Febbraio 27th, 2013 Riccardo Fucile
PROMOSSI E BOCCIATI TRA GLI SPORTIVI: LA REGINA DELLA CANOA IN SENATO CON IL PD, LA VEZZALI ALLA CAMERA CON MONTI… ESCLUSI ILLUSTRI LA DI CENTA (PDL), ULIVIERI (SEL) e ANNALISA MINETTI (MONTI)
Se la tornata elettorale assegnasse le medaglie quella d’oro tra gli sportivi andrebbe a Josefa Idem.
La campionessa azzurra della canoa è stata la prima del gruppo a conquistare un posto in Parlamento.
Capolista in Emilia Romagna, dopo 6 Olimpiadi siederà tra i banchi del Pd al Senato.
Sul podio anche Valentina Vezzali. Nonostante il risultato deludente di Monti, la fiorettista passa alla Camera con Scelta Civica grazie ai voti raccolti nelle Marche. Completa il quadro dei promossi, con un bronzo virtuale, Laura Coccia, atleta paralimpica in forza al Pd e futura inquilina di Montecitorio.
Medaglia di legno ex aequo a Manuela Di Centa e Gianni Rivera, i due esclusi più illustri. Già parlamentare del Pdl, l’ex campionessa di fondo non è riuscita a strappare la riconferma alla Camera.
Niente da fare anche per il “Golden boy” del calcio italiano.
Passato al Centro Democratico di Tabacci dopo alcuni trascorsi nell’Ulivo ha pagato il risultato deludente della sua lista, rimediando solo una posizione di rincalzo in Emilia e Friuli.
Bene l’ex presidente della Figc Franco Carraro (al Senato con il Pdl), fuori invece l’ex tecnico Renzo Ulivieri, schierato da Sel in Emilia Romagna e Annalisa Minetti, cantante e primatista italiana nel mezzofondo tra gli ipovedenti.
Alberto Abburr�
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Febbraio 27th, 2013 Riccardo Fucile
ETA’ MEDIA 48 ANNI (45 A MONTECITORIO, 53 A PALAZZO MADAMA) … LA PRESENZA FEMMINILE SALE DELL’11%… NEL PD IL 40% SONO DONNE
Età media: 48 anni. Donne: 31%. Eccoli, i due numeri che descrivono il nuovo parlamento italiano. 
Quello più giovane e con maggiore presenza femminile della storia repubblicana.
A fare i conti anagrafici in tasca ai nuovi deputati e senatori è stata la Coldiretti, che racconta il volto nuovo delle istituzioni.
Età .
I deputati eletti avranno una età media di 45 anni e i senatori di 53 anni. Il che significa un consistente ringiovanimento rispetto alla scorsa legislatura in cui l’età media dei deputati era di 54 anni (9 anni di differenza) mentre quella dei senatori di 57 anni (4 anni di differenza).
Il gruppo parlamentare con l’età media più bassa è di gran lunga il Movimento 5 Stelle, con 37 anni (33 alla Camera e 46 al Senato), davanti a Lega Nord con 45 anni (42 alla Camera e 48 al Senato), al Partito Democratico (Pd) con 49 (47 alla Camera e 54 al Senato), a Sinistra ecologia e libertà (Sel) con 47 anni (46 alla Camera e 50 al Senato), al raggruppamento Lista Monti-Udc-Fli con 55 anni (55 anni alla Camera e 56 anni al Senato) e al Popolo della Libertà (Pdl) con 54 anni (50 alla Camera e 57 al Senato).
Donne.
Rafforzata la presenza femminile che nella legislatura conclusa era pari al 21% alla Camera e al 19% al Senato: nel nuovo Parlamento saranno il 32% alla Camera e il 30% al Senato.
Tra i partiti maggiori il più alto numero di donne si trova nelle liste del Pd, con il 41%, che precede Movimento Cinque Stelle al 38%, Pdl e Lista Monti-Udc entrambi al 22%, Sel al 20%, Lega Nord al 14% e Pdl, con il 25,8%.
