Novembre 26th, 2011 Riccardo Fucile
IL GIORNALE TITOLA: “FINI A GENOVA, IL SUO PARTITO NON SA PIU’ COSA DIRE. E ANCHE IL PM SOTTOLINEA LE STRANE AMICIZIE DI NAN”
«C’è un’Italia in cui credere», recita lo slogan di Gianfranco Fini.
E, tanto per capirci, non è la sua.
Perch’ è oggettivamente impossibile credere a quello che va dicendo, ormai a ciclo continuo, il Fli a proposito del partito in Liguria.
Il «penultimo» comunicato ufficiale che più ufficiale non si può, recita: «Azzerate tutte le cariche liguri, parla solo Barbara Contini».
Giovedì però arriva un nuovo comunicato, dall’ennesima mail «ufficiale» del partito che addirittura riporta il logo e la dicitura «Ufficio Stampa Fli, Roma, eccetera eccetera», e cosa annuncia?
Che oggi all’evento al quale parteciperà Fini, «saranno presenti la senatrice di Fli Barbara Contini e il coordinatore regionale della Liguria Enrico Nan».
Cioè la Contini è una senatrice qualunque, non più la plenipotenziaria con diritto di imporre il bavaglio a tutti, mentre Nan è stato riportato al rango di grande capo.
Mica finita.
Perch’ poche ore prima, da un’altra casella di posta elettronica, era arrivato quasi lo stesso comunicato, che però non faceva cenno a Nan e’ al suo ruolo, e soprattutto dava appuntamento a tutti all’hotel Sheraton alle 17.30, cioè mezz’ora dopo rispetto all’orario fissato dall’ufficio stampa romano.
Tra l’altro c’è il serio rischio che il presidente della Camera possa arrivare in ritardo persino rispetto alla previsione più «generosa».
Perch’ oggi Fini a Genova sembra che si preoccupi di tutto tranne che del suo partito. Invitato dall’Associazione culturale «Janua» a parlare di volontariato e lobby, passerà tutta la mattinata al convegno.
Poi, dopo pranzo, ancora un impegno tutt’altro che partitico. Alle 14 infatti è atteso al MuMa, il museo del Mare, per affrontare il tema di memorie e migrazioni.
E se la confusione regna sovrana nel Fli ligure, anche la magistratura regala delusioni ai dirigenti (o ex? o sospesi? o commissariati?) del partito.
Era infatti pendente una causa per diffamazione intentata da Enrico Nan contro il blog «Destradipopolo» che aveva pubblicato un articolo sulla concessione in uso gratuito della sede di Fli da parte di un imprenditore definito dal sito «attenzionato dalla Dia».
L’articolo sottolineava, non senza toni ironici e beffardi, la scarsa opportunità di questa situazione in cui Nan aveva messo il partito.
Il pubblico ministero che avrebbe dovuto sostenere l’accusa di diffamazione ha però chiesto al gip di archiviare tutto perch’ «l’uso di toni di critica politica particolarmente accesi all’interno del medesimo partito politico può ritenersi giustificato ai sensi dell’art 51 c.p.».
E poi perch’ «In ogni caso, ammesso e non concesso che Andrea Nucera non sia soggetto “attenzionato dalla Dia” (circostanza di difficile verifica, trattandosi di notizie ovviamente riservate e non divulgabili n’ all’interessato n’ al suo difensore), ciò che rileva, nell’economia dell’articolo, è che si tratta di soggetto pluri-indagato e con istanze di bancarotta in atto (circostanza non messa in discussione neppure dal querelante, che di ciò era evidentemente ben consapevole al momento della stipula del contratto della sede di Fli)». Insomma, anche il magistrato non sembra fare sconti alle «amicizie» del Fli ligure.
(da “Il Giornale“)
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Novembre 26th, 2011 Riccardo Fucile
NAN STOPPA LA VISITA DI FINI ALLA CASA DELLA LEGALITA’
Nella sua visita, oggi a Genova, Gianfranco Fini “dribbla”, tra le polemiche, la Casa della legalità
di Christian Abbondanza.
