Agosto 3rd, 2012 Riccardo Fucile
E DAI MEETUP DEL MOVIMENTO 5 STELLE CANCELLANO DI CORSA LA PAGINA DELLA MILITANTE DILETTA BOTTA E IL VIDEO DI PRESENTAZIONE DOVE FACEVA IL SUO SERMONE ELETTORALE
Sul blog di Beppe Grillo, il 29 dicembre 2011 veniva pubblicato il video e post di presentazione del MoVimento 5 Stelle di Genova.
Il video si apriva così: “Ciao a tutti gli amici del blog di Beppe Grillo, io sono Paolo Putti, il portavoce del MoVimento 5 Stelle di Genova. Oggi introduco la mia città …” e quindi concludeva con “Vi lascio ora agli altri amici che vi accompagneranno nella visita al resto della città , grazie”.
Dopo di lui prende la parola Diletta Botta, selezionata per il video di presentazione ufficiale:
“Buongiorno amici del blog, sono Diletta Botta, ci troviamo nei pressi della Lanterna di Genova , il simbolo della nostra città . Quella che vedete alle mie spalle è una vecchissima centrale termoelettrica che funziona a carbone come nel 1800 e laggiù in fondo ci sono le montagne di carbone destinate a alimentare la centrale, che molti medici sostengono provocare ogni anno tumori polmonari nei cittadini genovesi.
Adesso si parla di levarla, a noi piacerebbe che al suo posto fosse progettata una centrale a energie rinnovabili insieme all’ottimizzazione dei consumi del porto, invece sui giornali di Genova si parla di fantascientifiche centrali alimentate a noccioline.
È tutto dire se pensiamo il viaggio che devono fare le noccioline dalle Barbados fino a qua! Un altro problema legato al porto sono i fumi delle navi che raggiungono le abitazioni.
E ora parliamo di rumenta. Facendo salvo che il miglior sistema sarebbe quello di produrre meno rifiuti inutili, a Genova la differenziata arriva solo al 30%, quando una legge europea prevede il 50%.
Il MoVimento 5 Stelle vuole che la raccolta sia fatta porta a porta, questo sistema porterebbe l’aumento di posti di lavoro e raddoppierebbe la differenziata, invece vogliono costruire un termovalorizzatore da qualche parte, ora a Scarpino, ora addirittura galleggiante, che brucerà spazzatura producendo diossine.
In questo modo attireremo spazzatura da tutta Italia e vanificheremo la possibilità di fare la differenziata. Bruciamo le risorse invece di riutilizzarle, a partire da quelle economiche visto che costerà 200 milioni di Euro senza creare posti di lavoro stabili. E basta!”
Ecco, la Botta si preoccupava che la combustione del carbone della Centrale produce tumori, così come della diossina che produrrebbe l’inceneritore dei rifiuti…
Vista tanta sensibilità alla questione salute si penserà che nel suo bar di Sestri Ponente, ad esempio, si trovassero solo cibi biologici e sani.
Invece il suo Bar di Sestri Ponente, ha scoperto la Polizia di Stato, si è rivelato una centrale di spaccio di hashish, cocaina e anfetamine… tipici “toccasana” per la salute, vero?
Il M5S di Genova scrive che quando è stata candidata aveva il certificato penale immacolato.
Vero.
Ma ciò dimostra che quella del “certificato penale immacolato” non è una garanzia.
Poi annuncia che ha chiesto le dimissioni della Botta dalla carica di Consigliere del Municipio Medio Ponente, dove è stata eletta per il M5S alle ultime amministrative di Genova…
Poi Paolo Putti dichiara che “umanamente” sono vicini alla Diletta Botta.
Ecco quindi la questione: chi spaccia hashish, cocaina e anfetamine non le autoproduce, ma ha un fornitore.
Chi controlla il traffico delle sostanze stupefacenti sono le organizzazioni mafiose.
Ed allora qualcuno può spiegarmi come è possibile che un esponente del M5S (Paolo Putti) dichiari che “umanamente” sono vicini alla signorina che aveva trasformato il suo bar di Sestri Ponente in centrale di spaccio?
