Destra di Popolo.net

“SE VINCO CAMBIERO’ IL PAESE”: E RENZI SALE SUL CAMPER

Agosto 30th, 2012 Riccardo Fucile

UNA VICE DONNA E ICHINO IN SQUADRA: QUESTO NEL PROGRAMMA DEL SINDACO DI FIRENZE… MEZZI NOTEVOLI A DISPOSIZIONE PER COMPETERE ALLE PRIMARIE DELLA SINISTRA

Chiamiamola la tana del lupo.
In attesa del 13 settembre, giorno in cui partirà  la campagna per le primarie di Matteo Renzi, il sindaco di Firenze sceglie VeDrò, la quattro giorni di seminari di Enrico Letta a Drò, per saggiare il terreno nel campo avverso.
Non senza un pizzico di malizia.
Il giorno prima Renzi aveva annunciato che al centro del suo programma ci sarà  l’Agenda Monti.
Esattamente quello che sostiene Letta che però è un bersaniano di ferro.
Imbarazzo per il numero 2 del Pd? «Nessuno. Renzi viene a VeDrò ogni anno – attacca Letta -. Io voto in maniera convinta Bersani. È la persona giusta per farci vincere le elezioni. Ha saputo sostenere l’Agenda Monti e ha dato parole di speranza per il futuro. Sono per l’Agenda Monti e per Bersani».
L’accoglienza alla cena trentina è stata buona compresa di abbraccio tra il vicesegretario del Pd e il candidato che sfiderà  Pier Luigi Bersani.
Accanto a lui, alla tavola di VeDrò, Roberto Reggi, l’ex sindaco di Piacenza a cui è stata affidata la macchina organizzativa e Giorgio Gori, pronto a scendere in campo: «Sono a sua disposizione, ci divideremo il lavoro. È una sfida molto aperta ma se Matteo ha deciso di giocarla non è per piantare una bandierina, ma per vincerla».
Si muove la macchina di Renzi. Sia con gli uomini sia con i mezzi.
A collaborare con il sindaco di Firenze ci sarà  anche il giuslavorista Pietro Ichino, senatore del Pd: «Collaborerò con Renzi, c’è una convergenza piena su temi cruciali. Bersani non mi ha cercato».
Nello staff ci sarà  anche Matteo Richetti, presidente del Consiglio regionale dell’Emilia Romagna, che gestirà  le relazioni politiche.
La sorpresa arriva invece dalla scelta del possibile vicepremier: con ogni probabilità  sarà  una donna, anche se sul nome è scesa una cortina di silenzio.
E arriviamo ai mezzi. Il camper. Anzi i due camper che verranno utilizzati per battere le 108 province del territorio italiano.
Due gemelli di nome Therry e modificati per l’occasione.
Via la cucina dentro una sala riunioni per 8 persone. Internet, fax e quant’altro.
Un piccolo Air Force One a quattro ruote.
Ed è proprio il camper a innestare la prima polemica della giornata.
Tocca al Movimento 5 Stelle di Firenze con un post sul blog di Beppe Grillo: «Il sindaco scende in camper… Chi amministrerà  Firenze mentre il primo cittadino sarà  impegnato a promuovere il suo programma elettorale in giro per la Nazione? Firenze adesso avrà  un sindaco a distanza? Il sindaco che manderà  un bacione a Firenze».
«Non sarò un sindaco part time o a mezzo servizio – replica Renzi -. Questa è un’amministrazione che fa le cose. I fiorentini sono orgogliosi che il sindaco della loro città  abbia questa possibilità ».
Infine, in pieno spirito grillesco, si affida al sarcasmo: «Noi, in tre mesi part time, faremo più cose di quelle che certi parlamentari hanno fatto in tre legislature a Roma con il lauto stipendio e il vitalizio».
Lotta all’esterno, ma (ancora) fair play all’interno.
Anche se il 15 settembre, quando Bersani sarà  alla Festa democratica di Firenze, Renzi non lo incontrerà : «Ho un impegno di campagna elettorale, ma è il benvenuto in questa città ».
La linea, per ora, è nessun attacco a Bersani. Il contrario. «Ho molto apprezzato lo stile con cui Bersani ha commentato la possibile candidatura mia, come di altri, con un fair play e un’attenzione ai contenuti che mi convince. Sarà  la stessa attenzione che utilizzeremo noi. Ci muoveremo con leggerezza e sobrietà . Dai dirigenti nazionali mi aspetto lo stesso stile che ha avuto Bersani. All’interno del Pd non ci sono avversari politici, ma compagni di strada».
La risposta arriva dallo stesso Letta: «Non siamo in una caserma e ognuno è libero di fare le sue scelte. Chi perderà  si metterà  a disposizione dell’altro candidato».
Il minuetto continua con la controreplica di Renzi: «Alle primarie ci si confronta, chi è più bravo vince, chi perde dà  una mano a chi è stato più bravo. Se noi perdiamo daremo una mano a chi vince, se noi vinciamo cercheremo di fare il cambiamento vero di cui questo Paese ha bisogno».
Atmosfera che però non durerà  a lungo.
Ieri a VeDrò molti esponenti del Pd ripetevano: «Ma quale Agenda Monti di Renzi! I suoi amici amministratori sono quelli che hanno disatteso tutti i provvedimenti del governo Monti».