Parecchi iscritti e simpatizzanti di Fli volevano che il presidente della Camera e leader di Futuro e Libertà portasse la propria solidarietà ad Abbondanza, minacciato di morte per le sue inchieste e ripetute denunce contro le infiltrazioni mafiose a Genova e in Liguria.
Ma, secondo indiscrezioni, proprio il coordinatore regionale di Fli, Enrico Nan, dopo molte insistenze, sarebbe riuscito ad evitare il “contatto” tra Fini e il presidente della Casa della Legalità .
Fini, alla fine, ha scelto di seguire il programma originale: in mattinata convegno sul volontariato al Palazzo della Meridiana, incontro con la “base” del suo partito nel pomeriggio all’Hotel Sheraton.
Perchè Nan, ha così ostinatamento espresso la propria contrarietà al fuori programma caldeggiato da molti in Fli?
Si sa che Nan, avvocato penalista, è il legale di Andrea Nucera, l’imprenditore finito nel mirino della Procura e il cui nome è più volte comparso negli articoli di denuncia pubblicati sul sito della Casa della legalità .
Lo stesso Nan era finito la scorsa estate sotto i riflettori per i rapporti con Nucera e con la famiglia Mamone su cui ha posto da tempo l’attenzione la Procura di Genova che indaga sull’intreccio tra appalti e politica e sul ruolo svolto in questo campo dall’ndrangheta.
Nan inoltre aveva ricevuto in comodato gratuito da Nucera un appartamento alla Fiumara adibito per un certo tempo a sede del partito e successivamente tornato in possesso del legittimo proprietario.
Anche da episodi come questo è scaturita la rivolta interna a Fli, culminata la scorsa estate nelle dimissioni in massa di dirigenti e militanti.
(da “Il Secolo XIX“)
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Novembre 26th, 2011 Riccardo Fucile
SULLE PROPOSTE PER FRONTEGGIARE L’ EMERGENZA DEBITO ANCHE IL 50% DEGLI ELETTORI DEL PDL DICONO SI’ ALLA PATRIMONIALE E NO AI LICENZIAMENTI FACILI…UN ITALIANO SU TRE APRE ALL’AUMENTO DELLE TASSE SE IN PROPORZIONE AL REDDITO
Significative aperture verso la patrimoniale e nuove tasse proporzionali al reddito; molte perplessità per quanto riguarda gli interventi sulle pensioni, i licenziamenti più “facili” e i tagli ai servizi sociali: sono queste le indicazioni per un’ipotetica agenda anti-crisi compilata in base agli orientamenti degli italiani.
Il nuovo governo, come registrato dai dati dell’Atlante politico pubblicato domenica, sembra vivere uno stato di grazia, ma anche “di eccezione”.
Il consenso verso il premier e la sua squadra, che nei giorni della fiducia in Parlamento si aggirava intorno all’80%, presto sarà messo a dura prova: dalla fatica di governare in un momento di crisi e dalla necessità di adottare misure impopolari.
Tra le forze politiche che sostengono l’esecutivo, esistono notevoli divergenze sui provvedimenti necessari a fronteggiare la crisi e l’espansione del debito pubblico.
Ma queste divisioni riflettono effettive differenze fra le basi elettorali e potenziali contrapposizioni tra aree sociali e territoriali?
Se gli specifici provvedimenti del governo sono ancora in fase di elaborazione, i dati raccolti da Demos hanno registrato gli orientamenti generali sulle priorità da assumere (e sulle misure più dure da digerire).
Tra i diversi indirizzi di riforma di cui si discute da settimane, i risultati del sondaggio sembrano seguire anzitutto la linea – suggerita dallo stesso Monti – dell’equità .
Il 31% degli intervistati, dovendo affrontare dei sacrifici, vedrebbe con favore un aumento delle tasse sui patrimoni e le rendite finanziare.