Può essere portavoce del M5S uno che sostiene che si deve essere vicini umanamente ad una spacciatrice di droga?
Ps Non mi si faccia il discorsetto sul proibizionismo, non c’entra nulla! Anche perchè non è il caso di qualcuno che si produceva a fini personali della marjuana… Il caso di specie riguarda una che spacciava.
(testo e analisi di Christian Abbondanza, presidente della Casa della Legalità )
argomento: Grillo | Commenta »
Agosto 3rd, 2012 Riccardo Fucile
IL BAR DI SESTRI PONENTE ERA UN VERO E PROPRIO SUPERMERCATO PER CHI CERCAVA HASHISH, COCAINA E ANFETAMINE… I GRILLINI GENOVESI CASCANO DALLE NUVOLE E LA ALLONTANANO SOLO ORA… MA ERA UNA ATTIVISTA, ELETTA NEL MUNICIPIO DI PONENTE
L’arresto per spaccio di droga (non solo hashish e mariujana, ma anche cocaina e
anfetamine) di Diletta Botta, 35 anni, titolare del bar “Il solito posto”, in via Molfino a Sestri ponente, diventa immediatamente uin caso politico.
La Botta, infatti, con una quarantina scarsa di preferenze era diventata – due mesi fa – consigliera di circoscrizione a Sestri ponente per il Movimento Cinquestelle.
Secondo la polizia, che dopo aver perquisito il locale ha trovato “un vero e proprio supermercato della droga”, non c’erano dubbi sul fatto che “Il solito posto” di via Molfino fosse diventata una vera e propria centrale di spaccio: la Botta è stata immediatamente arrestata ed il locale ora rischia la chiusura.
Il locale è “Il solito posto”, in via Molfino
Le indagini sono partite dopo alcune segnalazioni da parte di residenti che avevano notato uno strano via vai da quel bar.
Così, gli agenti la scorsa sera si sono presentati alle porte del locale.
Ma quando la titolare li ha visti entrare, si è subito innervosita e ha iniziato a trafficare dietro il bancone.
I poliziotti, così, hanno iniziato a perquisire il bar, trovando un vero e proprio supermercato della droga: oltre sette grammi di cocaina, tre grammi di Mda, 13 di marijuana, e uno di hashish.
“Come tutti i cittadini che hanno concorso alle elezioni per le nostre liste, Diletta Botta aveva presentato un Certificato Penale immacolato e aveva partecipato al nostro MeetUp. Dal punto di vista umano cercheremo di starle vicino, da quello politico -evidentemente – chiederemo le sue immediate dimissioni dal Movimento”: questa la tardiva presa di posizione dei gruppo Cinquestelle genovese che è talmente radicato sul territorio da non sentire neanche le voci che girano a Genova su locali equivoci.
Ah già , loro guardano solo i curriculum.
argomento: Genova, Grillo | Commenta »
Agosto 3rd, 2012 Riccardo Fucile
A BOSCOREALE NEL 2011 ERANO STATI INDAGATI PER NON ESSERE STATI TROVATI SUL POSTO DI LAVORO DOPO AVER TIMBRATO BEN 123 DIPENDENTI SU 140
Quando furono portati in caserma non si sapeva neanche dove metterli.
Erano 41, tutti dipendenti comunali intercettati dai carabinieri in tutt’altro posto invece che a lavoro.
Era l’aprile di un anno fa.
Alla fine degli accertamenti dell’operazione soprannominata «Caos», il numero degli indagati salì a 123.
Su 140 che ne conta il Comune di Boscoreale, nell’entroterra napoletano.
Ieri mattina la svolta. I sindacati, a conclusione di una trattativa lampo con il commissario prefettizio Michele Capomacchia, hanno dato il loro assenso all’utilizzo di un sistema biometrico per il rilevamento delle presenze in ufficio.
Addio badge quindi, e impronte digitali che per ora saranno utilizzate in via sperimentale solo da otto dirigenti e quindici impiegati (tutti volontari).
Gli impianti per il riconoscimento ottico delle impronte digitali ci sono già .
