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LEOLUCA ORLANDO FONDA “COERENZA E DEMOCRAZIA 139”: OBIETTIVO ACCOGLIERE GLI EX IDV, MA NON SOLO

Maggio 14th, 2013 Riccardo Fucile

PUNTA ALL’ALLEANZA CON IL PD MA SUSCITA INTERESSE ANCHE DA PISAPIA, TOSI, PIZZAROTTI, RENZI, CROCETTA E DE MAGISTRIS

Non c’è ancora il logo e nemmeno lo statuto. E il nome non è ancora ufficiale.
Ma il nuovo movimento lanciato da Leoluca Orlando ha già  acceso parecchi appetiti politici.
Il sindaco di Palermo ha ormai rotto definitivamente il sodalizio con Antonio Di Pietro e sta di fatto guidando la fuga dei ribelli da Italia dei Valori.
Nelle scorse settimane Di Pietro aveva commissariato il partito in Sicilia, mettendo praticamente alla porta l’ex senatore Fabio Giambrone, fedelissimo di Orlando.
Oggi è arrivata la risposta del sindaco di Palermo, che ha scoperto il movimento a cui stava lavorando da mesi e a Roma ha presentato Coerenza e democrazia, la sua nuova creatura che dovrebbe accogliere i vari transfughi dell’Italia dei Valori.
Il nome per esteso del movimento dovrebbe essere Coerenza e democrazia 139, con un chiaro riferimento ai 139 articoli della Costituzione italiana.
Insieme al primo cittadino palermitano, a guidare gli ex dipietristi, anche Felice Belisario, ex capogruppo di Italia dei Valori a Palazzo Madama.
Che non risparmia qualche stoccata all’ex pm di Tangentopoli.
“Basta con i contenitori strumentali al percorso di qualche leader decaduto” ha attaccato Belisario, annunciando il varo di “primarie aperte per l’elezione di un’Assemblea Costituente”.
La creazione del nuovo soggetto politico dunque è tutta in itinere.
Ma a guardarlo con interesse sono già  in tanti.
Primo tra tutti Matteo Renzi, per il quale Orlando ha più volte speso parole positive. Coerenza e democrazia in pratica guarda all’ala moderata del Partito Democratico. Non è un caso che alla convention di presentazione abbia partecipato anche Luigi Zanda, capogruppo dei democratici al Senato.
In previsione del congresso autunnale del Pd, il movimento di Orlando e Belisario quindi apre le porte all’alleanza con i democratici, superando a destra Italia dei Valori e Sinistra ecologia e Libertà .
A guardare con simpatia al movimento del sindaco palermitano ci sono soprattutto alcuni primi cittadini italiani: dall’ex Idv Luigi De Magistris al leghista Flavio Tosi, passando per Giuliano Pisapia, fino al sindaco di Parma Federico Pizzarotti, con il quale Orlando non ha mani nascosto di aver aperto un dialogo.
Coerenza e democrazia in pratica dovrebbe essere una sorta di contenitore in cui potrebbero confluire personalità  di estrazione politica diversa.
Nelle scorse settimane Orlando aveva accennato anche ad un proficuo dialogo con il governatore siciliano Rosario Crocetta, a sua volta fondatore del Megafono, movimento alleato del Pd nel quale sono confluiti negli ultimi mesi vari amministratori locali provenienti dagli ambienti di centro destra.
Ad un nuovo partito Orlando ci pensava da mesi.
“Ho pensato a una Grande Rete per il 2018″ scriveva Orlando appena qualche mese fa nel suo ultimo libro (Il Futuro è adesso, edizioni Melampo, con ).
“Perchè una Grande Rete solo nel 2018? Perchè allora ci saranno le elezioni successive al 2013. Credo che allora ci sarà  un’altra rete che si chiamerà  in un altro modo e che nascerà  dalla disfatta di fronte alle grandi sfide del Paese. E fra l’altro non è detto che si debba attendere fino al 2018″.
Ed evidentemente il governo dell’inciucio avrà  suggerito al primo cittadino palermitano di anticipare i tempi.
E di rifondare un suo partito appena vent’anni dopo la creazione della Rete.

Giuseppe Pipitone
(da “il Fatto Quotidiano”)

