Destra di Popolo.net

MIRACOLO A MILANO: MARONI MOLTIPLICA LE POLTRONE

Aprile 9th, 2013 Riccardo Fucile

IN REGIONE TRE COMMISSIONI IN PIU’ RISPETTO AL PASSATO, PERSINO QUELLA PER I RAPPORTI CON LA SVIZZERA

A dispetto delle buone intenzioni sulla riduzione dei costi della politica, il primo atto ufficiale del consiglio regionale dell’era di Roberto Maroni è l’istituzione di 12 commissioni consiliari.
Otto permanenti più quattro speciali, tre in più di quelle del lungo periodo di governo di Roberto Formigoni.
Con un aggravio dei costi di circa il dieci per cento.
Visto che fino all’approvazione della nuova legge che mette sullo stesso piano i compensi di presidenti, vicepresidenti e segretari delle commissioni, ognuna di queste cariche percepisce tra il 65 e il 75 per cento dell’indennità  prevista per i parlamentari.
In aggiunta al normale stipendio di circa 8mila euro al mese.
Tra quelle speciali, oltre alla commissione Antimafia – la cui presidenza era stata offerta al centrosinistra ma che, salvo sorprese, sarà  rifiutata dopo il no della maggioranza a concedere la guida del Bilancio a un esponente dell’opposizione – c’è anche la commissione per i Rapporti tra la Lombardia e il Canton Ticino.
Fortemente voluta da Maroni. In aggiunta alle commissioni sul Sistema carcerario e a quella sul riordino del sistema delle autonomie locali.
Una moltiplicazione di poltrone che pare abbia avuto origine dalla necessità  di placare i tanti mal di pancia tra i consiglieri regionali di Pdl e Lega dopo l’esclusione dalla nuova giunta di Maroni, formata in parte da tecnici.
Alla Lega toccheranno le presidenze delle commissioni Sanità  e Attività  produttive e al Pdl il Bilancio.
Un primo segnale in controtendenza sui costi della politica dovrebbe arrivare invece dalla prima riunione del tavolo di lavoro tra giunta a consiglio.
Ne fanno parte tutti i capigruppo presenti in aula e l’assessore regionale al Bilancio, Massimo Garavaglia.
Nel frattempo il consiglio regionale sceglie con voto segreto i tre rappresentanti che parteciperanno all’elezione del nuovo presidente della Repubblica: due per la maggioranza e uno per l’opposizione. Le candidature sono già  state decise.
Per il centrodestra Roberto Maroni e il presidente del consiglio regionale, Raffaele Cattaneo.
Per l’opposizione Umberto Ambrosoli, anche se gli esponenti del Movimento Cinque Stelle rivendicano la possibilità  di mandare a Roma un loro rappresentante.
In ogni caso, «per tutelare la più ampia segretezza e la maggiore serenità  del voto», il presidente ciellino Cattaneo ha deciso di far installare per l’occasione una vera e propria cabina elettorale.
È la prima volta che succede dall’istituzione della Regione. «Non abbiamo perso tempo – commenta soddisfatto Cattaneo – l’istituzione delle commissioni consentirà  al consiglio di entrare nel vivo dei lavori, favorendone la piena operatività ».

Andrea Montanari

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INCARICO A INGROIA, BUFERA SUL WEB: PIOGGIA DI CRITICHE AL PM

Aprile 9th, 2013 Riccardo Fucile

MOLTI I COMMENTI NEGATIVI ALLA NOMINA DELL’EX CANDIDATO PREMIER AI VERTICI DI RISCOSSIONE SICILIA: “SALVATO DAL TRASFERIMENTO AD AOSTA”, “DALLA RIVOLUZIONE ALLA RISCOSSIONE”