Furono installati subito dopo il blitz dei carabinieri, dall’ex sindaco Gennaro Langella, in carica fino ad una ventina di giorni fa e poi costretto a fare le valigie dopo le dimissioni di undici consiglieri comunali.
Ma non furono mai utilizzati per il netto rifiuto dei sindacati.
«Ringrazio i componenti della rappresentanza sindacale unitaria per la disponibilità , professionalità e alto senso di responsabilità mostrato», ha detto il commissario prefettizio.
«Questa iniziativa serve a qualificare positivamente la struttura amministrato-burocratica dell’Ente – ha fatto notare – e consente di ipotizzare l’avvio di un percorso di “certificazione della qualità ”».
Sembrano così lontani i tempi in cui un dipendente, immortalato nei filmati dei carabinieri, «strisciava» nove badge differenti per colleghi assenti o in ritardo.
O la coppia di coniugi, entrambi impiegati al Comune di Boscoreale, lontani dal posto di lavoro e per di più a bordo di una macchina municipale.
Ma non basta solo il sì dei sindacati per partire.
Il progetto, infatti, dovrà essere sottoposto al vaglio del Garante della privacy che, già in passato, si è dimostrato spesso restio a concedere autorizzazioni di questo genere. L’uso delle impronte digitali dei dipendenti per controllare le presenze sul luogo di lavoro, viene considerato dal Garante «troppo invasivo della sfera personale e della libertà individuale» e, in molti casi, ha suggerito «per raggiungere lo stesso scopo, altre tecniche più proporzionate ed ugualmente efficaci».
O, quando ne ha autorizzato l’utilizzo, lo ha fatto prescrivendo una lunga e rigida serie di obblighi.
Come nel caso del «Tarì», la cittadella per il commercio e il trattamento di oggetti preziosi sorta in provincia di Caserta.
Allora, era il 2010, il Garante autorizzò il rilevamento delle impronte digitali per i dipendenti della società a patto che il sistema «non verrà utilizzato per finalità diverse quale, ad esempio, la verifica dell’osservanza dell’orario di lavoro».
Il Comune di Boscoreale non è poi l’unico ad aver pensato, nel Napoletano, alle impronte digitali come ultima forma di controllo dell’assenteismo.
Nel 2007 al Comune di Giugliano, oltre 120 mila abitanti che ne fanno il centro non capoluogo di provincia più popoloso d’Italia, l’idea di installare undici rilevatori biometrici fece insorgere i dipendenti.
Un braccio di ferro che consigliò al sindaco di allora di bloccare la procedura, già avviata, per l’acquisto degli impianti.
Antonio Salvati
argomento: Comune, denuncia | Commenta »
Agosto 3rd, 2012 Riccardo Fucile
I VINCOLI UE POTREBBERO “OBBLIGARLI” A UN’ALTRA GRANDE COALIZIONE
È già quasi tutto scritto, di sicuro è già tutto pronto.
I leader della «strana maggioranza» sono stati allertati e sono consapevoli che il premier è prossimo al passo, che il governo si prepara a chiedere «assistenza», che la Bce è pronta a fornirla, garantendo così l’abbassamento dello spread che sta mettendo in ginocchio il Paese.
Non è il picco di 500 punti che l’Italia non riesce a reggere, è la quotidiana permanenza oltre «quota 400» che toglie il fiato.
Le bombole d’ossigeno sono disponibili ma – come prescrivono le regole – Monti dovrà prima sottoscrivere il «memorandum of understanding», che equivale al commissariamento dell’economia e della politica.
I partiti che reggono il governo immaginano che l’Italia accederà al programma «dopo la Spagna».
Da giorni non nutrivano illusioni sull’esito del vertice all’Eurotower, «anche perchè – dice il responsabile economico del Pd, Fassina – le aspettative erano infondate.
E la tesi che Draghi sia stato sconfitto è falsa, è figlia di una lettura distorta delle parole che aveva in precedenza pronunciato.
La verità è che, in assenza di scelte politiche, la Bce non può muoversi oltre le regole. Così il “programma” è condizione necessaria per ottenere gli aiuti».