Una percentuale appena inferiore (29%) metterebbe al primo posto un aumento delle imposte proporzionale al reddito.
Se queste due misure mettono d’accordo, complessivamente, più di sei cittadini su dieci, le percentuali scendono significativamente presso l’elettorato della Lega e del PdL, mantenendosi tuttavia poco sotto la soglia del 50%.
Inoltre, sebbene il PdL abbia posto un esplicito veto sulla patrimoniale, sono molto pochi, tra i suoi elettori, coloro che ritengono inaccettabili provvedimenti di questa natura.
Per converso, gli interventi sui patrimoni e sui redditi più alti sono preferiti non solo dagli elettori dei partiti di centrosinistra, ma anche da chi destina il proprio voto al Terzo polo (e, in particolare, all’Udc).
Nella lista delle possibili misure, troviamo poi (molto staccate) la vendita di una parte del patrimonio pubblico (18%) e il condono fiscale ed edilizio (9%).
Le proposte di aumentare l’età delle pensioni o di ridurre gli investimenti per i servizi sociali occupano le ultime due posizioni della graduatoria e, soprattutto, vengono indicate come inaccettabili da una quota significativa di intervistati.
L’opposizione a questo tipo di misure risulta politicamente piuttosto trasversale e, nel centro-destra, appare netta in particolar modo tra i leghisti.
Tendenze analoghe si registrano sulle proposte di riformare il mercato del lavoro rendendo più facili i licenziamenti: tale soluzione è respinta da oltre i due terzi dei rispondenti, e anche dalla maggioranza degli elettori del Pdl (52%).
Così come sulle pensioni, non si registrano peraltro spaccature rilevanti fra le generazioni: sono anzi i giovani a dirsi meno disponibili (77%).
La distribuzione del dato ricalca invece fedelmente le diverse collocazioni nel mercato del lavoro: nettamente contrari gli operai e gli impiegati, mentre ad esprimere un consenso “maggioritario” sono i liberi professionisti, i lavoratori autonomi e gli imprenditori.
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Novembre 26th, 2011 Riccardo Fucile
PER “L’ESPRESSO” LA RUSSA E SUO FIGLIO NE HANNO ABITATA UNA, LUI NEGA… SOLO TENERLE IN ORDINE CI COSTA DAI TREMILA AI SEIMILA EURO AL MESE PER OGNUNA
Non sono giornate facili, queste, per Ignazio La Russa. 
Fare il ministro della Difesa gli piaceva tantissimo, e ci ha dovuto rinunciare. Scoprire che i suoi ex colleghi di governo avevano solo finto di essergli amico per tornare a bollarlo come nero fascista, è stato un dolore nascosto a fatica dietro il consueto ghigno mefistofelico.
Ma ieri doveva essere una giornata di tregua, e quasi di speranza: alla Sala Capitolare del Senato si presentava Ladestra.it  , quotidiano online che vuole mettere a disposizione dei più giovani “valori antichi”.
Ospite d’onore, insieme a Maurizio Gasparri e Giorgia Meloni, proprio La Russa, che sul sito lanciava la rubrichina “Diciamolo con Ignazio” con uno strale ai traditori: “Lo spettacolo di chi in parlamento o nel paese è pronto a cambiare casacca è quasi esilarante se non fosse per la tristezza di vedere uomini e donne pieni di sè, annaspare verso altre barche magari anch’esse traballanti, e circondate da scogli – scrive Ignazio -. Alla ricerca disperata di una cuccetta riscaldata dove svernare per il tempo necessario a preparare un nuovo salto e un nuovo approdo”.
Neanche il tempo di godersi un brindisi inaugurale ed ecco che t’arriva dal sito concorrente dell’Espresso una bordata micidiale: l’appartamento destinato al ministro della Difesa, 200 metri quadri in zona Colosseo affittati all’iperbolica cifra di 171 euro ma con spese da 4mila euro al mese, è stato utilizzato poco da La Russa mentre pare sia stato visto entrare e uscire il figlio Geronimo.