Si scatena la polemica, sul web, per la nomina di Antonio Ingroia a capo della società  che si occupa di riscuotere le tasse in Sicilia.
Il magistrato è stato nominato questa mattina dal governatore Rosario Crocetta: sarà  il presidente di Riscossione Sicilia, l’equivalente di Equitalia nell’Isola.
Con questa nomina l’ex candidato premier, leader di Rivoluzione Civile, dovrebbe evitare il ritorno mei ranghi giudiziari: il Csm aveva individuato Aosta come nuova sede di lavoro.
Il plenum del consiglio superiore della magistratura, su questa scelta, è ancora convocato per mercoledì.
Molte le critiche su twitter.
“Che brutta impressione che fa Ingroia aiutato a restare a casa da Crocetta. Tra Caste ci si aiuta, dirà  qualcuno”, scrive Rossella Vivio.
“Ingroia salvato dal trasferimento ad Aosta. Quanti statali potrebbero ricevere tali aiuti? Io no!”, afferma Emiliano Fabbri.
“Ingroia passa dalla rivoluzione alla riscossione. Speriamo che quest’ultima abbia maggiori consensi…”, scherza Fabio Meloni.
E Rossella Favi ironizza: “Tutti hanno a cuore il bene della collettività  e non il proprio…”. Altri storpiano il nome “Rivoluzione civile” in “Riscossione civile”, altri ancora parlano di “nulla Aosta” per Ingroia.
Ma l’ex candidato premier replica sempre su Twitter: “Niente sottogoverno. Un incarico da magistrato dove posso mettere a frutto la mia esperienza contro abusi e opacità  del passato”.
La società  Riscossione Sicilia, qualche giorno fa, era finita al centro delle cronache perchè Crocetta, nel corso di una conferenza stampa, aveva denunciato consulenze milionarie e una gestione allegra della società .
Forse anche per questo, la scelta è caduta sull’ex pm, con il quale il presidente della Regione ha avviato un dialogo anche di natura politica.
Crocetta e Ingroia si sono più volti incontrati, negli ultimi giorni: “Mi piacerebbe portare nel mio Megafono – aveva detto il governatore in un’intervista a Repubblica – quell’area della sinistra rappresentata da Ingroia – È un grande magistrato, se lui è disponibile potrei utilizzarlo anche in Regione”. Un’ipotesi che si è concretizzata oggi.
Crocetta ha fatto sapere che Ingroia ha accettato di guidare Riscossione Sicilia Spa: “Aspettiamo naturalmente il Csm”, ha aggiunto.
Come vice presidente del consiglio di amministrazione, il governo siciliano ha nominato l’avvocato Lucia Di Salvo, “moglie di un magistrato”, ha sottolineato il presidente.
Nel cda anche l’avvocato Maria Mattarella, figlia di Piersanti, l’ex presidente della Regione siciliana assassinato dalla mafia il sei gennaio 1980.
Ma anche Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso dalla mafia il 19 luglio ’92, uomo molto vicino al pm, è gelido su Ingroia: “Per la verità  lo preferivo quando faceva il suo lavoro di magistrato e lo faceva in maniera egregia, mentre su Ingroia politico preferisco non pronunciarmi”.

Emanuele Lauria
(da “il Fatto Quotidiano“)

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IL SENATORE CINQUESTELLE CAMPANELLA INSORGE: “A FURIA DI TAGLIARE QUI CI RIMETTIAMO”

Aprile 9th, 2013 Riccardo Fucile

TRA AFFITTI, VIAGGI E COLLABORATORI I SOLDI FINISCONO IN FRETTA. “MEGLIO UNA CIFRA DA NON RENDICONTARE”