Ed è una donna anche la più giovane candidata al Parlamento: Marta Grande 25 anni, che ha conquistato un posto alla Camera sotto le insegne del Movimento Cinque Stelle nel Lazio mentre il candidato più anziano, Sergio Zavoli (89 anni) è stato eletto nelle liste del Pd al Senato in Campania.
Una sfida generazionale.
“Al di là dei diversi schieramenti e delle ipotesi di alleanze, il nuovo Parlamento rappresenta soprattutto una sfida generazionale per i tanti giovani che per la prima volta arrivano in Parlamento per svolgere importanti funzionali istituzionali dalle quali dipende il futuro del Paese” ha detto il presidente della Coldiretti Sergio Marini, sottolineando che “in loro si ripongono le speranze di cambiamento in un Paese come l’Italia che ha la classe dirigente più vecchia in Europa con una età media di 59 anni, con punte di 67 anni per i banchieri, di 63 per i professori universitari e di 61 per i dirigenti delle partecipate statali”.
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 27th, 2013 Riccardo Fucile
SCILIPOTI RIELETTO: PRIMO DIETRO A BERLUSCONI AL SENATO IN CALABRIA… RAZZI ELETTO IN ABRUZZO
Nell’Italia dell’ingovernabilità e delle tante incognite, c’è una certezza: Domenico Scilipoti, l’uomo in più di Berlusconi, il quale, con molta probabilità , tornerà in Parlamento.
La via per tornare in pista è legata al fatto (altamente probabile) che il Cavaliere non occupi il seggio conquistato in Calabria.
Il Pdl si porta a casa cinque seggi che mandano al Senato della Repubblica l’uscente Antonio Gentile, Nico D’Ascola, l’attuale assessore regionale Piero Aiello e il suo compagno di giunta Antonio Caridi.
A seguire in lista c’è il responsabile Domenico Scilipoti che ora, dunque, attenderà l’eventuale dimissione di Berlusconi se sceglierà di risultare eletto in un’altra regione.
A completare il quadro del centrodestra al Senato c’è l’elezione di Giovanni Bilardi (attuale consigliere regionale della Calabria) nella lista Grande Sud.
Il centrosinistra invece ha conquistato due seggi, tutti spettanti al Pd. Gli eletti al Senato sono Marco Minniti e Doris Lo Moro.
I due grillini del Movimento 5 Stelle che varcheranno le soglie di Palazzo Madama sono Francesco Molinari e Nicola Morra.
L’ultima tornata elettorale apre le porte anche ad Antonio Razzi, altro ex Idv, che come Scilipoti è passato con Berlusconi votandogli la fiducia il 14 dicembre 2010.
Il politico abruzzese, che in campagna elettorale andava dicendo: “Conme tornei di tennis, votatemi”, la spunta lasciando al palo il deputato Pd uscente Paolo Concia che su twitter commenta: “Entra Razzi non io… Mi dispiace per gli abruzzesi”.
In un secondo tweet, indirizzato tra gli altri al presidente della Regione Abruzzo, Gianni Chiodi, Concia aggiunge: “Gli abruzzesi hanno preferito Razzi a me… Questa è la democrazia e la volontà del popolo”.
Scilipoti però non attende la decisione (scontata) di Berlusconi è inizia subito a parlare da neo-eletto. “Desidero innanzitutto ringraziare gli elettori calabresi che mi hanno sostenuto ed hanno contribuito in maniera determinate all’affermazione del Pdl al Senato in Calabria”. E ancora: “Questa vittoria è la dimostrazione concreta che quello calabrese è un elettorato maturo che ha bisogno di certezze, credibilità e proposte concrete per il rilancio del territorio e non si accontenta della semplice protesta senza alcuna proposta”.