Se Monti si è sempre rifiutato di chiederli c’è più di un motivo, che in questi mesi ha spiegato ai suoi interlocutori: il primo è che finora gli aiuti non hanno aiutato nessuno; il secondo è che il Paese sarebbe esposto al rischio delle incursioni di quanti vorrebbero dividersi le spoglie industriali e finanziarie italiane; il terzo – quello più delicato – è che il commissariamento porrebbe limiti al libero gioco democratico.
Di più.
I partiti della «strana maggioranza» temono che la partita possa venire addirittura falsata, perchè alla competizione elettorale si presenterebbero con le mani legate dagli impegni assunti per «salvare il Paese», e sarebbero esposti alle scorribande delle forze antisistema e antieuropeiste.
È un pericolo di cui si deve far carico l’Unione prima di esporre l’Italia al rischio.
Non a caso Monti, il più fedele custode dell’europeismo, ha vestito ieri i panni del più fiero censore per l’inerzia e la scarsa solidarietà dei partner, «a partire dalla Germania», come ha sottolineato Casini
Il due agosto è stato vissuto nel Palazzo come la vigilia di una resa, mentre si attende il negoziato per gli aiuti, che viene considerato il tornante decisivo.
Le richieste che saranno avanzate al governo produrranno infatti conseguenze sul piano politico, influiranno sui prossimi scenari fino al punto da determinarli. Basteranno, per esempio, le riforme varate finora o ne serviranno altre più radicali?
E come e quando Pdl, Pd e Udc sarebbero capaci di votare i nuovi provvedimenti? Prima o dopo essere passati per il responso delle urne?
E che senso avrebbe una campagna elettorale con programmi ridotti a carta straccia?
Nonostante Bersani ostenti tranquillità , nel suo stesso gruppo dirigente cresce il timore che gli impegni futuri possano «costringere» anche dopo il voto al governo di larghe intese, a quella Grande coalizione che il leader del Pd vuole evitare: «È tempo che si torni alla politica», ha ripetuto ieri dopo l’incontro con il segretario del Psoe.
I timori dei democratici diventano un auspicio per i centristi.
Anche perchè si ritiene che al «memorandum» possa venir posto un preambolo non scritto, una sorta di «ulteriore garanzia» sulle cambiali italiane, l’idea cioè che si possa accedere alla richiesta di Roma solo se chi firma il «programma» si assume poi l’impegno di portarlo a compimento.
Si tratterebbe di uno stato di necessità che provocherebbe però una terribile compressione del sistema democratico.
Sarebbe la conseguenza del commissariamento e in Europa esistono già dei precedenti…
Nel Pdl Berlusconi ha imposto il surplace al suo partito, in attesa che passi la nottata, che passato agosto e le eventuali incursioni speculative, si chiarisca la situazione.
In questi giorni il Cavaliere si è confrontato con Alfano, che vede il pericolo dello stallo, le difficoltà di andare avanti nella legislatura e al tempo stesso le difficoltà di accorciarla.
Sono troppe oggi le incognite per poterle valutare.
Di sicuro, come spiega Martino, il Paese si trova ora di fronte a un bivio.
Un’uscita «politica» dalla fase tecnica sarebbe – a suo modo di vedere – «preferibile».
Ma l’ipoteca che l’Italia sta per firmare rivoluziona il quadro.
E allora l’opzione del «Monti dopo Monti va tenuta in considerazione – dice l’ex ministro – a patto di varare le vere riforme, che non sono l’Imu. Serve una riforma degli enti locali, a partire dalle Regioni, per evitare scempi come quello siciliano. Serve una riforma del fisco che nel 2010 ha garantito alle casse dello Stato la miseria del 20% del Pil.
Serve la riforma del Servizio sanitario nazionale e della Pubblica amministrazione…». L’ipoteca costerà molto di più.
Francesco Verderami
(da “il Corriere della Sera”)
argomento: governo, Parlamento, Politica | Commenta »
Agosto 3rd, 2012 Riccardo Fucile
IL CONSIGLIERE MOTTA (PDL) AFFERMA CHE UN COLLABORATORE CINQUESTELLE UTILIZZA LE UTENZE DELLA REGIONE PER LE SUE ATTIVITA’ PROFESSIONALI
In Regione Piemonte è scambio di veleni fra il gruppo del Pdl e quello del Movimento 5 stelle.