“Spero che questo mese non sia indicativo. Altrimenti, lo dico chiaro: io me ne torno in Sicilia, non mi conviene stare qui”.
Francesco Campanella, senatore Cinque Stelle, lo ammette candidamente: qui, se si continua a tagliare l’indennità , fare il parlamentare diventa un problema.
Lo hanno spiegato anche a Beppe Grillo, nel conclave di venerdì scorso.
Tra affitti, viaggi e collaboratori da assumere, i soldi finiscono in fretta.
Lui, ha risposto che non vuole affamare nessuno: l’unica regola è il rendiconto, ovvero saper dimostrare come si è speso fino all’ultimo euro.
Senatore, com’è andato il primo mese?
Se va avanti così siamo finiti. Non siamo riusciti a cercare casa, quindi siamo stati sempre in albergo. A cena siamo andati sempre qui nei dintorni di palazzo Madama. Diciamo la verità , ci hanno fatto penare. E poi ci mancava il Papa. Tra dimissioni, conclave e nuovo Pontefice, i prezzi sono schizzati a livelli assurdi.
Il primo stipendio non è ancora arrivato.
Infatti stiamo anticipando tutto di tasca nostra.
La vostra indennità  sarà  dimezzata mentre la diaria dovrà  essere rendi-contata. È d’accordo?
Io credo che dobbiamo studiare un metodo organizzativo. I pizzini sono una iattura.
Sarebbe a dire?
Mi ricordo quando andavo in missione per lavoro, sono un funzionario della regione Sicilia. Gli scontrini me li perdevo sempre.
Quindi come si fa?
Per esempio si potrebbe stabilire un forfait da non rendicontare. Che so, un tetto fisso per vitto e alloggio. Tutto quello che si spende in più, invece, andrebbe giustificato.
E quello che avanza?
Quello andrebbe restituito.
Non tutti sono d’accordo, però.
Parlare di soldi è sempre un argomento scivoloso.
Ha in mente altre soluzioni?
Dovremo discuterne in gruppo, però un’altra ipotesi potrebbe essere quella di prendere il Cud dell’anno precedente ed aggiungere un 2, un 5 per cento…certo, per chi era precario o disoccupato andrebbe stabilito un fisso.
Lei ha un buon lavoro.
Ho calcolato che in dodicesimi prendevo 2732 euro. Francamente, non vorrei rimetterci.

Paola Zanca
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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VERBANIA, IL SINDACO ZACCHERA SBATTE LA PORTA: “LA MIA MAGGIORANZA NON MI HA CAPITO”

Aprile 9th, 2013 Riccardo Fucile

LITE PDL, LEGA E FRATELLI D’ITALIA PER LE POLTRONE: IL SINDACO VOLEVA RIDURRE GLI ASSESSORI, LA SUA MAGGIORANZA NO

Si è dimesso Marco Zacchera, sindaco di Verbania (Pdl, ex An): ha dato la notizia in mattinata durante la conferenza stampa in cui il primo cittadino avrebbe dovuto annunciare un rimpasto di giunta, con la riduzione degli assessori, fortemente criticata dai partiti che sostengono la maggioranza.
“La mia maggioranza non mi ha capito” ha commentato il primo cittadino, facendo cenno anche a lettere contro di lui.
“Il sindaco di una città  – ha aggiunto – non deve essere ingessato dai partiti”.
L’annuncio del ridimensionamento della giunta è stato dato a febbraio, dopo le elezioni politiche, ipotesi che i partiti di maggioranza (Lega Nord, Pdl e Fratelli d’Italia) hanno cotestato, ribadendo l’intenzione di andare avanti con 10 assessori, mentre Zacchera rivendicava l’autonomia della scelta.
Le tensioni tra le parti hanno avuto momenti aspri come alcuni passaggi della lettera che il capogruppo del Pdl Gianmaria Franzi ha inviato al sindaco.
La critica più dura, una «gestione del Comune più simile a quella della Pro loco che di un’amministrazione comunale».
Il commissariamento scatterà  dal 29 aprile, scaduti i 20 giorni di tempo che il sindaco ha a disposizione per fare marcia indietro.

Filippo Ruberta

argomento: Fratelli d'Italia, LegaNord, PdL | Commenta »