Maurizio Giannattasio

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POLITICI ALLA ROULETTE SUL TITANIC SICILIA

Agosto 30th, 2012 Riccardo Fucile

LA REGIONE E’ VICINA AL DEFAULT E I PARTITI BALLANO SUL PONTE DELLA NAVE CHE AFFONDA… MICCHICHE’ RISPONDE A BERLUSCONI, LOMBARDO SI ACCORDA CON FINI, MA A PAROLE TUTTI SONO CONTRO I “PARTITI NAZIONALI”, SALVO TRATTARE CON LORO

Ci dispiace citare la solita frase: il Titanic affonda e loro continuano a ballare.
In questo caso, a giocare.
E sì, perchè mentre loro giocano, l’assessore al bilancio Armao lancia l’allarme: la Regione sta per affondare, non ha più soldi.
Quindi niente stipendi ai dipendenti a tempo determinato, al precariato, niente finanziamenti per la sanità , per la forestazione, per i dissalatori, per le misure anti incendio e, sicuramente, per i rifiuti.
Il temuto default della Sicilia è servito.
Ci sarebbe da disperarsi davanti a questo dramma, invece cosa accade in prossimità  delle elezioni di ottobre?
Partiti e candidati, o presunti tali, più che ballare (sarebbe almeno una cosa allegra), giocano alla roulette sul Titanic Sicilia.
Incuranti di tutto, puntano le loro fiches, sperando di vincere una poltrona che, stando così le cose, non è che valga un gran che. Forse solo per il considerevole gettone e per i loro clienti.
L’assurdo è che davanti a questo fallimento, il presidente della Regione, il dimissionario Raffaele Lombardo, continua a nominare consulenti a suon di migliaia di euro.
L’accusa arriva dagli assessori Vecchio e Venturi, chiamati in giunta proprio dal governatore.
Sono gli ultimi respiri di un potere in affanno? Non crediamo.
Le rissose vicende di questi giorni sulla scelta del candidato governatore fanno sembrare che non sia così.
Il Pds (ex Mpa) si sta dando molto da fare, assieme al Grande Sud, per rimanere a galla.
Lombardo e Miccichè prima candidano Nello Musumeci, con grandi lodi per la sua sicilianità , poi, appena l’altro ieri, fanno marcia indietro e lo stesso Miccichè vara l’ammucchiata di una ipotetica «alleanza siciliana» lontana dagli «inquinanti» partiti nazionali.
Una presa per i fondelli proprio dei siciliani.
Miccichè forse ha dimenticato di aver detto, quando qualche settimana addietro ha annunciato la sua candidatura (poi ritirata a favore di Musumeci), di avere avuto l’imprimatur di Berlusconi.
Che alleanza siciliana è questa?
E Lombardo, che nel passato amoreggiava con i leghisti (Calderoli era di casa), non è forse andato da Fini per fare fuori proprio Nello Musumeci?
Del resto non poteva trovare da Fini che porte aperte dato che l’ex segretario di An era stato l’autore della frase: «Musumeci, chi? ».
Gli fu rimproverato che il Pdl allora perse le elezioni perchè mancarono i 40 mila voti di Musumeci.
Rivangare il passato però serve a poco.
Semmai serve a chiarire che questo centro o centrodestra che sia, non è una cosa seria. Lo disegna bene la constatazione di Musumeci: «C’è un tasso di odio che ritenevo umanamente inimmaginabile».
Tutto ciò che sta accadendo nel centrodestra non ha nulla a che vedere con il cosiddetto progetto regionalista.
Se fosse stato vero avrebbero pensato più alla Sicilia che brucia invece che ai loro affari di bottega.
In questo momento sul campo a lottare come governatori ci sarebbero due di centrodestra, Musumeci e Miccichè, e due di centrosinistra, Crocetta e Fava.
Anche lì i maldipancia non sono mancati.
Il motivo della divisione è l’appoggio che l’Udc ha deciso di dare a Crocetta.
Gli ex democristiani per quelli del Sel sono troppi inquinati per parlare di legalità . Anche se poi a livello nazionale, nonostante le ultime dichiarazioni di Bersani, «preferisco Vendola a Casini», sotto sotto resiste il patto con quest’ultimo che rimane fedele al Pd, nella speranza di ricevere l’attesa ricompensa.
Leoluca Orlando per adesso sta a guardare. Per schierarsi c’è ancora tempo.
Non c’è però più tempo per salvare la Sicilia.
Ciò che ci lascia perplessi, se si dovesse andare con queste divisioni, è la mancanza di una vera maggioranza e quindi di certezze, col rischio che molti elettori, disgustati, disertino le urne.
Sarebbe difficile, così, governare una Regione già  ridotta al lumicino.
L’ombra di un commissario resterebbe sempre dietro l’angolo.
E alla fine potremmo anche augurarcelo.