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EPIFANI, INIZIO IN SALITA: RENZI E VELTRONI PUNTANO SU CHIAMPARINO

Maggio 14th, 2013 Riccardo Fucile

GIA’ CRITICHE E DISTINGUO SUL NEOSEGRETARIO

Non è un inizio facile quello di Guglielmo Epifani.
Sia nella maggioranza del Pd che lo ha eletto, sia tra quelli che hanno subìto questa scelta, cominciano già  i distinguo e le critiche.
Il governatore della Toscana Enrico Rossi, bersaniano, mette le mani avanti e fa sapere che l’ex leader della Cgil non può pensare di ricandidarsi al Congresso: lui non rappresenta «un segnale di rinnovamento perchè ha avuto un ruolo primario nella prima come nella seconda Repubblica».
Senz’altro più soft, ma non per questo meno fermo, Massimo D’Alema: intervistato dal Tg3 dichiara che ci vuole un «rinnovamento generazionale» alle assise che verranno.
Insomma, non sarà  facile per Epifani, che ieri ha incontrato Giorgio Napolitano, districarsi tra le polemiche e le tensioni.
Tanto più che anche un sondaggio della Digis, pubblicato da un sito molto vicino al Partito democratico, «Ilretroscena», rivela che per il 39 per cento degli intervistati l’elezione dell’ex segretario della Cgil «è una scelta che sa di vecchia politica».
Come se non bastasse, l’analisi dei flussi elettorali, a cui non è stata ancora dedicata una riunione apposita, ma che è stata comunque già  fatta dal Pd, è più che sconfortante.
L’11 per cento dell’elettorato del partito, ossia un milione e 300 mila elettori, ha preferito disertare le urne il febbraio scorso.
Il 14,3, pari a un milione e 700 mila italiani che avevano votato per il Pd nelle ultime politiche, si è buttato sul Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo.
In totale il 62,6 per cento ha confermato la preferenza data al Partito democratico.
Non è tantissimo, soprattutto se si pensa al clima che ha preceduto le elezioni: tutti credevano che il centrosinistra avrebbe vinto.
Ma questi sono problemi che non riguardano solo Epifani.
Anche Matteo Renzi, per quanto cerchi di tenersi il più defilato possibile dalle beghe interne, dovrà  porsi una questione.
Altrimenti c’è il rischio, come aveva profetizzato lui stesso qualche tempo fa, che finisca per «ereditare solo macerie».
È chiaro che in questo quadro il sindaco rottamatore non può non giocare una partita anche all’interno del Pd.
Una fetta dei suoi spera ancora che il primo cittadino del capoluogo toscano finisca per candidarsi alla segreteria, visto che il governo non sembra destinato a durare troppo a lungo. Alcuni renziani spingono il loro leader a valutare i «pro» e i «contro».
Lui, per ora, resta irremovibile: «Farò il sindaco e nel 2014 mi ricandiderò a palazzo Vecchio».
Ma c’è chi spera che a luglio, quando dovranno essere presentate le candidature per la segreteria del Partito democratico, il sindaco rompa gli indugi.
Per il momento, però, non tira affatto quest’aria.
Il che non vuol dire che il primo cittadino di Firenze non si renda ben conto del fatto che al congresso d’autunno non potrà  appoggiare una candidatura come quella di Epifani, nè potrà  sostenere Gianni Cuperlo nella sua corsa.
Dovrà  optare per un candidato che gli somigli di più, che non riproduca l’impostazione del socialismo del tempo che fu.
L’uomo giusto c’è. Renzi lo aveva candidato alla presidenza della Repubblica nelle defatiganti votazioni per il Quirinale.
È Sergio Chiamparino, presidente della Compagnia di San Paolo, ex sindaco di Torino, uomo stimato sia nel Pd che all’esterno.
Certo, c’è una fetta del Pd che lo teme e non lo vuole, per questa ragione ha messo in giro la voce secondo cui guadagnerebbe svariate centinaia di migliaia di euro grazie al suo incarico. Così non è, ne guadagna 70 mila l’anno.
Ma il fatto che circolino queste indiscrezioni false la dice lunga sullo stato dei rapporti interni al Partito democratico.
Oltre a Renzi, l’ex sindaco di Torino ha l’appoggio di Walter Veltroni, uno dei primi a pensare al suo nome in vista della corsa alla segreteria.
Per l’ex leader del Pd, Chiamparino sarebbe il candidato ideale. E c’è chi ricorda che un tempo era anche in ottimi rapporti con Massimo D’Alema.
Ma ufficialmente, lui non è in campo. A qualche amico con cui ha parlato in questi giorni, però, non ha escluso affatto di potersi impegnare in prima persona: «Se ce ne sono le condizioni, non escludo di poter dare una mano. Bisogna costruire una piattaforma politico-programmatica di ispirazione liberal-laburista di cui mi pare si avverta il vuoto nel campo del centrosinistra».

Maria Teresa Meli
(da “il Corriere della Sera“)

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LA SVENTURA DELLA VIRTU’: DOVE L’UNICA CHE FA IL SUO DOVERE E’ LA SOLA A ESSERE CENSURATA