LA VITTORIA DI MARINO E IL GRANDE EQUIVOCO DELLE PRIMARIE

Aprile 9th, 2013 Riccardo Fucile

DOVREBBERO SELEZIONARE IL CANDIDATO CON PIU’ POSSIBILITA’ DI VITTORIA… MA DA NOI VINCE SEMPRE QUELLO PIU’ A SINISTRA

Non si vorrebbe mancare di rispetto al mitico «popolo delle primarie», sempre entusiasta e numeroso (anche se domenica a Roma meno del solito); ma si ha l’impressione che questo «popolo» non abbia compreso bene a cosa servono, le primarie.
In America, dove le hanno inventate, l’obiettivo non è scegliere il personaggio più simpatico, identitario, vicino alla sensibilità  dei militanti, portatore della linea più dura, pura, radicale. L’obiettivo è scegliere il candidato che ha più chances di battere gli avversari.
L’uomo in cui possono riconoscersi non tanto i «compagni», quanto la maggioranza dei concittadini o dei connazionali.
Allo stesso modo si sono comportati i socialisti francesi, che in entrambe le occasioni in cui sono stati consultati per le presidenziali hanno scelto un esponente del centro del partito: prima la Royal, che prese un dignitoso 46,5%; poi Hollande, che sconfisse Sarkozy
In Italia, all’inizio le primarie sono state il modo di confermare una decisione già  presa dai partiti (Prodi, Veltroni). Poi la scelta è diventata «vera».
Da allora, vince quasi sempre il candidato più a sinistra. Pisapia a Milano. Doria a Genova. Zedda a Cagliari.
Lo stesso Bersani, due volte: contro Franceschini, e soprattutto contro Renzi.
E’ vero che i sindaci hanno tutti vinto, a volte rispettando la tradizione come a Genova, a volte ribaltandola come a Milano.
Ma è noto che alle amministrative la sinistra ha gioco più facile rispetto alle politiche.
Dopo il deludente risultato del 24 febbraio, è stato scritto che Renzi non si sarebbe certo fermato sotto il 30%.
Ma questo era chiaro già  al tempo delle primarie: non c’era un sondaggio che non indicasse in lui il candidato più competitivo.
Ha prevalso il richiamo dell’identità  (e anche dell’apparato).
Le primarie di Roma indicano che la lezione non è stata appresa. Non c’erano candidati di primo piano, è vero.
C’era però un recordman delle preferenze come David Sassoli.
E c’era soprattutto Paolo Gentiloni, l’unico ad avere un’esperienza nell’amministrazione della capitale e nel governo del Paese; ma nonostante l’appoggio di Renzi e di Veltroni ha avuto un risultato imbarazzante.
I militanti romani hanno plebiscitato come d’abitudine il candidato più a sinistra, Ignazio Marino (dietro cui pure si intravede l’apparato, nella forma della macchina organizzativa di Goffredo Bettini). Marino è un personaggio per certi aspetti interessante: chirurgo prestato alla politica, all’avanguardia sui diritti civili.
Magari potrà  pure vincere (anche a Roma, come in quasi tutte le grandi città  italiane, il centrosinistra ha una base di partenza più ampia del centrodestra). Restano alcune perplessità  oggettive.
Nato a Genova da madre svizzera e padre siciliano, un percorso professionale tra Cambridge, Pittsburgh, Filadelfia e Palermo, Marino non c’entra molto con la capitale. Potrà  anche strappare qualche voto grillino; ma avrà  parecchie difficoltà  a intercettare moderati e cattolici.
Presto potrebbero essere convocate nuove primarie nazionali, in vista del voto anticipato. Siccome la sinistra viaggia con un’elezione di ritardo – nel 2006 fu schierato Prodi anzichè Veltroni, mandato a perdere due anni dopo; nel 2013 è stato schierato Bersani anzichè Renzi –, stavolta dovrebbe toccare al sindaco di Firenze.
L’Italia non schierata lo aspetta, a torto o a ragione.
Ma già  spunta Fabrizio Barca, i cui meriti come ministro sfuggono ai più, ma che può vantare un impeccabile pedigree rosso (a cominciare dal padre, intellettuale di punta del Pci, direttore dell’Unità  e di Rinascita); che non è un torto ma, agli occhi dell’ostinata maggioranza degli italiani, neppure un merito.
Se ne possono trarre molte considerazioni, tutte legittime.
Tra le quali c’è anche questa: non esistono, come la sinistra tende a credere, un’Italia immatura, sempre pronta a bersi le promesse di Berlusconi, e un’Italia “riflessiva”; esistono due minoranze di militanti – numerose se misurate in piazza o ai gazebo, piccole in termini assoluti –, pronte a seguire l’istinto e la passione, ma incapaci di indicare una soluzione condivisa a una vastissima Italia di mezzo, che alla politica crede sempre meno.