Quindi conclude: “La prima cosa che intendo fare da neo senatore è mantenere gli impegni presi con i cittadini calabresi durante la campagna elettorale cominciando con il trasferire, nei prossimi giorni, la mia residenza in Calabria”.
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Febbraio 27th, 2013 Riccardo Fucile
L’EX MAGISTRATO HA PRESENTATO “IRREVOCABILI DIMISSIONI” DA PRESIDENTE DEL PARTITO
«Dimmissioni irrevocabili». Non c’è altro da aggiungere alla decisione di Antonio Di Pietro, che dopo
la sconfitta alle urne, ha deciso di concludere la sua esperienza durata tre lustri alla guida dell’Italia dei Valori.
Il partito che l’ex magistrato ha fondato nel 1998 per la prima volta non entrerà in Parlamento: non è riuscito a superare lo sbarramento del 4% alla Camera e dell’8% al Senato.
Non c’è futuro per la lista “Rivoluzione Civile” e per la maggior parte delle formazioni politiche che si sono riunite con l’ex pm Antonio Ingroia, dal Prc di Paolo Ferrero ai Comunisti italiani di Diliberto e ai Verdi di Angelo Bonelli.
È tutto da decidere, ora, il destino dell’Idv che esce a pezzi da una debacle alla quale ha contribuito, secondo alcuni esponenti, il Movimento di Beppe Grillo, che avrebbe cannibalizzato l’elettorato al quale si rivolgevano i partiti a sinistra della coalizione Pd-Sel. Rc rivendica la giovinezza della propria formazione («nato appena 40 giorni fa») e di non aver errori da imputarsi, ma il risultato è un fulmine a ciel sereno.
Alla luce di quanto successo ai seggi, l’Ufficio di Presidenza – si legge nel comunicato – ha perciò deciso di «rifondare, rinnovare e rilanciare l’azione di Italia dei Valori assumendo collegialmente ogni decisione statutariamente affidata al presidente al quale viene chiesto di ritirare le dimissioni».
Il primo passo sarà avviare una «fase congressuale» che si concluda entro il 31 dicembre: un’occasione per un «confronto diretto con la base del partito» attraverso tre incontri territoriali (Nord, Centro e Sud).
L’Esecutivo Nazionale dovrebbe riunirsi già il prossimo 10 marzo .
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Febbraio 27th, 2013 Riccardo Fucile
IL CINQUESTELLE BARILLARI AL 20,4%…MOLTI I VOTI DISGIUNTI A FAVORE DEL CANDIDATO DEL CENTROSINISTRA
Nicola Zingaretti sarà il nuovo presidente della Regione Lazio.
Il candidato governatore del centrosinistra ha sconfitto il principale rivale, Francesco Storace del centrodestra, con un risultato che dai dati disponibili in serata dovrebbe finire per aggirarsi attorno al 41% delle preferenze, a dodici punti circa di distanza dall’inseguitore principale.
«Un risultato bellissimo, una bella responsabilità » ha affermato il futuro governatore, accolto da un boato al comitato elettorale allestito al Tempio di Adriano a Roma.
A pesare, come previsto, il massiccio apporto della città di Roma ma anche, che è il dato forse più rilevante della tornata elettorale, un forte voto disgiunto.
Un `premio’ dunque alla forza personale del candidato.
A distanza, attorno al 21 per cento all’ora di cena, il `terzo incomodo’ diventato protagonista Davide Barillari del M5s.
Ed è con lui che, una volta governatore, Zingaretti sarà costretto a fare i conti nella prossima esperienza di governo.
Ad anticipare la vittoria di Zingaretti è stato però Storace: «Gli ho fatto gli auguri per il suo nuovo incarico”.
Il futuro governatore ha ringraziato l’avversario: «Sarò il presidente di tutti – ha affermato tra gli applausi, prima di dedicare la sua vittoria alla moglie e alle due figlie con lui sul palco – È una scelta politica che permetterà alla nostra Regione di riprendere il cammino verso la stabilità . La novità sono stati i tanti voti disgiunti – ha voluto sottolineare – Qui è passato un messaggio di fronte all’astensionismo e alla cattiva politica, qui ha vinto la buona politica che governerà per cinque anni questa Regione. È stato un grande voto di discontinuità ».