Maggio 14th, 2013 Riccardo Fucile

LA TRAGICOMMEDIA DEL CASO RUBY E IL PM FIORILLO

Personaggi. Annamaria Fiorillo: sostituto procuratore presso la Procura dei minori di Milano. Ingiunge a Giorgia Iafrate di affidare a una comunità  la minorenne marocchina Ruby.
Giorgia Iafrate: commissario presso la Questura di Milano. Viola le direttive ricevute e affida Ruby alla igienista dentale di B., Nicole Minetti.
Pietro Ostuni: capo di gabinetto. “Consiglia” a Giorgia Iafrate di ignorare le direttive di Annamaria Fiorillo.
Silvio Berlusconi detto B. : presidente del Consiglio. “Consiglia” a Pietro Ostuni di ingiungere a Giorgia Iafrate di ignorare le direttive di Annamaria Fiorillo.
Roberto Maroni: ministro dell’Interno. Afferma pubblicamente che la Polizia aveva affidato Ruby alla Minetti obbedendo alle direttive impartite da Annamaria Fiorillo.
Edmondo Bruti Liberati: procuratore della Repubblica di Milano. Emana un comunicato stampa in cui afferma che l’affidamento di Ruby si è “svolto correttamente”.
Monica Frediani: procuratore della Repubblica per i minori di Milano. Vieta ad Annamaria Fiorillo di parlare con i giornalisti per smentire le affermazioni false di Maroni e Bruti Liberati.
Consiglio Superiore della Magistratura, detto Csm, composto da membri togati (magistrati nominati dalle correnti) e da membri laici (persone nominate dai partiti).
Rifiuta di aprire una pratica a tutela richiesta da Annamaria Fiorillo al fine di smentire le menzogne di Maroni e Bruti Liberati; poi condanna disciplinarmente la stessa per aver spiegato ai giornalisti che Maroni e Bruti Liberati avevano mentito.
Trama della tragicommedia (farsa/tragedia?).
La minorenne Ruby è accusata di furto, fermata durante la notte.
Si accerta che è senza fissa dimora. Il Pm minorile Fiorillo ordina alla polizia di affidarla a una comunità  (così prescrive la legge).
Il potente B., probabilmente amante di Ruby, teme che costei lo “sputtani” e “ordina” di consegnarla alla sua fida “igienista dentale”.
Ostuni e Iafrate, lieti di compiacere il potente ovvero spaventati da lui, obbediscono.
Molti cantastorie raccontano il trionfo del vizio; forte è l’indignazione dei benpensanti.
Maroni, compagno di governo di B., spontaneamente o sollecitato, li rassicura con una menzogna: la Polizia ha fatto il suo dovere, obbedendo agli ordini del pm.
Bruti Liberati gli fa eco, non si sa se con consapevole menzogna o superficiale accertamento: la Polizia ha agito “correttamente”.
Fiorillo si incazza: mi fanno passare per ignorante o, peggio, serva di B. ; chiede al Csm di valutare i fatti e intervenire a sua tutela perchè sia chiaro che ella ha fatto il suo dovere, applicando la legge.
Il Csm (che di pratiche a tutela ne ha fatte qualche migliaio) si dichiara non competente.
Bruti Liberati si guarda bene dal correggere il suo falso comunicato.
Fiorillo, abbandonata da tutti e additata come incompetente professionista al pubblico disprezzo, racconta a giornalisti cartacei e televisivi come sono andate le cose
Bugiardi colposi e dolosi si arrabbiano e il Csm condanna Fiorillo per aver trasgredito all’ordine esplicito del suo capo Frediani.
Per scaricarsi la coscienza, il Csm affetta virtuosa integrità : condanno perchè la legge è legge; ma sento il bisogno di affermare che la vicenda si è svolta così come ha dichiarato Fiorillo. Qualche anno dopo, uno scriba ignoto, indignato per lo strazio arrecato alla virtù e per l’omaggio offerto al vizio, riprende la storia e ne immagina un confortante sviluppo.
Annamaria Fiorillo si ricorda della favola del panettiere, del Re di Prussia Federico II e del giudice di Berlino; e presenta un ricorso alla Corte di Cassazione.
Racconta che il sostituto procuratore generale che chiese la sua condanna al Csm era Elisabetta Cesqui, personaggio di spicco di Magistratura democratica, di cui Bruti Liberati è stato a lungo presidente ed è vera e propria icona.
Sommessamente lamenta che ragioni di opportunità  (anche i pm debbono essere e apparire imparziali) avrebbero consigliato di affidare l’accusa a persona meno legata al procuratore di Milano, il cui comunicato stampa sarebbe stato platealmente smentito dalla sua assoluzione.
Invita la Corte a valutare l’incoerenza del Csm che sollecitamente incolpa lei per aver disatteso l’ordine del procuratore dei Minori Frediani; e che però non assume alcuna iniziativa nei confronti del procuratore di Milano Bruti Liberati.
Eppure costui non solo ha emesso un comunicato obiettivamente falso (questo sì indice di scarsa professionalità  e colpevole ingenuità ) ma ha omesso, una volta noti i fatti, di emetterne altro, a correzione del primo, a tutela dell’immagine pubblica e professionale di lei stessa Fiorillo e della Procura dei minori.
Ricorda infine che lo stesso Csm (Sezione Disciplinare del Csm n. 52/99) aveva ritenuto “giustificate le dichiarazioni alla stampa, fatte per rispondere ad accuse già  pubblicate su una certa testata giornalistica, e che esigevano il diritto di ripristinare la rappresentazione reale del proprio operato, contro rovesciamenti di prospettiva distorti e/o offensivi per sè e/o per l’ufficio giudiziario di appartenenza”.
La Corte di Cassazione si rende conto dell’oltraggio patito da Fiorillo e applica l’esimente della legittima difesa: in linguaggio paragiuridico (per l’occasione preso in prestito da Marco Travaglio) scrive in sentenza che mandare impuniti funzionari pavidi o compiacenti e magistrati disattenti ed eccessivamente prudenti, “censurando” l’unica persona che ha fatto il proprio dovere, è un vero schifo.

