punto Berlusconi proponeva addirittura di coinvolgere Tirana nel progetto di una centrale, mentre per ora ci sono molti affari con le rinnovabili (coinvolto soprattutto il gruppo Moncada).
Aggiungere il gas, quindi, non è semplice.
Ne è consapevole il premier albanese Sali Berisha, che il 20 ottobre 2010 in una lettera riservata che il Fatto ha potuto leggere scrive a Silvio Berlusconi: “Sono convinto che il Suo sostegno […] creerà  il fondamento necessario per far diventare il progetto Tap una realtà  e quindi ad ottenere così una visione storica del corridoio di gas a favore d’Italia, Albania e dell’Unione europea”.
Il Cavaliere non ha mai risposto.
L’azione di lobbying del consorzio Tap, in cui i soci di peso sono la Svizzera Egl, la novergeste StatoilHydro e la tedesca E.On e che in Italia è rappresentata da Paolo Pasteris, si è intensificata.
Lavitola sa che in molti gli saranno grati, se il Tap si farà  grazie a lui: il consorzio promotore ma anche Snam Rete Gas, la società  del gruppo Eni che ha già  un accordo con Tap per la realizzazione eventuale dell’infrastruttura.
Come le intercettazioni raccontano spesso, i risultati del faccendiere non sono all’altezza delle vanterie.
“Ringrazio quella pubblicazione giornalistica per aver pubblicato per intero quelle intercettazioni perchè si evince che mai Lavitola ha partecipato a incontri istituzionali”, ha commentato ieri Frattini, a proposito del fatto che la segretaria Nadia offre a Lavitola al massimo l’anticamera.
E le pratiche del Tap sono ferme da settembre al ministero dello Sviluppo, gli addetti ai lavori sostengono che il tubo non si costruirà  mai.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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CHI E “STRONZO” E CHI NO: “FLAVIO HA UN GRANDE SEGUITO NEL PARTITO SE LO BUTTANO FUORI VIENE GIU’ IL MONDO”

Ottobre 20th, 2011 Riccardo Fucile

IL SINDACO LEGHISTA DI VARESE, ATTILIO FONTANA, DIFENDE TOSI E RILANCIA: “HO IL DIRITTO DI DIRE COME LA PENSO SULLE MISURE DEL GOVERNO”

In mattinata Attilio Fontana, sindaco leghista di Varese e “fratello gemello” di quel Tosi sul quale è piombato l`anatema di Bossi, ha sfidato il suo partito facendosi rieleggere presidente lombardo dell`Anci, l`organismo che raggruppa i Comuni e dal quale Fontana era stato costretto a dimettersi per ordine degli stati maggiori del Carroccio.
E in serata scuote la testa di fronte alla fatva del Capo.
Il suo collega di Verona, maroniano come lei, ora rischia davvero l`espulsione…
«Sono sicuro che i giornalisti hanno sbagliato a riportare le parole di Bossi».
Suvvia, sindaco…
«Va bene, e allora le dico esattamente quel che penso: Tosi è uno dei nostri uomini migliori, non posso che esprimergli tutta la mia solidarietà ».
Lo butteranno fuori davvero?
«Sembra di sì. Ma se succede una cosa del genere, vien giù il mondo».
Immagina una rivolta nella Lega?
«L`ho detto: Flavio ha un grande seguito nel movimento, tra l`altro è tra i sindaci più apprezzati».
Se lo espellessero lei che cosa farebbe?
«Valuterei con grande attenzione il da farsi. Mi sembra impossibile che possa accadere».
A lanciare scomuniche adesso ci si mette pure Renzo Bossi…
«Non mi sento minimamente coinvolto dalle sue parole. Non ho mai pensato di criticare ciò che dice il segretario federale. Dunque l`invito ad andare in un altro partito non vale per me».
Sicuro?
«Al cento per cento».
Certo che per l a Lega non è un bel momento…
«Bisognerebbe chiederlo a chi dice di andare via. In ogni caso, da sindaco, io rivendico il diritto di dire come la penso sui provvedimenti che riguardano i miei amministrati. Sarebbe offensivo, innanzitutto per la Lega, avere degli eletti nelle istituzioni che non esprimono pareri su questioni fondamentali».
Lei lo ha fatto sulla manovra targata Tremonti, l`hanno costretta a disertare la manifestazione di settembre dell`Anci e quindi a dimettersi dalla presidenza lombarda…
«I motivi di quelle dimissioni li ho appena spiegati ai miei colleghi: era per evitare che in qualche modo si potesse comprimere l`autonomia dell`Anci. Se fosso rimasto, e avessi preso decisioni difformi da quelle già  espresse dall`associazione sulla manovra, avrei fatto un grande errore».
Acqua passata…
«Già . Ieri, l`assemblea lombarda dell`Anci mi ha ribadito la sua fiducia, e io ho dato la mia disponibilità  a riassumere l`incarico di presidente. Riprenderò a lavorare con la stessa determinazione, ora ci sono tutte le condizioni. Lo strappo è stato ricucito, c`è stata grande compattezza e io sono molto felice».
Forse si apriranno altri strappi con la Lega, il suo partito. Ricorda che cosa urlò Calderoli dal palco di Venezia? Voi sindaci con il mal di pancia polvere foste e polvere ritornerete…
«Non ho mai detto di non sentirmi polvere, e in ogni caso quella frase, prima di Calderoli, l`ha pronunciata qualcuno ben più importante di lui. Lo so anch`io: siamo tutti lì grazie alla Lega…
Però?
«Un membro del movimento, soprattutto se sindaco, può benissimo dire qualcosa non contro la Lega, ma contro scelte politiche che non condivide. Se così non fosse, sarebbe inutile avere sindaci, presidenti di Provincia e di Regione».
E i «fascisti» al congresso di Varese?
«È stato lo stesso Bossi, a un certo punto, a dire che bisognava votare per il segretario. Sarebbe stato molto meglio per tutti».