Ora per Zingaretti si apre la fase della formazione della giunta – di certo sembrerebbe solo la vicepresidenza a Massimiliano Smeriglio di Sel – che sarà composta sulla base dei risultati elettorali finali delle singole liste, e nel rispetto delle quote rosa e della rappresentanza territoriale.
Ma soprattutto sarà necessario per il futuro governatore impostare un rapporto, tutto da inventare, con i `grillini’.
Si prospetta per Zingaretti uno scenario `siciliano’, sul modello delle intese promosse dal governatore Crocetta?
È presto per dirlo ma almeno al momento però la strategia di Zingaretti non sembra quella delle `porte chiuse’.
Acqua pubblica, beni comuni, cultura alcuni dei tempi sui quali, spiegava nel pomeriggio Smeriglio, si può già immaginare tra centrosinistra e M5s una naturale convergenza sui contenuti.
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 26th, 2013 Riccardo Fucile
AMBROSOLI RECUPERA 10 PUNTI MA NON BASTANO: FINISCE 43% A 38%, 5 ANNI FA FORMIGONI VINSE 65% A 35%… E L’EX GOVERNATORE SOTTOLINEA: “E’ STATO IL PDL A TRASCINARE LA LEGA CHE HA AVUTO UN RISULTATO MODESTO”
«Missione compiuta». Maroni è da questa sera il nuovo presidente della Regione che mancava nella
geografia nordista, dopo Piemonte e Veneto, e ha messo a disposizione il suo mandato al Consiglio federale convocato per l’inizio della prossima settimana. «Abbiamo aperto una pagina nuova», ha detto con al fianco Umberto Bossi e Matteo Salvini nella sede di via Bellerio.
“Questo era ciò che la Lega voleva, era il nostro obiettivo strategico. Sapevamo che per realizzare il nostro progetto – ha spiegato Maroni a risultato elettorale in tasca – dovevamo fare l’accordo con il Pdl e sapevamo che ci avrebbe penalizzato, era tutto in conto. Ma abbiamo salvato la Lega e aperto una fase nuova».
In realtà più che salvarla, Maroni in questi mesi l’ha distrutta: in Veneto il Carroccio è passato in tre anni dal 35,15% all’11%, in Lombardia dal 26.2% al 14,6%, in Piemonte dal 12,5% al 5%, in Liguria è crollata al 2%.
Ma l’importante è aver fatto l’accordo con il Pdl che gli ha permesso di occupare la poltrona tanto ambita.
Mentre il Cavaliere per sopravvivere si è venduto il Nord a un partito ormai elettoralmente irrilevante.
«In Lombardia – ha esultato Formigoni via Twitter – vince il buon governo del centrodestra, 18 anni che sono piaciuti ai cittadini»
Ma la vittoria politica, Formigoni l’ha di fatto intestata al suo partito, affermando che è stato il Pdl a «trascinare la Lega, che non ha avuto un grande risultato».
È proprio quest’ultimo che non farà dormire sonni tranquilli ai vertici della Lega. Tutto è stato puntato sulla Lombardia, ma nel Veneto si minaccia la rivolta.
«Io non sono così negativo» sulle percentuali, ha comunque concluso Maroni, lasciando via Bellerio.
Sai che gli importa, lui per cinque anni un’occupazione l’ha trovata.
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Febbraio 26th, 2013 Riccardo Fucile
SE OGGI BERLUSCONI NON E’ PIU’ PREMIER LO SI DEVE ALLA CORAGGIOSA PATTUGLIA DI FUTURO E LIBERTA’… E DA PARTE DI CHI NON E’ MAI STATO UN SUO FAN E’ GIUSTO IN QUESTO MOMENTO DISTINGUERSI DALLA MUTA DI SCIACALLI E DI INGRATI
C’è chi a destra a Gianfranco Fini deve molto, in termini di affermazione politica e di carriera personale.