Un altro appartamento goduto all’insaputa di un ministro? Giammai, risponde con vigore La Russa, che invita L’Espresso a rettificare: “Tale alloggio di servizio, lecitamente abitato dal precedente ministro della Difesa non di centrodestra, è stato visto da me solo quando mi recai in visita di cortesia al ministro Parisi che ancora lo abitava e che ha continuato ad abitarlo, secondo le regole, anche parecchi mesi dopo la mia nomina – diceva una nota emessa ieri sera -. Non ho mai avuto le chiavi di tale appartamento, del quale ricordo la zona ma non l’indirizzo esatto. Di certo non vi ho mai trascorso un solo giorno della mia vita ‘da ministro’ nè, ne ho più avuto notizia. Ancora più offensiva è l’affermazione che sia stato usato da mio figlio Geronimo che neanche ne conosce l’esistenza e che quando passa da Roma dorme ovviamente a casa mia in zona Prati, dove abito da oltre 15 anni. Peraltro casualmente proprio vicino all’abitazione di Massimo D’Alema”.
Quegli accenni bipartisan, utili a trovare conforto in campo nemico, fanno quasi tenerezza: chiedete a D’Alema, il mio vicino di casa, vi confermerà dove sto di solito, e dove passa a rubare un letto il mio figliolo; quanto a Parisi, è stato lui a occupare l’immobile da ministro, e ci ha messo pure un po’ a levare le tende.
“Andai in quella casa per motivi di sicurezza – conferma Arturo Parisi, titolare della Difesa con Prodi nel 2006 -. Il governo cadde a maggio, io per l’estate me n’ero già andato. Non so chi arrivò dopo. Certo era una bella casa, utile perchè ci stavano dentro anche le guardie del corpo. In quella dov’ero prima non potevano entrare, nè avere un bagno”.
Ma, dall’estate del 2008, chi vive in quel comodo appartamento? “Non lo sappiamo, non sappiamo niente” rispondono all’unisono La Russa e il suo portavoce.
L’Espresso ammette: ok, forse Geronimo non c’entra, ma chi ha speso cifre variabili dai 3 ai 6mila euro al mese per “pulizia, riassetto di camere e di locali connessi nonchè pasti, mensa e sguatteria”? Mica sarà rimasto lì vuoto o a fare da pied-à -terre a qualche big?
“Non lo sappiamo, non sappiamo niente”, risposta bis dell’uomo che, fino a due settimane fa, era responsabile della Difesa, residenze di lusso annesse.
Chiara Paolin
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 26th, 2011 Riccardo Fucile
A CAUSA DEL MALTEMPO CEDE UN TRATTO DELLA MESSINA-PALERMO
Destino o segno premonitore non sappiamo dirlo.
“Spero che quest’autostrada vi porti soltanto cose buone”, diceva Silvio Berlusconi durante all’inaugurazione dell’autostrada Messina — Palermo.
Parole sicuramente pronunciate in buona fede che però oggi suonano quasi come una iattura.
Sì, perchè durante l’ondata di maltempo che ha investito la Sicilia, l’opera che collega le due città si è trasformata in una specie di tappo, bloccando il normale deflusso dell’acqua piovana. Ed ecco che all’altezza di Milazzo sulla corsia in direzione di Messina si apre una voragine e un intero quartiere viene sommerso da un mix di acqua e fango: autovetture distrutte, strade sottosopra e abitazioni allagate.
“Quando non c’era l’autostrada, l’acqua scendeva dritta”, dicono gli alluvionati ora gli alluvionati che ricordano la cerimonia sfarzosa di inaugurazione.
Evidentemente qualcosa non ha funzionato, non trattandosi di un tratto logorato dal tempo e dall’uso, ma di una strada costruita in teoria tra mille attenzioni e opportuni rilievi geologici. E quelle parole del premier oggi finiscono per risuonare come una beffa atroce sia per i soldi impiegati che per il modo di eseguire certi lavori.