Bruno Tinti
(da “il Fatto Quotidiano“)

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SFUGGITE AGLI AGUZZINI E COLLABORATRICI DI GIUSTIZIA: L’ITALIA “LE PREMIA” CHIUDENDOLE NEI CIE

Maggio 14th, 2013 Riccardo Fucile

DENUNCIA DEI MEDICI PER I DIRITTI UMANI: IMMIGRATE VITTIME DELLA TRATTA DENUNCIANO GLI SFRUTTATORI E FINISCONO RINCHIUSE NEI CENTRI

Costrette a prostituirsi, segregate, spesso stuprate e picchiate.
È la storia di migliaia di immigrate «deportate» con l’inganno in Italia da connazionali senza scrupoli.
Vittime della tratta a cui, nel nostro Paese, capita anche di subire un sorta di violenza «istituzionale».
Appartiene infatti a questa categoria l’80% delle straniere rinchiuse nei Cie.
Basta non avere i documenti, per diventare «ospiti» dei Centri di identificazione ed espulsione.
E le vittime della tratta i documenti non li hanno mai, perchè vengono loro sottratti dagli sfruttatori.
Il dato è contenuto in uno studio del Medu – Medici per i diritti umani – in cui si sottolinea anche che le immigrate costrette a prostituirsi «in alcuni casi sono finite nei Cie pur avendo collaborato con la giustizia».
LE BORSE DI PONTE GALERIA
Nei Centri gli extracomunitari, di entrambi i sessi, trascorrono il tempo in attesa dell’espulsione. «I divieti di possedere anche una penna, un libro o un giornale penalizzano gli immigrati», spiegano i responsabili dell’organizzazione impegnati l’anno scorso in un tour di tutte le strutture italiane, da quella di Trapani a quella di Gradisca d’Isonzo.
Solo a Ponte Galeria, il Cie più grande d’Italia alle porte della Capitale, alcune cinesi sono riuscite a impiegare il tempo in modo costruttivo: hanno deciso di organizzare la fabbricazione di borse artigianali utilizzando posate di plastica, lenzuola monouso e prodotti per l’igiene. Ma il loro è un caso isolato.
NEI CIE POSTI LIBERI
Dei 7.944 stranieri trattenuti nei Centri di immigrazione ed espulsione italiani circa la metà  sono stati rimpatriati nel corso del 2012.
Ma in più di mille sono riusciti ad allontanarsi dalle strutture, mentre la novità  è che le strutture non sono più piene, anzi hanno sempre posti liberi.
«È assurdo però – sottolinea lo studio – che solo nel 2011 ci siano stati 494 stranieri comunitari, ovvero romeni, fra le persone rinchiuse nei Cie. Soltanto a Ponte Galeria sono state un migliaio fra il 2010 e il 2012».
GLI PSICOFARMACI
Nell’insieme il rapporto – chiamato Arcipelago Cie – conferma «in modo univoco – spiegano dal Medu – la palese inadeguatezza dell’istituto della detenzione amministrativa nel tutelare la dignità  e i diritti fondamentali dei migranti trattenuti.
Il sistema Cie si dimostra anche fallimentare perchè scarsamente rilevante e poco efficace nel contrasto dell’immigrazione irregolare».
Oltre alla questione del tempo vuoto, sotto accusa, secondo l’organizazione indipendente c’è l’assistenza sanitaria.
Metà  degli ospiti – «visto che li chiamano ancora così» – infatti fa uso di psicofarmaci forniti dagli enti gestori.
CROLLO DEI COSTI E DEI SERVIZI
Non manca il problema dei costi. «Nel 2011 – dicono ancora dal Medu – i centri sono costati 18,6 milioni di euro, senza contare le spese per le forze dell’ordine impegnate nella vigilanza.
Nel 2012 le gare d’appalto per gli enti gestori sono state al ribasso, con un crollo della qualità  dei servizi.
A Crotone ogni ospite costa 21 euro al giorno, prima in media in Italia era di 70 (a Roma è 41 euro). Questo vuol dire che aumentano i rischi di rivolte e disordini, con danneggiamento delle strutture e quindi, paradossalmente, l’aumento di altri costi».
«I CENTRI? INUTILI»
Secondo il Medu, insomma, i Cie devono essere chiusi per inadeguatezza strutturale e funzionale e il trattenimento dello straniero ai fini di rimpatrio deve essere ridotto a misura eccezionale.
Al posto dei centri bisognerebbe «adottare nuove misure di gestione dell’immigrazione irregolare con rispetto dei diritti umani e maggior razionalità  ed efficacia, con diversificazione delle risposte per categorie di persone, gradualità  e proporzionalità  delle misure di intervento, nonchè incentivazione della collaborazione fra immigrato e autorità ».

Rinaldo Frignani
(da “il Corriere della Sera“)

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INTERVISTA A COFFERATI: “GUGLIELMO? NON SI SCEGLIE COSI’ IL LEADER”

Maggio 14th, 2013 Riccardo Fucile

“IL PD HA FATTO UN PASSO INDIETRO SUL PIANO DELLA DEMOCRAZIA INTERNA”