Alla sua corte di “miracolati” hanno in passato messo radici personaggi di bassa cucina, ducetti di periferia, colonnelli che amavano guidare le truppe dalle retrovie, ma sempre pronti ad appuntarsi medaglie in caso di vittoria.
Venti anni di militanza nel Msi non sono pochi, tanti congressi combattuti o scontati, mai una volta che ho votato per te o per la tua mozione.
Sono al di sopra di ogni sospetto.
Dall’altra parte, dalla tua parte, ho visto passare una pletora di caporali di giornata: quelli che oggi gioiscono per la tua mancata rielezione in Parlamento.
Personaggi senza dignità e pudore che hai allevato e promosso, pensando che potessero costituire il ricambio generazionale della destra italiana.
Piccoli uomini che dopo aver ricevuto immeritate gratificazioni e prebende oggi fanno a gara a conquistare la prima fila degli aspiranti boia, tuonando volgarità dalle cucine dove pulivano fino a ieri le stoviglie.
Sono coloro che, anche grazie ai tuoi silenzi, hanno portato la destra italiana allo sfascio, che parlano di etica e coltivano solo clientele, che recitano a memoria valori che non applicano mai, che invocano criteri di meritocrazia purchè non si applichino a loro.
Sono quei cortigiani che per troppi anni ti sei tenuto accanto pensando che fossero sinceri, che hai difeso anche qundo erano indifendibili, sacrificando realtà locali a vantaggio dei capibastone.
Fino all’esperienza di Futuro e Libertà , il partito “diverso” che tale non hai saputo rendere, demandando a personaggi sbagliati e atti al compromesso incarichi che avrebbero dovuto essere affidati solo in base al tanto decantato merito.
Fino a disamorarti di questa creatura, a impostare una campagna elettorale spenta, quasi per dovere, in attesa di una rendita minimale che invece non è arrivata.
E’ mancato l’atto di coraggio di fare un passo indietro al momento giusto, subito dopo l’esito della votazione sulla fiducia al governo Berlusconi, affidando il partito ad altri e sottraendolo e sottraendoti alla quotidiana macchina del fango.
Troppi errori seriali, troppa incorenza tra principi enunciati e prassi politica per essere politicamente assolto.
Ma anche un gesto che non si può dimenticare: quel dito alzato contro l’arroganza del potere, contro chi si crede ingiudicabile, contro chi ha reso l’Italia la barzelletta del mondo, contro chi impedisce da venti anni che anche il nostro Paese possa avere una destra moderna, sociale e legalitaria.
Un gesto che rimarrà d’esempio alle giovani generazioni, perchè a destra non devono esistere servi e padroni, principi e sudditi, ma solo una grande comunità umana di persone oneste e pensanti.
Molti oggi dimenticano che senza quel tuo gesto Berlusconi sarebbe ancora ben saldo al suo posto di esecutore testamentario della destra italiana.
Hai pagato, tra tanti tuoi errori, anche quell’atto di coraggio e di dignità .
Che ha impedito, tra l’altro, vale la pena ricordarlo, assassini di profughi inermi e immunità speciali di fronte alla giustizia.
Oggi si chiude un ciclo, anche tuo personale, ma una vera destra sociale non potrà dimenticare e prescindere dal significato di quel dito alzato contro l’arroganza del potere.
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Febbraio 26th, 2013 Riccardo Fucile
DEI 90 DEPUTATI DELLA EX AN NE RIMANGONO IN PARLAMENTO UNA VENTINA TRA “FRATELLI ORFANI” E “SORELLE SOLE”
Nel segreto dell’urna un italiano su quattro ha confermato di far finta di credere che Ruby fosse la
nipote la Mubarak: per vedersi restituire 220 euro di media di Imu ne valeva la pena.