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Novembre 26th, 2011 Riccardo Fucile
IL PROGETTO E’ FERMO, MA I MANAGER VENGONO PAGATI
Michela Vittoria Brambilla ci aveva preso gusto. 
Dopo essersi baloccata con Italia.it, il criticatissimo e secondo molti osservatori inutile portale del turismo costato la bellezza di circa 7 milioni di euro, l’ex ministro del Turismo stava raddoppiando con un altro giocattolo, una specie di giornale on line.
Un gingillo pesante e caro, altri 4 milioni e mezzo di euro, con una redazione bella folta di 20 giornalisti: un direttore, 5 redattori a tempo pieno, 10 redattori specializzati nel web e 4 redattori in lingua (inglese, francese, tedesco e spagnolo).
Al momento e per fortuna i quattrini per lanciare l’iniziativa sono stati spesi solo in parte e in altra parte semplicemente impegnati, ma c’è il rischio che alla fine debbano essere tirati fuori tutti quanti, nonostante la Brambilla abbia dovuto traslocare dal suo ufficio ministeriale di via della Ferratella in Laterano a Roma.
E nonostante il giornale del turismo non sia proprio in cima ai pensieri di operatori del ramo e manager delle vacanze.
La gara per il lancio del quotidiano da sovrapporre al por-tale è stata espletata e c’è un vincitore, un raggruppamento di 3 imprese: Monrif Net Srl-Zeppelin group Srl-Paesionline Srl.
La prima è una società di cui è presidente e amministratore un giovanotto, il ventitreenne Matteo Monti Riffeser della famiglia di editori della Nazione, Resto del Carlino e Giorno.
La seconda è un’azienda di Bolzano che si occupa di vendita di software e la terza è una società dei Castelli romani, amministrata da un certo Luca Cotichini, specializzata in guide turistiche e offerte di pacchetti vacanza on line presentati da appena un anno anche in tedesco, spagnolo e francese.
Monrif e le altre due aziende per ora sono ferme sulla porta perchè il nuovo giornale è finito in una specie di limbo.
La seconda classificata nella gara, la società Unicity, ha ritenuto che la commissione giudicante avesse commesso irregolarità nella valutazione delle offerte e quindi ha fatto ricorso al Tar del Lazio. La sentenza è prevista a breve.
Anche se i giudici amministrativi dovessero decidere di rimettere in discussione la graduatoria, però, la sentenza di per sè non potrebbe fermare il giornale della Brambilla che continuerebbe a progredire quasi per forza d’inerzia, magari anche a dispetto di dio e dei santi, drenando altri quattrini pubblici.
Solo il nuovo ministro, Piero Gnudi, potrebbe far ritornare nel cassetto il costoso progetto, magari dando l’indicazione di smontare il giocattolo al direttore generale delle Politiche turistiche del ministero, Roberto Rocca.
Facendo così capire anche con questa decisione di voler far calare il sipario sulla precedente gestione della politica turistica, contrassegnata da decisioni estemporanee e spesso clientelari e da strappi continui.
A partire dalla scelta di commissariare l’Enit, l’ente del turismo, per arrivare alla decisione di nominare un direttore, Paolo Rubini, con un curriculum vuoto di incarichi in ambito turistico, ma in cui spicca la sua attività di collaboratore della Brambilla nel lancio dei Circoli berlusconiani della libertà .
Dall’idea di far nascere una società per la convegnistica, Convention Bureau, capace in appena tre mesi di mangiarsi più di 500 mila euro, alla scelta del ministro di affidare la guida di questa nuova struttura allo stesso direttore dell’Enit assegnandogli un secondo stipendio di altri 130 mila euro.
Tutte faccende molto criticate e ora al vaglio, tra l’altro, della Corte dei Conti e sulle quali anche il Pd vorrebbe fare chiarezza.
A questo proposito il deputato Ludovico Vico ha avanzato una proposta di legge per l’istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sulle responsabilità amministrative nella gestione della politica turistica, dell’ente del turismo, del Dipartimento del ministero e sull’operato dell’ex capo di gabinetto, Claudio Varrone.