Domenico Tempio
(da “La Sicilia”)

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ALESSANDRIA, NEL COMUNE FALLITO E’ UNA BANCA A PAGARE I DIPENDENTI PUBBLICI

Agosto 30th, 2012 Riccardo Fucile

LA BANCA DI LEGNANO RETRIBUIRA’ I LAVORATORI, MA CHI ACCEDE ALLA LINEA DI CREDITO DEVE APRIRE UN CONTO E IN CASO DI INSOLVENZA SARANNO LORO A DOVER RIPAGARE I FONDI RICEVUTI

Volete gli stipendi? Prendeteli in prestito.
Ad Alessandria i circa 500 dipendenti delle municipalizzate Atm (trasporti), Amiu (rifiuti) e Aspal (pluri-servizi) sono da questo mese senza retribuzione, ma hanno ricevuto una (discutibile) proposta: ottenere un finanziamento a titolo di anticipo della buste paga, accollandosi il rischio di insolvibilità  dell’ente comunale.
Il neo sindaco Rita Rossa (Pd), infatti ha annunciato di aver trovato una soluzione per tamponare la mancanza di liquidità  del Comune, il cui fallimento è stato certificato il 12 giugno scorso dalla sezione regionale di controllo della Corte dei Conti.
La Banca di Legnano si è offerta di “finanziare” il 90 per cento della media delle ultime tre mensilità  ad ogni lavoratore, per il prossimo bimestre e con possibilità  di proroga di ulteriori 30 giorni.
A due condizioni: la prima è che chi accede alla linea di credito apra un conto presso i suoi sportelli (a costo e tasso zero), la seconda è che, nel caso non arrivassero i soldi dal Comune, saranno gli stessi dipendenti a dover ripagare, dopo sei mesi, con tanto di interessi, i fondi ricevuti.
Nel primo semestre, invece, i prestiti saranno a tasso zero.
Contrari alla proposta i dipendenti di Amiu e Aspal che sono in stato di agitazione.
Se le loro richieste di dilazionare i pagamenti, inoltrate questo sabato al presidente del Consiglio Mario Monti, non saranno ascoltate, non sanno come pagare le municipalizzate e queste, i lavoratori.
Dalle casse, hanno spiegato dal Comune, “escono dai 103 ai 105 milioni di euro all’anno (di cui 40 vanno alle municipalizzate) ma ne entrano solo 87. Entro ottobre dovremo presentare un’ipotesi di pareggio di bilancio, tagliando 24 milioni. Così è impossibile andare avanti”.
Fino a ieri l’amministrazione ha potuto contare su un escamotage, con la tesoreria cittadina che ha anticipato 300mila euro ad ognuna delle società  controllate.
Ad una in particolare, quella che ha in gestione i rifiuti, pesantemente indebitata con Barclays per 9 milioni di euro, l’amministrazione ha sempre approvato il versamento straordinario per “ragioni di pubblica sicurezza”.
Operazione che ora i giudici contabili hanno espressamente vietato a causa del dissesto finanziario.
Questo è uno dei primi effetti del fallimento del Comune.
Il dissesto è stato imputato a Piercarlo Fabbio (Pdl), ex sindaco rinviato a giudizio con l’accusa di aver “truccato” il bilancio consuntivo 2010 per rispettare il patto di stabilità .
Con lui dovranno rispondere di falso in bilancio, abuso d’ufficio e truffa ai danni dello Stato anche l’ex assessore Luciano Vandone e l’ex ragioniere capo, Carlo Alberto Ravazzano.
Resta da capire perchè la Banca di Legnano abbia accettato di rinunciare agli interessi sui prestiti offerti ai dipendenti delle municipalizzate alessandrine.
Alcuni siti di informazione hanno indicato come possibile “suggeritore” dell’operazione Ezio Guerci, marito del primo cittadino, che oltre ad essere un esperto di dinamiche del lavoro è consigliere della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria, fusa con la Legnano, e azionista della controllata Bpm.