Sergio Cofferati, perchè il modo in cui è nata la segreteria Epifani le sembra un passo indietro?
«Nulla da obiettare sulla scelta di Guglielmo. Ma l’assemblea che l’ha eletto segna un arretramento molto preoccupante della vita democratica interna al Pd. Bersani fu eletto con un milione e 600 mila voti. Epifani con 450».
Bisognava fare in fretta.
«Come argomento non vale. Si sono fatte le primarie per i parlamentari nelle vacanze di Natale; figurarsi se non si poteva eleggere in altro modo il segretario».
Trova sbagliato distinguerlo dal candidato premier?
«No, questo è ragionevole, accade in molti Paesi europei. Quel che trovo privo di qualsiasi traccia di buonsenso è distinguere la legittimazione del segretario, eletto da un’area ristretta di persone, com’è stato per Guglielmo, mentre il candidato premier dovrebbe essere scelto con le primarie. Questa differenza è distruttiva, perchè mette le due figure su un piano diverso nel rapporto con il nostro popolo. Non c’è nessuna ragione per giustificarla, se non l’idea che il premier debba avere una legittimazione più forte del segretario del partito. Non va bene».
È la prima volta che la sinistra si affida all’ex leader della Cgil. Non era accaduto nè a Di Vittorio, nè a Lama, nè a Trentin, nè a lei. Come mai?
«Lama concorse alla segreteria del Pci in contrapposizione a Natta, ma non divenne segretario. Credo che storicamente fosse l’effetto di un’autonomia molto radicata del sindacato: la distinzione di ruoli passava dalla distinzione dei percorsi politici».
Ora l’autonomia è in pericolo?
«Lo diranno i fatti. È evidente che si crea un problema sul piano dell’immagine nei rapporti tra il nuovo segretario del Pd e i sindacati. Diciamo che il tema dell’autonomia diventa ancora più forte per ragioni oggettive, al di là  delle intenzioni delle persone».
Epifani ha le caratteristiche adatte per guidare il partito?
«Il problema non sono le caratteristiche di Guglielmo e del lavoro difficilissimo che gli viene affidato. È il contesto che rischia di travolgere tutto. La situazione sta peggiorando di giorno in giorno. E siamo solo all’inizio».
Si riferisce al governo con il Pdl?
«Sì. Non si era mai visto nella storia della Repubblica il ministro degli Interni partecipare, con altri ministri, a una manifestazione di partito contro la magistratura, uno degli organi dello Stato. Avevamo visto cose bizzarre, tipo i ministri di Prodi manifestare contro le azioni del loro governo; ma quelle erano, come si diceva un tempo, “contraddizioni in seno al popolo”. Qui siamo a un grave vulnus istituzionale su un tema delicatissimo come la giustizia».
Al momento del patto con Berlusconi la sua sensibilità  all’argomento era nota.
«Ma mi preoccupa la mancanza di risposta da parte del Pd. Ho sentito e letto solo commenti imbarazzati e imbarazzanti. Mi sarei aspettato una presa di posizione forte: la richiesta di dimissioni di Alfano, oppure di un vertice di maggioranza per affrontare la questione. È evidente la dipendenza del Pd dalla scansione degli argomenti che decide il Pdl».
Anche questo era prevedibile, non crede?
«Sì, ma in un arco di tempo brevissimo siamo già  in una situazione inaudita, e per qualche verso pericolosa. C’è una situazione economica e finanziaria gravissima. L’allarme sulla crisi sociale l’ha lanciato Mario Draghi. E da noi si parla di Imu».
Lei difende l’Imu?
«È una brutta tassa, voluta da Berlusconi e applicata da Monti nel peggior modo possibile. Andrebbe rivista. Ma adesso la priorità  assoluta è il lavoro. Purtroppo il Pd è in un governo sostanzialmente impossibilitato a prendere provvedimenti efficaci: sulla giustizia Berlusconi farà  azioni durissime di condizionamento della magistratura; sul versante economico sta imponendo i suoi temi. E il Pd rischia di ripetere, su scala molto più grande, l’esperienza fatta con Monti, quando ha votato misure contro i più deboli, mentre il Pdl pur votandole contestava il governo».
Teme un ritorno alla violenza politica?
«No. Il disagio sociale di rado si è espresso con la violenza. È molto più diffuso l’abbandono della vita democratica. Chi non ce la fa più rinuncia alla socialità , si vergogna della povertà , si chiude in casa. Sento che il governo vuole peggiorare la già  pessima riforma Fornero, aumentando la flessibilità  in entrata. Servirà  solo a togliere diritti ai più giovani. Ci vorrebbe invece un piano straordinario di investimenti pubblici».
Renzi come lo trova?
«Penso debba decidere in fretta se vuole candidarsi alla segreteria del Pd o no».
Ed Epifani al congresso si candiderà ?
«Non vedo come glielo si possa impedire. Più che decidere chi è il leader, è importante decidere cosa è il Pd. La commissione di Bruxelles sollecita i partiti nazionali ad arrivare alle Europee dichiarando la loro appartenenza alle grandi famiglie politiche. Nel partito socialista europeo c’è il vecchio Psi, ma non c’è il Pd. Vendola vuole entrare. Noi cosa aspettiamo?».