Aldo Cazzullo
(da “il Corriere della Sera“)

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BLUFF N° 2: DEVONO “RENDICONTARE” GLI ALTRI, MA I CINQUESTELLE (PER ORA) NON LO FANNO

Aprile 9th, 2013 Riccardo Fucile

SUL BLOG DI GRILLO LA VOCE SPESE SOSTENUTE IN CAMPAGNA ELETTORALE SEGNA ANCORA ZERO

Rendicontare: è il verbo di questi tempi più diffuso fra i 162 «cittadini» del Movimento 5 Stelle catapultati in Parlamento.
«E’ giunta l’ora di rendicontare le caramelle», ammoniva Beppe Grillo il 19 marzo. «Renderemo obbligatoria la rendicontazione e la pubblicazione sul sito della Camera di tutti i rimborsi», ha promesso il 31 marzo il deputato Riccardo Fraccaro annunciando una proposta per ridurre di 42 milioni le spese di Montecitorio.
Concetto ribadito con risolutezza lunedì 8 aprile dalla capogruppo Roberta Lombardi. «Appena eletti troveremo il modo di rendicontare i rimborsi», non ha voluto essere da meno il candidato grillino alla presidenza della Regione Friuli-Venezia Giulia, Saverio Galluccio.
Di rendiconto in rendiconto, tuttavia, manca ancora quello che forse era lecito addendersi di vedere per primo, e senza necessariamente aspettare i «termini di legge» (tre mesi) cui ha fatto riferimento Beppe Grillo nel suo blog il 14 marzo scorso.
Dalle elezioni sono trascorsi 45 giorni e nella pagina delle donazioni del blog non c’è ancora nulla a proposito dell’utilizzo dei fondi (tutti di privati cittadini) raccolti per la campagna elettorale.
«OGNI SPESA SARA’ DOCUMENTATA»
Mentre apprendiamo che i contributi hanno raggiunto 571.625 euro e 50 centesimi, la voce «spese sostenute» al 9/4/2013 riporta la cifra di 0,00.
Queste donazioni, spiega una nota dello stesso leader del Movimento in fondo alla pagina, «verranno utilizzate per pagare le spese legali, per la promozione del M5S nel periodo pre elettorale, per la mia tournèe non-stop che partirà  subito dopo la Befana fino alle elezioni per tutta Italia, per organizzare eventi nazionali e per fornire ogni supporto on line agli attivisti. Ogni spesa sarà  documentata e l’eventuale residuo sarà  destinato al conto corrente per i terremotati dell’Emilia».
Il 14 marzo Grillo scriveva: «E’ possibile, ed è stato dimostrato, fare politica senza intermediazione dei partiti, senza bisogno di soldi pubblici e garantendo la massima trasparenza sulle fonti di finanziamento. Grazie a tutti coloro che hanno contribuito (…) Tutte le voci di spesa saranno pubblicate, entro i termini di legge, nei prossimi giorni non appena sarà  finita la meticolosa attività  di rendicontazione».
Attendiamo fiduciosi.

Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera“)

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BLUFF N°1, BERLUSCONI PROPONE DI ABOLIRE IL FINANZIAMENTO AI PARTITI, INTANTO FA DOMANDA PER RISCUOTERE 159 MILIONI DI RIMBORSI

Aprile 9th, 2013 Riccardo Fucile

RIFIUTARE IL RIMBORSO PUBBLICO? E’ SOLO PROPAGANDA MA RISCHIA DI TRASFORMARSI IN AUTOGOL (ANCHE PER I POTENZIALI ALLEATI)