Nicolò Sapellani

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LA BOMBA DELLE CENTRALI A CARBONE

Agosto 30th, 2012 Riccardo Fucile

TERRITORIO E BENI COMUNI… IL “MOSTRO” POLACCO E’ IL PIU’ PERICOLOSO

Alcuni mostri si aggirano per l’Europa. Più che muoversi stanno fermi ma la loro presenza si percepisce anche a centinaia di kilometri di distanza.
Stiamo parlando delle centrali termoelettriche a carbone.
Se la pericolosità  delle centrali nucleari si misura nel rapporto tra i benefici di un sistema più o meno efficiente e i costi altissimi di eventuali incidenti agli impianti, l’inquinamento generato dalla combustione di carbone (in tutte le sue forme) è visibile a distanza, è percepibile immediatamente dentro i polmoni, è quantificabile nelle emissioni di anidride carbonica.
È un inquinamento quotidiano, a cui da tempo si sarebbe dovuto porre un argine: le mastodontiche dimensioni degli apparati produttivi, le ingentissime risorse finanziarie che servirebbero per una riconversione ecologica, la volontà  degli Stati di mantenere un certo autonomo margine di manovra in campo energetico, vari tipi di interesse delle grandi multinazionali sono solo alcuni fattori che rendono evidente la difficoltà  di ammodernare un comparto vitale per il nostro futuro.
Eppure l’Europa si era data obiettivi ambiziosi sulla riduzione del 20% delle emissioni di anidride carbonica entro il 2020.
Traguardo arduo da raggiungere.
Anche perchè la “disunione europea” non si manifesta soltanto nel persistere di interessi nazionali, come dimostra il modo in cui si sta affrontando la crisi dei debiti sovrani, ma anche nella pressochè totale assenza di una politica energetica comune.
Al di là  della retorica infatti c’è chi spinge per un rapporto univoco e diretto con la Russia (vedi la Germania), chi sogna l’autosufficienza puntando sulla nuova futuribile tecnologia di fusione dell’idrogeno (vedi Francia), chi non sa che pesci pigliare e raccatta tutto il gas a disposizione (vedi Italia) e chi mantiene un obsoleto settore di produzione di energia non curandosi dell’impatto ambientale (vedi i paesi dell’ex blocco comunista con l’eccezione della Lettonia).
I costi di questa mancata strategia continentale, oltre che economici e strategici, riguardano la salute nostra e del pianeta.
Le cifre fornite dall’Agenzia europea per l’ambiente sono incontrovertibili.
Come riporta il quotidiano La Stampa: “Le emissioni di agenti inquinanti nel 2009 pesavano tra i 102 e i 169 miliardi l’anno, ovvero dai 200 ai 330 euro a persona. Quel che colpisce di più è che ben il 50 per cento dei costi aggiuntivi (tra 51 e 85 miliardi) sono generati da soltanto 191 impianti. è il 2% del totale di quelli censiti, quelli più «sporchi» in assoluto. Il 75% del totale delle emissioni è prodotto da soli 622 siti industriali.
A guidare la classifica – che è calcolata sui dati del 2009 – sono le centrali termoelettriche, in particolare a carbone o a olio combustibile; il discutibile primato di industria più inquinante in assoluto d’Europa se lo aggiudica la famigerata centrale elettrica di Belchatow, in Polonia, una «bestia» alimentata a lignite (un carbone di particolare bassa qualità ) da 5.000 MW nei pressi della città  di Lodz.