Aldo Cazzullo
(da “il Corriere della Sera“)

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“AVVOCATI VICINI A GHEDINI MI HANNO OFFERTO DENARO PER TACERE, HO LE PROVE CHE BERLUSCONI HA AVUTO RAPPORTI SESSUALI CON RUBY”

Maggio 14th, 2013 Riccardo Fucile

LO RIVELA FRANCESCO CHIESA SOPRANI, EX AGENTE DI NOEMI LETIZIA A “LA ZANZARA” SU RADIO24…”MOLTE OLGETTINE SI SONO CONFIDATE CON ME, MI QUERELINO COSI’ IN TRIBUNALE PORTO LE PROVE”

“Alcuni avvocati collegati con lo studio di Ghedini mi offrirono 2500 euro al mese per tacere. Dovevano essere versati con un bonifico ogni mese sul conto di una olgettina”. Lo rivela Francesco Chiesa Soprani, ex agente di Noemi Letizia, a “La Zanzara” su Radio 24.
“Quando un anno fa una tv australiana mi chiese un’intervista sulle cene di Arcore” — spiega — “mi sono rivolto a Emilio Fede che mi mise in contatto con lo studio di Ghedini. Ma siccome la mia intervista valeva di più, e non sapevo fino a quando mi avrebbero pagato, non ho accettato“.
Chiesa Soprani afferma che, quel giorno stesso, si recò in procura a Milano per essere ricevuto dal pm Antonio Sangermano, però non c’era.
Ma sottolinea: “Ho parlato con una segretaria, una signora sui 50 anni cui ho lasciato i miei dati dicendo che volevo essere richiamato. Ma non mi ha cercato nessuno“.
L’ex agente si dichiara sicuro sul fatto che volevano farlo tacere e aggiunge: “ Io ogni cosa che dico posso provarla. Aspetto solo Ghedini o Fede che dicano che non sono mai stato in quello studio a parlare di soldi, poi ci penserò io a tirare fuori qualcos’altro, qualcosa che farà  scalpore“.
E rincara: “Con me Berlusconi non vince. Ha sbagliato e deve pagare, non governare l’Italia. E’ andato a letto” — continua — “con una ragazza minorenne e con altre ragazze che si prostituivano perchè le pagava. Ragazze che continua a pagare, non perchè penalizzate dallo scandalo, ma perchè non hanno mai lavorato. Questo devono sapere gli Italiani”.
Chiesa Soprani è pronto a tutto: “Adesso Berlusconi deve pagare le conseguenze. Sono una spina nel suo fianco e non mi compra nemmeno con un milione di euro”. L’ex agente di Noemi Letizia ribadisce il fatto di aver appreso da Ruby il fatto che avesse avuto rapporti sessuali con Berlusconi e spiega le famose “cene eleganti” di Arcore: “C’erano due tipi di cene: quelle istituzionali con venti ragazze e il Carlo Rossella di turno, quelle che ci hanno fatto vedere nello Speciale di Mediaset. E in quelle non succedeva nulla. Poi quelle con Lele Mora ed Emilio Fede e altre ragazze“. E spiega: “Si va sotto, ci si spoglia, ci sono i palpeggiamenti, c’è una stanza con un letto e le ragazze passano a turno, vengono palpate e si fa l’amore. Una stanza al buio” — prosegue — “perchè al signor X (Berlusconi, ndr) piace stare al buio e non vuole farsi vedere, dove tocca e si diverte“.
E precisa: “Tutte cose che mi hanno detto le olgettine che ora vengono pagate e smentiscono. Mi vogliono denunciare? Lo facciano, così in tribunale porto le prove. E non voglio soldi”

(da “il Fatto Quotidiano“)

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REGIONE LOMBARDIA, SCONTRINI IRREGOLARI PER UN MILIONE DI EURO: IL RECORD ALLA LEGA, META’ SONO TAROCCATI

Maggio 14th, 2013 Riccardo Fucile

LADRONI A CASA LORO: BORGHEZIO QUANDO SI PREOCCUPERA’ DEI DELINQUENTI PADAGNI?

Uno scontrino su tre era irregolare, alle casse pubbliche va restituito più d’un milione di euro.
È quanto scrive (e prescrive) la Corte dei conti, dopo aver analizzato i rendiconti presentati dai gruppi consiliari del Pirellone relativi allo scorso anno e alla scorsa legislatura.
Le munizioni per il fucile da caccia e il banchetto nuziale del figlio: tutto parte da lì, dallo scandalo «rimborsi facili» esploso in Regione a gennaio.
La maglia nera spetta ora alla Lega Nord: la metà  dei rimborsi ottenuti dal gruppo del Carroccio nel 2012 è da considerarsi a tutti gli effetti illegittima, dice la magistratura contabile.
Nella classifica della Corte dei conti segue a rassicurante distanza il Pdl (297 mila euro «ingiustificati» a fronte però di un totale di 1 milione e duecentomila) e poi l’Udc con 48 mila euro su 176 mila. Il più virtuoso?
Il Gruppo Misto, (unico iscritto: Filippo Penati) che può vantare un rotondo zero alla voce «irregolarità ».
Irregolari – stabilisce le sentenza della Corte – sono invece da considerarsi tutte le spese relative alla ristorazione e alle missioni all’interno della Regione (per entrambe le voci esistono già  specifici trattamenti economici), così come irregolari sono da classificare gli acquisti di materiale informatico e tecnologico sostenuti non dai gruppi ma dai singoli consiglieri.
Un milione di euro (e spiccioli).
Già , ma come restituirli? La sanzione prevista è l’interruzione (momentanea) dei contributi per l’anno in corso e l’ufficio di presidenza del Pirellone ha deciso di sospendere in via cautelare proprio l’erogazione dei contributi per il primo trimestre della nuova legislatura.
Duecentoventimila euro «congelati».
«Ma è un atto ricognitivo e non dispositivo», ricorda il presidente del Consiglio regionale lombardo Raffaele Cattaneo.
Perchè rimangono tante le incognite di natura giuridico-legale da risolvere.
«I gruppi oggi esistenti inoltre non corrispondono più a quelli della nona legislatura e quasi tutti i capigruppo sono cambiati», spiega lo stesso Cattaneo.
Tra le ipotesi in campo, quella di «stornare» dal finanziamento per l’anno in corso, per ogni singolo gruppo, le spese illegittimamente rimborsate l’anno scorso.
Facile immaginare le resistenze (ieri la riunione dell’ufficio di presidenza è stata assai nervosa), soprattutto dai gruppi che hanno in pancia i «debiti» più pesanti.