D’altronde se in passato sono riusciti in poche settimane a passare dagli applausi sotto Palazzo Venezia a quelli ai soldati americani che lanciavano Camel dalle jeep al popolo “liberato”, non c’è da meravigliarsi.
La capacità di galleggiare ha permesso agli italiani più che di conquistare medaglie olimpiche nel nuoto, di sopravvivere a Prima e Seconda Repubblica.
Un discorso a parte merita una certa destra politica italiana che, sempre in attesa dell’apparizione di una madonna laica da venerare, in essa ripongono poi fideisticamente il proprio grido di battaglia: un volta contro i comunisti, un’altra con i culattoni, una terza contro gli immigrati che portano via i posti di lavoro o la cacca dei cani sui marciapiedi.
Dai tempi del Msi a quelli di An, chiunque abbia cercato di proporre un’analisi diversa, attenta al sociale, ai diritti civili, alla metapolitica, alla geopolitica, all’universo femminile, all’ecologia è stato sempre tacciato di traditore.
Da Beppe Niccolai a Pino Rauti, osteggiati in vita e celebrati per interesse da defunti.
E’ cosi che venti anni fa questa destra ha trovato il vate sdoganatore, dimenticando che era la stessa persona che aveva sovvenzionato la scissione di democrazia nazionale con un assegnino di 100 milioni.
Ma l’entrare a corte, per gente abituata a dormire sulla scrivania del “Secolo d’Italia” e a far asciugare la canottiera sullo stendino, è stato traumatizzante, come chi, costretto a frequentare gli alcolisti anonimi, improvvisamente si trovi a disposizione una cassa di bottiglia di Chivas.
Ma a corte occorre venerare il principe e assecondarne le follie, giustificarne gli affari e i festini, se si vuole conservare il pass a lungo.
E degli ex 90 An presenti in Parlamento da un lato qualcuno alla lunga ha avuto un soprassalto di dignità e ha cominciare ad alzare il dito del riscatto degli schiavi, dall’altro di molti altri soggetti il principe si era annoiato per il loro servilismo e ha espresso il desiderio di rinnovare la scuderia degli olgettini.
Ieri si è consumato l’ultimo atto, di quei 90 sono rimasti meno di venti: fatti fuori i finiani, niente ripescaggio per il partito di Storace, nove appena i seguaci di Nosferatu e Sorella “sola”, una decina i posti riservati in galleria a Gasparri, Alemanno e Matteoli.
Il principe ha chiuso Destraland, il parco dei divertimenti e degli approvigionamneti della destra italiana.
In attesa del loro trasferimento al Museo delle Cere.
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Febbraio 26th, 2013 Riccardo Fucile
GRILLO VUOLE VOTARE DI NUOVO NEL GIRO DI SEI MESI….E PD E PDL SI SCAMBIANO I PRIMI SEGNALI
Sanno che, quando la polvere dello scontro elettorale si sarà posata, dovranno fare i conti con l’unica formula che potrebbe garantire oggi la governabilità al Paese.
Sanno che, quando gli slogan pronunciati ai comizi andranno sostituiti dai ragionamenti per le consultazioni al Quirinale, dovranno prendere in esame l’unico scenario parlamentare possibile.
Insomma, Pd e Pdl sanno che per calcolo numerico e politico si troveranno costretti a discutere di Grande coalizione.
È vero che alla vigilia del voto i Democratici consideravano un «suicidio» una simile prospettiva, ma valutavano come un «suicidio» anche un ritorno immediato alle urne. Ed è altrettanto vero che – al pari di Bersani – anche Berlusconi diceva «mai più con i nostri avversari».
Ma il responso delle urne pone i due partiti dinnanzi a una scelta: suicidarsi o assumersi quelle responsabilità che hanno delegato per un anno e mezzo ai tecnici. L’inseguimento dei Cinquestelle per formare una maggioranza in Parlamento è tempo perso, o meglio è un modo di Pd e Pdl per prender tempo, in attesa di far metabolizzare la larga coalizione.