Il consigliere Massimiliano Motta, del partito del Cavaliere, ha presentato una interrogazione che titola: “Un Caf a 5 stelle in via Alfieri 19 (la sede del consiglio regionale, ndr)?”
Nel testo si legge che, come ha appreso da una mail inviatagli, una collaboratrice del gruppo consiliare del Movimento “utilizza i locali, le dotazioni tecnologiche ed i servizi del consiglio Regionale” per “consulenze finanziarie private” indicando come numero di telefono al quale essere contattata quello “della segreteria del gruppo”.
Su diversi siti internet, tra cui quello del Comune di Torino, il numero telefonico del gruppo consiliare compare “associato all’indirizzo di uno studio professionale di consulenza finanziaria (Caf, ndr)”.
Quindi Motta vuole sapere se ciò sia lecito o meno.
Quanto riportato dall’esponente del Pdl, in effetti, trova conferma nella mail da lui citata dove sono riportati diversi screen shot di siti internet (esistenti, ndr), nei quali per pubblicizzare l’attività di un Centro di assistenza fiscale (Caf) viene affiancato il contatto telefonico del gruppo consigliare del Movimento, o la mail della collaboratrice che termina proprio per “@piemonte5stelle.it”.
Il capogruppo del Movimento, Davide Bono, ha preso carta e penna per denunciare il “vile attacco ad un nostro indefesso collaboratore”, annunciando che vi saranno ripercussioni sul piano giudiziario.
Nel comunicato si legge che nessuna attività propria di un Caf è stata svolta negli uffici del nostro gruppo consiliare e sin d’ora ci dichiariamo disponibili a sottoporre all’attenzione dell’ufficio di presidenza i tabulati telefonici del numero incriminato”. Tutto è partito, continua la smentita, da una mail “firmata da un certo Stefano Miceli“, con il “chiaro fine di danneggiare l’immagine del movimento, facendoci passare per truffaldini come i partiti”. In conclusione Bono annuncia di denunciare Miceli e “il pregiudicato Motta del Pdl, su cui già pesa una nostra denuncia per percosse“.
La diretta interessata, Laura Castelli, ha spiegato che tutto è nato per errore.
Lei in precedenza ha effettivamente svolto l’attività di consulenza, ma ora “per il troppo lavoro legato al consiglio” lo ha interrotto, facendo consulenze “solo per amici, nel tempo libero”.
Nel pubblicizzarsi, ha precisato Castelli, ha inviato a diversi siti i suoi contatti, dove in calce alla mail “è riportato il numero di telefono della Regione, come in tutte le mie mail” e quindi questi siti lo hanno riportato “in maniera autonoma”, quindi “li ho informati dell’errore e spero provvederanno al più presto”.
Contro il Movimento, ha continuato la ragazza, è in atto una campagna di demonizzazione dove “io, essendo giovane e donna, sono stata il bersaglio più facile. Sono accuse al limite della pazzia di cui non mi capacito”.
Nicolò Sapellani
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: Grillo | Commenta »
Agosto 3rd, 2012 Riccardo Fucile
L’EX SPIN DOCTOR DI “BAFFINO” SI SCAGLIA CONTRO ILSUO EX DIRETTORE DE “LA STAMPA”….E POI SBULACCA SUL PADRE ASSASSINATO: “CALABRESI ERA UN MITOMANE MANESCO, UN FASCISTELLO CARRIERISTA”
Fabrizio Rondolino contro Mario Calabresi, atto secondo.
L’ex spin doctor di Massimo D’Alema, oggi firma del Giornale e titolare di un blog libertario in condominio con Claudio Velardi, The Front Page, cinguetta di nuovo in modo pesante contro il quarantenne direttore della Stampa (vedi la conversazione su twitter).
Il figlio del commissario Luigi Calabresi viene definito “Orfanello” che ha scelto “di costruire la sua immagine e la sua carriera” al punto da “sposare la nipote di una mandante” dell’omicidio del padre.