Tra le prime venti però troviamo anche la centrale termoelettrica Enel Federico II di Brindisi, che da sola genera costi connessi ad inquinamento tra i 536 e i 707 milioni di euro l’anno.
E al 52esimo posto c’è l’acciaieria Ilva di Taranto, che ci costa dai 283 ai 463 milioni l’anno”.
Il mostro polacco è quello più pericoloso.
La storia di Belchatow comincia negli anni ’70: occorreva sfruttare le miniere di carbone limitrofe, ed ecco una centrale a lignite, una delle forme più elementari e grezze (quindi più inquinanti) del carbone.
Persino una brochure auto celebrativa della centrale, ora di proprietà  dell’azienda polacca PGE e della multinazionale francese Alstom, descrive la situazione fino agli anni ’90: “Il progetto originario non aveva previsto nessuna misura per limitare le emissioni di ossidi di zolfo perchè a quel tempo le tecnologie di desolforizzazione dei gas erano praticamente sconosciute o soltanto in una fase di sviluppo”.
Le migliorie apportate successivamente non migliorarono l’impatto inquinante delle 12 unità  che compongono la centrale, se pensiamo che nel 2008 sono state emesse 31 milioni di tonnellate di CO2 per una produzione di energia di 28 TWh (il 20% dell’intero fabbisogno del paese).
Si è così progettato un piano generale di ammodernamento.
Così descriveva la situazione nel 2009 Greenreport: “Il responsabile della centrale di Belchatow, Jacek Kaczorowski, non si scompone più di tanto e in una intervista alla Reuters ha detto che «Le nostre emissioni nei prossimi anni, nel periodo contabile 2008-2012, resteranno a livelli simili. Così, in breve, alla fine di tutto il periodo, ci vorranno circa 14 – 20 milioni di tonnellate di quote di emissioni di CO2».
Per rientrare nei limiti europei con l’ampliamento la centrale pensa di risolvere la cosa ricorrendo allo stoccaggio sotterraneo delle emissioni di CO2.
Quindi la Polonia non intende rinunciare alle sue super-inquinanti centrali a carbone, ma chiede all’Unione europea di finanziare la ricerca e la tecnologia per la Carbon caputre storage (Ccs) per poter “imprigionare” un terzo dei gas serra prodotti dal nuovo blocco produttivo.
«Ma anche se non avremo i soldi dell’Unione europea, dovremo andare avanti con il progetto a causa della necessità  di ridurre le emissioni – ammette Kaczorowski. Dobbiamo andare verso lo sviluppo delle tecnologie Ccs per rimanere competitivi»“.
Belchatow non lascia ma raddoppia costruendo un’altra unità  da più di 800 MW, sulla carta molto meno inquinante del complesso della centrale, e chiudendo i camini più vecchi.
Il progetto viene portato a termine nei tempi prestabiliti e proprio in questi giorni vengono inaugurate le strutture.
L’obiettivo di diminuire le emissioni è però ancora lontano.
Mancano soldi e soprattutto volontà  politica.
Il carbone resta una materia prima a basso costo e in Europa si sta pensando a nuove centrali.
Una strada che contraddice ogni istanza ambientale.