L’abolizione dei finanziamenti pubblici ai partiti è uno degli otto punti “choc” che Berlusconi mette sul tavolo del governissimo mentre, sotto il tavolo, inoltra la richiesta per riscuotere una grande fetta dei 159 milioni dei rimborsi elettorali in arrivo.
La notizia sarà  ufficiale tra due mesi, ma possiamo anticipare che tutti i partiti hanno bussato alla porta dell’ufficio di tesoreria per riscuotere, ad eccezione del Movimento cinque stelle che da sempre cavalca la rinuncia dei rimborsi elettorali.
La rincorsa a Grillo era iniziata nel corso della campagna elettorale con la promessa del Pdl di abolire il finanziamento.
Una proposta che ha premiato il Movimento di Grillo che da sempre afferma di non volere quel tesoro pur avendone diritto.
Affermare di volerlo abolire ma riscuoterlo è una proposta più sciocca che choc, a meno che Berlusconi intenda utilizzarla nell’immediato tavolo di contrattazione confidando nell’oblio degli elettori
Ancora in trance da campagna elettorale l’onorevole Santanchè intervistata per Corriere.it dichiara: «Una classe dirigente deve dare l’esempio, in un momento in cui due famiglie su tre faticano ad arrivare a fine mese. Abbiamo perso tempo».
Ma se gli elettori hanno pazienza ancora un po’ è meglio.
In fondo Forza Italia prima e il Pdl poi hanno dimostrato di avere usato fino in fondo i milioni di euro dei contribuenti arrivando perfino a toccare il fondo nel corso dell’ultima campagna elettorale.
Quando all’onorevole Santanchè viene ricordato che il Pdl ha speso 300 milioni in cinque anni lei risponde: «Io non seguo i conti dei partiti, io sono per l’abolizione del finanziamento pubblico».
Se avesse fatto i conti saprebbe che il Pdl è responsabile insieme a tutti gli altri partiti di avere accumulato un tesoro di centinaia di milioni cresciuto di dieci volte in 14 anni, fino al colpo del 2006 quando, in una notte di febbraio, un decreto proposto proprio dal governo Berlusconi fu convertito in legge stabilendo che “in caso di scioglimento anticipato del Senato della Repubblica o della Camera dei Deputati il versamento delle quote annuali dei relativi rimborsi è comunque effettuato”.
A quale maga si fossero rivolti non si sa, ma quel decreto fu una fortuna quando due anni dopo cadde il Governo Prodi e si tornò al voto anzitempo.
Grazie a quel decreto i partiti sommarono le rate della legislatura interrotta con quelle della successiva raggiungendo il picco di 503 milioni (a fronte di 110 di spese reali).
Quella trasfusione di soldi pubblici contribuì a portare 300 milioni nelle casse esangui dei due partiti principali di allora, Forza Italia e i Democratici di Sinistra.
Un inciucio che ha pagato, ma non in termini elettorali perchè una volta scoppiati gli scandali Lusi e Belsito la spartizione dei rimborsi si è trasformata nella torta con cui ha festeggiato Grillo.
In attesa della seconda, già  cotta e nell’ufficio tesoreria.

Sabrina Giannini
(da “il Corriere della Sera“)

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IL DUELLO NEL PD E’ SUL GOVERNO DI SCOPO