Tutto scoppia con una serie di tweet ironici di Rondolino su Ingroia e il Guatemala. Un paio: “Guatemala, i Maya ritirano le loro piramidi: ‘Abbiamo paura che Ingroia le sequestri’”; “Guatemala, il consigliere giuridico del presidente Molina si prende un anno di ferie”.
Interviene Marco Castelnuovo, giornalista della Stampa: “Che D’Alema non fosse poi questo gran leader lo si poteva anche capire quando ha portato nel suo staff a Palazzo Chigi Fabrizio Rondolino”.
La risposta è piccata e fa riferimento al direttore di Castelnuovo: “Bravo, l’Orfanello sarà orgoglioso di te”.
A questo punto riparte tutta la polemica.
Su Twitter, Rondolino va molto oltre le righe scontrandosi con altri interlocutori. Rispunta anche un giudizio su Luigi Calabresi, già scritto a maggio: “Calabresi era un mitomane manesco, un fascistello carrierista che giocava all’americano. La responsabilità di Pinelli è sua”.
Gregorio Paolini gli scrive: “Fabri’, in quanto orfanello (di madre) ogni volta che fai ‘sta battuta su Calabresi mi prende un conato di vomito, non scherzo”.
Rondolino non demorde e risponde: “Ti chiedo scusa. Ma proprio per l’eccezionalità della tragedia trovo disgustoso costruirci una carriera. Nè tu nè altri lo fanno”.
Alberto Infelise gli rinfaccia la mancanza di dignità : “Dignità ? Mesi fa ha scritto che tutto sommato non ha poi fatto così male Lc a uccidere Calabresi”.
Rondolino: “Mai scritto nè pensato. Però i suoi hanno assassinato Pinelli, non risulta che abbia chiesto scusa”.
Le due questioni s’incrociano: la fine di Calabresi e la carriera del figlio giornalista.
E Rondolino al Fatto non nasconde di avercela con Mario Calabresi per un fatto personale: la fine della collaborazione con la Stampa.
Dice: “Calabresi non mi ha risposto per un anno e mezzo al telefono e poi mi ha cacciato. È ovvio che ce l’ho con lui. Certamente ho esagerato, ma ho scritto cose che molti colleghi pensano e dicono ma non hanno il coraggio di scrivere”.
Dopo La Stampa, Rondolino ha cominciato a scrivere per Il Giornale di Sallusti.
Gli effetti si vedono.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Di Pietro, Stampa | 1 Commento »
Agosto 3rd, 2012 Riccardo Fucile
LA SCIOPERO FARSA DEGLI OMBRELLONI DA SPIAGGIA DALLE 9 ALLE 11 DI MATTINA
Adoro i miei connazionali, anche se a volte si comportano un po’ troppo da italiani. Prendiamo lo sciopero degli stabilimenti balneari.
Le ragioni sono serie: c’è una direttiva europea già antipatica fin dal nome, Bolkestein, che prevede la messa all’asta delle concessioni e potrebbe ridurre le spiagge come le città , dove i negozi a conduzione familiare sono stati soppiantati dai grandi gruppi.
Per attirare l’attenzione della politica bisognava scioperare.
Ma per non irritare la clientela bisognava farlo per finta.
E qui entra in scena la creatività italica.
Intanto il giorno scelto per lo sciopero, un venerdì: vicino al weekend, ma non dentro. Poi le modalità .
L’accesso alla spiaggia rimane aperto, il bar funzionante, le cabine a disposizione, le sdraio in assetto da tintarella.
Restano chiusi solo gli ombrelloni.
Ma non nelle ore di punta, quando la sabbia scotta e si rischia l’insolazione.
Dalle nove alle undici del mattino, mentre i ragazzi dormono, gli adulti fanno colazione e la spiaggia è un deserto tiepido attraversato da torme di nonne e nipoti in età prescolare, ai quali siamo sicuri che anche il bagnino più sindacalizzato spalancherà , a richiesta, almeno un ombrellino.
Ho raccontato questa storia a un tedesco in partenza per la Riviera.
Dall’alto del suo spread ha commentato che gli italiani non riescono a essere seri nemmeno quando si arrabbiano.