Anche perchè il vero obiettivo di Grillo – che è stato capace di un exploit non riuscito nemmeno a Berlusconi nel ’94 – è proprio quello di tornare al voto «nel giro di sei mesi », per capitalizzare il successo in una nuova tornata elettorale e sbaragliare ciò che resta delle forze nate nella Seconda Repubblica.
Certo, mettere insieme due progetti alternativi è a dir poco complicato, perciò il passaggio si preannuncia drammatico.
E non sarà a costo zero.
L’unica variabile è quella profetizzata alcune settimane fa dal ministro Fabrizio Barca, che in un’intervista al Corriere disse come «senza una maggioranza stabile potrebbe accadere, una volta eletto il capo dello Stato, di tornare alle urne», magari con un cambio della legge elettorale.
Una opzione da mettere in preventivo, dato che il governo Monti non si è formalmente dimesso, e dunque potrebbe andare avanti per il disbrigo degli affari correnti e di una nuova sfida elettorale.
Ma tanto il Pd quanto il Pdl sono consci che in quel caso il «vaffa voto» li sommergerebbe.
Ecco perchè, per calcolo politico e numerico, devono prendere in esame le larghe intese, un’alleanza che vedrebbe il centro montiano ininfluente.
E chissà se il Professore, dinnanzi a una sconfitta senza appello, avrà pensato al ruolo che avrebbe potuto avere adesso se non fosse «salito in politica».
La dèbà¢cle centrista è uno dei risvolti che fanno di Berlusconi un «perdente di successo».
L’emorragia di voti subita nelle urne è stata compensata dalla maggioranza relativa conquistata al Senato, che consente al Cavaliere di sedere al tavolo delle trattative per la formazione del governo e per la scelta del futuro presidente della Repubblica. Bersani farebbe volentieri a meno di una simile intesa, ma se il Pd optasse per le elezioni anticipate, l’attuale leader dei Democrat dovrebbe passar subito la mano, lasciando a Renzi un partito «rottamato» dal risultato.
E con Bersani verrebbe fatta fuori l’intera classe dirigente attuale, che certo non ha interesse a capitolare.
Ecco allora che, dopo le prime dichiarazioni a caldo – tutte incentrate sulla necessità di «tornare a votare » – lo stato maggiore del Pd ha assunto una linea meno intransigente, Enrico Letta ha rettificato il tiro, la Finocchiaro ha spiegato che «serve un governo pienamente politico».
Una posizione certamente condivisa da D’Alema. Non a caso, in modo speculare, dal fronte berlusconiano sono giunti i primi segnali di apertura: «Se nessuna delle coalizioni avrà la maggioranza – ha detto il pdl Palma – andrà trovata una soluzione per garantire la governabilità ».
Persino la Lega con Tosi si predispone all’evenienza, pur prospettando una «opposizione costruttiva » a un eventuale gabinetto di larghe intese.
Condannati a governare, per espiare le colpe commesse ancora nel recente passato, Pd e Pdl sanno che dovrebbero fare le riforme – anche quelle istituzionali – prima di tornare al voto, per evitare il «suicidio».
È una missione (quasi) impossibile, non solo per l’incompatibilità delle ricette economiche ma anche per le difficoltà di comporre il governo: a chi, per esempio, spetterebbe indicare il premier?
Potrebbe rivendicarlo il partito che vincesse alla Camera, ma sarebbe necessaria una figura «terza».
Uno schema che andrà comunque applicato per la corsa al Colle, dove i candidati di «parte» come Prodi perdono terreno.
Perchè il Cavaliere – «perdente di successo» – sarà seduto al tavolo che conta.
Ma lì ci sarà anche il convitato di pietra: Grillo, l’uomo dello tsunami.
Francesco Verderami
(da “il Corriere della Sera”)
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