Dei circa 4 milioni e mezzo di euro in ballo per il giornale on line della Brambilla, al momento è stato speso più di 1 milione e mezzo.
Quattrini serviti soprattutto per pagare gli stipendi a 5 “Project manager” voluti dall’ex ministro, suoi conoscenti o stretti collaboratori politici, ingaggiati con un contratto della durata di 3 anni.
I 5 “manager” dovrebbero occuparsi di tecnologie e innovazione, di comunicazione digitale e social network, della promozione e del coordinamento delle redazioni locali e del media designer.
Ma considerato che per ora il giornale non c’è, probabilmente non si stanno ammazzando di lavoro, e considerato anche l’impegno dei “project manager” da solo non è sufficiente a far girare un portale, nel frattempo è stata allestita una redazione volante con altri professionisti definiti “Junior web content editor”, cioè redattori che scrivono, selezionano, mettono e tolgono i contenuti dalle pagine on line.
Al momento nel cassetto quindi ci sono ancora circa 3 milioni di euro.
Tre milioni che forse potrebbero essere utilizzati altrimenti e meglio per promuovere l’Italia turistica nel mondo.
Daniele Martini:
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Novembre 26th, 2011 Riccardo Fucile
DALLA STORICA SENTENZA DI MILANO CHE HA VISTO 110 IMPUTATI E DECRETATO PENE PER 700 ANNI EMERGE CHE LA MAFIA AL NORD SI VA ESTENDENDO GRAZIE A TROPPE COMPLICITA’
“Sempre più dovremo abituarci alla presenza, nelle indagini di mafia, di soggetti che hanno potere reale nella pubblica amministrazione”. Parola di Nicola Gratteri, procuratore aggiunto della Direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria, chiamato a commentare la sentenza del processo Infinito: l’ ultimo grande dibattimento che si è celebrato contro la ‘ndrangheta a Milano e che due giorni fa ha decretato oltre sette secoli di carcere per 110 imputati.
Le parole di Gratteri suonano come un avvertimento, rispetto alle vie future che seguirà la magistratura.
Del resto, il Procuratore aggiunto, parla a ragion veduta. Lui, della maxi-indgine contro la ‘ndrangheta che Milano e Reggio Calabria si sono divisi, ha infatti in mano il ramo calabrese ribattezzato “Il Crimine”.
E così, come al nord, anche al sud ci si è trovati con due processi.
Uno in rito ordinario, partito a fine settembre nell’aula bunker del tribunale di Reggio Calabria; l’altro in abbreviato, nel quale è stato lo stesso Gratteri a chiedere alla Corte oltre 1500 anni di carcere per 118 imputati alla sbarra.
Tornando alla sentenza di Milano, Dottor Gratteri cosa la fa maggiormente riflettere?
Il fatto che in maniera chiara si sia mostrato a tutti che tra gli imputati, o meglio che tra gli associati, ci siano stati dei soggetti non tipicamente mafiosi, non ordinariamente considerati degli ‘ndranghetisti
Tra gli altri, alla sbarra c’erano un sindaco (Giovanni Valdes, di Borgarello nel pavese ndr), un bancario (Alfredo Introini ndr) e un imprenditore (Salvatore Paolillo ndr), condannati a tre anni e 4 mesi in tutto per turbativa d’asta, anche se su di loro non pesava l’accusa di associazione mafiosa…
Questo è vero. Ma è stato più importante evidenziare, nel complesso delle indagini e nel corso delle intercettazioni telefoniche e ambientali, che la ‘ndrangheta abbia sempre più spesso a che fare con personaggi che hanno un ruolo attivo all’interno della pubblica amministrazione. Un contributo non irrilevante alla diffusione della criminalità organizzata anche al nord, lo hanno dato questi colletti bianchi collegati con la politica. Ed è la vera novità scaturita da queste ultime inchieste
Qual è, secondo lei, la caratteristica principale di questa ‘ndrangheta che ha trovato al nord una suo nuova area di conquista?