Gli ho risposto che è vero, non siamo seri.
Però siamo dei paraculi fantastici.
E pure un po’ vendicativi.
In spiaggia alle nove del mattino non ci vanno solo i bambini, ma anche i tedeschi.
Massimo Gramellini
(da “La Stampa“)
argomento: denuncia | Commenta »
Agosto 3rd, 2012 Riccardo Fucile
LA RIDUZIONE PROMESSA DELLA LEGGE MANCIA DIVENTA UNA FARSA: RIDOTTA DI 30 MILIONI SUBITO MA AUMENTATA DI 40 MILIONI L’ANNO PROSSIMO
È uno di quegli emendamenti che passano regolarmente inosservati e vengono altrettanto regolarmente approvati.
All’ingrosso c’è scritto più o meno così: all’articolo X della legge Y sostituire le parole ‘100 milioni’ con le seguenti ’70 milioni’ e al terzo periodo sostituire ’50 milioni’ con ’90 milioni’. Firmato: Paolo Giaretta del Pd e Gilberto Pichetto Fratin del PdL, relatori in Senato della spending review.
Che vuol dire? si chiederà il lettore.
In parole povere che, dentro quel decreto che taglia la sanità e affama gli enti locali per miliardi di euro, dentro quello stesso decreto nel quale non si è riusciti a trovare 38 milioni per garantire duemila esodati del gruppo Finmeccanica, il Senato ha invece avuto la capacità di scovare altri 10 milioni da infilare nel fondo di spesa per i gruppi parlamentari, meglio noto come Legge Mancia, vale a dire l’argent de poche a disposizione degli eletti per foraggiare spesucce nei collegi d’appartenza (alcuni gruppi come il Pd, va detto, ora li devolvono tutti ad uno scopo tipo l’emergenza sisma, altri come IdV non partecipano proprio alla spartizione).
Insomma, se noi traducessimo più o meno in una lingua comprensibile quelle poche, oscure righe potremmo scrivere questo: i soldi della Mancia erano 150 milioni, cento quest’anno e 50 il prossimo.
Con un barbatrucco i fondi vengono ridotti di 30 milioni subito (a 70), ma aumentati di 40 nel 2013 (90 milioni).
Il totale nel biennio, insomma, passa da 150 a 160 milioni.
Questa trouvaille — va confessato — la dobbiamo al lavoro di Silvana Mura, deputata di Italia dei Valori, secondo cui peraltro “ancora peggio è il fine dell’operazione, anche se questa è una mia illazione e non ho le prove. Perchè infatti spostare la maggior parte della spesa (guadagnandoci pure 10 milioni) all’anno prossimo? Perchè si cerca di prendere tempo, visto che, considerata la situazione economica e politica, è probabile che nessuno avrà il coraggio di spartirsi i soldi del 2012”.
Insomma, spiega la tesoriere di Italia dei Valori, “conviene spostare il malloppo al 2013 in attesa di tempi migliori e pure per schivare un mio ordine del giorno già approvato che impegna il governo a destinare tutti i soldi al terremoto”.
Anche l’esecutivo, peraltro, non è che ci faccia una grandissima figura: “Vede, tace e non provvede — insiste — Mura perchè un membro del governo mi ha detto chiaro e tondo: noi fino alla fine dell’anno stiamo fermi per rispetto del Parlamento”.
Per chi si facesse soverchie aspettative sull’utilità della denuncia, però, va chiarito che non c’è alcuna possibilità che il decreto venga modificato alla Camera, magari togliendo 38 milioni al fondo della Legge Mancia per destinarli a quei duemila esodati rimasti a bocca asciutta in Senato: il governo ha già chiarito che Montecitorio deve approvare la spending review così com’è, per mandarla in Gazzetta Ufficiale prima delle vacanze estive.
La cosa è talmente risaputa che a Montecitorio tutti erano convinti che il voto definitivo sarebbe arrivato venerdì sera e chiusa lì: meglio di no, ha spiegato un Gianfranco Fini preoccupato dall’immagine di un Parlamento che si prende il solito mese di ferie , votiamo martedì o mercoledì prossimo, che fa meno casta.