Aprile 9th, 2013 Riccardo Fucile

LETTA: “PER IL COLLE ANCHE IL NOME DI DONNE”… I RENZIANI E LA CARTA BOLDRINI

Il vero oggetto del contendere nel Pd non è il governissimo.
Nessuno ci crede e, soprattutto, nessuno lo vuole. Nemmeno quelli che aprono la porta al dialogo, come Dario Franceschini o Walter Veltroni.
Il braccio di ferro con Pier Luigi Bersani, che appare sempre più solo, e il resto del partito, renziani in testa, è su un altro obiettivo.
Ossia sul governo di scopo o del presidente che dir si voglia che dovrebbe traghettare il Pd fino a novembre, o, al massimo, a febbraio, per poi andare alle elezioni con il sindaco di Firenze alla testa del centrosinistra.
Ma Bersani da questo orecchio, almeno per ora, non ci sente.
Ha dalla sua il fatto che nessuno dei maggiorenti del partito intende pugnalarlo (metaforicamente, ben si intende).
Il che vuol dire che il segretario, pur essendo sulla carta in minoranza in Direzione, può continuare ad andare avanti.
Ed è esattamente quello che Bersani intende fare.
Infatti, il segretario, che ieri ha avuto un chiarimento non facile con Franceschini, insiste con i suoi ragionamenti: «L’alternativa tra elezioni e grande coalizione non esiste. E non esistono nemmeno compromessi al ribasso. Mica vogliamo regalare l’Italia a Grillo!».
Ma seppur determinato, il leader del Partito democratico si rende perfettamente conto che la strada che ha imboccato è accidentata: «C’è qualcuno che vuole che salti tutto», confida ai suoi il segretario.
Che non è molto lontano dal vero.
C’è un gran movimento nel Pd.
All’orizzonte sembra affacciarsi un’operazione che spariglierebbe tutte le carte.
E costringerebbe Bersani alla resa.
È un’operazione che si gioca tutta sul campo dell’elezione del presidente della Repubblica.
Renziani, giovani turchi (sebbene non tutti) e altri esponenti del Pd stanno pensando a una candidatura al Quirinale innovativa: quella della presidente della Camera Laura Boldrini.
È una mossa azzardata che costringerebbe Sel ad assecondare l’operazione e metterebbe in imbarazzo i grillini.
Quanti di loro, a scrutinio segreto, voterebbero per Boldrini?
Ancora è solo un abbozzo di idea (infatti resiste ancora l’altra opzione, quella Prodi), ma ci stanno lavorando in molti.
La carta della donna è una carta astuta, tant’è vero che vuole giocarla anche il Pd «ufficiale», come ha annunciato Enrico Letta, che però non ha fatto nomi (Anna Finocchiaro?).
Nel frattempo continua il «corteggiamento» nei confronti di Renzi da parte dei maggiorenti del Pd.
Massimo D’Alema giovedì sarà  a Firenze, per un convegno all’Università  e non è escluso che incontri il sindaco del capoluogo toscano.
A domanda precisa, Renzi svicola e risponde così: «Non so, io non vado al convegno e forse sono a Roma quel giorno. Ma se torno in tempo gli offro volentieri un caffè a palazzo Vecchio, come prescritto dal cerimoniale per gli ex premier».
Il sindaco di Firenze non esclude quindi l’incontro con il «nemico» rottamato. Del resto, ormai, Renzi si muove come un vero e proprio leader politico. Ruolo che assolverà  anche alla Camera, dal 18 aprile, se, insieme al presidente della Regione Enrico Rossi, farà  parte della delegazione toscana dei grandi elettori.
Già  adesso i parlamentari del Pd scommettono su chi avrà  il maggior seguito di giornalisti nel Transatlantico di Montecitorio: Renzi o Bersani?
In attesa di sapere chi vincerà  la scommessa, il segretario prepara la rimonta mediatica.
Per sabato infatti è prevista una manifestazione del Pd contro la povertà .
Ma pare che anche questa volta il segretario rifugga la piazza.
L’iniziativa, infatti, dovrebbe tenersi in un teatro romano. E non sembra convincere tutti: in molti big la diserteranno.

Maria Teresa Meli
(da “il Corriere della Sera“)

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PER CENARE CON IL CAVALIERE A BARI SI PAGHERANNO 1.000 EURO

Aprile 9th, 2013 Riccardo Fucile

DUE GIORNI NEL NOME DI BERLUSCONI, LA SERA PRIMA DEL COMIZIO GIA’ IN FILA 400 PERSONE….SABATO ATTESI IN 40.000 IN PIAZZA LIBERTA’