(da “La Repubblica“)

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IL MOLISE E IL FATTORE “GRILLINI”: ALLARME PER IL CENTROSINISTRA

Ottobre 20th, 2011 Riccardo Fucile

CHE   CERCANO A FARE UN CAPRO ESPIATORIO: NON SONO I GRILLINI CHE HANNO REGALATO LA VITTORIA AL CENTRODESTRA, E’ IL CENTROSINISTRA CHE HA REGALATO VOTI AL MOVIMENTO DI GRILLO

In Molise hanno vinto tutti, anche quelli che hanno perso.
Capitava negli anni d’oro della Prima Repubblica, con il Tanassi di turno che gongolava per quello 0,3% in più alla Camera che bilanciava, eccome, il meno 0,9% al Senato.
Almeno quel rito consolatorio, la Seconda Repubblica ce lo aveva risparmiato.
Se non altro per la sua logica binaria: uno vince e uno perde.
Ma dalle parti del Pd se ne son dimenticati. Massimo D’Alema è arrivato a dire: «E’ andata bene, il resto sono chiacchiere».
La colpa della sconfitta? Di quei guastafeste del «Cinque stelle».
Certo, anche alle Regionali del Piemonte il Movimento che si ispira a Beppe Grillo prese, anche a sinistra, quei voti che poi mancarono alla presidente Mercedes Bresso per battere il centrodestra.
Ma il «Cinque stelle» – ecco la novità  che oramai non dovrebbe essere più tale – non è come la Rifondazione comunista di Bertinotti, che una volta faceva l’accordo col centrosinistra e una volta non lo faceva.
Grillo non fa mai accordi. E probabilmente non li farà  mai.
Dunque, non è il «Cinque stelle» – sempre fuori dagli schieramenti – che ha «regalato» la vittoria al centrodestra, ma è il centrosinistra che, evidentemente, ha «regalato» voti al movimento di Grillo.
A sinistra si ripropone in queste ore il vizio antico del capro espiatorio.
Ma sarà  tempo che anche a sinistra si provi a capirci qualcosa di questi «grillini», talora così diversi dal loro guru, così simili ai Verdi tedeschi e che ottengono risultati elettorali sempre più corposi senza passare mai dalla tv.
Un 5% in Molise può valere una percentuale analoga alle prossime Politiche.
La quota «giusta» per impedire la vittoria al centrosinistra.
L’America insegna: l’indipendente Nader «regalò» la vittoria a Bush, ma i Democratici sono tornati alla Casa Bianca soltanto quando hanno schierato un candidato più trascinante
di Al Gore.
Fabio Martini

(da “La Stampa”)

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