Motivo per cui un manipolo di disperati ieri s’affannava a non dormire durante la discussione generale sul provvedimento: “Effettivamente è un po’ inutile”, ammetteva sconsolato il deputato Touadì (Pd).
Il risultato è che i 10 milioni sono assicurati: chiamarla spending review è solo quel tocco di genio che rende la cosa indimenticabile.
Marco Palombi
(da “il Fatto Quotidiano“)
argomento: Parlamento | Commenta »
Agosto 3rd, 2012 Riccardo Fucile
NON ARRIVANO 8,5 MILIONI DI EURO PER LE LACUNE DELLA GESTIONE BELSITO
Francesco Belsito non è più il tesoriere lumbà rd, ma il paradosso per le
proclamate intenzioni di trasparenza del nuovo corso leghista si materializza nel modo più beffardo: il rendiconto 2010 della Lega Nord, la cui certificazione al Parlamento risale ai revisori del partito dell’era Belsito, non è ancora abbastanza trasparente secondo Montecitorio, e per questo ora la Camera sospende al partito di Roberto Maroni l’erogazione a settembre della prossima tranche di rimborsi elettorali da 8 milioni e mezzo di euro.
Doppia beffa per la Lega Nord che proprio ieri pomeriggio ha intanto pubblicato sul suo nuovo sito internet il bilancio 2011, ripulito dalle principali magagne della gestione Belsito dopo il vaglio della società PricewaterhouseCoopers, e concluso comunque «con un avanzo di circa 6,5 milioni» pur al netto di quasi 3 milioni di «oneri straordinari» fatti di assegni allegri e prelievi a go-go.
Le colpe dei «padri» (la vecchia tesoreria) rischiano insomma di ricadere contabilmente sulle spalle dei «figli» (la nuova segreteria amministrativa del partito) ancora per qualche tempo.
Il «Collegio dei revisori per il controllo dei rendiconti dei partiti e movimenti politici» della Camera, d’intesa con la Presidenza del Senato, ha infatti comunicato che il rendiconto 2010 della Lega Nord non può essere considerato regolarmente redatto anche se formalmente è conforme agli schemi previsti dalla legge del 1997.
Il problema non è tanto che sul bilancio 2010 siano in corso inchieste della magistratura, quanto soprattutto il fatto che i revisori del partito l’11 giugno scorso abbiano risposto agli organismi parlamentari con una comunicazione giudicata insoddisfacente: da un lato perchè avrebbe aderito all’iniziale (e rivelatasi infelice) certificazione rilasciata dai vecchi revisori al bilancio 2010, e dall’altro lato perchè mancherebbe totalmente delle informazioni che il Collegio parlamentare di controllo aveva invece espressamente domandato in una missiva del 22 maggio.
E in attesa dei chiarimenti, scatta per legge «la sospensione di ogni rimborso elettorale al partito».
Le questioni da chiarire si rivelano insomma le stesse che i pm milanesi Robledo-Pellicano-Filippini avevano già inquadrato: i requisiti della dichiarazione espressa di conformità delle spese alla documentazione presentata come prova delle spese sostenute, la verifica effettiva della regolare tenuta della contabilità , la corretta rilevazione dei fatti gestionali nelle scritture contabili.
È possibile che già da qui a settembre la Lega «nuova» riesca a colmare le lacune informative lamentate dall’organismo parlamentare, in modo che gli 8,5 milioni (ai quali i leghisti hanno scoperto di non poter tecnicamente rinunciare a dispetto di quanto proclamato nei giorni caldi dello scandalo) possano essere erogati al partito. «Le vicende che hanno portato alle dimissioni del precedente segretario amministrativo – ribadisce l’attuale tesoriere Stefano Stefani – sono al vaglio dell’autorità giudiziaria, ma sin d’ora in tale vicenda la Lega Nord-Padania si ritiene parte lesa e pertanto adirà a tutte le vie legali per recuperare quanto essa ritiene sia stato indebitamente sottratto».
Luigi Ferrarella
(da “il Corriere della Sera“)
argomento: LegaNord | Commenta »