Pierluigi Cattani
(da “Unimondo.org“)

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AUTO, COSTI RADDOPPIATI IN 20 ANNI: SALGONO LE MEDIE DI VERDE E PETROLIO

Agosto 30th, 2012 Riccardo Fucile

META’ DEGLI INCREMENTI SONO IMPUTABILI AI CARBURANTI… NELLE REGIONI CON LE ACCISE PIU’ ALTE I PREZZI SONO SUPERIORI DI DUE EURO

In 20 anni la spesa degli italiani per il mantenimento delle proprie auto è più che raddoppiata, arrivando nel 2010 a 103,7 miliardi.
I carburanti bruciano quasi la metà  della spesa complessiva e il loro costo è aumentato del 170%.
E’ quanto emerge dal Conto nazionale delle Infrastrutture e dei trasporti 2010-11 del Ministero.
Il fatto che benzina e gasolio giochino un ruolo così rilevante non stupisce anche alla luce dell’andamento dei prezzi.
Secondo il monitoraggio di Quotidiano Energia infatti sono ancora in aumento le medie dei prezzi e le punte: le prime registrano 1.928 euro al litro per la benzina Total-Erg e 1,810 per il diesel; le seconde scontano l’ennesimo record territoriale della “verde” in alcune Regioni del Centro, dove gioca il fattore addizionali, con 2,019 euro al litro, mentre il diesel staziona a 1,850.
Chi sta prendendo provvedimenti per mantenere sotto controllo il prezzo della benzina è il governo francese che ha annunciato un taglio di 6 centesimi al litro al prezzo dei carburanti entro 24 ore grazie allo sforzo combinato tra produttori ed esecutivo.
“I prezzi alla pompa – ha spiegato il ministro delle Finanze francese, Pierre Moscovici – scenderanno di 6 centesimi: 3 centesimi a carico delle compagnie e altri 3 centesimi a carico dello stato”.
In Italia invece, a fronte di quotazioni internazionali dei prodotti in leggero ribasso per effetto cambio – afferma Quotidiano Energia -, i prezzi praticati sono in leggera salita sull’onda degli ultimi ritocchi dei prezzi raccomandati che oggi, però, risultano fermi
In particolare, aggiunge, c’è da constatare che nelle regioni ad accisa locale più elevata della media nazionale i prezzi della benzina “serviti” sono superiori ai due euro per la maggior parte dei marchi negli impianti che non effettuano sconti o praticano prezzi ridotti unicamente nella modalità  self.
A livello Paese, secondo quanto risulta in un campione di stazioni di servizio che rappresenta la situazione nazionale per Check-Up Prezzi QE, il prezzo medio praticato della benzina (sempre in modalità  “servito”) va dall’1,918 euro al litro di Esso all’1,928 di TotalErg (no-logo a 1,829).
Per il diesel si passa dall’1,801 euro al litro sempre di Esso all’1,810 di IP, Esso e TotalErg (no-logo a 1,702).
Il Gpl infine è tra 0,779 euro al litro di Eni e 0,790 di Q8 (no-logo a 0,768).

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MAFIA E FINANZA, L’ITALIA FACCIA DI PIU’

Agosto 30th, 2012 Riccardo Fucile

L’APPELLO DI PIERO GRASSO…E ORA ANCHE BERLINO TREMA

Le prime audizioni della nuova commissione antimafia europea confermano l’analisi di Roberto Saviano.
“Le mafie italiane si sono mosse con grande disinvoltura in questa fase di crisi economica”, spiega il presidente Sonia Alfano: “Di recente, la ‘ndrangheta ha riciclato 28 milioni di euro in poche ore, acquistando un intero quartiere in Belgio”.
I commissari di Strasburgo sono appena tornati dalla Serbia, adesso stanno programmando la loro prima visita in Italia, fissata per fine ottobre: andranno a Palermo, Roma e Milano, per ascoltare non solo magistrati e investigatori, ma anche rappresentanti del sistema bancario e del mondo imprenditoriale.
“Il parlamento europeo vuole conoscere il modello Italia di lotta alla mafia, che tanti risultati ha dato sul fronte del contrasto all’ala militare delle organizzazioni criminali”, spiega Sonia Alfano.
“Ma le audizioni sono mirate anche a capire perchè l’Italia sia in ritardo sulla legislazione riguardante il riciclaggio e la corruzione. Ad esempio, continua a non essere previsto il reato di autoriciclaggio”.
Di riforme parla anche il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso: “Ad ogni audizione a cui vengo invitato ricordo che in occasione del pacchetto sicurezza voluto dall’allora ministro Maroni tutte le forze politiche firmarono all’unanimità  un ordine del giorno. Ci si impegnava a migliorare le normative su riciclaggio, voto di scambio, concorso esterno e collaboratori di giustizia. Nulla è stato fatto”.
Il procuratore nazionale invoca “nuovi strumenti” per la lotta al riciclaggio.
Non bastano più solo le segnalazioni delle operazioni sospette: ne arrivano 40.000 all’anno da parte del sistema bancario.
“Ma sono spesso irrilevanti”, spiega Grasso. “Sono invece pochissime le segnalazioni che arrivano dagli intermediari finanziari: evidentemente, società  fiduciarie e commercialisti non vogliono perdere clienti”.
Il procuratore nazionale sostiene che la lotta al riciclaggio passa soprattutto dai sequestri ai boss: “Negli ultimi anni, sono stati messi i sigilli a beni per 40 miliardi di euro. Si può fare di più, con strumenti che rafforzino le indagini patrimoniali”.
Di riforme nell’antimafia si parla ormai anche oltralpe.
Dice la Alfano: “Il mio obiettivo è la realizzazione di un codice unico antimafia europeo, che preveda il reato di associazione mafiosa, il 41 bis e le confische”.
Di recente, un’apertura è arrivata anche dalla Germania, da sempre dubbiosa sul reato di associazione mafiosa configurato in Italia.
“Il capo della polizia di Berlino – spiega il presidente Alfano – ci ha detto che la situazione di infiltrazione delle mafie nella loro economia non è più sostenibile”

Salvo Palazzolo

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