Andrea Senesi
(da “il Corriere della Sera”)

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PARENTOPOLI IN MOLISE TRA COMPAGNE, COGNATI, RELAZIONI E PARENTELE

Maggio 14th, 2013 Riccardo Fucile

I CONFLITTI DI INTERESSE DEL PRESIDENTE REGIONALE PD DI LAURA FRATTURA

«Che cosa vi ha uniti?», le chiede www.primapaginamolise.it.
E lei, risoluta: «Una fortissima sintonia di pensiero».
Senza sintonia con il governatore Paolo Di Laura Frattura, uomo che dovrebbe incarnare il rinnovamento dopo 12 anni di regno di Michele Iorio, l’ingegner Mariolga Mogavero non sarebbe certo arrivata fin qui.
Ovvero, nella stanza dei bottoni della piccola Regione Molise, capo di gabinetto e segretario generale della nuova giunta di centrosinistra.
Così da attirarsi le invidiose attenzioni di chi l’ha già  acidamente battezzata «la governatrice».
Mariolga, però, è qualcosa di più. Tanto che per dipanare l’incredibile intreccio di interessi privati, relazioni politiche, parentele e coincidenze che si addensa intorno alla figura del governatore, non si può che cominciare da lei, sua factotum.
E da una società  di consulenza, la Gap consulting di Campobasso, di cui l’ingegner Mogavero ha il 50%.
Non è una società  qualunque: si è candidata a fare un impianto a biomasse, per cui ha presentato apposita richiesta alla Regione.
Ma nemmeno la titolare del restante 50% è una persona qualsiasi. Si tratta infatti della compagna del futuro governatore, Gilda Maria Antonelli.
Il 10 marzo del 2011 entrambe le signore escono di scena vendendo ai mariti.
La quota di Mariolga Mogavero finisce alla società  (Civitas) del suo consorte Luca Di Domenico.
Quella di Gilda Maria Antonelli, invece, alla società  (Proter) del suo compagno.
Il 30 gennaio 2012 la Gap regala quindi il progetto della centrale alla Civitas di Di Domenico.
In quel momento Di Laura Frattura è il capo dell’opposizione regionale: alle elezioni di novembre 2011 è stato sconfitto da Iorio, di cui a lungo era stato il braccio destro prima di passare al centrosinistra.
Intervistato dal giornalista Paolo De Chiara respinge ogni sospetto di conflitto d’interessi. «Con le biomasse non ho nulla a che fare. Quando l’iter autorizzativo è partito non avevo nessun impegno politico. Se faccio politica non posso fare l’imprenditore», taglia corto.
Passa un anno e diventa governatore, ventotto anni dopo suo padre Ferdinando, democristiano. Ma qui cominciano i problemi.
Perchè quando si hanno tanti interessi già  è difficile guidare l’opposizione, figuriamoci la giunta.
Soprattutto in una città  piccola, dove le voci, talvolta insieme alle maldicenze, si rincorrono. E tutti si conoscono.
Luca Di Domenico, per esempio, conosce di sicuro l’ex sindaco Giuseppe Di Fabio. Non fosse altro perchè sua sorella Marilina Di Domenico, candidata con Fratelli d’Italia alle ultime politiche, è stata assessore comunale.
Inoltre la società  delle biomasse ha lo stesso indirizzo di una onlus, la Seconda ala, che fa capo all’ex primo cittadino.
Anni d’oro, per Campobasso, quelli di Di Fabio: anni in cui partiva il progetto delle Due torri, iniziativa edile milionaria della società  Immobiliare le torri, controllata al 51% dall’attuale governatore. Iniziativa pensata per ospitare nientemeno che la nuova sede della Regione.
Anche qui fra mille coincidenze.
Il costruttore, nonchè socio di Di Laura Frattura alla partenza dell’operazione, è l’impresa Nidaco.
I proprietari? Cotugno Nicandro, figlio di Cotugno Vincenzo, attuale consigliere regionale, e Giuseppina Patriciello, moglie di Vincenzo Cotugno e sorella dell’europarlamentare Pdl Aldo Patriciello.
Vincenzo Cotugno, dettaglio, è in attesa di nomina ad assessore regionale: sarebbe il quinto, ma le norme dicono non più di quattro.
Si dovranno quindi cambiare legge e statuto.
Coincidenze e intrecci però non finiscono qua.
La società  della centrale a biomasse del marito di Mariolga Mogavero, ricordate?
Il 15 aprile scorso se la compra quasi tutta (il 99,5 per cento delle azioni) la C&t spa, nonostante un ricorso pendente al Tar.
Si tratta di una società  del settore energetico che controlla pure il 20% della Biocom. Che cos’è?
Un’altra ditta del settore biomasse il cui restante 80 per cento era in mano allo stesso Paolo Di Laura Frattura, e che ha avuto dalla Regione Molise un finanziamento di 300 mila euro per realizzare un impianto a Termoli.
Ma siccome il Comune non dà  i permessi il contributo viene revocato, con immediato ricorso al Tar contro la Regione da parte del futuro governatore.
Il progetto si scioglie, la società  va in liquidazione e il 7 marzo 2013, due settimane dopo il voto, Di Laura Frattura si libera di quell’ingombrante pacchetto dell’80%.
A comprarlo è il liquidatore Vittorio Del Cioppo, sfortunato candidato alle regionali per l’Idv.
Partito che ovviamente sostiene la giunta, come anche Sinistra ecologia e libertà . Unico consigliere vendoliano e capogruppo di se stesso, in un’assemblea regionale con 21 seggi e ben 14 gruppi dei quali addirittura nove composti da una sola persona, è Nico Ioffredi, cognato di Paolo Di Laura Frattura.
È il marito di sua sorella Giuliana Di Laura Frattura, capo di gabinetto del questore di Campobasso.