L’essersi organizzata in una struttura unita e verticista, la Provincia. Nel prosieguo delle indagini e nelle continue riunioni che facevamo io, il Procuratore Pignatone e la dottoressa Boccassini, si evidenziava un dato che vado sostenendo da anni. La ‘ndrangheta del nord, contrariamente a quanto dicevano altri studiosi ed esperti di mafia, non si è ‘sgabellata’, ovvero sganciata da quella calabrese, ma con quella continua ad essere un tutt’uno. Viceversa sarebbe stata un’altra cosa: non sarebbe stata più ‘ndrangheta. La prova l’abbiamo avuta quando il boss Carmelo Novella dal suo ‘buen retiro’ vicino Legnano, visto che si voleva separare, è stato prima ‘posato’, cioè messo da parte, poi ucciso
Non l’ha quindi stupita più di tanto la grande quantità di condanne decretate dal giudice di Milano?
Il risultato di questa prima sentenza era quasi scontato. Nel momento in cui delle indagini si basano su intercettazioni telefoniche e ambientali, ma soprattutto su video riprese che presentano prove inequivocabili, nella sostanza si va in udienza e si discute la pena
Rimangono aperti i due procedimenti calabresi e quello in rito ordinario ancora in corso a Milano. È su questi che si giocano le prossime sfide?
Nelle aule giudiziarie sì. Chi ha scelto di essere giudicato con la via più lunga — quella del rito ordinario — lo ha fatto seguendo una strategia difensiva. Si pensa che nel corso di un’istruttoria dibattimentale ci sia maggiore possibilità di dimostrare la propria innocenza. Però, ripeto, noi stiamo parlando di un’indagine fatta di prove davvero schiaccianti
Il potere giudiziario, anche al nord, ha dimostrato di saper reagire al radicamento della criminalità organizzata calabrese, la più potente…
Certo, ma bisogna tenere alta la guardia! Bisogna ricordarsi che l’operazione Infinito non è l’unica indagine contro la ‘ndrangheta fatta in Lombardia. Addirittura agli inizi degli anni ’90 ci fu la ‘Notte dei Fiori di San Vito” e la “Nord Sud” condotta da un magistrato fuoriclasse, Alberto Nobili. Ma non è che bastano due o tre operazioni per debellare il fenomeno, anzi la ‘ndrangheta è più forte di prima, perchè più ricca. La ‘ndrangheta è arrivata al nord, ma sicuramente qualcuno, in questi anni, gli ha aperto la porta!
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 26th, 2011 Riccardo Fucile
AL SEGRETARIO REGIONALE 13.000 EURO ALMESE, IL SUO OMOLOGO A MILANO NE PRENDE 6.500…UN CONSIGLIERE PARLAMENTARE CON QUALIFICA DI DIRETTORE GUADAGNA 9.200 EURO AL MESE, IN LOMBARDIA SI FERMA A 3.790
Il palazzo d’oro non garantisce solo stipendi da favola, consentendo a un
commesso di guadagnare più di un dirigente scolastico o a uno stenografo non laureato di guadagnare quattro volte di più di un insegnante di ruolo.
Il Palazzo garantisce anche pensioni impensabili per qualsiasi altro dipendente pubblico.
I numeri sono stati messi nero su bianco proprio dagli uffici del Palazzo in questione: per la prima volta l’Assemblea regionale siciliana rende note le cifre delle pensioni dei suoi ex dipendenti, qualifica per qualifica, con uno studio calcolato su 35 anni di contributi, il minimo per andare a riposo nell’amministrazione dorata del più antico parlamento d’Europa.
E le cifre sono impressionanti, specie se confrontate con quelle di un altro organismo consiliare come il Consiglio regionale della Lombardia, il tutto grazie all’autonomia ma anche a scatti d’anzianità automatici riconosciuti dall’Assemblea che consentono incrementi stipendiali ben superiori a quelli dell’inflazione Istat.