Si lavora a tutto spiano nel Pdl per l’arrivo a Bari, sabato prossimo, di Silvio Berlusconi. Il Cavaliere atterrerà  nel primo pomeriggio di venerdì.
L’incontro con la città  e con l’intera Puglia si annuncia imponente.
«Berlusconi vuole dare, da Bari, un segnale a tutto il Sud, lanciare gli otto punti del suo programma come risposta agli otto punti indicati da Bersani. Parlerà  anche di governo del Paese e, probabilmente, accennerà  qualcosa anche sul prossimo inquilino del Quirinale. La manifestazione ha carattere nazionale», spiegano dal partito.
Il primo incontro è previsto alle ore 18 di venerdì: il segretario nazionale, Angelino Alfano, anche lui a Bari per la manifestazione, ha convocato all’Hotel Palace tutti i coordinatori provinciali e regionali dell’intero Mezzogiorno, non è escluso che vi partecipi anche lo stesso Berlusconi.
Il leader del Pdl ha scelto Bari, spiegano sempre dal partito, «perchè è rimasto molto colpito dall’accoglienza ricevuta al Teatro Team, nel corso dell’ultima campagna elettorale. La gente, rimasta fuori dal teatro perchè troppo affollato, premeva per entrare. Questo calore lo ha riportato in città  e, soprattutto, in piazza Libertà  per il comizio di sabato».
«Berlusconi – ha detto Fitto nei giorni scorsi – torna a Bari in un momento di estrema delicatezza della situazione politica nazionale. D’altronde prima delle elezioni ci eravamo posti un obiettivo, quello di essere la prima regione d’Italia del Pdl, e lo abbiamo raggiunto. Penso che la scelta di Bari vada quindi in tale direzione».
Per tornare alla tabella di marcia, la sera di venerdì Berlusconi parteciperà  ad una cena di autofinanziamento, organizzata dai dirigenti pugliesi, alla Sala Zonno. Parteciperanno 400 persone, spiegano sempre dal Pdl.
Salato il contributo da versare a fine pasto, si parla di mille euro a testa.
E pare ci sia anche grande richiesta di partecipazione, nonostante la crisi. Particolarmente curato il menu.
Dalla sala ricevimenti avvertono che non è ancora definito tutto nei minimi dettagli, tuttavia – salvo variazioni dell’ultim’ora – ecco cosa si mangerà  quella sera: antipasto di gamberi di Gallipoli su purè di ceci, orecchiette di grano arso alla cardinale, ombrine al cartoccio e, per dolce, Mafalda con frutti di bosco.
L’ambiente sarà  rigorosamente bianco, illuminato da candele e senza fiori. Naturalmente, circolano già  le prime indiscrezioni sui partecipanti al banchetto.
Fra i primi nomi ci sono quelli di diversi imprenditori: Plantamura di Altamura, Cippone di Bari (camicie), Lobuono, Conserva (trasporti), D’Agostino (chimica), Lamanna (di Polignano, sale ricevimenti).
La raccolta di fondi servirà  al finanziamento della manifestazione, compreso il pagamento del servizio pullman.
Al comizio sono previste 40mila persone, secondo le stime del partito, provenienti da tutta la regione. «E’ la prima volta che sperimentiamo queste forme di autofinanziamento – spiega il vicesegretario regionale, Antonio Distaso – prima pagava tutto Roma».
Per la mattinata del sabato, invece, non è ancora stato fissato il programma. Probabilmente Berlusconi non si farà  mancare il consueto bagno di folla passeggiando per Bari e, quasi certamente, farà  degli incontri riservati.
Alle 16,30, previsto il comizio in piazza Libertà  (piazza Prefettura), «un nome a me particolarmente caro», ha avuto modo di dire Berlusconi già  nelle scorse ore alla stampa.
La macchina dei preparativi è al lavoro.
A coordinare la scenografia è Roberto Gasparotti, fidato regista di ogni uscita pubblica di Berlusconi fin dal ’94 e fra i collaboratori di un film sulla vita del leader del Pdl che non ha mai visto la luce.
Il mega palcoposizionato in piazza Libertà  sarà  rivolto verso il teatro Margherita. L’impianto ricorda quello già  utilizzato dal leader del Pdl nel 2006, a Bari.
Un appello alla massima partecipazione arriva anche dal consigliere regionale della «Puglia Prima di Tutto» Andrea Caroppo il cui partito «condivide sia il progetto politico del Pdl (o governo di larghe intese o nuove elezioni in cui il centrodestra ha soltanto da crescere), sia i contenuti programmatici (abolizione Imu prima casa, revisione Equitalia a salvaguardia dei contribuenti, la detrazione dei primi 5 anni di contributi per i lavoratori assunti a tempo indeterminato, l’abolizione dei contributi pubblici per le spese dei partiti, sburocratizzazioni, riforme istituzionali con elezione diretta del Presidente della Repubblica, superamento del bicameralismo, riduzione del numero dei parlamentari). Queste sono le strade per far ripartire il Paese che non può più aspettare».

Lorena Saracino
(da “il Corriere della Sera”)

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