Sergio Rizzo
(da “il Corriere della Sera”)

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“PEZZI DI MERDA NOI? PEZZO DI MERDA SARA’ GRILLO”: LA RIVOLTA DEI PARLAMENTARI CINQUESTELLE

Maggio 14th, 2013 Riccardo Fucile

“GRILLO STIA ATTENTO, BASTANO VENTI DI NOI PER FARE UN’ALTRO GRUPPO”…”HA CAMBIATO LE REGOLE IN CORSA PER FARSI BELLO”

«Pezzi di merda noi? Con questo ragionamento potremmo dire che è un pezzo di merda Grillo che ci tratta così dopo tutti gli anni in cui abbiamo lavorato per il Movimento». Alessandro Furnari arriva presto in Transatlantico e cammina su e giù come fosse un animale in gabbia.
«E pensare che io ero considerato un talebano! Non ho mai avuto dubbi sulla linea, non sono mai sceso a compromessi ».
Ora, invece, è in quella lista nera che formalmente non c’è, ma che qualcuno ha già  stilato.
Perchè le e mail di Roberta Lombardi e Vito Crimi domenica non sono arrivate a tutti. Erano lettere ad personam, con scritto «vedendo i risultati del sondaggio abbiamo ora bisogno di capire come agirai tu personalmente, ovvero se restituirai o meno l’eventuale eccedenza di diaria non rendicontata e quindi non spesa».
I vertici sono andati a controllare chi aveva risposto al sondaggio interno ai gruppi chiedendo la libertà  di coscienza, e hanno chiesto a loro se dopo la minaccia di Grillo — hanno cambiato idea.
Erano 63, quelli che pensavano che la volontarietà  della restituzione sarebbe stata l’idea migliore.
Solo una parte terrà  duro fino in fondo, ma «se fossimo venti potremmo già  dar vita a un gruppo autonomo, che è diverso dal finire nel misto. Avremmo la possibilità  di fare le nostre battaglie. Ora però è presto per parlarne, i tempi non sono maturi».
Bisogna far capire che non è una questione di soldi, che il problema è il principio: «Bisogna partire dalla verità  altrimenti il Movimento diventa un pallone gonfiato e vuoto dentro. Conta più Beppe Grillo o quello che, come da regolamento, decide l’assemblea?».
Non è solo Furnari, a protestare.
Vincenza Labriola — che ogni settimana lascia a casa due bimbe piccole e di questa storia non vorrebbe più sentir parlare — si sfoga: «Ognuno di noi avrebbe scelto in modo etico. Io posso decidere di fare beneficenza a un’associazione che conosco, che si occupa dei figli dei carcerati, o a un centro tumori, visto che ho avuto casi in famiglia, ma che senso ha decidere per tutti? Pubblicizzare la cosa? E invece eccoli qui, pronti a fare la lista perchè siamo in campagna elettorale e serve una gogna mediatica. Fino alle amministrative non cacceranno nessuno, poi si vedrà ».
Più di uno racconta che non gli importa nulla di essere rieletto: «Io ho chiuso, ho capito tutto e ho chiuso».
Una deputata dice chiaro: «Hanno cambiato le regole in corsa perchè c’è qualcuno che vuole farsi bello, che è già  in campagna elettorale».
E un’altra: «Grillo l’altro giorno è venuto a dirci: “Dobbiamo soffrire”, ma non sa nulla di quello che facciamo qui, non sapeva neanche cosa fosse il Def. Dice che abbiamo perso il contatto con la realtà , quelloche vive fuori dalla realtà  però è lui. Pensa che si possa stare sempre in campagna elettorale».
E ancora: «Il problema non sono i soldi, sono i modi. Le persone non possono diventare nemici solo perchè esprimono dissenso».
Sembra di sentire Giovanni Favia o Federica Salsi sei mesi fa, prima della loro espulsione.
E invece, sono i cinque stelle in Parlamento, e rischiano di condividerne il destino.

(da “La Repubblica”)

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