E se è incontestabile che la Sicilia ha uno Statuto autonomo e che l’Ars ha una storia centenaria, è anche vero che in un momento di crisi come questo giustificare il costo del personale dell’Assemblea siciliana, doppio rispetto a quello di una regione come la Lombardia, è davvero difficile.
I dipendenti di Palazzo dei Normanni sono equiparati a quelli del Senato, in virtù della tanto vantata autonomia.
Grazie a questa equiparazione, sancita nella prima seduta di Sala d’Ercole nel 1947, oggi le retribuzioni non sono minimamente comparabili con quelle degli altri organismi consiliari regionali del resto d’Italia, compresi quelli delle altre regioni a Statuto speciale.
All’Ars un segretario generale, incarico ricoperto attualmente da Giovanni Tomasello, con 24 anni di anzianità ha uno stipendio netto tabellare pari a 13.145 euro al mese in 16 mensilità . Un suo pari del Consiglio regionale della Lombardia guadagna 6.590 euro netti in sole 13 mensilità .
Lo stipendio del segretario generale, carica che all’Ars è ricoperta da due persone, è maggiore anche di pari funzioni di consigli di altre regioni a statuto speciale: per esempio il segretario del Consiglio della Valle d’Aosta, Christine Perrin, guadagna 8 mila euro lordi al mese.
Chiaramente con questo divario anche le pensioni risulteranno differenti, e di molto: un segretario generale con 35 anni d’anzianità all’Ars ha garantita una pensione di 12.263 euro netti al mese, in Lombardia di 5.931 euro.
Le cifre sono incomparabili anche per tutte le altre qualifiche: in Assemblea, a esempio, un consigliere parlamentare con incarico di direttore con 24 anni d’anzianità guadagna 9.257 euro netti al mese, un suo pari in Lombardia si ferma a 3.790, con il risultato conseguente che la vecchiaia per il primo sarà dorata, per il secondo un po’ meno.
Perchè l’Ars garantirà a questo consigliere parlamentare una pensione di 9.715 euro netti al mese, il Consiglio della Lombardia di 3.411.
Le differenze di retribuzione riguardano comunque tutte le qualifiche fino alla più bassa, quella dei commessi. Differenze di retribuzione dovute non solo alla “specialità ” siciliana, ma anche al tipo di contratto.
Quello dei dipendenti dell’Ars prevede infatti scatti d’anzianità automatici, cosa impensabile in Lombardia: “Qui lo stipendio tabellare delle varie qualifiche non cambia in base all’anzianità e rimane sempre fisso – dicono dall’ufficio retribuzioni del Consiglio regionale lombardo – in questo modo un dipendente può avere aumenti di stipendio solo se con concorsi interni cresce di qualifica”.
Con questo meccanismo in Lombardia un commesso di massimo grado, cioè di categoria D3, può arrivare nella migliore delle ipotesi a guadagnare 1.566 euro netti al mese, che diventano 2 mila con un’indennità aggiuntiva che copre gli straordinari.
Quando andrà in pensione questo commesso lombardo avrà un assegno mensile di 1.409 euro.
Numeri che farebbero a dir poco sorridere i 120 commessi dell’Assemblea regionale, che con 24 anni d’anzianità arrivano a guadagnare 3.736 euro netti al mese e possono contare su una pensione dorata da 3.439 euro.
Nel dettaglio l’Ars garantisce pensioni elevate a tutti i suoi dipendenti: uno stenografo parlamentare avrà minimo 6.324 euro al mese, un coadiutore 4.184 euro e un tecnico amministrativo 3.746 euro. Netti, chiaramente.
Ecco perchè entrare a Palazzo dei Normanni è il sogno di tutti i siciliani: qui si rimane sempre al riparo dalle intemperie e si vive davvero fuori dal mondo.
Antonio Fraschilla
argomento: Costume, denuncia, economia, Giustizia, governo, la casta, sprechi | Commenta »